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Riflessioni sulla procedura aziendale 113

CAPITOLO 6 VALUTAZIONI E CONCLUSIONI

6.1 Riflessioni sulla procedura aziendale 113

In base ai dati raccolti per questa tesi e al confronto con i referenti delle varie UO coinvolti nel progetto del codice rosa e i rappresentanti dei servizi sul territorio, è possibile trarre alcune considerazioni e valutazioni sulla procedura aziendale.

6.1.1 Cartella clinica guidata

I dati analizzati mostrano che nei casi dove il medico ha utilizzato la cartella clinica guidata cartacea la procedura è stata applicata in modo più corretto rispetto ai casi nei quali è stato usato unicamente il programma di FirstAid®. Nella quasi totalità dei casi trattati con cartella clinica guidata troviamo la presenza dei seguenti dati, spesso assenti nelle altre cartelle: completamento dei dati anagrafici e dell’anamnesi sociale, esame obiettivo completo e riportato su tavole anatomiche, fotografie compiute utilizzando il riferimento metrico, effettuazione della valutazione per la scala BRA. Tuttavia la cartella clinica cartacea è stata utilizzata in una minoranza dei casi (21%). D’altra parte, a parziale spiegazione del dato, osserviamo che il personale medico e infermieristico di Pronto Soccorso ritiene la cartella clinica cartacea eccessivamente ridondante e soprattutto poco pratica per un suo utilizzo in ambiente di emergenza- urgenza. Si auspica pertanto che la cartella clinica cartacea possa essere revisionata, alleggerita, e informatizzata, in modo tale da renderne più veloce la compilazione ed evidenziare in tempo reale al medico i campi obbligatori non riempiti.

6.1.2 Consenso informato

Le cartelle mostrano alcuni significativi errori nella compilazione e archiviazionedel consenso informato. Il consenso informato, come richiamato nell’art 1 della legge 219 del 2017, “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e

può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”:

l’acquisizione del consenso è un esplicito obbligo del personale medico-sanitario; la mancanza in cartella della relativa annotazione determina responsabilità per coloro che gestiscono la cartella stessa.

Anche in questo caso una cartella clinica informatizzata, dotata di vincoli di compilazione, risolverebbe tali errori.

6.1.3 Follow-up

I dati in nostro possesso (1 paziente su 8 per il follow-up ortopedico, 1 su 10 per il controllo psichiatrico, 3 su 14 per le visite di controllo infettivo logiche, 1 su 7 il follow-up ginecologico) evidenziano una perdita di pazienti nel controllo di lungo periodo. La letteratura è concorde nel confermare la difficoltà di motivare pazienti di questo tipo a ripresentarsi in un contesto ospedaliero e a mantenerli in un percorso di trattamento prolungato (ad esempio:[MacMillan et al., 2009]). È tuttavia importante cercare di trovare una modalità di incontro e dialogo con le vittime, in modo tale che esse comprendano il rischio e la gravità della loro situazione.

Alcuni esempi a livello internazionale, creati in contesti di particolare necessità, riescono a superare questo ostacolo, favorendo il consolidarsi di contatti con le vittime.

Il Chicago Medicine Comer Children’s Hospital ha ottenuto buoni risultati su pazienti pediatrici attraverso un’eccellente rete assistenziale sul territorio alla quale affidare i ragazzi: “cosa succede in ospedale deve essere impegnato per guadagnare

la fiducia dei pazienti. Il vero lavoro di intervento su un trauma del genere dovrebbe essere quasi tutto al di fuori dell’ospedale: nella comunità, nelle case dei pazienti, in tribunale o in ambiente sanitario con appuntamenti ambulatoriali, cercando di avere un contatto personale settimanale con la vittima.” [Stronger, 2018].

Un’altra risposta a questo complesso problema è stata data in Francia dalla Maison Des Femmes de Saint Dénis del Centro ospedaliero Delafontaine. Nella regione di Saint Denis la violenza contro le donne è tra le più alte di Francia (circa il 10% delle

donne ogni anno); in questo caso è stato creato un vero e proprio stabilimento dedicato alla violenza sulle donne all’interno dell’ospedale, composto da una sezione ginecologico-ostetrica (per interruzioni volontarie di gravidanza, mutilazioni sessuali, violenze sessuali, educazione sessuale e riproduttiva), una sezione psichiatrica e di sostegno psicologico e una sezione di accoglienza, servizi sociali e sostegno giuridico [ARS Ile-de-France, 2019].

