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Il Codice Rosa all'interno dell'AOUP: valutazione della procedura aziendale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE

NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

!

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Il Codice Rosa all’interno dell’AOUP:

Valutazione della procedura aziendale 113

Relatore

Ch.mo Prof. Tommaso Simoncini Candidata

Maria Teresa Martini

Correlatrici

Dott.ssa Federica Marchetti Dott.ssa Mojgan Azadegna

(2)

SINTESI ...5

INTRODUZIONE ...8

CAPITOLO 1 ATTI DI VIOLENZA DI GENERE NEL XXI SECOLO: LA NECESSITÀ DEL CODICE ROSA ...10

1.1 La violenza di genere...10

1. 2 I numeri della violenza in Italia...14

1. 3 I dati della violenza in Toscana...16

1. 4 L’impatto della violenza di genere sul SSN...18

1. 5 La violenza nel genere maschile...21

1. 6 La violenza sugli anziani...21

CAPITOLO 2 IL CODICE ROSA ...24

2.1 Nuove normative UE: il bisogno di un progetto condiviso e definito...24

2.2 La risposta Italiana alle richieste della convenzione di Istanbul...25

2.3 La Regione Toscana...26

2.3.1 USL 9 Grosseto: il progetto pilota ...27

2.3.2 Il progetto diventa regionale ...28

2.4 Il Codice Rosa nella provincia di Pisa...30

2.5 Linee guida FIGO in tema di violenza sessuale...31

CAPITOLO 3 FORME DI VIOLENZA ...33

3.1. Maltrattamenti...33

3.1.1 Abuso di mezzi di disciplina o correzione ...35

3.1.2 Maltrattamenti in famiglia ...35

3.1.3 Lesioni personali dolose ...36

3.1.4 Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili ...37

3.1.5 Abbandono di persone minori o incapaci ...37

3.1.6 Riduzione o mantenimento in schiavitù ...37

3.1.7 Prostituzione minorile ...38

3.1.8 Impiego di minori nell’accattonaggio ...38

3.2 Violenza sessuale...39

3.3 Minacce...41

3.4 Atti persecutori (Stalking)...41

3.5 Circonvenzione di persone incapaci...42

(3)

3.6 Mobbing...42

3.7 Valutazione della violenza...43

CAPITOLO 4 IL PROTOCOLLO AZIENDALE ...44

4.1. Procedura aziendale 113...44

4.2 Modalità operative specifiche per l’adulto...46

4.2.2 La stanza rosa ...46

4.2.3 Visita medica ...47

4.2.4 Prescrizioni terapeutiche e prognosi ...49

4.2.5 Ricovero ...50

4.3 Specifiche di manuale operativo in caso di violenza sessuale...52

4.3.1 Anamnesi ...52

4.3.2 Esame obiettivo ...52

4.3.3 Trattamento ...53

4.4 Specifiche di manuale operativo in caso di violenza psicologica...54

4.5 Specifiche di manuale operativo in caso di violenza su anziani (over 70)...55

4.5.1 Anamnesi ...55

4.5.2 Esame obiettivo ...55

4.6 Modalità operative specifiche per il bambino...55

4.6.1 Anamnesi ed esame obiettivo ...56

4.6.2 Presa in carico ...57

CAPITOLO 5 L’IMPATTO DEL CODICE ROSA ALL’INTERNO DELL’AOUP ...58 5.1 Materiali e Metodi...59 5.2 Dati disponibili...60 5.3 Risultati...61 5.3.1 Anagrafica ...61 5.3.2 Tipo di maltrattamento ...62

5.3.3 Precedenti accessi al PS e precedente contatto con servizi sociali, forze dell’ordine e medici ...62

5.3.4 Durata complessiva della visita ...63

5.3.5 Specialisti ...63

(4)

5.3.8 Referto per autorità giudiziaria ...67

5.3.9 Esito ...68

5.3.10 Completezza Dossier depositato ...69

CAPITOLO 6 VALUTAZIONI E CONCLUSIONI ...71

6.1 Riflessioni sulla procedura aziendale 113...71

6.1.1 Cartella clinica guidata ...71

6.1.2 Consenso informato ...71

6.1.3 Follow-up ...72

6.1.4 Referto per autorità giudiziaria ...73

6.1.5 Il ruolo del ginecologo all’interno del protocollo ...73

6.1.6 Coordinamento territoriale e regionale ...74

6.2 Prove forensi...75

6.3 Un fenomeno comunque sommerso...76

6.4 Conclusioni...76 APPENDICE A ...79 APPENDICE B ...93 APPENDICE C ...96 BIBLIOGRAFIA ...100 RINGRAZIAMENTI ...106

(5)

SINTESI

La “violenza contro le donne” viene definita come: ogni atto di violenza fondata sul

genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.

[ONU 1993]. La violenza di genere è un fenomeno che trova le sue origini nel

passato ma che continua anche oggi ad avere una forte risonanza per la sua diffusione globale, per le lesioni personali provocate alle vittime e per i costi sociali e sanitari, i quali ricadono inevitabilmente, oltre che sulla vittima, sull'intera collettività.

Dagli anni ’90 del secolo scorso è iniziata a livello mondiale, grazie ad alcune direttive dell’OMS in materia, un’approccio multi-disciplinare al fenomeno della violenza di genere.

L’ Italia è stata tra le prime nazioni a dare una risposta alla necessità di tutelare le vittime di violenza, e lo ha fatto non solo per le donne, ma anche per altre categorie quali anziani, bambini, immigrati e in generale per tutte quelle le categorie che possono trovarsi in una situazione di debolezza e vulnerabilità.

In particolare, la Regione Toscana ha affrontato la questione istituendo nel 2010 un progetto pilota di assistenza alle vittime di violenza nella USL 9 di Grosseto, con la collaborazione tra la Procura della Repubblica, gli enti di accoglienza e assistenza locali verso le vittime del territorio e l’Azienda Ospedaliera: nasce così il Codice Rosa, un tentativo di risposta integrato e multidisciplinare che da una parte offra cura e sollievo alle vittime, e dall’altra ne incentivi l’inserimento in percorsi di tutela e di denuncia della violenza subita.

Il Codice Rosa arriva nell’AOUP nel 2016, con la redazione della Procedura Aziendale 113. Questa tesi, a distanza di tre anni dalla sua attuazione, propone una prima revisione dei dati raccolti, per valutare punti di forza e spunti di miglioramento della procedura di Codice Rosa.

Sono state analizzate in modo retrospettivo le cartelle cliniche dei pazienti ammessi al triage sotto la voce “aggressioni-patite lesioni,” alle quali sia stata proposta dagli

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periodo gennaio 2017 − giugno 2019. Sono state escluse dallo studio 46 cartelle relative a pazienti che non hanno aderito al protocollo.

Per ogni cartella sono stati valutati: anagrafica (sesso, età, nazionalità, residenza), tipologia di violenza, grado di scolarizzazione, stato civile, presenza di precedenti accessi del paziente al pronto soccorso per maltrattamenti e abusi o di precedenti contatti con i servizi sociali o altri enti affini sul territorio, durata complessiva della visita, punteggio su scala BRA (BRIEF RISK ASSESSMENT FOR THE EMERGENCY DEPARTMENT), numero di specialisti richiesti, esito della visita, follow-up (richiesto ed effettuato), richiesta del referto clinico per l’autorità giudiziaria. È stato inoltre realizzato uno strumento di valutazione della compilazione e archiviazione delle cartelle cliniche, con attenzione a: completezza della cartella (anagrafica, anamnesi, circostanze dell’aggressione, esame obiettivo, esito), presenza del modulo per il consenso informato, presenza in cartella dei risultati di esami effettuati, effettuazione della scala BRA, utilizzo del riferimento metrico ove necessario, codice colore assegnato alla vittima al triage.

