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NELLA MANUALISTICA ITALIANA

APPUNTI PER UN’INDAGINE*

Fulvio Cortese

SOMMARIO: 1. Che cos’è un manuale? Una parola comune per tante e di-

verse esperienze, soprattutto in ambito giuridico. 2. Dalle origini al Fascismo: orientare, fondare e ri-fondare. 3. La nascita della Repubblica e la scoperta della Costituzione: assimilare e razionalizzare. 4. Il consolidamento della Re- pubblica (e dell’Università di massa): nuove funzioni per il sapere giuridico.

1. Che cos’è un manuale? Una parola comune per tante e diverse espe- rienze, soprattutto in ambito giuridico

Almeno di primo acchito, usualmente, tutti dimostrano di sapere che cos’è un manuale. La parola è semplice, e lo è anche il vissuto indivi- duale.

Se si pensa agli studi giuridici, e in particolare agli anni dell’alfabe- tizzazione universitaria, l’espressione “manuale” rimanda ai volumi dei corsi istituzionali, identificati con il cognome del loro autorevole com- positore. Quelli di cui ci si ricorda sempre più facilmente degli altri cor- rispondono agli esami tradizionalmente più temuti e, tra tutti, a quello di Istituzioni di diritto privato, vera prova d’esordio per ogni apprendi-

* Il presente contributo rappresenta una prima mappatura di alcune tendenze e di al-

cune opere. Come tale, esso non può considerarsi completo, e ciò anche per la scelta preliminare che l’Autore ha compiuto, ossia quella di concentrarsi solo sulla manuali- stica di carattere generale ed universitaria, escludendo pertanto dall’indagine i volumi dedicati a partizioni singole, ma molto significative, delle discipline giuspubblicistiche (quali la giustizia amministrativa, la giustizia costituzionale, il diritto regionale, il dirit- to parlamentare, il diritto urbanistico, il diritto dell’ambiente etc.) o quelli vocati alla preparazione professionale (e, tra questi, quelli concepiti ad hoc per la preparazione dei concorsi pubblici).

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sta-giurista: il manuale di turno diventa così, a seconda dei casi, il Tra- bucchi, il Torrente, il Rescigno, il Gazzoni, il Trimarchi…

Ma ciò accade anche per i manuali storicamente più diffusi, un tem- po come oggi, nei corsi delle materie giuspubblicistiche: il Martines, il Falcon, l’Amato-Barbera, il Paladin, il Bin-Pitruzzella, il Giannini, il Sandulli, il Cerulli Irelli, il Cassese, il Casetta… Quando si parla di testi di riferimento per il superamento di un esame, l’uso dell’articolo de- terminativo – singolare e al maschile – dice da solo, sui manuali, più di quanto si possa spiegare in tante definizioni: basta, cioè, questa sinto- matica elisione (delle parole “manuale di”, “libro di”…) a lasciar inten- dere che, normalmente, da un volume con cui ci si voglia preparare per sostenere un esame, ci si attende sintesi, ordine, completezza, le qualità, cioè, che la scelta di quel testo, con quell’Autore, lascerebbe presume- re; e ci si illude, dunque, che l’evocazione assorbente del Maestro in questione possa valere, da sola, come garanzia sull’adeguatezza della preparazione e come buon auspicio sul superamento dell’esame.

L’intuizione che è sottesa a questo approccio, peraltro, non è molto distante dalla nozione più attuale e condivisa di “manuale”, alla stregua della quale viene in considerazione l’idea di un insieme unitario di no- zioni cui appoggiarsi con relativa sicurezza e con la comodità che la “maneggevolezza” consente.

In questo approccio, infatti, i manuali non sono altro che «volumi monografici, propedeutici, di volgarizzazione, che in piccola mole rac- chiudono la sistematica trattazione di un dato argomento»1. Si tratta del

«significato moderno e più corrente del termine», vale a dire «di com- pendio per gente di studio», significato che «si diffonde nei secoli XIX e XX», proprio con il moltiplicarsi della pubblicazione di testi di questo genere2.

