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Introduzione

Il territorio italiano è suddiviso in un gran numero di piccoli comuni, dei quali il 70,4% (5.703 su 8.101) presenta una popolazione inferiore a 5.000 abitanti (IFEL, 2011). In particolare, di tali comuni il 61,9% conta al massimo 1.999 abitanti. Questi territori sono spesso caratterizzati da un basso tasso di cre- scita demografica, da un elevato indice di vecchiaia e da un basso valore dell’immigra- zione. A fronte del 7% della popolazione sot- to i 14 anni di età, il 9% del totale nazionale è costituito dagli over 65, un valore superiore di oltre il 20% alla media italiana. Tra i resi- denti, solo il 3,5% è costituito da stranieri. Entrambi i dati indicano una bassa vitalità insediativa, caratterizzata da limitati sposta- menti della popolazione.

Le condizioni strutturali negative della po- polazione, insieme all’assenza di servizi, all’isolamento, all’impoverimento delle po- tenzialità produttive, alla scarsa capacità attrattiva, hanno portato questi centri mi- nori a una condizione di progressivo disagio. Questo fenomeno di marginalizzazione si sta estendendo a territori di più ampie dimensio- ni e, secondo alcune proiezioni (Legambien- te, 2012), sembra crescere nel tempo. Le aree marginali interne sono terre sfuggite ai pro- cessi di modernizzazione, caratterizzate da storie, usi, costumi, tradizioni da valorizzare proprio perché detentrici di un patrimonio autentico, non fruito e sconosciuto, testimo- nianza di quegli insediamenti umani che han- no definito, nella storia della cultura italiana, un modello di disegno e di sviluppo delle fun- zioni antropiche nei contesti naturali. I paesaggi marginali sono prodotto dell’in- tersezione di un alto livello di biodiversità e risorse naturali, tradizioni e siti culturali ri- levanti, espressione di molteplici risorse ge- nerate dalle connessioni locali, dove valori tangibili e intangibili si intrecciano. In con- trasto con l’assunto riduttivo per cui i pae- saggi marginali sono sistemi isolati in condi- zioni di arretratezza, si intendono esplorare

le potenzialità di un approccio sinergico per identificare e promuovere soluzioni innova- tive che attivino un sistema di reti materiali e immateriali, che promuovano una qualità sostenibile della vita con benefici ecologici, economici e sociali.

I dati raccolti nei rapporti sul disagio in- sediativo (Confcommercio-Legambiente, 2008; IFEL, 2011) presentano uno scenario allarmante: il fenomeno dello spopolamen- to appare largamente diffuso sul territorio nazionale, e particolarmente rilevante in Italia meridionale e lungo tutto l’arco ap- penninico. Preme dunque riflettere sul futu- ro dei centri in via di spopolamento, sia che esso sia il risultato di piani di trasferimento successivi a grandi catastrofi, sia che l’ab- bandono sia stato lento e progressivo come conseguenza del cosiddetto “disagio inse- diativo”. Quella dei paesi fantasma è una costellazione solo apparentemente minore, caratterizzata da una straordinaria rilevan- za e varietà ambientale e dal significativo valore culturale e architettonico. Malgrado la grande quantità e diffusione del patrimo- nio culturale, le politiche messe in atto in Italia per la valorizzazione di queste aree sono state per lungo tempo disarticolate, frammentate e difficilmente riconducibili ad una strategia unitaria. Sia il D. di L. 28 luglio 2011, n. 2862 “Disposizioni per il re- cupero e la riqualificazione dei centri stori- ci”, che la proposta di legge Realacci (Atto di Camera n.65) “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di siste- mi di remunerazione dei servizi ambientali” appaiono provvedimenti poco lungimiran- ti: i piccoli comuni sono considerati fram- menti isolati di un territorio, senza tener conto dei tessuti connettivi. Il primo passo avanti compare nel tentativo dell’ex Mini- stro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca di orientare l’utilizzo dei fondi comu- nitari 2014-2020 non allo sviluppo puntua- le dei comuni bensì a porzioni più vaste di territorio, identificate come “aree interne”, ovvero quella parte del Paese costituita da circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione, distante da centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili, ma dotate di

Il processo valutativo

Sulla base della premessa che precede, nell’intento di strutturare una strategia di sviluppo site-specific per la Valle Vitulanese, è stato strutturato un processo valutativo multi-metodologico che permettesse di: sele- zionare specifici indicatori per la valutazio- ne dei servizi del paesaggio culturale della Valle Vitulanese; elaborare una mappa della complessità del paesaggio, individuandone le potenzialità e le criticità; strutturare un problema decisionale multi-criterio e multi- gruppo per l’identificazione della rete terri- toriale dei comuni che caratterizzano l’area di studio, nell’intento di attivare una strate- gia di sviluppo attenta alle specificità locali. Il framework metodologico è strutturato nel- le seguenti fasi:

1. Conoscenza dei Cultural Landscape Servi-

ces (CLS) per la Valle Vitulanese;

2. Classificazione degli indicatori di CLS; 3. Costruzione delle mappe di CLS;

4. Elaborazione dell’analisi multi-criterio e

multi-gruppo.