La valutazione delle cartelle cliniche ha riportato: 182 donne, 9 uomini, 7 bambine, 7 bambini, con una prevalenza di casi nella fascia d’età 18-29 e una prevalenza di vittime di nazionalità italiana. Le violenze rilevate sono state: 178 maltrattamenti, 21 violenze sessuali, 3 casi di mobbing, 1 caso di stalking. Il 44,8% dei pazienti ha dichiarato di aver avuto precedenti accessi al pronto soccorso per violenze o precedenti contatti con servizi sociali o enti di assistenza territoriale. Il 17,6% dei pazienti ha avuto una permanenza in PS per la visita di oltre 12 ore, il più delle volte per la complessità del caso e la necessità di più specialisti. Sono stati richiesti

consulti specialistici in 89 casi, principalmente psichiatri, ginecologi, infettivologi e ortopedici.

Un follow-up è stato consigliato a 37 pazienti, ma di questi solo 6 si sono rivolti all’AOUP per visite di controllo. Il referto per autorità giudiziaria è stato richiesto dal 45% dei pazienti. Il 53% delle cartelle con scala BRA riporta casi superiori al terzo grado. La maggior parte dei pazienti è stata dimessa con l’attivazione dei servizi sociali per l’assistenza alla vittima (30%), il 27% con la sola dimissione, il 10% è

(7)

stato ricoverato e il 7% è stato indirizzato in una struttura di emergenza. Il 27% delle vittime, per lo più italiane, ha rifiutato l’attivazione dei servizi sociali e il collocamento in una struttura di emergenza.

L’analisi della completezza del dossier ha evidenziato che più della metà delle cartelle presenta almeno un errore occorso in fase di compilazione o di archiviazione; le recenti cartelle relative ai casi del 2019, tuttavia, mostrano un netto miglioramento in entrambi questi aspetti.

Riflettendo sui dati analizzati, in conclusione, la procedura 113 è da considerarsi una valida risorsa dell’azienda e, nonostante presenti sicuramente aspetti che possono essere migliorati, ha indiscutibilmente molti punti di forza.

In particolare si ritengono punti di forza: un ambiente dedicato alla vittima, dove la sua sicurezza e la sua privacy siano tutelate; la convergenza degli specialisti verso la vittima; la creazione dei kit dedicati e specializzati, per garantire una corretta

repertazione e conservazione dei campioni anche in regime di emergenza e urgenza. Risulta inoltre uno strumento da valorizzare all’interno della procedura, l’audit, al fine di monitorare le attività della task force aziendale ed inter-aziendale.

Tra i punti più deboli della procedura si rileva invece la cartella clinica guidata cartacea, reputata troppo dispersiva, che sicuramente se informatizzata renderebbe la sua compilazione più veloce e corretta. È stato reputato inoltre di vitale importanza implementare i rapporti con le altre aziende ospedaliere della regione, per cercare di tracciare gli eventuali follow-up o eventuali nuovi accessi delle vittime.

Si ritiene inoltre di vitale importanza la formazione continua del personale medico-sanitario, sicuramente dell’UO di Pronto soccorso, ma anche delle UO

prevalentemente coinvolte: pediatria, ginecologia, psichiatria, ortopedia, malattie infettive.

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INTRODUZIONE

Questa tesi ha l’obbiettivo di valutare, a distanza di 3 anni dalla sua introduzione, l’ attuazione della Procedura Aziendale 113 dell’AOUP di Cisanello, all’interno della vita dei vari reparti, con particolare attenzione all’UO di Pronto Soccorso.

La procedura si caratterizza per un accordo tra la Procura della Repubblica, enti di accoglienza e assistenza di vittime di violenza sul territorio e l’Azienda Ospedaliera Pisana, ricalcando il modello “Codice Rosa” proposto inizialmente come progetto pilota nel 2010 dalla USL 9 di Grosseto.

Il Codice Rosa è in fatti un percorso di accoglienza dedicato a chi subisce violenza: non solo donne, ma anche uomini, anziani, bambini, disabili, omosessuali e

immigrati, in generale tutte le persone che possono trovarsi in una situazione di debolezza e vulnerabilità.

La violenza sulle donne è senza dubbio il fenomeno di maggior interesse, per quantità di casi, all’interno del codice rosa e lo studio della tesi si baserà quindi in modo particolare sulla violenza sulle donne.

Si tratta di un argomento complesso a molte dimensioni: non si tratta solo di salute in senso stretto, ma anche di politiche sociali, educazione e giurisprudenza : la salute

delle donne è uno spartiacque che coinvolge un insieme complesso e intrecciato di responsabilità, competenze, professionalità, esperienze e che richiede il concerto dei diversi livelli istituzionali e di decisione politica.

La promozione della salute delle donne è un obiettivo strategico per la promozione della salute di tutta la popolazione, è misura della qualità – e quindi dell’efficacia ed equità- del nostro sistema sanitario, ma è anche molto di più.

E’ un vero paradigma del livello di civiltà, democrazia e sviluppo di un Paese. Le donne, il loro mondo, la loro vita, la loro salute sono veri “indicatori del benessere” di una società nel suo complesso. E viceversa, le disuguaglianze nello stato di benessere e di salute delle donne intrecciano tutte le altre disuguaglianze, economiche, sociali, culturali. [Ministero Salute, 2008].

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Per trattare e comprendere questo complesso argomento e affrontarlo nelle sue multi-sfaccettature, la tesi si apre con una prima parte di introduzione al problema della violenza di genere. Verranno esposti e interpretati i documenti più rilevanti

riguardanti la gestione del fenomeno della violenza e le linee guida di azione, nonché alcuni dati statistici di notevole interesse. I dati presentati provengono da

documentazione sia internazionale (OMS, ONU), che nazionale (ISTAT, Codice Penale, normative governative).

La seconda parte della tesi analizzerà la procedura aziendale in tutte le sue parti, prendendo in esame le cartelle cliniche dei pazienti ammessi al triage sotto la voce “aggressioni-patite lesioni” ai quali sia stato proposto l’apertura del codice rosa. I dati raccolti si riferiscono al periodo gennaio 2017 − giugno 2019. Di ogni cartella sono state prese in esame le voci principali, al fine di estrarre semplici indicatori statistici. Particolare attenzione si è posta sulla completezza delle cartelle, evidenziando significativi errori di compilazione o di archiviazione.

Facendo tesoro dell’analisi così condotta, la tesi si conclude con una riflessione sui problemi e sulle potenzialità della procedura.

(10)

CAPITOLO 1 


ATTI DI VIOLENZA DI GENERE NEL XXI

SECOLO: LA NECESSITÀ DEL CODICE ROSA

Iniziamo il nostro studio analizzando il concetto di violenza di genere e proponendo una panoramica sui dati relativi a tale fenomeno a livello regionale e nazionale. Tali dati ci aiuteranno a riflettere sull’impatto della violenza di genere sulla salute pubblica e quindi sul Sistema Sanitario Nazionale.