Da questo punto di vista, il manuale giuridico può assimilarsi a quel- la vasta tipologia di opere che, in Italia, hanno debuttato sotto il mar- chio di Ulrico Hoepli, il libraio ed editore italo-svizzero, a Milano sin dal 1870, che dal 1875 in poi ha fornito, con i suoi manuali tascabili, un’originale e compatta possibilità di espressione divulgativa alle disci-

1 V. alla voce Manuale, in Enc. Treccani, XXII, 1951, p. 179. 2 Ibidem.

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pline non propriamente letterarie, e specialmente a quelle scientifiche e tecniche, facendosi presto seguire, sulla stessa via, anche da altri edito- ri3. Questa produzione – che altro non era se non la traslazione italiana

del genere dell’handbook4– aveva «come fine l’opportunità e l’utilità,

intese nel senso più largo e più nobile»5, da inscriversi nel più generale

contesto di crescita e di sviluppo socio-economico e politico-culturale che il Paese, da poco unificato, si apprestava a conoscere nell’ultimo quarto di secolo, in un clima di “ottimismo tecnologico” e di positivi- smo scientifico assai spinto6.

Nonostante sia chiaro che esiste sempre una distanza tra l’uso di una

parola e l’esistenza della cosa (la seconda può essere ben chiara in un

tempo anche assai anteriore alla comparsa della prima)7, la storia dei

manuali italiani per le materie giuspubblicistiche ha molto a che fare con questa accezione, soprattutto se si prende a riferimento, come terminus a

quo, l’Unità8.

Se si potesse individuare, infatti, per l’Italia unita, il pater familias della manualistica di diritto pubblico, con tutta probabilità si finirebbe per riconoscerlo nei Principii di diritto costituzionale di Vittorio Ema-

3 Su questa figura v., da ultimo, E.D

ECLEVA (a cura di), Ulrico Hoepli 1847-1935.

Editore e libraio, Milano, 2001.

4 Hoepli, del resto, si attivò in questa direzione traducendo opere analoghe, e di

successo, già esistenti sul mercato inglese e francese. Anche la parola “manuale” fu coniata dallo stesso Hoepli come traduzione del termine inglese: M.I.PALAZZOLO, Geo-

grafia e dinamica degli insediamenti editoriali, in G.TURI (a cura di), Storia dell’edi-

toria nell’Italia contemporanea, Firenze-Milano, 1997, p. 147. Va ricordato che esiste-

va già il termine latino manuale (sostantivo neutro), ma esso raramente indicava il “manuale” inteso nel senso ora delineato.

5 V. alla voce Hoepli, Ulrico, in Enc. Treccani, 1951, XVIII, p. 521. 6 Su questo processo v., recentemente, il bell’affresco di S.S

TEWART-STEINBERG,

L’effetto Pinocchio. Italia 1961-1922. La costruzione di una modernità complessa,

Roma, 2011. Sullo specifico rapporto tra clima positivistico ed evoluzione dell’editoria italiana v. P. GOVONI, Scienza ed editoria dall’Unità alla rete, in F.CASSATA,

C. POGLIANO (a cura di), Storia d’Italia. Annali 26. Scienze e cultura dell’Italia unita,

Torino, 2011, pp. 833 ss., in part. pp. 840 ss.

7 Cfr., ad esempio, A.M

ATTONE, Manuale giuridico e insegnamento delle diritto nelle

Università italiane del XVI secolo, in Diritto@Storia, n. 6/2007: http://www.diritto esto- ria.it/6/Contributi/Mattone-Manuale-giuridico-insegnamento-universit-XVI-secolo.htm.

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nuele Orlando, che risalgono al 1889 e che sono stati pubblicati dalla casa editrice fiorentina G. Barbèra all’interno della collana, per l’ap- punto, dei «Manuali Barbèra di scienze giuridiche, sociali e politiche»9.