La prima fase definisce i potenziali CLS del- la Valle aggregandoli in cinque categorie: estetico-ambientali; identitari; storico-cultu- rali; scientifico-educativi; ricettivi. L’analisi dei dati hard ha consentito di individuare per ogni servizio culturale le caratteristiche oggettive del contesto naturale, antropico e costruito e il suo funzionamento attraverso dati statistici e analisi cartografiche; al con- tempo, l’analisi dei dati soft ha restituito le percezioni soggettive dei CLS, individuate attraverso interviste e focus groups.

La conoscenza strutturata, nella seconda fase, ha permesso la selezione di tre indicatori spaziali per ogni categoria di CLS:

CLS estetico-ambientali: varietà del pae-

saggio per singolo comune; percentuale di aree protette e di superfici urbanizzate rispetto alla superficie totale per singolo comune; numero di sentieri panoramici per singolo comune;

CLS identitari: numero di allevamenti

certificati per singolo comune; percen- tuale di superficie agricola utilizzata per colture certificate; tipo di certificazioni;

CLS storico-culturali: fruibilità dei centri

storici; numero di edifici religiosi ed ere- mi per singolo comune; numero di feste patronali e folkloristiche;

CLS scientifico-educativi: numero di cave

risorse che mancano alle aree centrali, “ru- gosa”, con problemi demografici ma al tem- po stesso fortemente policentrica e con ele- vato potenziale di attrazione (Barca, 2012). Il processo ha attivato un percorso di sensibi- lizzazione istituzionale che, a livello locale, si accompagna a numerose e interessanti sperimentazioni: numerose sono le iniziati- ve di valorizzazione in senso più ampio che, oltre ai centri storici, coinvolgono i sistemi ambientali e paesaggistici e le risorse terri- toriali di vasta scala, cercando un supporto operativo nella partecipazione attiva della popolazione. Il processo di coinvolgimento della cittadinanza permette di identificare strategie di sviluppo condivise e di allenare la trasformazione al “salto di scala”: dall’in- tervento puntuale sul monumento alla valo- rizzazione condivisa, partecipata e creativa del paesaggio culturale, in grado di produrre servizi e occupazione e di modellare nuove forme di attrattività territoriale. Il paesag- gio culturale è fattore chiave di innovazione (Antrop, 2005) e contiene in sé i valori che possono orientare la trasformazione e lo svi- luppo delle aree marginali interne.

L’esplicito riconoscimento dell’esistenza di valori molteplici e interdipendenti stabili- sce sia le basi concettuali che quelle empi- riche per capire come queste categorie di va- lori possano essere applicate ad un conteso decisionale. I processi innovativi di valuta- zione e pianificazione del paesaggio cultura- le si basano sull’integrazione di conoscenze ecologiche, economiche e sociologiche per affrontare e gestire problematiche comples- se e permettono di valutare gli effetti delle alternative di pianificazione e delle strategie di gestione (Vos e Meekes, 1999).

Il contributo presenta l’elaborazione di un percorso multidisciplinare per la definizio- ne di soluzioni innovative per lo sviluppo della Valle Vitulanese (BN, Campania), un’area marginale interna in profondo svantaggio socio-economico, caratterizzata da un autentico ma dimenticato patrimo- nio culturale e ambientale. Partendo dalla complessità del paesaggio culturale a livel- lo locale è stata strutturata una strategia di sviluppo situato per riattivare i processi economici della Valle Vitulanese, identifi- cando il comune di Tocco Caudio come dri- ver produttivo di nuove reti di valori orien- tate alla valorizzazione territoriale e allo sviluppo locale sostenibile.