Analizzeremo in ultimo i dati relativi alla violenza contro gli uomini e contro gli anziani.

1.1 La violenza di genere

Troviamo la prima definizione di violenza di genere nella Dichiarazione

sull’eliminazione della violenza contro le donne, approvata dall’assemblea delle

Nazioni Unite nel 1993, quando iniziò a delinearsi la necessità di tutelare i principi e i diritti del genere femminile in materia di sicurezza, uguaglianza ed integrità. L’ONU definì: "violenza contro le donne" ogni atto di violenza fondata sul genere

che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. [ONU

1993].

La pubblicazione di questo documento fu lo stimolo ad un processo di cambiamento legislativo sia nel diritto internazionale che nei singoli stati nazionali, che sta ancora facendo il suo corso, in ambito di tutela giudiziaria e sostegno alle vittime di

violenza.

A livello internazionale nel 1997 il Women’s Health Development (WHD, sezione dell’ OMS) pubblica il documento Violence against Women: a priority health issue, di grande interesse a livello mondiale: vengono commentate le definizioni dei vari tipi di violenza; vengono analizzate le conseguenze fisiche e psichiche delle

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violenze; e per la prima volta viene proposto il ruolo del personale sanitario nella prevenzione e nel trattamento delle violenze.

Si suggerisce inoltre agli stati di informare ed educare la popolazione, incrementare la “formazione specifica per violenza” degli operatori sanitari, sottolineando

l’importanza del lavoro delle ONG che operano nel campo dell’accoglienza e nella protezione di donne vittime di violenza. [OMS 1997]

A livello europeo viene pubblicato nel 2011 la Convenzione del Consiglio d’Europa

sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica [COE 2011], nella quale vengono poste le prime basi per un percorso

condiviso a livello Europeo in tema di sicurezza delle donne, prevenzione della violenza e impedimento l’impunibilità dei colpevoli.

All’interno della Convenzione sono di particolare interesse l’art.3 e l’art4. Nel primo vengono definiti nuovamente:

• "Violenza contro le donne”: si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di

violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

• “Violenza domestica”: designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

• “Genere”: comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini.

Nell’articolo 4 si parla invece di discriminazione, invitando gli stati membri a prendere adottare misure legislative atte a prevenirle: garantendo l’effettiva applicazione del principio della parità dei sessi, applicando sanzioni in caso di discriminazione contro le donne, abrogando le leggi e le pratiche che discriminano le

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Si invitano gli stati membri a estendere le misure antidiscriminatorie non solo sul genere, ma anche sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull'età, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione.

Per quanto riguarda la nostra nazione citiamo le modifiche legislative più importanti: • La legge n.66 “Norme contro la violenza sessuale” del 1996 modifica la

preesistente visione della violenza sessuale, traslocandola dalla sezione “Delitti

contro la moralità pubblica e il buon costume” alla sezione “Delitti contro la persona”, unificando gli atti di violenza carnale agli atti di libidine violenta

nell’unica visione di “violenza sessuale”.

• L’introduzione nel gennaio 2006 nel codice penale dell’art 583-bis inerente a

“Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”: andando a definire il

reato a sé stante rispetto alle lesioni personali gravi, punito con una pena maggiore. • L’introduzione del reato di stalking (dl n.11/2009): è punito (…) chiunque, con

condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. (Art. 612 bis Codice Penale)

• Introduzione dell’Aprile 2019 del reato di revenge porn (dl n.1200/2019): ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, (…) chiunque,

dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito (…). (Art. 612 bis ter

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Come è facile evincere da queste brevi note, non c’è nella legislazione italiana una definizione specifica di violenza di genere. Si tratta di un concetto molto difficile da definire e comprendere: in particolare, sebbene esistano delle definizioni accreditate, non sempre è possibile individuare quelle forme di violenza invisibile che nemmeno la vittima talvolta riconosce come tali.

Ad oggi infatti si tende a riconoscere come violenza, e quindi perseguire gli aggressori, solo in caso di aggressioni fisiche (percosse o lesioni personali), di violenza sessuale o di stalking. Si è compreso solo negli ultimi anni che per

combattere la violenza (e in particolare quella di genere) si deve arrivare alle radici di tale fenomeno, che affondano nella cultura: umorismo e linguaggio sessista, oggettivizzazione sessuale nei media, tolleranza e minimizzazione della violenza sulle donne ecc. (si veda anche la Figura 1).

È chiaro quindi che il concetto di violenza di genere è attualmente ancora in fase di definizione, così come lo sono le norme a tutela delle vittime.

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1. 2 I numeri della violenza in Italia

La prima indagine tutta italiana in tema di violenza fisica e sessuale contro le donne fu svolta nel 2006 dall’ISTAT, che la condusse in convenzione con il Ministero per i diritti e le pari opportunità. L’indagine utilizza un campione di circa 25mila donne tra i 16 e i 70 anni distribuite su tutto il territorio italiano, contattate tramite indagine telefonica. In realtà, per quello che interessa a noi in questa sede, alcune

informazioni di quella ricerca, sul tema della violenza di genere, sono in realtà riprese da un’indagine sulla sicurezza dei cittadini, effettuata nel 1997-1998 e nel 2002, che tratta del tema nel modulo “Molestie e violenze sessuali”, rivolto alle sole donne dai 14 ai 59 anni.

I tipi di violenza analizzati furono:

• Violenza fisica: la minaccia di essere colpita fisicamente, l’essere spinta, afferrata o strattonata, l’essere colpita con un oggetto, schiaffeggiata, presa a calci, a pugni o a morsi, il tentativo di strangolamento, di soffocamento, l’ustione e la minaccia con armi.

• Violenza sessuale: le situazioni in cui la donna è costretta a fare o a subire contro la propria volontà atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati subiti per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti.

• Violenza psicologica: le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni, le forti limitazioni economiche subite da parte del partner.

Vennero infine rilevati dei “comportamenti persecutori” (stalking), descritti come comportamenti che incutono timore alle donne, perpetrati da un partner al momento o dopo la separazione.

L’indagine mostrò che un terzo delle donne che vivono in Italia sono vittime di violenza: sono, infatti, 6 milioni e 743 mila (il 31,9 per cento) le donne vittime di tali

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violenze nel corso della propria vita. Tra queste, quasi 4 milioni di donne hanno subito violenza fisica (il 18,8 per cento, il 16,0 per cento se si esclude la sola minaccia di violenza) e circa 5 milioni (23,7 per cento) hanno subito violenza sessuale. [ISTAT 2008].

I dati mostrarono inoltre una diversa distribuzione del fenomeno sul territorio italiano. In particolare, si rilevò una predominanza degli episodi di avvenuta violenza in grandi centri urbani piuttosto che nei comuni di piccole dimensioni; inoltre si evidenziò una prevalenza del fenomeno nelle regioni del centro Italia (Toscana, Lazio e Marche), rispetto al resto del paese. L’indagine sottolineò inoltre un trend particolarmente basso di avvenuta violenza nelle isole e nelle regioni meridionali. Questi dati, come invita già a riflettere il documento pubblicato dall’ISTAT, devono essere valutati nell’ipotesi che la minor percentuale di reati possa essere dovuta a una minor propensione delle donne a riconoscerli come tali e a parlare della violenza subita.