Questa collana era stata iniziata da Piero Barbèra, il figlio del fonda- tore, il quale, peraltro, già a suo tempo, sin dal 1856, aveva cercato di proporre al grande pubblico edizioni in formato minuscolo di opere fondamentali della storia della letteratura nazionale, lasciando, tuttavia, la materia politica, giuridica ed economica agli editori torinesi e mila- nesi10. La scelta di Piero, di allargare lo spettro dell’azione editoriale ad

un genere – il “manuale” – che prima non veniva contemplato nei pro- grammi, pur “avanzati”, della casa, testimonia di per sé quanto l’idea di Hoepli avesse avuto nel frattempo rapidissimo successo e quanto fosse necessario, anche per gli editori più apprezzati, aprirsi ulteriormente al mercato in trasformazione e alle “domande” che la contingenza storica poneva, anche in termini di ampliamento del novero dei potenziali sog- getti interessati11.

9 L’anno dopo verranno dati alle stampe, per lo stesso editore e nella medesima col-

lana, anche i Principii di diritto amministrativo.

10 M.I.P

ALAZZOLO, Geografia e dinamica, cit., p. 53. A Torino, per esempio, ope-

ravano già, con ottimi riscontri, Bocca (con le sue collane sulle scienze sociali), Pomba (che è all’origine della Utet) e Loescher (primo editore della Rivista italiana di scienze

giuridiche e, in seguito, dell’Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia cri- minale, fondato nel 1880 da Cesare Lombroso e Raffaele Garofalo).

11 Il punto è ben evidenziato da P.G

OVONI, Scienza ed editoria, cit., p. 842, che così

si spiega anche la scelta di molti editori (Hoepli compreso) di stabilirsi a Milano e di cominciare le loro nuove iniziative muovendo innanzitutto dai settori tecnico-scientifi- ci: «In effetti, alla fine degli anni settanta dell’Ottocento gli ingegneri e gli architetti attivi in città erano oltre 700, più numerosi perfino degli agenti commerciali (620) e a fronte di 469 avvocati e 337 medici, mentre i lettori aumentavano: nel 1881 la stampa quotidiana a Milano raggiunse una tiratura complessiva di 70.000 copie». Nelle prime pagine della prima edizione dei Principii di diritto costituzionale di Orlando, alla pre- sentazione della collana in cui sono stati pubblicati, si leggono in modo assai chiaro le intenzioni dell’editore: i manuali – che devono rispondere ad esigenze di «sobrietà di concetti», «freschezza» e «chiarezza di frasi» – sono rivolti agli studenti universitari, per facilitare la preparazione degli esami, ma anche ai magistrati e a tutti i «giurisperi- ti», allo scopo di permettere loro di «conoscere ed usare le verità scientifiche», sia per apprendere sia per tornare di volta in volta, se necessario, su ciò che si è appreso.

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Il fatto è, tuttavia, che gli studi giuridici conoscono anche almeno un’altra accezione del termine “manuale”, che in parte si sovrappone a quella ora richiamata e che, nonostante ciò, proviene da un passato ben più risalente e contribuisce a mettere in luce una specificità del tutto tipica delle opere giuridiche, presente sin dall’antichità.

Si è rammentato, dalle prime righe di questo contributo, che di ma- nuali si parla comunemente con riferimento ai testi dei corsi “istituzio- nali”. Viene in tal modo spontaneo evidenziare che il primo grande ma- nuale della tradizione giuridica occidentale porta proprio il nome di

Institutiones: è la famosa opera, in quattro commentarii, che un giurista

romano, Gaio, aveva compilato verso la fine del II secolo d.c. e che l’imperatore Giustiniano prenderà largamente a modello allorché, il 21 novembre del 533 d.C., dedicherà alla cupida legum iuventus delle scuole di diritto un lavoro dallo stesso titolo. È il testo di Gaio che inaugura in modo solenne il debutto, nel dibattito giuridico, di un gene- re così importante e che veicola, nella sua stessa veste, l’idea di un sa- pere pratico che esige conoscibilità e circolazione, in primo luogo a scopi didattici, e che, però, ha una forza e una funzione particolari, in virtù dello schema di cui si fa tramite12.

