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Massimo Coppola e Alberto Piccinini

ATLANTE ILLUSTRATO D E L CALCIO '80 LA NOSTALGIA DEL CALCIO

CHE NON

c'È

PIÙ IN

300

INCREDIBILI FOTOGRAFIE DENTRO E FUORI DAL CAMPO

pp. 320, €9,90, Isbn, Milano 2010

I

l motivo per cui ancora

sce-gliamo, irrazionalmente, di appassionarci al calcio e ai suoi campionati ai limiti della decenza, alle sue star mediati-che e ai suoi uomini

senza storia, è presto detto: la finzione regge. Adoperarsi per fingere, come fanno i furbi faccen-dieri del mondo del pallone, che lo spet-tacolo calcistico ad alto livello sia nul-l'altro che una proie-zione in scala socie-taria delle passioni

che animano i tanti calciatori in erba (passati e presenti) del nostro paese, non è certo diffi-cile, se ogniqualvolta ammiria-mo Milos Krasic correre sulla fascia ripercorriamo le nostre stesse gloriose discese su im-praticabili campetti di perife-ria, contro squadre altrettanto improvvisate della nostra. Po-tenza dei ricordi, verrebbe da dire con Valerio Magrelli

(Ad-dio al calcio. Novanta racconti da un minuto, Einaudi, 2010; cfr. "L'Indice", 2011, n. 1), dei ricordi di un calcio che fu: quello che noi stessi abbiamo praticato, senza poter parlare, a differenza di Michel Platini, della nostra vita come di una partita di calcio (La mia vita

come una partita di calcio, Riz-zoli, 1989), poiché abbiamo solo finto di essere Rivera o Baggio; ma anche il calcio di un tempo ormai lontano, quel-lo delle maglie in lanetta, delle radioline al parco, di cartelloni allo stadio con pubblicità di prodotti o addirittura servizi locali.

Come osservano Massimo Coppola e Alberto Piccinini nel loro Atlante illustrato del calcio

'80 (che raccoglie fotografie di partite e allenamenti, e soprat-tutto istantanee di campioni, o presunti tali, in pose improba-bili: il peruviano Barbadillo, dell'Avellino, con piume india-ne tra i capelli, Sandro Altobel-li in Giappone con indosso un kimono, Liam Brady con un cappello à la Rino Gaetano), per coloro che, al pari di chi scrive, hanno trent'anni o poco più, gli anni ottanta sono anni indimenticabili: Platini e poi Maradona, il mundial vinto in

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Spagna e quello perso in casa otto anni dopo. Ma sono anche gli anni in cui "eravamo moder-ni", per riprendere il sottotito-lo del recente saggio di Gerva-soni (Storia d'Italia degli anni

ottanta. Quando eravamo mo-derni, Marsilio, 2010; cfr. "L'Indice", 2011, n. 1); gli anni in cui, spiegava Vattimo in La

società trasparente (Garzanti, 1989, 2000), "diventa un valore determinante il fatto di essere moderno".

Cosicché nelle fotografie

del-VAtlante si alternano i ritratti di un calcio che appunto "non c'è più" (il brasiliano Eneas, stagione 1980-81, che sbarcò a Bologna con moglie, prole e mamma, con valigie d'altri tem-pi, in completo elegante - giac-ca e gilét - ma senza giac-camicia; lo "squalo" Jordan, scozzese del Milan, che si ruppe gli incisivi superiori in un contrasto di gioco, e che sul campo si toglie-va la dentiera, con il risultato,

appunto, di assomi-gliare a uno squalo) e altrettante anticipa-zioni del calcio che verrà: gli sponsor sul-le maglie (i fedelissimi Ariston e Barilla, ma anche Inno-hit, Pop84, gli "Oscar" Mondadori), la'pub-blicità di Rummenig-ge per Rete 105 e quella di Vialli e Man-cini per una bevanda al gua-ranà, i film trash sul mondo del pallone, il sovietico Zavarov impaurito accanto a una Ferra-ri, le pin-up (s)vestite da calcia-tori e le tante donne ammaliate da Falcao, Berlusconi che pre-senta il nuovo Milan scendendo in elicottero sul prato di San Si-ro, per una festa con le tante comparse degli schermi della Fininvest.