È stato inoltre sottolineato dall’indagine che le violenze subite dal partner sono solitamente ripetute più volte, mentre le violenze subite da un uomo non partner sono solitamente sporadiche.

Sempre l’ISTAT ha promosso una seconda inchiesta nel 2014, dove i dati sono pressoché sovrapponibili alla ricerca precedente.

Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro

Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex.

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In più l’indagine inserisce il confronto tra la popolazione delle donne italiane e delle donne straniere mostrando che le due popolazioni sono soggette in misura simile a violenze nel corso della vita. Nelle italiane la violenza più frequente è però di tipo sessuale, mentre nelle straniere è maggiormente di tipo fisico. Tuttavia le gravi violenze sessuali (stupro o tentato stupro) sono nettamente più comuni nelle straniere (7,7% contro 5,1%).

1. 3 I dati della violenza in Toscana

Nel nono rapporto sulla violenza di genere in Toscana del 2017 [Regione Toscana 2017] troviamo i dati relativi alla regione in materia di femminicidi, centri antiviolenza e case di rifugio, nel decennio che va dal 2006 al 2016.

Per femminicidio viene inteso un omicidio nel quale un uomo abbia ucciso una donna e sia stata presente almeno una delle seguenti condizioni:

1. l’omicidio è avvenuto all’interno di una relazione intima presente o passata, anche occasionale;

2. tra vittima e omicida esiste una relazione di parentela, non sono presenti chiari motivi di altra natura (ad esempio una contesa su un’eredità) e le vittime sono solo di genere femminile (o l’eventuale vittima di genere maschile è “collaterale”);

3. quale che sia il rapporto tra vittima e omicida, il movente è chiaramente un rifiuto di tipo affettivo/sessuale;

4. l’omicidio è avvenuto nell’ambito del mondo della prostituzione e non sono presenti motivazioni legate al denaro (ad esempio morte in seguito a rapina); 5. l’omicidio è avvenuto in un contesto lavorativo o simili in cui l’uomo non ha

accettato un ruolo gerarchicamente inferiore a quello della donna e le vittime sono solo di genere femminile (o l’eventuale vittima di genere maschile è “collaterale”).

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L’analisi mostra un totale di 101 femminicidi in Toscana tra il 2006 e il 2016, con un trend che rimane più o meno stabile negli anni. Andando ad analizzare le Province nel quale il fenomeno è più incidente si trova al primo posto Firenze (27%) seguita da Pisa (15%).

Risultano inoltre essere per il 75% dei casi vittime italiane e nel 77% dei casi aggressori di origine italiana. L’analisi mostra inoltre che nel 55% dei casi l’omicida è il partner (coniuge, compagno, fidanzato, amante).

Dai dati provenienti dai centri antiviolenza e case di rifugio (Figura 2) possiamo avere un’idea del numero di donne che si sono rivolte a tali centri per ascolto, aiuto o protezione.

Dall’analisi dei dati riportata nella tabella notiamo che il numero di donne che si rivolge ai centri antiviolenza è in aumento. Si tratta di un fenomeno che può avere due spiegazioni: la prima è che siano effettivamente aumentati i casi di violenza; la seconda, probabilmente più veritiera, che sia aumentata la consapevolezza dei propri diritti e sia diminuita la tendenza a minimizzare eventi di violenza di genere.

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Da sottolineare inoltre che Pisa risulta essere, subito dopo Firenze, quella un maggior numero di donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza.

L’analisi Toscana inoltre indica che circa il 17% delle donne che si rivolgono a centri antiviolenza si sono rivolte precedentemente presso un’Unità di Pronto Soccorso che le ha indirizzate verso tali strutture.

1. 4 L’impatto della violenza di genere sul SSN

Già nel 1997 l’WDH pubblicando a Ginevra Violence against Women: a priority

health issue, che abbiamo già citato, poneva l’accento sulle complicanze, sia

immediate che tardive, sia fisiche che psichiche, delle violenze. Nel documento venivano in particolare riportate tra le complicanze “immediate” morte e fratture; tra le tardive: complicanze durante la gravidanza [OMS 1997].

Numerosi sono stati gli studi negli anni successivi su questo tema: in “Health consequences of intimate partner violence” [Campbell, J.C., 2012], pubblicato sull’influente Lancet, attraverso una meta-analisi vengono riassunte le conseguenze cliniche più comuni nelle vittime di violenza: malattie sessualmente trasmissibili, depressione, disturbo post traumatico da stress, dolore addominale cronico, dolori sine-causa ginecologici, alterazioni di tipo gastrointestinale.

Sempre nel 2002 l’OMS pubblica “World report on violence and health” il primo report mondiale sulla violenza nel quale, all’interno del cap. 4 vengono analizzate le possibili conseguenze sulla salute della donna vittima di violenza visibili in Figura 3. Gli studi in materia di violenza si stanno facendo fortunatamente sempre più frequenti; citiamo tra i tanti uno studio del 2016 su Preventive Medicine [Clark, C. J. et al 2016] e uno studio del 2018 su Health Psychology [Lei, M.-K., et al,. 2018]. In entrambi viene studiata una possibile correlazione tra violenza sessuale in età

pediatrica e aumentato rischio di patologia cardiovascolare in età adulta: se entrambi osservano una correlazione, gli autori del secondo articolo ipotizzano che alla base dell’aumentato rischio cardiovascolare vi sia un’alterazione ormonale durante lo stato puberale indotta dalla violenza.

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La speranza è che in un prossimo futuro le evidenze scientifiche portino gli stati a riflettere sulla necessità di prevenzione degli atti di violenza di genere: innanzitutto per le gravi complicanze che l’evento ha sull’individuo, in secondo luogo per le conseguenze della spesa pubblica sia direttamente (visite frequenti) che indirettamente (assenze dal posto di lavoro).

Infatti secondo una statistica americana del NSVRC (National Sexual Violence Resource Center) il costo di un’assistenza a una singola vittima di abuso sessuale è 122.461 $ [Peterson, C., 2017]; annualmente gli USA spendono circa 127 miliardi di dollari per trattare, curare e tutelare le vittime di stupri [Miller T.R., 1996 ]. La stessa statistica mostra che donne abusate sessualmente e fisicamente da bambine ricorrono

Fig.3 Tratta da [OMS 2002]

FISICHE SESSUALI E

RIPRODUTTIVE COMPORTAMENTAPSICOLOGICHE E LI

MORTALI

ematomi disturbi ginecologici depressione e ansia suicidio

fratture sterilità disturbi

dell’alimentazione e del sonno omicidio lacerazioni e abrasioni malattia infiammatoria pelvica fobie e attacchi di panico mortalità materna sindromi da dolore cronico

aborto spontaneo abuso di alcool e droga mortalità legata a AIDS fibromialgia malattie sessualmente trasmissibili disturbo post-traumatico da stress disturbi gastrointestinali gravidanze indesiderate disturbi psicosomatici sindrome dell’intestino irritable comportamento suicida e autolesionista

danni oculari comportamenti

sessuali a rischio funzione fisica

(20)

all’assistenza sanitaria molto più frequentemente di donne della stessa età non abusate da bambine. [US., 2012].

È ormai noto che la violenza contro le donne e le ragazze (...) riduce (…) la produttività e il funzionamento sociale, (...) e impone costi elevati ai bilanci pubblici, sia per quello che riguarda la presa in carico delle vittime che il trattamento degli autori delle violenze. [UN Women, 2013].