Pur nella consapevolezza che la seconda fonte, quella imperiale, non era mera fonte di cognizione, è bene rilevare che la vicenda delle Institutiones consente di valorizzare un aspetto che la focalizzazione sulla manuali- stica moderna non permette di cogliere immediatamente e che, oltre ad essere consustanziale, per così dire, al tipo del “manuale giuridico”, è a suo modo inscritta anche nella definizione del genere della “manualisti-

12 Il valore archetipico delle Institutiones di Gaio per ogni trattazione di diritto pri-

vato successiva è bene argomentato (con utili rinvii alla letteratura sul punto) da G. MAININO, L’ordine espositivo delle Istituzioni di Gaio e il sistema civilistico: un’ipote-

si, in Rivista di Diritto Romano, XI, 2011: http://www.ledonline.it/rivistadirittoromano/ allegati/dirittoromano11Mainino.pdf. V. anche AA.VV., Il modello di Gaio nella for-

mazione del giurista, Milano, 1981. Occorre precisare, ad ogni modo, che i testi di Gaio

assumono un valore centrale soprattutto per il fatto che essi sono tra i pochi a noi per- venuti; fatto che, dunque, non esclude che siano esistiti altri modelli precedenti. Peral- tro le stesse Institutiones potrebbero essere la risultante di un lavoro compilativo, as- semblato dagli studenti, anziché di un’opera concepita come tale dal giurista antoninia- no (sul punto v., per tutti, F.SCHULZ, Storia della giurisprudenza romana, Firenze,

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ca” complessivamente intesa e nella sua stessa distinzione dagli altri generi.

Con ciò si allude alla finalizzazione fondativa, ad uno scopo che in età contemporanea, certo, “esplode” – con la formula dell’handbook – verso un numero ben più ampio di destinatari e di interessati, e che, tuttavia, non perde la peculiarità che lo anima sin dallo “stampo” di origine romanistica, ossia il tentativo di stabilire il lessico e le coordi-

nate su cui si rende effettiva e si giustifica tutta la costruzione dell’ordi-

namento, anche di quello positivo.

Proprio il caso delle Institutiones, tra l’altro, permette anche di sot- tolineare un altro profilo. Nella tradizione giuridica occidentale, questa attitudine reggente del manuale non è il frutto di un’operazione del tutto artificiale. Essa è la composizione o la rielaborazione critica e ragionata di opinioni più specificamente meditate, come se il manuale stesso, in altri termini, fosse la sede privilegiata per l’assestamento e l’accetta- zione dei risultati di un’opera scientifica corale e multiforme, ben più ampia e differenziata. Oggi si potrebbe dire che il manuale implica una presa di posizione del suo Autore nei confronti della visione che di una disciplina ha l’intera comunità epistemica di riferimento, formulata, però, muovendosi all’interno di un reticolo metodologico reciproca- mente riconoscibile.

Di qui deriva anche l’intrinseca e specifica declinazione giuridica della vocazione formativa del genere in esame: come hanno notato gli interpreti, l’attitudine sistematica presente nelle Institutiones di Gaio segue un modello retorico ben preciso, di stampo ciceroniano, nel quale l’ordine della materia – unita al posizionamento stesso dei suoi singoli snodi mediante l’uso di determinate categorie logiche – ha una funzione isagogica13.