S

ono però lo scandalo del calcio-scommesse (che chiude il decennio dei settan-ta) e, soprattutto, l'apertura delle frontiere ai calciatori stranieri (che apre quello degli ottanta) i simboli della rivolu-zione moderna del nostro cal-cio. In soccorso ai nostalgici accorre Calciobidoni, simpati-co saggio di Cristian Vitali, già animatore di un fortunato blog sul tema. Nel libro si narrano le vicende di novanta canno-nieri (in maggioranza) prove-nuti dall'estero semplicemente per recitare, il più delle volte, il loro addio al calcio alle no-stre latitudini. Molti bidoni re-centi, come lo strapagato spa-gnolo Mendieta della Lazio, e tanti calciatori ultra-minori (il "superbidone" Vampeta, il nullo Pedros, il misterioso Ma-gallanes), sebbene tutti indica-ti come nuovi trascinatori, ar-rivati negli anni in quello che un tempo era definito il cam-pionato più bello del mondo, e che dunque si poteva permet-tere un simile spreco.

Ecco il finlandese Mika Aal-tonen, cui riuscì di segnare un gol memorabile a San Siro con-tro l'Inter, nell'89, in Coppa Uefa: acquistato dai nerazzurri,

N. 5

Narratori italiani

piazzato in prestito al Bologna, non lasciò traccia sui campi da gioco, ma superò quattro esami alla facoltà di economia, disci-plina che oggi insegna a Turku in una business school.

Ecco Luther Blissett, il titola-re dello pseudonimo collettivo utilizzato da un gruppo di arti-sti negli anni novanta (alcuni oggi "confluiti" in Wu Ming), bidone acquistato dal Milan forse per errore, al posto del John Barnes futuro idolo del Liverpool, per il campionato 1983-84. Di altri, invece, come del danese Soren Skov dell'A-vellino, non si ricorda nulla, se non l'avvenente moglie.

Ma ad attirare la curiosità del calciofilo sono proprio le storie tutt'altro che moderne dei per-sonaggi giunti non appena ria-perte le frontiere, evento dai caratteri quasi magici, per gli entusiasmi suscitati in tifosi ignari delle spregiudicate ma-novre effettuate dai direttori sportivi italiani in Sud America e altri continenti, quando anco-ra mancavano You Tube e le vi-deocassette.

In quell'epoca, come ben do-cumenta VAtlante con fotogra-fie personali o familiari, era an-cora possibile immaginare i calciatori come persone in car-ne e ossa con, appunto, una storia alle spalle (provare per credere: i piemontesi sintoniz-zino la televisione, dopo le 24, su Videogruppo, e osservino un giovane Darwin Pastorin chiedere al "dodicesimo" ju-ventino Luciano Bodini, pas-seggiando tra le Fiat Uno par-cheggiate attorno allo stadio Comunale, cosa pensi del feno-meno della droga dilagante tra i giovani, o intervistare il vaga-bondo Pietro Paolo Virdis sul-le virtù delsul-le tante città nelsul-le quali aveva vissuto).

E tra questi il già citato Eneas, che soffrì la rigidità del nostro inverno e ritornò fretto-losamente (se avesse portato con sé una camicia, forse...) in patria; Zahoui, dalla Costa d'A-vorio ad Ascoli nell'estate 1981, impiegato per entrare in campo alla fine delle partite, per perdere tempo; l'uruguagio Caraballo ("Meglio perdelo 'he trovallo", dicono ancora oggi a Pisa), acquistato su segnalazio-ne di un tassista; Fortunato del Perugia, centravanti relegato sulla fascia, dove avrebbe volu-to giocare Luis Silvio, che però fu scambiato per un predatore d'area (appena sbarcato in Ita-lia, un dirigente della Pistoiese gli chiese se fosse una punta, e il povero Luis Silvio rispose di sì, senza sapere che il termine "punta", in italiano, significa attaccante, e non "ala", come invece il portoghese "ponta" con il quale lo aveva confuso); e poi gli indimenticabili carioca Luvanor e Pedrinho, che visse-ro quella di Catania come una vacanza-premio anziché un'e-sperienza professionale.

Il fu campionato più bello del mondo deve molto all'ironia delle loro sorti. Ed è anche in questi ricordi, che la finzione trova alleati per continuare a

reggere. B

mario_cedrini@yahoo.it M. Cedrini è assegnista di ricerca in economia politica all'Università del Piemonte Orientale

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