In Italia, Intervista Onlus, Organizzazione Non Governativa di cooperazione allo sviluppo, ha tentato di compiere la prima indagine tutta italiana sul costo della violenza per far riflettere sull’impatto delle violenze non solo nel privato della vittima, ma anche a livello economico sanitario. L’indagine si basa su studi analoghi a livello internazionale e prende in analisi i costi su base annua riferendosi a costi economici e sociali presenti in letteratura. L’indagine stima un importo di circa 17 miliardi annui tra costi diretti ed indiretti ed effetti moltiplicatori economici e sociali. Fanno parte dei costi diretti e indiretti:

-

salute delle donne (costi sanitari, cure psicologiche, consumo di farmaci) stimati a 663,60 milioni di euro;

-

sicurezza delle donne e della collettività (costi per l’ordine pubblico, per processi giudiziari, per le spese legali) circa in 945,90 milioni di euro;

-

assistenza delle vittime e dei loro familiari (costi dei servizi sociali dei Comuni e del Centri antiviolenza) circa 162,40 milioni di euro;

-

perdita economica delle imprese e del sistema a seguito della mancata produttività delle vittime e gli effetti moltiplicatori conseguenti stimati intorno a 604,1 milioni di euro. Tale importo comprende una serie di costi per le imprese dovuti alle assenze, alla minore produttività lavorativa ed ai costi di sostituzione.

Mentre il totale in euro necessario per garantire gli investimenti di prevenzione e contrasto alle violenze è stimato annualmente a 6.323.028 euro.

I risultati della ricerca definiscono un ordine di grandezza simile ad altre ricerche effettuate a livello europeo.

(21)

Lo studio fa emergere inoltre una scarsa conoscenza dei costi economici e sociali di tale fenomeno, probabilmente dovuta alla dimensione spesso sommersa delle violenze. [Badalassi, G. (2013)]

1. 5 La violenza nel genere maschile

Il fenomeno di violenze contro il genere maschile è da sempre ritenuto di entità minore rispetto la violenza contro le donne; ciò nonostante è opportuno soffermarsi anche su questo fenomeno, essendo anche gli uomini a tutti gli effetti vittime di violenza.

Non ci sono ad oggi indagini e studi di particolare rilievo per quanto riguarda questo fenomeno a livello italiano; l’unico documento che mostra dei dati su tale fenomeno è un’indagine ISTAT sulle molestie e i ricatti sessuali sul lavoro [ISTAT 2018]: l’indagine stima che 3 milioni 754mila uomini abbiano subito molestie sessuali nel corso della loro vita (18,8%), 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%). Le molestie con contatto fisico (le situazioni in cui le vittime sono state accarezzate o baciate contro la loro volontà) sono state subite dal 3,6% degli uomini nell’arco di una vita, e si sottolinea inoltre che queste avvengono più frequentemente in discoteche o pub.

Analizzando inoltre i dati di cronaca è possibile evidenziare le tipologie di violenza che gli uomini denunciano con maggior frequenza:

-

molestie

-

pedinamenti e stalking

-

violenza psicologica e alienazione parentale 1. 6 La violenza sugli anziani

Il documento dell’OMS del 2002 “World report on violence and health” già citato precedentemente [OMS 2002], dedica l’intero capitolo 5 alla violenza sulle persone anziane. La violenza sugli anziani è infatti un problema già presente nella nostra

(22)

società che tenderà ad aumentare con il passare del tempo visto l’invecchiamento progressivo della popolazione per aumento dell’aspettativa di vita.

Action on Elder Abuse nel Regno Unito definisce abuso sugli anziani “un atto

singolo o ripetuto, o la mancanza di un’azione appropriata, che si verifica all’interno di qualsiasi relazione in cui vi sia aspettativa di fiducia che determina danno o sofferenza a una persona anziana”.

Nel 2011 l’OMS sezione Europea ha pubblicato l’ultimo rapporto in riferimento ai maltrattamenti subiti dalle persone anziane (definite nello studio come ultra sessantacinquenni) dove sono stimati circa 10.000 casi di abuso fisico (calci, pugni, schiaffi, bruciature, ferite da coltello, detenzione forzata nelle camere da letto) giornaliero a livello europeo [OMS Europa 2011]; a livello italiano si stimano circa 4 milioni di individui in età avanzata vittime di violenza, si noti che sebbene il tasso di popolazione anziana maltratta non sia elevato (si stima intorno al 4-6%) si ipotizza che, come per il maltrattamento su adulti e minori, la popolazione realmente abusata sia più ampia.

I pochi studi a nostra disposizione indicano che gli autori del maltrattamento sono principalmente i figli, poi i coniugi e infine terzi che si occupano della cura dell’anziano a domicilio. Situazione analogamente grave è registrata anche all’interno di strutture socio assistenziali dove la violenza si esplica in negligenza e nell’abuso dei mezzi di contenzione.

I maltrattamenti sugli anziani sono generalmente di tipo: psicologico, verbale, esposizione finanziaria, negligenza degli assistenti designati. L’OMS ha stilato dei fattori di rischio (si veda Fig. 4) che se presenti aiutano a riconoscere situazioni a rischio di violenza.

(23)

(24)

CAPITOLO 2

IL CODICE ROSA

Fondamentale per la valutazione del protocollo aziendale è comprendere e analizzare i passi che hanno portato alla necessità della creazione del progetto.

Verranno in questo capitolo illustrati i decreti e le linee guida che hanno ispirato la creazione del codice rosa della regione Toscana, iniziando da un contesto globale europeo, passando per le direttive nazionali, fino ad arrivare alla realtà regionale ed infine aziendale.

In ultimo verranno analizzate le nuove linee guida FIGO in tema di violenza sessuale.

2.1 Nuove normative UE: il bisogno di un progetto condiviso e definito

Possiamo considerare la Convenzione di Istanbul del 2011, già citata nel capitolo 1, [COE, 2011] come il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per gli stati firmatari che ha creato la basi per progetti di legge completi per proteggere le donne, o qualsiasi soggetto discriminato per questioni di genere contro qualsiasi forma di violenza.

Definendo genere come “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente

costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini:;

La convenzione si pone vari obbiettivi (art.1):

-

proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza;

-

prevenire atti violenti contro le donne, eliminando discriminazioni e promuovendo la parità dei sessi;

-

predisporre piani assistenziali e misure di protezione a favore di tutte le donne vittime di violenza;

-

promuovere la cooperazione internazionale;

-

sostenere e assistere le organizzazioni e le autorità incaricate di applicare le leggi, in modo tale da adottare un approccio integrato ed efficace.

(25)

Nell’art. 13 e nell’art. 14 è sottolineato l’impegno degli stati firmatari in tema di sensibilizzazione ed educazione della popolazione, con attenzione particolare ai giovani, attraverso l’inserimento nei programmi scolastici di temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale.

