L’efficace applicazione del sistema può essere incoraggiata attraverso il ricorso a manuali di corretta prassi igienica elaborati a livello nazionale o comunitari, valorizzando la diversità delle tecniche produttive e delle produzioni tradizionali199: come ricordato all’inizio del regolamento: “i manuali di corretta prassi costituiscono uno strumento prezioso per aiutare gli operatori del settore alimentare nell’osservanza delle norme di igiene a tutti i livelli della catena alimentare e nell’applicazione dei principi del sistema HACCP”200. Il nuovo sistema di responsabilità che vede, quale responsabile principale della sicurezza alimentare l’operatore alimentare, incoraggia non solo la collaborazione tra operatori di settore ed Autorità competenti, ma favorisce anche lo sviluppo dei manuali di corretta prassi igienica, anch’essi sorti tramite la partecipazione di operatori di settore, consumatori ed Autorità competenti.
Detti manuali, il cui contenuto richiama quanto disposto nel “Codex Alimentarius” e nelle raccomandazioni di cui alla parte B dell’allegato I qualora si tratti di produzione primaria ed operazioni associate, devono prima essere valutati dagli Stati membri per poi essere trasmessi alla Commissione Europea che predispone un sistema di registrazione di tali manuali201. Tali codici o guide sono stati ritenuti gli strumenti più adeguati e pratici per assicurare un livello elevato di igiene dei prodotti alimentari, ma rimangono, comunque, strumenti di natura volontaria. Essi dovrebbero contenere informazioni adeguate sui pericoli che possono insorgere nella produzione primaria e nelle operazioni ad essa associate, nonché sulle azioni da intraprendere per controllare detti pericoli: così, ad esempio, i manuali dovrebbero contenere informazioni circa l’utilizzo dell’acqua, dei rifiuti organici, dei prodotti fertilizzanti, l’uso corretto ed adeguato di prodotti fitosanitari, dei medicinali veterinari, dei mangimi nonché sulla loro rintracciabilità così come elencato nell’allegato I202.
199 Cfr. MASINI S., Corso di diritto alimentare, Milano, Giuffrè Editore, 2011, pag. 154 ss.
200 Cfr. Art. 1 regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004. 201 Cfr. AA.VV., Il Decreto Legislativo 155/97 dieci anni dopo: stato di applicazione e prospettive in «De
Qualitate», 2007, fasc. 3, pag. 84 ss.
202 Cfr. LOSAVIO C., La riforma della normativa comunitaria in materia di igiene dei prodotti
Gli articoli da 7 a 9 del regolamento 852/04 riguardano “l’elaborazione dei manuali nazionali di corretta prassi operativa in materia di igiene e di applicazione dei principi del sistema HACCP”203.
Sebbene utilizzati su base volontaria, l’adozione di tali manuali è vivamente consigliata in più punti del regolamento, soprattutto nelle piccole imprese, poiché permettono di definire in modo più preciso e puntuale quei criteri di flessibilità previsti dal regolamento. Come abbiamo precedentemente illustrato, infatti, la normativa lascia all’operatore ampio spazio di discrezionalità (introdotto dai termini “ove necessario”, “ove opportuno”, “sufficiente”, “adeguato” ecc.) anche riguardo al mezzo per raggiungere i fini di sicurezza alimentare (con l’applicazione delle procedure HACCP o con strumenti su di esse basati).
Nei manuali, gli operatori potranno definire gli elementi di “necessità”, “opportunità”, “adeguatezza” di una determinata prescrizione, nonché con quale metodo raggiungere gli obiettivi di sicurezza alimentare previsti dal regolamento. A titolo esemplificativo, e non esaustivo, i manuali di corretta prassi operativa possono contenere i dettagli in merito a:
- il piano HACCP (se applicato); - l’analisi dei pericoli;
- la gestione dei requisiti generali e specifici; - i documenti e le registrazioni da utilizzare; - le responsabilità del personale.
In materia di semplificazione del sistema HACCP, l’adozione di manuali di corretta prassi operativa igienica è consigliata in particolare in quei casi in cui la manipolazione di alimenti segue procedure consolidate, che costituiscono spesso parte della formazione professionale degli operatori del settore in questione: ad esempio ristoranti, imprese di catering, forni e panetterie, negozi al dettaglio e macellerie, ecc204.
203 Cfr. Art. 7 regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004. 204 Cfr. http://www.arsialweb.it/cms/images/stories/PIDA/materiale%20divulgativo/pacchetto_igiene.pdf
CAPITOLO III
La norma UNI EN ISO 22000:2005.
3.1. Premessa.
Nel presente capitolo verrà affrontato lo standard ISO 22000:2005 che, a differenza della natura cogente della legislazione alimentare a livello europeo (reg.178/02 e reg. 852/04) precedentemente trattata, è formalmente volontario, anche se è sempre più richiesto dai mercati.
Un’efficace gestione della sicurezza alimentare necessita, in effetti, di un quadro normativo e un sistema di controlli chiari ed efficaci, di una base scientifica autorevole, del coinvolgimento consapevole di tutta la filiera alimentare (dall’agricoltura alla distribuzione) ed una corretta informazione ai consumatori. Per sostenere le imprese in questo compito, insieme agli obblighi di legge nazionali e comunitari, il sistema internazionale della normazione ha sviluppato standard gestionali volontari, sottoposti al controllo/certificazione di Enti privati accreditati. La certificazione è volta, soprattutto, alla rassicurazione del consumatore sulla reale rispondenza del prodotto alle caratteristiche dichiarate (garanzia data da un Ente certificatore di terza parte, indipendente e competente). Un prodotto oltre che essere “buono” deve essere sicuro; la sicurezza deve riguardare anche gli ambienti di lavoro, alla luce delle nuove e pesanti responsabilità introdotte dalla più recente normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La certificazione è la procedura con cui una terza parte dà assicurazione scritta che un prodotto, processo o servizio è conforme ai requisiti specificati205.
