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CAPITOLO 3 FORME DI VIOLENZA

3.1. Maltrattamenti

Non esiste una definizione accreditata da entri giuridici o sanitari della nozione di maltrattamento su adulti. La definizione che prendiamo in considerazione in questa analisi è quella generale dell’Enciclopedia Italiana che definisce il maltrattamento come un comportamento che è per altri causa di danni fisici o morali. Rientrano nella definizione quindi sia atti di violenza psicologica, che fisica che economica. Per quanto riguarda il maltrattamento su minori, una definizione ufficiale è stata data

carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico, psichico o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino. In questo caso il termine

maltrattamento prende in considerazione esplicitamente non solo la violenza psicologica, fisica ed economica, ma anche la violenza sessuale.

Secondo un’indagine ISTAT [ISTAT 2008] i sintomi e i segni che presentano gli individui che hanno subito maltrattamenti e violenza (fisica, psicologia ed economica) sono generalmente di tipo:

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fisico: lesioni addominali, lividi e frustate, sindromi da dolore cronico, disabilità, fibromialgie, fratture, disturbi gastrointestinali, sindrome dell’intestino irritabile, lacerazioni e abrasioni, danni oculari, funzione fisica ridotta.

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psicologico comportamentale: abuso di alcool e droghe, depressione e ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno, sensi di colpa e vergogna, fobie e attacchi di panico, inattività fisica, scarsa autostima, disturbi da stress-post-traumatico, disturbi psicosomatici, fumo, comportamento suicida e autolesionista, comportamenti sessuali a rischio

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conseguenze mortali: mortalità materna, omicidio, suicidio

È quindi molto importante per un qualsiasi operatore sanitario, indipendentemente dalla propria specializzazione, essere formato sul problema della violenza, tenendolo bene a mente al momento di formulare una diagnosi differenziale.

Sempre da un indagine ISTAT [ISTAT 2014bis] emergono i fattori di rischio principali che devono spingere il medico a aumentare l’attenzione sulla paziente e a formulare l’ipotesi di violenza e maltrattamenti in sede di diagnosi differenziale.

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basso livello di istruzione (elementare/nessun titolo)

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basso reddito familiare

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precedenti storie di violenze nel nucleo familiare del maltrattante o del maltrattato

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comportamenti violenti del partner fuori dall’ambito familiare che lo hanno portato ad avere contatti con la polizia

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livello di occupazione (a maggior rischio: studenti, operai e assimilati, lavoratori in proprio, individui in cerca di occupazione).

3.1.1 Abuso di mezzi di disciplina o correzione

L’argomento viene trattato nell’art. 571 del c.p: “chiunque abusa dei mezzi di

correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente…”

Vengono quindi inquadrati come reati mezzi correttivi o disciplinari che ricorrano alla violenza fisica nei confronti dei figli di età maggiore o nei confronti della moglie da parte del marito posto il principio di parità tra coniugi. Si ritiene lecito il ricorso a lievissimi atti disciplinari che ricorrano a un modicissima violenza fisica nei confronti dei figli minori conviventi. Vengono inoltre inquadrati come reati punizioni in ambito scolastico diversa dall'ammonizione, censura, sospensione dalla scuola, esclusione dagli scrutini o esami.

Di fronte a questa tipologia di reato il medico operatore nel servizio sanitario nazionale, in quanto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio ha l’obbligo di procedere d’ufficio (art. 331 e 332 C.P.P) con la trasmissione di denuncia scritta del reato al pubblico ministero o all’ufficiale di polizia giudiziaria.

3.1.2 Maltrattamenti in famiglia

L’art. 572 del c.p recita: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,

maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito…”.

Il reato per essere tale deve essere caratterizzato da una reiterazione abituale nel tempo di condotte che di per sé, isolate, sarebbero lecite. Le condotte possono essere sia commissive che omissive. Anche in questo caso il medico ha l’obbligo di procedere d’ufficio.

3.1.3 Lesioni personali dolose

Le lesioni personali dolose vengono affrontate negli art. 582 e 583 del c.p, nel primo articolo viene definito il reato:“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale,

dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito…” In questo caso

si parla quindi di violenza puramente fisica; nel secondo articolo vengono definite le circostanze aggravanti che, assieme all’articolo precedente aiutano a classificare le lesioni dolose in 4 gradi:

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Lievissima: quando è produttiva di malattia che si risolve entro 20 giorni.

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Lieve: quando è produttiva di malattia che si risolve entro 40 giorni.

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Grave: quando è produttiva di malattia che si risolve in più di 40 giorni.

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Gravissima: quando è produttiva di malattia che certamente o probabilmente sarà

insanabile (tra gli esempi: perdita si un senso o un organo, mutilazione che rende inservibile un arto, disfunzione grave della favella, sfregi o deformazioni del volto, perdita della capacità di procreare).

In questa tipologia di reato il medico avrà l’obbligo di procedere d’ufficio per le lesioni lievi, gravi o gravissime; mentre per le lesioni lievissime il medico procederà solo a querela di parte. Si osserva subito che la maggior parte di pazienti vittime di violenza che si recano al pronto soccorso e vengono riconosciuti come codici rosa, hanno subito lesioni personali lievissime e il medico, quindi, non è quasi mai obbligato a procedere d’ufficio.

Le lesioni possono essere provocate da:

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contusioni (ematomi, abrasioni, escoriazioni ecc)

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tagli con fendenti o filo di lana ( tagli netti dei tessuti con possibile lacerazione e sanguinamento)

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asfissia

3.1.4 Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Trattato nell’art 583bis del cp: “Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche,

cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito (…) si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo”. Tale articolo è di recente introduzione nell’ordinamento italiano avendo fatto

la sua comparsa nel 2006 al fine di tutelare l’integrità fisica delle donne sia minori che di maggiore età, cercando di porre fine a pratiche presenti in altre culture, considerate ripugnanti nella nostra.

Anche in questo caso il medico è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.5 Abbandono di persone minori o incapaci

Argomento trattato nell’art. 591 del cp: “Chiunque abbandona una persona minore

degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa , e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito”. Nell’articolo si cerca di

salvaguardare il valore etico della società e di tutelare la sicurezza delle persone minori o incapaci.

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.6 Riduzione o mantenimento in schiavitù

L’art 600 del cp recita: “Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a

quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito (…).

condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”.

L’articolo è stato creato al fine di tutelare lo status libertatis e la dignità umana. Nel nostro ordinamento giuridico non esiste infatti la schiavitù, l’articolo è rivolto a punire le condotte di sottomissione psicologica e fisica dettata il più delle volte da associazioni di stampo mafioso.

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.7 Prostituzione minorile

Il reato legato alla prostituzione minorile è stato introdotto nel nostro cp nel 1998 e modificato nella forma attuale (art 600 bis cp) nel 2012: “È punito (…) chiunque

recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto (…) chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi”

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.8 Impiego di minori nell’accattonaggio

Argomento trattato nell’art 600 octies del cp “chiunque si avvale per mendicare di

una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua

custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni”. Se il medico ha notizia del reato è obbligato a

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