Il manuale, pertanto, e tanto più in ambito giuridico allora, non coin- cide banalmente con l’handbook; meglio, ciò che significa manuale nel- l’ambito giuridico mette adeguatamente in rilievo le incisive potenziali- tà che la moderna forma dell’handbook intensifica e cristallizza in un veicolo che è aperto al “più” grande pubblico e che vuole farsi con-

13 F.B

ONA, L’ideale retorico ciceroniano ed il “ius civile in artem redigere”, in

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giunzione esplicita di prassi e di teoria, di soluzioni operative e di know

how tecnico e culturale, di ausilio puntuale per l’argomentazione di una

tesi in concreto e di punto d’appoggio per la validazione caso per caso della razionalità dell’ordinamento.

Nel tracciare, quindi, alcuni appunti per un’indagine sulla storia del- la manualistica italiana di diritto pubblico, occorre combinare e tenere presenti entrambe le prospettive, quella moderna (che enfatizza soprat- tutto l’attenzione al manuale come summa accessibile di facile e rapida reperibilità, consultazione e messa in opera di verità scientifiche) e quella antica (che non è priva di quella preoccupazione, ma che pare enfatizzare soprattutto la propensione al manuale come luogo di orga- nizzazione concettuale).

2. Dalle origini al Fascismo: orientare, fondare e ri-fondare

Se è vero, come si è anticipato, che, a voler prendere in esame la storia dell’Italia unita, la palma del capostipite del moderno manuale giuspubblicistico spetta ai lavori di Vittorio Emanuele Orlando, è altret- tanto vero che quella delle origini, nel nostro Paese, di questa tipologia di manualistica è una questione assai complessa. Perché esistevano “manuali”, o testi che si potevano qualificare come tali, anche prima del (e “attorno al”) 1889 (anno peraltro comunque fatidico ed epocale, vista l’istituzione, con la legge Crispi, della IV Sezione del Consiglio di Sta- to)14; e perché, anzi, esisteva da tempo una vera e propria tradizione

italiana in questo senso15. Da un certo punto di vista, si potrebbe affer-

14 Recentemente, a esempio, è stato meritoriamente ripubblicato, a cura di Giovanni

D’Angelo, un testo di Lezioni di diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione attribuibile a Ludovico Mortara e databile al 1888.

15 Ne dà conto, ad esempio, il ricco studio di G.C

IANFEROTTI, Storia della letteratu-

ra amministrativistica italiana, I, Milano, 1998, che ricorda, tra gli altri, i lavori (assai

eterogenei) di Giovanni Manna (Il diritto amministrativo nel Regno delle Due Sicilie.

Saggio teorico, storico e positivo, 3 voll., Napoli, 1840-1847), Giuseppe Rocco (Corso di diritto amministrativo, 3 voll., Napoli, 1850-1856), Giusto Emanuele Garelli Della

Morea (Lezioni di diritto amministrativo date nella r. Università di Torino, Torino, 1961), Pasquale Fiore (Elementi di diritto pubblico costituzionale ed amministrativo, Cremona, 1862), Giulio Lazzarini (Lezioni sul diritto amministrativo date nel corso

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mare che i manuali di Orlando costituiscono il terminus ad quem di un processo che parte da lontano16.

Le Istituzioni di diritto amministrativo di Gian Domenico Romagno- si, ad esempio, risalgono al 181417 e la «Ragione dell’opera», che vi si

trova anteposta, è più che mai esplicita nella volontà di individuare, sotto forma di «principj fondamentali», «il soggetto della dottrina in un concetto unico generale ed unito», «a guisa di Mappamondo», e di farvi

dell’anno 1861-62 presso l’Università di Pavia, Pavia, 1862), Gerolamo Boccardo

(Manuale di diritto amministrativo conforme ai programmi governativi, Torino, 1863), Giovanni De Gioannis Gianquinto (Nuovo diritto amministrativo d’Italia, Pavia, 1864), Saverio Scolari (Del diritto amministrativo, Pisa, 1866), Federico Persico (Principii di

diritto amministrativo, Napoli, 1866), Giacomo Macrì (Corso di diritto amministrativo. Parte generale, Messina, 1878), Lorenzo Meucci (Instituzioni di diritto amministrativo,

