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Oltre ad Ercole, Rinaldo, ed il Cardinale Carlo Leopoldo, del quale si parlerà nel paragrafo successivo, fra i figli maschi di Francesco Maria e Violante degli Albizzi le fonti annoverano anche Giovan Battista e Mario II, benché le informazioni che si posseggono su questi ultimi siano assai scarse rispetto a quelle disponibili per i fratelli.

Di Giovan Battista si dispone dell’inventario dei beni e del testamento, mentre di Mario soltanto il testamento ed alcuni cenni biografici tramandati dai repertori nobiliari. Deceduto nel 1727, prima quindi rispetto a tutti gli altri fratelli, non viene mai menzionato nelle loro disposizioni testamentarie mentre invece lo si ritrova citato in quelle del padre e della madre, rispettivamente del 1693534 e 1711535 alla stregua degli altri figli eletti eredi universali con eguali diritti. L’ Ughi ricorda infatti che “visse nel principio del Sec. XVIII”536 con nome di buon letterato e poeta, menzionato nell’opera di Ferrante Borsetti537 per la sua produzione al contempo piacevole ma erudita, degno compagno per nobiltà ed elevatezza d’animo alla dama cui si accompagnò. Motivo di particolare interesse per questo personaggio è infatti l’unione con la marchesa Matilde Bentivoglio538 figlia di Ippolito dal quale fu avvicinata fin dalla giovane età alla filosofia e alle “amene lettere”. Ben presto divenne ben nota al mondo letterario e grazie ai diversi plausi ricevuti fu accolta nell’Accademia degli Arcadi con il nome di Amarilli Tritonide. Molte sono le poesie che di lei si trovano stampate in raccolte del tempo ma grande risonanza ebbe pure la traduzione che dal francese realizzò della Vita di

Jacopo Re d’Inghilterra per morire già nel 1711. Di certo l’appartenenza ad un casato come

quello dei Bentivoglio donò gran lustro al lignaggio dei Calcagnini e non trascurabili furono probabilmente anche le implicazioni in ambito collezionistico delle quali però non possiamo verificare l’esistenza e l’entità non disponendo di nessun documento inventariale o dotale della coppia. Sappiamo comunque che la parentela con la marchesa Matilde favorì la scalata nella carriera ecclesiastica del cognato Carlo Leopoldo che, grazie agli acquisiti contatti con Cornelio e Guido Bentivoglio, poté contare su solide base d’appoggio in ambito curiale. In merito alla prole si ha notizia soltanto di una figlia, Lucrezia, maritata a Cosimo Paolucci da Forlì, nipoti del cardinale che a Roma strinse un rapporto di particolare amicizia con il cardinale Calcagnini: a lei viene riservato l’intero patrimonio dopo la morte del padre. Il

534 ASMo, Archivio Privato Calcagnini, b. 161. 535

ASMo, Archivio Privato Calcagnini, b. 161, rogato da Agostino Molinari notaio cesenate.

536 Ughi 1804, p. 107. 537 Borsetti 1670, p. 2, c. 350. 538 Ughi 1804, p. 46.

testamento539 viene rogato da Giovan Battista Giglioli, notaio modenese, il 22 aprile 1722 ed aperto dallo stesso nell’agosto del 1724, ad istanza di Cosimo nel territorio di Formigine, nella cui rocca il marchese morì eleggendo secutori testamentari il cardinale Bentivoglio e monsignor Fogliami vescovo di Modena.

Su Giovan Battista le informazioni biografiche riportate nei repertori nobiliari sono pressoché nulle ma è possibile dedurre qualche dato dai documenti rinvenuti nel Fondo Privato dell’ASMo540. Il testamento viene rogato nel 1744 e l’inventario steso precisamente il 6 Aprile dello stesso anno relativamente alla residenza posta sotto la Parrocchia di Santa Margherita della città di Modena “ad istanza dell’ecc.mo Dottor Gianbattista Giglioli governatore di Formigine come fidecommissario ed esecutor testamentario lasciato dal medesimo fu Sig.r Marchese”. Non avendo nessun parente indetto la stima patrimoniale ed avendo altresì eletto nel testamento come suo erede universale il Cardinale Carlo Leopoldo, si deduce che visse e morì scapolo e senza prole. Unico membro della famiglia fra quelli noti a risiedere a Modena, dovette incorrere in alcune incomprensioni nei rapporti con i parenti dato che, unico fra tutti i fratelli maschi, non decretò come suo successore il nipote Teofilo e nel testamento di Rinaldo si danno disposizioni precise affinchè Giovan Battista non possa interferire nell’amministrazione ereditata dal rampollo di casa. Nient’altro è possibile dedurre di questo personaggio se non avanzare qualche considerazione in merito al suo gusto artistico. Nella sua residenza modenese, di discrete dimensioni ma nemmeno paragonabile ai Palazzi in cui vissero i fratelli a Ferrara e Roma, era allestita una piccola quadreria formata da 45 opere delle quali in nessun caso è citato l’autore se non per “un quadro rappresentante la B. Vergine con Nostro Signore in grembo ai piè della Croce con cornice vellata” che, lasciato in eredità al Conte Santagata, viene menzionato nel testamento come pittura originale del Caula541. La piccola raccolta si mostra assai varia dal punto di vista dei soggetti: benchè in gran parte si tratta di iconografie sacre molti sono i dipinti mitologici ed allegorici cui si affiancano alcuni ritratti di famiglia ed i consueti paesi.

539 ASMo, Archivio Privato Calcagnini, b. 161.

540 L’inventario dei Beni di Giovan Battista si conserva in ASMo, Archivio Privato Calcagnini, b. 128, mentre il

testamento alla b. 161.

541

Sigismondo Caula fu, insieme a Francesco Stringa, il protagonista della scena artistica modenese fra XVII e XVIII secolo. La presenza di un’opera di un pittore di tale prestigio nel contesto loca dell’epoca, conferma che anche nella città estense in cui Giovan Battista si trasferì l’attività collezionistica dei Calcagnini si manifestò ad alti livelli nel solco di una tradizione che, come dimostrato, si consolidò nel tempo.

CAPITOLO QUINTO

La Collezione Calcagnini fra Ferrara e Roma

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