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Sostanze chimiche

F12, dimetilsulfossido (DMSO), L-glutammina, PS (penicillina, streptomicina), Triton X-100, N-Oleil etanolammina, Fumonisina B1, EGTA, Dantrolene, Ryanodina, bacto-tryptone, bacto-yeast axtract, agarosio, MidiPrep forniti da Sigma; Hoechst 33258, paraformaldeide, Rhod-2/AM, Fluo-3/AM, MagFluo-4/AM, Tetra Metil Rodammina (TMRM), DiOC6, agglutina del germe di grano (WGA)- Alexa fluor 594 forniti da Molecolar Probes Inc, batteri DH5α, lipofectamina ed Optimem fornite da

Linea cellulare e condizioni di coltura

Per i nostri esperimenti abbiamo utilizzato la linea cellulare immortalizzata HN9.10e; questa linea cellulare è stata prodotta tramite fusione somatica di cellule ippocampali di embrione di topo C57BL/6 di 18 giorni e cellule N18TG2 di neuroblastoma murino (Lee et al., 1990).

La linea cellulare HN9.10e si coltiva in F12 a cui si aggiunge il 10% del volume totale di siero bovino fetale (FBS), 2 mM di L-glutamina, 100 IU/ml di penicillina e 100 μg/ml di streptomicina, per avere un terreno completo. Le cellule vengono tenute in incubatore a 37°C, in atmosfera umidificata contenente il 95% di aria ed il 5% di CO2.

Le cellule HN9.10e si fanno crescere in piastre per colture tissutali Corning da 10 cm2. Prima che raggiungono la confluenza, vengono lavate con un tampone fosfato 10 mM contenente 150 mM di NaCl (PBS) a pH 7,4, in modo da eliminare l’eccesso di terreno di coltura rimasto nella piastra; una volta lavate viene aggiunta un’aliquota di terreno fresco e

spipettando delicatamente vengono separate meccanicamente. Abbiamo preferito questo metodo di separazione invece di quello chimico con tripsina-EDTA in modo da non alterare il corredo delle proteine (recettori, canali o proteine di adesione cellulare) presenti sulla membrana plasmatica delle cellule. A questo punto le cellule sono pronte per essere passate ad una nuova piastra, utilizzando 1/3 o 1/9 della sospensione, o su vetrino in piastre da 24 pozzetti oppure in piastre da 96 wells in base agli esperimenti da effettuare.

Trattamenti

Il giorno prima dell’esperimento, le cellule vengono piastrate o su vetrino da 13 mm di diametro, oppure in piastre per tessuti da 24 ( 20000 o 40000 cellule/pozzetto in 1 ml di terreno) o da 96 pozzetti ( 8000 cellule/pozzetto in 100 μl di terreno), in base agli esperimenti da effettuare.

Il giorno dopo, le cellule possono essere trattate con le sostanze delle quali si vuole appurare l’effetto.

Procedura di congelamento e di scongelamento

Per congelare le cellule è necessario preparare un terreno di congelamento costituito da:

50% FBS 42,5% DMEM 7,5% DMSO

Le cellule a confluenza, staccate dalla piastra, vengono centrifugate a 1200 rpm per 6 minuti a 4°C; scartato il sopranatante, le cellule si risospendono nel terreno di

congelamento. La sospensione viene aliquotata in vials da congelamento; i vials vengono posti a -80°C e dopo 24h possono essere trasferiti nei contenitori per l’azoto liquido. Per scongelare le cellule, i vials sono prelevate dal contenitore per l’azoto liquido e messe in un bagnetto termostatico a 37°C per qualche minuto, in modo che lo scongelamento sia rapido ed uniforme. A questo punto la sospensione delle cellule è messa in una provetta contenente 5 ml di DMEM, che verrà centrifugata a 1200 rpm per 6 minuti a temperatura ambiente.

Il pellet ottenuto viene risospeso in 5 ml di terreno completo ed il tutto viene trasferito in una piastra da 10 cm2 per la coltura.