Una proposta sinergica per la Valle Vi- tulanese

La Valle Vitulanese: un paesaggio marginale

La Valle Vitulanese è circondata ad ovest dal Taburno-Camposauro, massiccio calcareo isolato dell’Appennino Campano, e ad est dalla costa di Castelpoto e Monte Mauro. Ad un’altitudine media di 420 m s.l.m., la valle è pianeggiante a nord, e si imbozza in piccole colline costellate di borghi a sud, restituendo un panorama tipico dei territori appenninici. L’anello montuoso delimita la Valle e la divide ad ovest dalla Valle Telesina, a est dalla Valle Beneventana, a sud da quella Caudina, ren- dendola un sistema chiuso e indipendente del Sannio Beneventano. La Valle comprende otto comuni ed è, a sua volta, completamen- te inclusa nel Parco Regionale del Taburno- Camposauro, condizione che determina una percentuale di superficie urbanizzata minima rispetto alla superficie territoriale, per cui i centri più importanti (Vitulano e Foglianise, situati nella parte pianeggiante della Valle) contano poco più di 3.000 abitanti. Il territo- rio, prevalentemente agricolo e coperto da boschi e pascoli, è suddiviso in tre regioni agrarie (colline di Benevento, del Calore e del Taburno Camposauro); quattro degli otto comuni (Vitulano, Cautano, Tocco Caudio e Castelpoto) sono identificati come “zone agri- cole svantaggiate”.

Non esiste un sistema del lavoro unico della Valle: gli otto comuni afferiscono, infatti, ai si- stemi del lavoro di Benevento, Frasso Telesino e Torrecuso. Il territorio della Valle, così come interpretato dall’analisi cartografica e socio- economica, appare introverso, marginale, de- coeso e in lento spopolamento. Quest’ultimo, iniziato negli anni Cinquanta e per qualche anno coerente con il trend demografico nazio- nale, continua a crescere malgrado il benesse- re diffuso negli anni del boom economico. La curva demografica media della Valle ap- pare stabilmente decrescente almeno fino al 1972, anno in cui la fondazione della Cantina del Taburno ne determina una biforcazione: una nuova impennata demografica investe i comuni che ricadono nel raggio di influenza della cantina; mentre continuano lentamen- te a decrescere quelli che invece non sono stati coinvolti nel nuovo processo economi- co. La Valle si avvia ad una forte e incremen- tale decoesione economica, in netto contra- sto con la compattezza fisica e morfologica che la caratterizza.

per singolo comune; numero di fattorie educative e oasi naturalistiche per sin- golo comune; numero di musei per sin- golo comune;

CLS ricettivi: varietà dell’offerta ricettiva;

distanza massima dalla più vicina sta- zione ferroviaria; viabilità intra valle– extra valle.

Nella terza fase, attraverso l’utilizzo di stru- menti GIS, gli indicatori selezionati sono stati associati a mappe di densità dei servizi e delle infrastrutture. Il risultato restituisce l’immagine di un territorio ricco di risorse naturali, architettoniche e produttive quasi completamente inesplorate. Studi interna- zionali suggeriscono che la prosperità di un territorio è strettamente connessa alla sua competitività (Porter, 1998). Seguendo que- sto filone, si registra una crescente consape- volezza che molte regioni possono costruire la propria competitività facendo leva sul pa- trimonio culturale (Sasaki, 2004). Allo stesso tempo, si è consolidata la convinzione che il turismo possa avere un ruolo fondamen- tale nello sviluppo e nella competitività di alcune regioni (Lazzaretti e Petrillo, 2006), specialmente in relazione all’incremento del turismo culturale nei sistemi di cluster (Lazzaretti et al., 2008). I cluster sono identi- ficati come driver di competitività regionale, perché contribuiscono al processo di inno- vazione locale, facilitando le relazioni con le istituzioni e orientando la conoscenza neces- saria per lo sviluppo locale (Malmberg e Ma- skell, 2002; Porte, 2000; Porter, 1998; Alberti e Giusti, 2012).

Nell’intento di individuare una strategia di rete, in grado di attivare un processo di va- lorizzazione turistica per rendere la Valle un sistema del lavoro autonomo, sono state identificate le categorie di fruitori, distinte in gruppi di turisti con differenti interessi:

gruppo 1: turismo ambientale; gruppo 2: turi-

smo enogastronomico; gruppo 3: turismo sto- rico-culturale; gruppo 4: turismo scientifico. L’analisi di equità, effettuata con il metodo NAIADE (Munda, 1995), permette di clas- sificare i comuni rispettando le preferenze dei diversi gruppi di interesse per giungere alla soluzione maggiormente condivisa, in grado di ridurre i conflitti e di promuovere le coalizioni orientate alla fattibilità della strategia. In base alla rispondenza tra i ser- vizi offerti dai singoli comuni e gli interessi espressi dai turisti, ogni gruppo di interes-