Nell’art. 15 si richiama l’attenzione degli stati membri alla formazione di figure professionali che entrano in gioco nel processo di sostegno alle vittime di violenza. Di particolare interesse per noi è l’art. 20 sui servizi sanitari e di sostegno sociale che gli stati si impegnano a garantire alle vittime di violenza “Le Parti adottano le

misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi sanitari e sociali, che tali servizi dispongano di risorse adeguate e di figure professionali adeguatamente formate per fornire assistenza alle vittime e indirizzarle verso i servizi appropriati.” L’art. 25, si interessa in particolare alle

vittime di violenza sessuale: gli stati membri si impegnano a garantire centri di prima assistenza per le vittime di stupri e di violenze sessuali, dove venga proposta una visita medico-ginecologica, una consulenza medico-legale e un supporto psicologico o psichiatrico per il superamento del trauma.

Nell’art. 66 si conclude con la necessità di un meccanismo di controllo al fine di monitorare la situazione europea in modo costante e di garantire l’attuazione del protocollo in tutti gli stati membri; viene infatti istituito un gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, indicato con la sigla GREVIO.

2.2 La risposta Italiana alle richieste della convenzione di Istanbul

L’Italia risponde alla convenzione di Istanbul con una serie di passi successivi. • DL 14 agosto 2013, n. 93 convertito in legge dalla legge del 15 ottobre 2013, n.

119 “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza

(26)

materia di violenza sulle donne, (art. 572 art. 609-ter ed art. 612-bis) puntualizzando e modificando alcune aggravanti.

• Nel Luglio 2015, in attuazione del DL 93/2013, vengono emanate nuove direttive attraverso il “piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di

genere”. Il piano prevede in particolare al punto 3.1 la creazione di un apposito Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza, [GOV ITA. 2015] con il

compito di supportare la “Cabina di regia interistituzionale” contestualmente creata presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del consiglio mediante la realizzazione di studi e ricerche, di formulare proposte di intervento, di monitorare l'attuazione del piano stesso, di operare una valutazione sull'impatto delle politiche in tema di contrasto alla violenza maschile sulle donne, mediante l'individuazione delle best practice realizzate.

• 28 Dicembre 2015, legge n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato“ (c.d. legge di stabilita' 2016) che all'art. 1,

commi 790 e 791 prevede l'istituzione, nelle Aziende sanitarie e ospedaliere, di un percorso di protezione a tutela delle persone vittime di violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori (stalking) e la definizione di apposite Linee guida nazionali, volte a rendere operativo il percorso;

• 24 novembre 2017, DPCM: Creazione e adozione delle linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, con la denominazione «Percorso per le donne che subiscono violenza».

2.3 La Regione Toscana

In Toscana le sperimentazioni e i progetti di percorsi specifici per le violenze sulle donne sono ben anteriori alla Convenzione di Istanbul del 2011 e, quindi, alle disposizioni statali. Tali percorsi sono oggi ben radicati nella pratica delle aziende sanitarie cosicché il Codice Rosa riveste oramai un ruolo di primo piano nel

(27)

panorama sociosanitario toscano, in quanto valore aggiunto nella tutela delle vittime di violenza appartenenti alle fasce deboli della popolazione.

Il percorso regionale inizia infatti già nel nel 2007 con la LR 59/2007, che istituisce un percorso di assistenza specifica a tutela dei diritti di cittadinanza sociale, al fine di

promuove attività di prevenzione della violenza di genere e garantire adeguata accoglienza, protezione, solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici, psicologici, economici, di persecuzioni, di stupro, di molestie sessuali, o alle vittime di minaccia di tali atti, indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro cittadinanza. Nell’art. 7 di tale legge si individuano le ASL e le Aziende

Ospedaliere come protagonisti nell'organizzazione di centri di coordinamento tra versante sanitario e assistenza sociale sul territorio, con la finalità di garantire la valutazione e l’attivazione immediata di un intervento multidisciplinare sulla vittima. Un vero e proprio “percorso donne” inizia in regione Toscana con l’esperienza dell’USL 9 di Grosseto, che sperimenta per prima il “codice rosa”. A seguito di tale esperienza positiva la Regione decide di iniziare un coordinamento generale per la diffusione del codice nelle varie aziende ospedaliere.

2.3.1 USL 9 Grosseto: il progetto pilota

Nel 2010 viene istituito presso la Procura della Repubblica di Grosseto un Pool di

magistrati espressamente incaricati della gestione dei reati contro le “Fasce Deboli” della cittadinanza, nello stesso periodo l’Azienda ASL 9 di Grosseto attua il Progetto

“SOS DONNA” che prevede l’istituzione del “Centro di Coordinamento Aziendale

per le Vittime di Violenza” formato da un gruppo di operatori ASL in grado di collaborare in maniera profondamente sinergica e di rappresentare un sicuro punto di riferimento per i casi di violenza sessuale e domestica, i quali accedono alle

strutture sanitarie aziendali attraverso un “percorso rosa”: un protocollo di intervento mirato ad assicurare la massima tutela delle vittime di violenza attraverso percorsi assistenziali protetti che ne garantiscono la privacy, l’incolumità fisica e psichica e il più celere intervento. [Meucci G., 2011].

(28)

Per ottimizzare le energie e gestire al meglio la totalità dei casi si vide la necessità di coordinare i due enti competenti attraverso un progetto condiviso che istituisse un task force operativo interistituzionale. La task force interistituzionale ha messo a

punto un sistema di alert denominato “Codice Rosa” in particolare in Pronto Soccorso ( luogo dove prima o poi le vittime di violenza passano) che apre una via preferenziale e condivisa dalla squadra, definita “Percorso rosa”. [Doretti V.,

Zuccherelli D., 2014]

Il Codice Rosa è un quindi inizialmente creato come codice “criptato” aggiuntivo a quelli standard del triage attribuiti in base alla gravità (bianco, azzurro, verde, giallo rosso), da assegnare in tutti i casi di avvenuta o sospetta violenza, consentendo l’azione tempestiva del Task Force Interistituzionale.

Nel solo primo anno di lavoro il Percorso Rosa di Grosseto contò 309 casi (204 maltrattamenti, 8 abusi sessuali, 25 stalking, 36 casi pediatrici) e di questi il 50% grazie al task force ebbe contatti con le forze dell’ordine per sporgere denuncia. Nel 2011 la quantità di casi di violenza emersi nei colloqui in pronto soccorso è salita a 507, ovvero un incremento del 63% rispetto l’anno precedente, probabilmente legato alla crescente sensibilità degli operatori socio-sanitari a far emergere la problematica. L’esperienza positiva e la quantità dei casi trattati suggerì di estendere il Codice Rosa già nel 2011 ad altre Aziende sanitarie toscane e alle rispettive Procure quali, Prato, Lucca, Arezzo e Viareggio.

È in questo modo che il Codice Rosa diviene un progetto regionale ad estensione progressiva.

2.3.2 Il progetto diventa regionale

Nel 2011 con la sottoscrizione del protocollo d'intesa tra la Regione Toscana e la Procura Generale della Repubblica di Firenze il Codice Rosa e la creazione di Task Force interistituzionali diventano progetto regionale.

Il Progetto regionale Codice Rosa viene definito come un percorso di accoglienza al

Pronto Soccorso dedicato a chi subisce violenza. Non solo donne, ma anche anziani, bambini, disabili, omosessuali e immigrati. Persone che possono trovarsi in una

(29)

situazione di debolezza e vulnerabilità e i cui segni di violenza subita non sempre risultano evidenti. [ Regione Toscana., 2012].