Colorazione della cromatina con Hoechst 33258

Le cellule, piastrate in piastre da 96 pozzetti con una densità di 8000 cellule/pozzetto oppure in piastre da 24 pozzetti con 40000 cellule/pozzetto, sono state incubate per 24 ore con terreno al 10% di siero o con soluzioni delle sostanze in esame a diverse concentrazioni. Trascorse le 24 ore, le cellule vengono fissate con paraformaldeide al 2% direttamente nel terreno di coltura, per 30 minuti a temperatura ambiente. L’ Hoechst 33258 1 μg/ml in PBS 10 mM, viene aggiunto senza effettuare alcun lavaggio (in modo da non perdere le cellule morte e quindi galleggianti) e lasciato a colorare per 30 minuti.

Per evidenziare i nuclei frammentati e/o condensati è stato utilizzato il microscopio a fluorescenza invertito Zeiss (Axiovert 35), con un’eccitazione a 340-380 nm ed un filtro di emissione a banda lunga a 430 nm utilizzando un obiettivo 20x. Le immagini sono state acquisite con una telecamera CCD ( “charge coupled device”, dispositivo ad accoppiamento di carica) munita di un sensore Kodak modello KAF 400 fornita dalla D.T.A. (Pisa)

Colorazione cellulare

Per colorare le membrane cellulari sono stati utilizzati il DiOC6 e la agglutinina del germe di grano (WGA) coniugata con il gruppo fluorescente Alexa fluor 594.

Il DiOC6 e la WGA sono state utilizzate in preparati fissati per 10 minuti a temperatura ambiente con una soluzione di parafolmaldeide al 2% nel terreno di coltura in pari quantità portando così la parafolmaldeide all’1%. Per la colorazione: si prepara una soluzione in PBS 10 mM con DiOC6 400nM e WGA 1 μg/ml e le cellule vengono incubare con per 30 minuti, infine si lava il preparato con PBS 10 mM in modo da eliminare il colorante in eccesso.

La misurazione dei neuriti è stata effettuata utilizzando il software “Metamorph”, una funzione del quale permette la misurazione di oggetti nell’immagine dopo un’attenta calibrazione tra pixel e capacità di ingrandimento dell’obbiettivo; il software fornisce quindi una misura precisa in micron reali.

Time lapse in luce trasmessa

Poiché le cellule vengono monitorate per diversi giorni, va preservata la sterilità della coltura cellulare. Per questo motivo, cellule a diversa concentrazione vengono piastrate in piastre da 24 o 96 wells sul cui coperchio viene preticato un foro di ingresso ed uno di uscita in cui saranno inseriti i tubicini da perfusione sterili anch’essi. La piastra così assemblata viene montata su un microscopio invertito Zeiss (Axiovert 35) e le immagini acquisite in luce trasmessa con una telecamera CCD munita di un sensore Kodak modello KAF 400 fornita dalla D.T.A. (Pisa). Le sequenze iniziano con le cellule in terreno di controllo il quale viene poi sostituito con un mezzo nel quale è stata precedentemente

disciolta la sostanza in analisi, con frequenza di acquisizione di un’immagine ogni otto minuti. Il filmato è stato poi ricostruito e analizzato offline con il software Metamorph.

Valutazione del contenuto di Ca2+ intracellulare

Per valutare il contenuto di Ca2+ negli organelli e nel citoplasma, sono state piastrate 20000 cellule per pozzetto, in piastre da 24 pozzetti munite di vetrini.

Sono stati fatti diversi esperimenti a tempi diversi e con concentrazioni diverse delle sostanze in esame; trascorsi i tempi specifici, gli indicatori sono stati diluiti nel mezzo di coltura. La colorazione deve essere fatta almeno 30 minuti prima dell’osservazione al microscopio in modo tale che le cellule captino gli indicatori adeguatamente e poi lasciati a deesterificare per altri 30’ nello stesso terreno ma privo degli indicatori; i preparati sono incubati a 37°C in atmosfera umidificata contenente il 5% di CO2.

Terminata la deesterificazione, i vetrini sono stati lavati una volta con terreno completo per eliminare l’eccesso di indicatore, ed inseriti in apposite camerette con un sottile film di terreno completo.

Questi coloranti ( o “Probes”), sono tutti indicatori fluorescenti membrana-permeabili coniugati a gruppi acetossi-metil (AM) esterici; in questo stato sono insensibili agli ioni. Una volta entrati nelle cellule vengono idrolizzati dalle esterasi cellulari che li rendono membrana-impermeabili e capaci di legare gli ioni (Figura 2.1).