se ha elaborato un ordine di preferenza dei comuni. I giudizi, che vanno da “perfetto” a “pessimo”, sono stati esplicitati nella matrice di equità, permettendo di giungere all'elabo- razione del dendrogramma delle coalizioni. Delle tre coalizioni elaborate, l’ultima forni- sce l’ordine di preferenza condiviso da tutti i gruppi e mostra univocamente il paese più forte sul territorio, Vitulano, e quello più de- bole, Tocco Caudio. Tocco Caudio costituisce il punto debole della rete territoriale perché non suscita l’interesse dei gruppi di turisti e, dunque, dei potenziali fruitori del sistema turistico della Valle. Pertanto, a partire da Tocco Caudio è possibile sviluppare una stra- tegia di valorizzazione, che coinvolge in mi- sura diversa e attraverso interventi differenti e specifici gli otto i comuni della Valle.

La rete territoriale come strategia di valorizzazione

Nell’intento di strutturare una rete territoria- le tra i comuni, in grado di attivare processi di complementarietà e sinergia (fig. 1) risulta essenziale:

• conoscere le specificità di ogni borgo e definire tre macrosistemi di inquadra- mento in cui convergono i CLS analiz- zati: naturalistico, enogastronomico, storico-architettonico;

• specializzare ogni borgo con una desti- nazione funzionale che sia coerente con le sue specificità e con i macrosistemi di inquadramento.

• intervenire con progetti puntuali (archi- tettonici e non) che potenzino le speci- ficità di ogni borgo e rafforzino la rete. Tra i progetti puntuali rientrano: interventi di rinaturalizzazione e allestimento di can- tieri laboratorio nelle cave in disuso; siste- mazione e manutenzione dei sentieri; allesti- mento di spazi espositivi e arredo dei punti panoramici negli eremi; organizzazione di attività pratiche, workshop e degustazioni nelle cantine e nelle fattorie educative; de- finizione di un sistema di ospitalità diffusa nelle sue tre principali declinazioni di Resi- dence Diffuso nelle masserie abbandonate di Paupisi e Cautano, Paese Albergo nel centro storico di Castelpoto, e Albergo Diffuso nel centro storico di Tocco Caudio, Tocco Vec- chio. Quest’ultimo, il più radicale tra gli in- terventi previsti, riguarda proprio il comune più debole della rete territoriale, soprattutto in termini di servizi ricettivi, così come veri- ficato in fase valutativa.

Il progetto di riuso elaborato per il piccolo bor- go si configura come un intervento di trasfor- mazione edilizia, condizione necessaria per il restauro del paesaggio della Valle di cui Tocco Vecchio è una componente fisico-identitaria fortemente caratterizzante.

Il borgo si eleva su di un costone di tufo vulcani- co fiancheggiato dai torrenti Jenca e Serretella, e nella sua posizione dominante si affaccia sul vallone Cento. Di fondazione sannita (da cui probabilmente il toponimo Tocco, da Tuvtiks o

Tuticus, in osco “città”), fu presidio longobardo

e prestigioso centro politico, dall’età sveva fino all’abolizione del feudalesimo. La sua evoluzio- ne urbanistica, più che legata alle vicissitudini politiche, sembra esserlo ai ricorrenti fenome- ni sismici. Il terremoto del 1456, che distrugge la cittadina medievale (di cui in fase di ricostru- zione viene però mantenuto l’impianto urba- nistico a fuso, con assi trasversali a lisca di pesce rispetto all’asse centrale di via Carlo da Tocco), è solo il primo di una lunga serie che influen- za a cadenza costante l’evoluzione dell’abitato di Tocco Caudio, fino a quando l’ordinanza di sgombero del comune, in seguito al sisma del 1980, ne determina l’abbandono completo. La scelta di realizzare un Albergo Diffuso per- mette di coniugare l’intenzione di riattivare un patrimonio architettonico in stato di ab- bandono, seppur di grande valenza urbanisti- ca e paesaggistica, e di differenziare l’offerta ricettiva. Il modello teorico per la definizione di un Albergo Diffuso (Dall’Ara, 2010) preve- de: gestione unitaria; servizi alberghieri; unità abitative dislocate in più edifici separati pre- esistenti; presenza di spazi comuni; distanza ragionevole tra gli stabili (massimo 200 metri tra le unità abitative e la struttura con i servizi di accoglienza); presenza di una comunità viva; presenza di un ambiente autentico; riconosci- bilità; stile gestionale integrato nel territorio e nella cultura locale.