Nel 2012 la Regione Toscana attiva un corso di formazione regionale rivolto a “formatori” incaricati di estendere la metodologia del progetto a livello regionale. Nel gennaio 2014 si completa la diffusione a livello regionale con l'estensione della sperimentazione a tutte le aziende sanitarie toscane; ovviamente con l’aumento delle ASL e delle AOU all'interno della sperimentazione il numero di codici rosa aumenta e si stabilizza negli anni tra i 2800 e i 3500 casi annui. (Fig.1)

Nel 2016 viene costituita la Rete regionale Codice Rosa: un sistema in grado di attivare connessioni tempestive ed efficaci per fornire risposte immediate alle esigenze delle varie Aziende Sanitarie per la cura, il riconoscimento e la collocazione in tempi rapidi delle vittime di violenza.

La rete è strutturata nei diversi livelli della sanità toscana e si compone di:

-

un responsabile della Rete regionale Codice Rosa;

-

un Comitato regionale Codice Rosa;

-

un Comitato di Area Vasta Codice Rosa (uno per ciascuna delle tre Aree vaste);

-

una Rete aziendale Codice Rosa.

Fig.1 0 900 1800 2700 3600 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

(30)

La Rete si pone tre obiettivi principali: il primo è di favorire in tutte le aziende l’applicazione di percorsi efficaci per le vittime di violenza, in modo tale che esse siano riconosciute precocemente già all’arrivo in Pronto Soccorso. Il secondo obiettivo riguarda i percorsi territoriali di assistenza alle vittime, da attivare quando necessario e/o richiesto in base alle esigenze di quest’ultime, la Rete cerca di assegnare il percorso regionale più adatto sulla base della valutazione delle esigenze di tutela e protezione. Il terzo obiettivo della rete è di garantire omogeneità di intervento su tutto il territorio regionale.

2.4 Il Codice Rosa nella provincia di Pisa

La ASL di Pisa entra a far parte della sperimentazione regionale del progetto Codice Rosa nel 2013, registrando un totale annuo di 90 casi di vittime adulte (>18 anni : 88 maltrattamenti e 2 abusi sessuali); e 15 casi di violenze su pazienti minorenni: (12 maltrattamenti e 3 abusi sessuali). [Regione Toscana., 2012].

Nel Dicembre 2013 viene firmato il protocollo d’intesa tra la procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa e l’AOUP per la costituzione di una “Task force interistituzionale – codice rosa”, al fine di promuovere strategie condivise finalizzate alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle fasce deboli della popolazione.

2014

AOUP ASL PISA

Adulti Minori Adulti Minori

Maltrattamenti 68 12 92 11 Stalking 28 - - -Violenza sessuale 5 1 2 -Totale 101 13 94 11 Fig.2

(31)

Nel 2014 la provincia di Pisa vede una totalità di 219 codici rosa, ripartiti come visibile in Fig 2. [Regione Toscana 2014].

La provincia di Pisa segue l’andamento Regionale registrando negli anni sempre più casi di violenze e maltrattamenti (Fig 3). Si noti che dal 2017 non sono più disponibili i dati della ASL Pisa, ormai inserita all’interno dell’AUSLTNO (ASL Toscana Nord-Ovest).

2.5 Linee guida FIGO in tema di violenza sessuale

All’ultimo congresso internazionale FIGO nell’Ottobre 2018 viene firmata dalla FIGO e dalla World Health Organization la “Dichiarazione globale contro la violenza sulle donne”.

In particolare viene chiesto ai ginecologi di lavorare al fine di:

-

Sostenere strategie per affrontare la violenza contro le donne senza distinzione di comunità, città, paesi o nazioni di origine e collaborare con la società civile e le organizzazioni di volontariato, in particolare le organizzazioni per la salute e i diritti delle donne.

0 1000 2000 3000 4000 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Accessi totali codice rosa provincia di Pisa Accessi totali codice rosa Regionali

(32)

-

Aumentare la propria consapevolezza e quella dei colleghi (anche in altre specialità mediche) e dei responsabili delle politiche sanitarie, riguardo alla violenza e ai suoi impatti negativi sulla salute e il benessere delle donne.

-

Sviluppare la capacità degli operatori sanitari delle proprie equipe di affrontare la violenza sessuale con cure post-stupro complete in linea con le linee guida dell’OMS, attraverso l'integrazione degli insegnamenti dei protocolli e delle nuove linee guida nei programmi di studio a vari livelli formativi.

-

Indagare e conoscere l'estensione, i tipi, i fattori di rischio della violenza al fine di fornire supporto di prima linea e assistenza sanitaria completa.

-

Garantire che le società membri includano la violenza contro le donne come elemento regolare del loro congresso nazionale (per l’Italia si intende il congresso annuale SIGO), con il coinvolgimento dei responsabili politici e di altre parti interessate

-

Essere in grado di fornire assistenza riservata, rispettosa ed efficace per le donne che subiscono violenza, incluso il supporto di prima linea e l'assistenza alle donne nel perseguimento legale di casi di abuso sessuale e stupro, se desiderano perseguirlo, mediante un'attenta e delicata documentazione delle prove in linea con gli obblighi nazionali di segnalazione.

(33)

CAPITOLO 3

FORME DI VIOLENZA

Forniremo in questo capitolo un’analisi delle varie tipologie di violenza descrivendone gli aspetti medico-legali, i fattori di rischio, la sintomatologia e i segni più comunemente associati, che aiutano gli operatori sanitari a riconoscere tempestivamente le vittime. Attingeremo di volta in volta a documenti internazionali, norme dell’ordinamento italiano e a rilevamenti statistici nazionali.

L’OMS definisce la violenza come l’utilizzo intenzionale della forza fisica e del

potere, minacciato o reale, contro se stessi, un'altra persona, contro un gruppo o una comunità, che determini o abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione . [OMS 2016].

Gli atti di violenza possono quindi assumere diverse sfaccettature:

-

violenza psicologica (in cui rientrano lo stalking e il mobbing)

-

violenza fisica (l’evento estremo è l’omicidio)

-

violenza economica

-

violenza sessuale

-

stalking

3.1. Maltrattamenti

Non esiste una definizione accreditata da entri giuridici o sanitari della nozione di maltrattamento su adulti. La definizione che prendiamo in considerazione in questa analisi è quella generale dell’Enciclopedia Italiana che definisce il maltrattamento come un comportamento che è per altri causa di danni fisici o morali. Rientrano nella definizione quindi sia atti di violenza psicologica, che fisica che economica. Per quanto riguarda il maltrattamento su minori, una definizione ufficiale è stata data

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carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico, psichico o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino. In questo caso il termine

maltrattamento prende in considerazione esplicitamente non solo la violenza psicologica, fisica ed economica, ma anche la violenza sessuale.

Secondo un’indagine ISTAT [ISTAT 2008] i sintomi e i segni che presentano gli individui che hanno subito maltrattamenti e violenza (fisica, psicologia ed economica) sono generalmente di tipo:

-

fisico: lesioni addominali, lividi e frustate, sindromi da dolore cronico, disabilità, fibromialgie, fratture, disturbi gastrointestinali, sindrome dell’intestino irritabile, lacerazioni e abrasioni, danni oculari, funzione fisica ridotta.