Questi esempi si fondano sicuramente su una disponibilità di finanziamenti cospicui che ne permettono l’attuazione: non possono essere replicati come tali in molti dei contesti sanitari italiani. Possono però essere presi come suggerimenti per cercare di migliorare l’accoglienza delle vittime anche nella nostra AOUP, potenziando ad esempio i rapporti con le reti territoriali e con i medici di medicina generale.

6.1.4 Referto per autorità giudiziaria

Il rilascio di unreferto per autorità giudiziaria è una possibilità che viene offerta alla vittima, per incentivarla ad una successiva denuncia. Come mostrano i dati raccolti nel Capitolo 5, il referto è stato richiesto da circa il 45% dei pazienti: si tratta di un dato incoraggiante rispetto alle medie nazionali secondo le quali “solo il 4 % delle

vittime totali italiane, ha denunciato alle Forze dell’ordine” [ISTAT 2008], ma va

considerato solo come un punto di partenza alla lotta contro la violenza.

6.1.5 Il ruolo del ginecologo all’interno del protocollo

La valutazione delle lesioni genitali ed extragenitali ha un’importanza cruciale nei procedimenti giudiziali per violenza: è compito del ginecologo in questo contesto fornire alla vittima un referto il più possibile accurato, che possa quindi essere validamente usato in sede forense.

Già dal 2004 il colposcopio è diventato lo strumento standard per la valutazione delle lesioni genitali causate da violenza sessuale negli Stati Uniti [US Department of Justice, 2004]: il colposcopio riesce infatti a evidenziare l’11,8% di lesioni in più

l’utilizzo di tale strumento, quando questo sia disponibile, previo consenso della paziente, in ogni visita ginecologica per violenza sessuale.

Interessante sarebbe inserire all’interno del protocollo la classificazione internazionale TEARS riportata in Figura 1 [Sommers MS., 2007], consigliata anche dal gruppo di studio SIGO “Violenza di Genere”. [Dubini V., et al,. 2017].

6.1.6 Coordinamento territoriale e regionale

Risulta evidente la necessità di migliorare il coordinamento sia a livello territoriale locale sia a livello regionale.

A livello territoriale locale si dovrebbero migliorare e integrare i rapporti tra l’AOUP e i servizi di assistenza e accoglienza delle vittime, soprattutto nella fase di follow-up per cercare di non perdere questa tipologia di paziente.

Altro intervento a livello territoriale di grande importanza è il collegamento esplicito tra gli operatori sanitari coinvolti nel Codice Rosa e i medici di medicina generale e i pediatri, che in prima persona seguono da vicino le vittime, hanno con loro un rapporto di fiducia e possono in alcuni casi anche prevenire azioni di violenza. In tal senso sarebbe utile iniziare una formazione generale già a livello universitario (CdL di Medicina e chirurgia e CdL di Ostetricia) e continuarla in ambito di specializzazione post-laurea (corso di specializzazione in medicina generale, specializzazione in ginecologia ed ostetricia, specializzazione in urgenza ed emergenza).

Di primaria importanza è la formazione continua degli operatori sociosanitari che operano in Pronto Soccorso, come suggerito in letteratura per l’applicazione dei percorsi donna a partenza dal Pronto Soccorso [A. Colucci et al., 2006].

A livello regionale sarebbe interessante la realizzazione di una banca dati più ricca rispetto a quella attuale, in modo tale da disporre non solo di un informazione quantitativa sul numero di codici rosa aperti nell’anno, ma anche di un’informazione qualitativa sull’applicabilità del protocollo nei suoi punti più “critici” (follow-up, referto per autorità giudiziaria). In questo modo le criticità del protocollo risulterebbero più evidenti, permettendo quindi la progettazione di soluzioni applicabili in tutte le aziende sanitarie della regione.

In questo contesto osserviamo che è assai ragionevole supporre che la mancata registrazione dei follow-up dipenda anche dal fatto che le cartelle di codice rosa, come tutte le altre cartelle cliniche, sono aziendali: eventuali follow-up svolti dalla vittima in una diversa azienda ospedaliera rispetto quella del primo accesso sono, dal nostro punto di vista, assenti. Una cartella di codice rosa informatizzata e condivisa a livello regionale sarebbe un importante strumento di monitoraggio.

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