L’Albergo Diffuso è una proposta alberghiera orizzontale, perfettamente integrata nel terri- torio, nella sua cultura e nella sua comunità, che diventano componenti base dei servizi di ospitalità offerti. La realizzazione dell’Albergo Diffuso è strettamente legata ad una dimensio- ne fisica contenuta, all’autenticità e alla sem- plicità dell’architettura tradizionale immersa nel paesaggio circostante, in grado di generare il senso di convivialità che questo tipo di ospi- talità richiede, espressione di un modello di vita italiano apprezzato dal mercato turistico, soprattutto straniero.

Il progetto di Albergo Diffuso (Figura 2) si concentra sul fronte ovest di via Carlo da Tocco e prevede la realizzazione di: 1.598 mq di interventi sul costruito; 498 mq di par- cheggi; 3.679 mq di strade e piazze lastricate; 4.314 mq di verde, per un intervento totale di 10.089 mq.

Nello specifico gli interventi sul costruito interessano sette edifici di studio, distanti tra loro al massimo 380 metri, così come pre- scritto dalla norma sugli Alberghi Diffusi. Il progetto prevede la realizzazione di: • 7 camere con servizi (singole, doppie e

triple);

• 3 alloggi con angolo cottura (per 2 o 4 persone);

• 1 ristorante e 1 bar con sala colazione; • 1 saletta conferenze;

• 1 area lavanderia; • 1 spazio di accoglienza.

Per la realizzazione dei 10.089 mq di inter- vento sono stati stimati:

• 1.778.242,00 euro per i costi di costruzione; • 453.492,00 euro/anno per costi di gestione. I ricavi ammontano invece a 687.845,00 euro/anno.

La differenza tra ricavi totali e costi totali, attualizzata a vent’anni con un tasso del 5%, restituisce un Valore Attuale Netto (VAN) dell’investimento di 401.316,81 euro, e un Tasso Interno di Rendimento (TIR) del 9%. Entrambi i valori evidenziano la convenien- za dell’investimento su Tocco Caudio per la realizzazione dell’Albergo Diffuso e la relati- va fattibilità finanziaria.

Conclusioni

La scelta di realizzare un Albergo Diffuso a Tocco Caudio permette di coniugare l’inten- to di riattivare un patrimonio architettonico inutilizzato e di variegare l’offerta ricettiva. Questa ipotesi sembra rispondere alle ri- chieste di un nuovo turismo slow, incentra- to sulla cultura e la conoscenza. Lo slogan

going local sintetizza il senso del nuovo tu-

rismo: l’esigenza di un maggior legame con la cultura dei luoghi, sia essa architettonica, ambientale, ed enogastronomica. L’attore protagonista di questo nuovo tipo di turismo è il turista “permeabile”, che cerca lo spirito del luogo, che predilige le relazioni con i re- sidenti e che, grazie all’accesso semplificato alle informazioni e all’ampliamento delle

Figura 2 – Il progetto di Albergo Diffuso

possibilità di scelta fornito dalla rete inter- net, si organizza autonomamente evitando le offerte standardizzate e richiedendo espe- rienze autentiche.

La ricerca dell’autenticità è una reazione al senso di sradicamento della società contem- poranea, ai fenomeni di omologazione della globalizzazione. Questa tendenza si esprime anche nelle scelte di alloggi non tradiziona- li, con una marcata preferenza per le forme di ospitalità sostenibile, ecologica, originale, autoctona e diffusa. Le indagini compiute dall’IS.NA.R.T. (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche, 2013) dimostrano che la motiva- zione che porta molti turisti stranieri in Ita- lia è l’interesse per quei luoghi in cui l’identi- tà, l’autenticità e la tradizione sono più forti. Pertanto, il turismo di qualità appare come uno strumento idoneo per il rilancio di un'a- rea marginale interna come la Valle Vitula- nese, nell’intento di preservare e potenziare l’identità culturale dei luoghi, di individua- re funzioni strategiche e specifiche per ogni borgo ed attivare una rete efficiente che leghi recupero e sviluppo attraverso la tutela, l’ac- cessibilità e la promozione delle risorse ma- teriali e immateriali della Valle.

Riferimenti bibliografici

• Alberti, F.G., Giusti, J.D. (2012), “Cultural heritage, tourism and regional competitiveness: The Mo- tor Valley cluster”. City, Culture and Society, 3(4),