-

psicologico comportamentale: abuso di alcool e droghe, depressione e ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno, sensi di colpa e vergogna, fobie e attacchi di panico, inattività fisica, scarsa autostima, disturbi da stress-post-traumatico, disturbi psicosomatici, fumo, comportamento suicida e autolesionista, comportamenti sessuali a rischio

-

conseguenze mortali: mortalità materna, omicidio, suicidio

È quindi molto importante per un qualsiasi operatore sanitario, indipendentemente dalla propria specializzazione, essere formato sul problema della violenza, tenendolo bene a mente al momento di formulare una diagnosi differenziale.

Sempre da un indagine ISTAT [ISTAT 2014bis] emergono i fattori di rischio principali che devono spingere il medico a aumentare l’attenzione sulla paziente e a formulare l’ipotesi di violenza e maltrattamenti in sede di diagnosi differenziale.

-

basso livello di istruzione (elementare/nessun titolo)

-

basso reddito familiare

-

precedenti storie di violenze nel nucleo familiare del maltrattante o del maltrattato

(35)

-

comportamenti violenti del partner fuori dall’ambito familiare che lo hanno portato ad avere contatti con la polizia

-

livello di occupazione (a maggior rischio: studenti, operai e assimilati, lavoratori in proprio, individui in cerca di occupazione).

3.1.1 Abuso di mezzi di disciplina o correzione

L’argomento viene trattato nell’art. 571 del c.p: “chiunque abusa dei mezzi di

correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente…”

Vengono quindi inquadrati come reati mezzi correttivi o disciplinari che ricorrano alla violenza fisica nei confronti dei figli di età maggiore o nei confronti della moglie da parte del marito posto il principio di parità tra coniugi. Si ritiene lecito il ricorso a lievissimi atti disciplinari che ricorrano a un modicissima violenza fisica nei confronti dei figli minori conviventi. Vengono inoltre inquadrati come reati punizioni in ambito scolastico diversa dall'ammonizione, censura, sospensione dalla scuola, esclusione dagli scrutini o esami.

Di fronte a questa tipologia di reato il medico operatore nel servizio sanitario nazionale, in quanto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio ha l’obbligo di procedere d’ufficio (art. 331 e 332 C.P.P) con la trasmissione di denuncia scritta del reato al pubblico ministero o all’ufficiale di polizia giudiziaria.

3.1.2 Maltrattamenti in famiglia

L’art. 572 del c.p recita: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,

maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito…”.

(36)

Il reato per essere tale deve essere caratterizzato da una reiterazione abituale nel tempo di condotte che di per sé, isolate, sarebbero lecite. Le condotte possono essere sia commissive che omissive. Anche in questo caso il medico ha l’obbligo di procedere d’ufficio.

3.1.3 Lesioni personali dolose

Le lesioni personali dolose vengono affrontate negli art. 582 e 583 del c.p, nel primo articolo viene definito il reato:“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale,

dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito…” In questo caso

si parla quindi di violenza puramente fisica; nel secondo articolo vengono definite le circostanze aggravanti che, assieme all’articolo precedente aiutano a classificare le lesioni dolose in 4 gradi:

-

Lievissima: quando è produttiva di malattia che si risolve entro 20 giorni.

-

Lieve: quando è produttiva di malattia che si risolve entro 40 giorni.

-

Grave: quando è produttiva di malattia che si risolve in più di 40 giorni.

-

Gravissima: quando è produttiva di malattia che certamente o probabilmente sarà

insanabile (tra gli esempi: perdita si un senso o un organo, mutilazione che rende inservibile un arto, disfunzione grave della favella, sfregi o deformazioni del volto, perdita della capacità di procreare).

In questa tipologia di reato il medico avrà l’obbligo di procedere d’ufficio per le lesioni lievi, gravi o gravissime; mentre per le lesioni lievissime il medico procederà solo a querela di parte. Si osserva subito che la maggior parte di pazienti vittime di violenza che si recano al pronto soccorso e vengono riconosciuti come codici rosa, hanno subito lesioni personali lievissime e il medico, quindi, non è quasi mai obbligato a procedere d’ufficio.

Le lesioni possono essere provocate da:

-

contusioni (ematomi, abrasioni, escoriazioni ecc)

-

tagli con fendenti o filo di lana ( tagli netti dei tessuti con possibile lacerazione e sanguinamento)

(37)

-

asfissia

3.1.4 Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Trattato nell’art 583bis del cp: “Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche,

cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito (…) si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo”. Tale articolo è di recente introduzione nell’ordinamento italiano avendo fatto

la sua comparsa nel 2006 al fine di tutelare l’integrità fisica delle donne sia minori che di maggiore età, cercando di porre fine a pratiche presenti in altre culture, considerate ripugnanti nella nostra.

Anche in questo caso il medico è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.5 Abbandono di persone minori o incapaci

Argomento trattato nell’art. 591 del cp: “Chiunque abbandona una persona minore

degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa , e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito”. Nell’articolo si cerca di

salvaguardare il valore etico della società e di tutelare la sicurezza delle persone minori o incapaci.

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.6 Riduzione o mantenimento in schiavitù

L’art 600 del cp recita: “Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a

quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito (…).

(38)

condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”.

L’articolo è stato creato al fine di tutelare lo status libertatis e la dignità umana. Nel nostro ordinamento giuridico non esiste infatti la schiavitù, l’articolo è rivolto a punire le condotte di sottomissione psicologica e fisica dettata il più delle volte da associazioni di stampo mafioso.

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.7 Prostituzione minorile

Il reato legato alla prostituzione minorile è stato introdotto nel nostro cp nel 1998 e modificato nella forma attuale (art 600 bis cp) nel 2012: “È punito (…) chiunque

recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto (…) chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi”

Anche in questo caso il medico se ha notizia del reato è obbligato a procedere d’ufficio.

3.1.8 Impiego di minori nell’accattonaggio

Argomento trattato nell’art 600 octies del cp “chiunque si avvale per mendicare di

una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua

custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni”. Se il medico ha notizia del reato è obbligato a

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3.2 Violenza sessuale

Il reato di violenza sessuale viene trattato nell’art 609bis del cp: “Chiunque, con

violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subiresti sessuali è punito … Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto…”.

Tale disposizione di legge è stata inserita nel cp nel 1996, traslocandone la posizione dalla sezione “Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” alla sezione “Delitti contro la persona”, con la finalità di tutelare la libertà sessuale personale, ovvero la libertà di autodeterminarsi rispetto agli atti che la compongono.

Con la nuova disposizione di legge si adotta inoltre una definizione onnicomprensiva del reato, unificano i reati di violenza carnale, ovvero qualsiasi forma di compenetrazione corporale che consenta il coito o un equivalente di esso, e gli atti di libidine violenta, intesi come ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione, che, per le modalità con cui si svolge, costituisce atto invasivo della sfera sessuale di una persona non consenziente.

Da sottolineare è anche il fatto che le condotte ascrivibili a reato sono essenzialmente due:

-

violenza sessuale per costrizione (violenza fisica, minaccia o abuso di autorità)

-

violenza per induzione (abuso su condizione di inferiorità della persona offesa, o mediante l’uso dell’inganno).

Per il reato di violenza sessuale di norma si procede a querela di parte (non revocabile) entro 6 mesi. Il medico dovrà procedere d’Ufficio se il fatto è compiuto:

-

ai danni di un minore di 14 aa;

-

nei confronti di un minore da un ascendente, un genitore (anche adottivo), dal coniuge o convivente di essi, da adulto cui il minore è affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia;

-

da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni;

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