Negli ultimi anni, l’evoluzione della legislazione in materia ha mutato significativamente lo scenario divenendo sempre più necessario garantire la continuità della qualità del prodotto e del servizio lungo l’intera filiera delle attività fino alla commercializzazione, se si considera che le aziende che operano nel settore alimentare costituiscono generalmente un “anello” di quella che viene
comunemente definita la filiera che va “dai campi alla tavola” 206. I prodotti alimentari, infatti, giungono ai consumatori attraverso catene di distribuzione che vedono il coinvolgimento di differenti tipi di organizzazioni e il passaggio di numerose frontiere: un solo anello debole di questa catena può influire negativamente sulla sicurezza dei prodotti alimentari, che possono di conseguenza diventare pericolosi per la salute causando rischi per i consumatori e costi notevoli per i fornitori. Considerando che i pericoli per la sicurezza alimentare possono essere generati da qualsiasi soggetto coinvolto nella catena, diventa indispensabile un controllo adeguato lungo tutta la filiera: la sicurezza dei prodotti alimentari è quindi una responsabilità comune di tutte le parti coinvolte ed esige una combinazione dei loro sforzi. Nella filiera alimentare stessa l’elemento rischio è più determinante che in altri settori e, per quanto riguarda l’aspetto della sicurezza, coinvolge tanto gli operatori economici quanto i consumatori, in modo equivalente e speculare.
Per questo nelle industrie della filiera alimentare il controllo del rischio è molto più che strategico: è il presupposto essenziale alla stessa sopravvivenza207. In aiuto a tutte le aziende agroalimentari e come risposta alla crescente domanda di certificazione dei propri fornitori, nel settembre del 2005 l’ISO, l’Organismo internazionale di Normazione, ha pubblicato la versione definitiva della norma ISO 22000 “Food Safety Management Systems - Requirements for any Organization in the food chain”208. Tale norma è rivolta a tutti i soggetti della filiera agroalimentare e fissa i principi e le procedure per la gestione della sicurezza alimentare, consentendo di rendere più semplice l’applicazione cogente dell’HACCP (reg. CE 852/2004). La sua applicazione permette ad un’azienda di operare nell’ambito della sicurezza alimentare e dell’HACCP con uno standard unico, internazionalmente riconosciuto, eliminando molte difficoltà per i fornitori che si devono conformare a diversi programmi di questo tipo. Lo standard è
206 Cfr. G. RIGHINI., Linea guida per l’applicazione della norma UNI EN ISO 22000:2005 sui sistemi di
gestione per la sicurezza alimentare di prodotti ittici, Milano, La Goretti Grafica, 2009.
207 Cfr. PELLINO A., UNI EN ISO 22000:2005: Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare in
«Anteprima News - Periodico di informazione del Gruppo Silaq», 2005, fasc. 3
208 Cfr. G. RIGHINI., Linea guida per l’applicazione della norma UNI EN ISO 22000:2005 sui sistemi di
pienamente integrato con le norme ISO 9000 e ISO 14000 e consente di dotarsi di un requisito sempre più determinante per l’acquisizione di nuovi clienti (grande distribuzione organizzata, mercati esteri, ecc.) e per l’ottenimento di appalti (scuole, ospedali, ecc.) e finanziamenti pubblici (UE, Regioni, ecc.). L’ISO 22000, inoltre, consente di razionalizzare e ottimizzare il processo e le risorse, riducendo i controlli a posteriori, i costi delle non conformità e della “non sicurezza” (perdita di prodotto, perdita di clienti, ecc.) e migliorare la credibilità e l’immagine aziendale relative all’impegno verso la sicurezza alimentare nei confronti dei clienti, dei consumatori e degli organi di vigilanza, valorizzando i propri prodotti, rafforzando i propri marchi e aumentando la propria competitività sul mercato. Un ulteriore vantaggio deriva dal fatto che la Certificazione del proprio Sistema di Gestione della Sicurezza Alimentare (SGSA), permette di ricavare una sicura “valutazione positiva” dai controlli ufficiali ai sensi del reg. CE 882/2004. Tale regolamento comunitario prevede che l’attività di controllo sia basata sull’analisi del rischio e che la frequenza dei controlli ufficiali dipendono dalla valutazione conseguita. Ne deriva che migliore è la valutazione conseguita minore sarà la frequenza dei controlli ufficiali209. La conseguente diversificazione delle fonti di approvvigionamento, dei prodotti reperibili sul mercato, delle tecnologie e modalità produttive utilizzate per la loro realizzazione, ha rafforzato quindi l’esigenza di garantire che in tutti i passaggi della filiera siano implementati e rispettati elevati ed omogenei standard di sicurezza alimentare, al fine di assicurare la libera circolazione di alimenti sani e sicuri. A tale necessità risponde indubbiamente la norma ISO 22000:2005, rivolta appunto ad ogni attore della filiera, e la cui adeguata divulgazione e applicazione può contribuire ad attuare, a tutti i livelli, una corretta analisi del rischio, considerato il principio cardine intorno a cui ruota la legislazione alimentare europea (a partire dal reg. CE 178/2002), nelle sue tre componenti interconnesse di valutazione, gestione e comunicazione del rischio210.
209 Cfr. BALLARINI G., Linea guida per l’applicazione della norma UNI EN ISO 22000:2005 sui sistemi
di gestione per la sicurezza alimentare di prodotti ittici, Milano, La Goretti Grafica, 2009.