Torino, 1879), Domenico Mantovani Orsetti (Appunti di diritto amministrativo, Bolo- gna, 1890). Con riguardo al diritto pubblico nel Regno delle Due Sicilie vanno segnala- te, inoltre, anche le opere pionieristiche e compilative di Nicola Comerci (in particolare, gli Elementi di Dritto Pubblico ed Amministrativo del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1837) e le divagazioni di Giuseppe Rosati (Il diritto pubblico del Regno delle Due Sici-

lie considerato ne’ suoi principali, e più interessanti oggetti, Napoli, 1820). Non vanno

poi sottovalutati, per quanto riguarda il Regno di Sardegna, i contributi (pubblicati sol- tanto postumi) di Ludovico Casanova (Del diritto costituzionale, Genova, 1859-1860), di ispirazione razionalista e liberale. Né va dimenticato il magistero del bellunese Save- rio Scolari (Del diritto amministrativo, Pisa, 1864), le cui opere dialogheranno espres- samente con quelle dei migliori giuspubblicisti del suo tempo, facendosi così testimo- nianza espressa di una condivisa e corale esigenza di formazione di una scuola giuridica nazionale (Istituzioni di scienza politica, Pisa, 1871; Diritto costituzionale. Appunti, Pisa, 1893).

16 Per quanto concerne il “discorso sulle origini” v. la classica ricostruzione di M.S.

GIANNINI, Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Studi sassaresi,

XVIII, II-III, 1940, ora in ID., Scritti, II, 1939-1948, Milano, 2002, pp. 80 ss., in part.

pp. 138 ss. Cfr. anche G.REBUFFA, La formazione del diritto amministrativo in Italia,

Bologna, 1981, nonché A.SANDULLI, Costruire lo Stato. La scienza del diritto ammini-

strativo in Italia (1800-1945), Milano, 2009, in part. 1 ss.

17 Edite in Milano, «da Cesare Orena nella stamperia Malatesta». In proposito v. la

recente ristampa anastatica curata con ampio saggio introduttivo da E.ROTELLI, Roma-

gnosi 1814 “Istituzioni di diritto amministrativo”, Bologna, 2014. Per due recenti itine-

rari nell’opera del Romagnosi “amministrativista” v. G.ROSSI, L’attualità di G.D. Ro-

magnosi nell’eclissi dello statalismo. Considerazioni sul passato e sul futuro del diritto amministrativo, in Dir. pubbl., 2012, pp. 1 ss., e F.MERUSI, Gian Domenico Romagnosi

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quindi seguire l’illustrazione delle «instituzioni particolari amministra-

tive»18.

Romagnosi, cioè, ha già ben chiare l’importanza dell’astrazione di un lessico primario e la necessità che esso sia anteposto allo studio dei singoli istituti, quale guida del buon giudizio e del buon governo: «Le nozioni sono destinate alla scienza; le regole sono destinate all’arte. Ma siccome non si può operare senza prima conoscere; né si può operar bene senza conoscer bene; così le nozioni e le regole formano due ele- menti integranti della stessa dottrina, e i primi cardini delle buone isti- tuzioni»19. Il manuale, così, come sede di razionalizzazione terza,

scientifica, posta in dialogo critico con l’esercizio del potere, è consa-

pevolezza già acquisita20.

Ma Romagnosi ha già ben chiara un’altra cosa. Il diritto pubblico deve riscoprirsi nel contesto di una forma di Stato completamente nuo- va; esso richiede, conseguentemente, una dottrina adeguata: «Vero è che esistono autori i quali hanno trattato della pubblica amministrazio- ne; ma essi o ne trattarono da meri filosofi, o da materialissimi compila- tori. Niuno mi venne fatto di rinvenirne che ne abbia trattato nel modo che conviene alle buone istituzioni, nelle quali la ragion filosofica su- bordinata all’autorità positiva faccia sì che la teoria riesca fonte e sup-