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TUTTA LA VITA

pp. 426, € 18,60, Longanesi, Milano 2011

L

i avevamo lasciati sulla

so-glia di un cambiamento im-portante, Alcina e Spaltero, pro-tagonisti del romanzo Alle Case

Venie, che Romana Petri pub-blicò nel 1997. Ci avevano con-quistato, da subito: lei un po' maga, come vuole il suo nome ariostesco; lui solido, leale, attac-cato alla sua terra, ma con un in-sopprimibile desiderio di mare. Avevano condiviso un'esperien-za di quelle che cambiano la vi-ta, la lotta partigiana combattuta sul Pausillo, nelle

montagne umbre, du-rante l'inverno del 1944; ma poi si erano separati; Spaltero in Argentina a cercare di realizzare il suo sogno, Alcina lì, alle Case Ve-nie, vestale di una di-mora popolata dai fantasmi dei suoi fami-liari. A tenerli ancora uniti, sulla soglia estrema di quel distacco, un ba-cio e una promessa.

Sono i fili di cui la scrittrice si è servita per traghettarh in questo suo nuovo romanzo che si intito-la Tutta intito-la vita, in omaggio al compiuto adempimento di quella promessa. Con la tempra com-battiva che la contraddistingue, Romana Petri dà battagha a quel-l'inveterato luogo comune che considera gh amori fragili o infe-lici quelli più artisticamente inte-ressanti, e la vince: questa è un'appassionante storia di amore vero, radicato in profondità e, nello stesso tempo, di intenso re-spiro epico.

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ella prima parte del roman-zo è Alcina a scendere in campo, servendosi dell'amore che prova per Spaltero come di un grimaldello per scardinare le proprie ossessioni: la paura della morte, l'estrema ritrosia a stac-carsi dal passato, il rifiuto di im-maginarsi un futuro, quasi fosse un tradimento nei confronti dei suoi familiari. Quel "sapore di eterno" che le ha lasciato il bacio di Spaltero ha innescato una me-tamorfosi che non è solo fisiolo-gica o sentimentale, ma anche e soprattutto psicologica e menta-le, laddove Alcina constata, con ironica lucidità, il paradosso che è stata finora la sua vita per cui ora lei, a più di trent'anni, deve lasciarsi "la vecchiaia alle spalle".

E una donna nuova, quella che nell'estate del 1948- approda in Argentina, in compagnia di un cane poco addomesticabile; una donna pronta a conoscere la pie-nezza dell'amore e ad affrontare la maternità, nonostante continui a essere una ferita aperta il ricor-do di sua madre morta nel dare alla luce Aliseo. E fin dalla nasci-ta, si intuisce la speciale essenza di sua figlia Buena, diminutivo di Buenaventura: questa "buona sorte" che ha lo sguardo impavi-do di una Floria Tosca è amatis-sima non solo dai genitori, che

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vedono in lei un potenziamento delle loro individualità, ma an-che da un altro personaggio im-portante nella struttura della sto-ria, Toni, il cugino di Spaltero che diventa grande amico di Al-cina. Toni unisce alcune delle ca-ratteristiche di persone care ad Alcina, come il vecchio amico d'infanzia Bitto e Aliseo, il giova-ne fratello fucilato dai nazifasci-sti, alla sua specifica natura di uomo che è stato ferito dalle re-lazioni affettive e si rifiuta di con-siderare la sua scrittura come piacevole dolcificante pronto al-l'uso (come vorrebbe sua moglie Francisca, donna e pittrice di as-soluta superficialità), concepen-dola piuttosto come strumento di impietosa chiarezza. Sarà pro-prio Toni a esercitare un influsso profondo sulla natura coraggiosa di Buena, all'interno di un conte-sto politico che finisce per risul-tare tragicamente paradossale: la

dittatura fascista con-tro cui avevano com-battuto Spaltero e Al-cina si è riformata, di-versa nella formulazio-ne ma sinistramente si-mile nelle caratteristi-che strutturah, in quel-la che ormai conside-rano la loro terra, l'Ar-gentina. E un potere estremamente subdo-lo, quello del generale Videla: mantiene intatta la fac-ciata del paese, mentre risucchia i giovani nel buio senza scampo della tortura e della morte. E se non rimane che la scrittura come ultima arma - il romanzo che Buena, appartenente a quella ge-nerazione intrappolata e risuc-chiata dalla storia, progetta di scrivere sugli orrori della dittatu-ra, ma anche sull'amore, sull'a-micizia, su quelle battaglie fatte in nome della libertà che acco-munano i giovani italiani e argen-tini - allora anche il linguaggio dovrà farsi carico della sfida.

Ricorrendo alle risorse dell'e-spressività epica, così poco usate nella letteratura di oggi e così vi-tali, Romana Petri - che sta scri-vendo quel romanzo progettato da Buena - riesce a conferire un sapore di nobile, antica lealtà al-l'intera gamma dei sentimenti e delle idee. L'amore non ripara solo nel cor gentile, ma in un "travolgimento sensuale di boc-che e di anime" boc-che viéne espres-so attraverespres-so metafore e clauespres-sole ritmiche attinte alla ritualità del duello; i dialoghi risultano con-fronti e scontri di idee in cui pre-vale non chi fa la mossa più astu-ta, ma quella più ardita e dunque spiazzante; il ricorso agli epiteti fissi, caratterizzando fortemente i personaggi, li rende indimenti-cabili: la "bruscheria" di Alcina, la risata "di sbieco" di Spaltero, il sorriso "da rettile" di Toni, lo sguardo "d'un nero senza scam-po" di Buena. Ma non è soltanto per i suoi protagonisti, né per la potente tensione emozionale che lo anima o per il suo fiero lin-guaggio che questo romanzo può definirsi epico: la scena finale mostra con ogni evidenza che la sfida più radicale consiste nel reinventarsi, in mezzo alle ferite della psiche e alle macerie della storia, una nuova possibilità di

futuro. •

m v . v i t t o r i @ t i s c a l i . i t M.V. Vittori è critico letterario

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