Figura 2.1 Meccanismo con il quale gli indicatori fluorescenti membrana-permeabili coniugati a gruppi

acetossi-metil (AM) esterici entrano nelle cellule e vengono idrolizzati diventando sensibili agli ioni. Da Haugland, 2002

Sono stati utilizzati diversi indicatori per mettere in evidenza la distribuzione del calcio nei diversi organelli e nel citoplasma.

Per evidenziare il contenuto del calcio del reticolo endoplasmatico è stato usato il MagFluo-4/AM (500 nM), un colorante con bassa affinità per il calcio e che quindi si lega solo dove il Ca2+ è presente in alte concentrazioni: è sensibile infatti a concentrazioni di calcio comprese tra l’ 1 μM e l’1 mM (Shmigol A.V. et al., 2001, Park et al., 2000). Come indicatore del Ca2+ mitocondriale è stato usato il Rhod-2/AM (500 nM), un colorante con una carica netta positiva, che entra nei mitocondri grazie alla differenza di potenziale esistente tra la matrice e lo spazio tra la membrana mitocondriale interna e quella esterna: il Rhod-2/AM e sensibile a concentrazioni di Ca2+ che vanno da 17 nM a 40 μM (Muriel et

al., 2000); come indicatore del Ca2+ citoplasmatico è stato usato il Fluo-3/AM (400 nM) che rileva concentrazioni di Ca2+ che vanno da 17 nM a 40 μM (Minta et al., 1989).

Rhod-2/AM Fluo-3/AM

MagFluo-4/AM

Colorante Assorbimento Emissione Kd

Range di sensibilità MagFluo-4/AM 488 nm 517 nm 22 μM 1 μM- 1mM Rhod-2/AM 568 nm 590 nm 270 nM 17 nM- 40 μM Fluo-3/AM 488 nm 515 nm 390 nM 17 nM- 40 μM

Figura 2.2 Struttura e proprietà fisico-chimiche degli indicatori Ca2+ sensibili: MagFluo-4 AM,

Rhod-2 AM e Fluo-3 AM Da Haugland, 2002

Microscopia confocale

Le cellule sono state visualizzate con un microscopio confocale della Leica (Nusslach, Germania), modello TCS-NT, dotato di un laser argon-kripton.

Sono state selezionate le linee di emissione del raggio del laser (488 nm, 568 nm), in dipendenza del fluoroforo utilizzato. Per Fluo-3/AM, l’eccitazione è 488 nm e l’emissione è 515 nm, MagFluo-4/AM (488/517), DiOC6 (495/519); Rhod2 (568/590), agglutina del germe di grano (WGA)-Alexa fluor 594 (590/617). Sui campi acquisiti è stato effettuata una sola scansione con il laser, per evitare che la luce del laser causasse fotodanno. L’intensità del raggio e la sensibilità dei fotomoltiplicatori sono stati lasciati costanti per

permettere una analisi quantitativa confrontabile tra i vari gruppi di trattamenti. Sono state acquisite immagini di 1024x1024 pixels.

La quantificazione e stata effettuata campionando le zone di interesse specifico dalle immagini acquisite al microscopio e misurando l’intensità delle emissioni dei coloranti utilizzando il software “Metamorph”.

Analisi statistica

I dati ottenuti degli esperimenti sono stati espressi come media delle percentuali rispetto ai controlli + errore standard della media (SEM). La significatività è stata ottenuta con il test ANOVA: *** p<0.001;** p<0.01;*p<0.05.

Cameleon: nuovi probes Ca2+ sensibili

Le “Cameleon” sono una nuova generazione di probes Ca2+ sensibili bio-ingegnerizzati costituiti da due molecole fluorescenti (mutanti della GFP), la Cyan Fluorescent Protein (CFP) e la Yellow Fluorescent Protein (YFP), unite insieme dal peptide M13 della calmodulina, il tratto della proteina che lega il Ca2+. Questi probes, sfruttano un effetto chimico-fisico chiamato “Fluorescence Resonance Energy Transfer” (FRET) un fenomeno caratterizzato dal trasferimento di energia da un fluorocromo donatore eccitato ad un fluorocromo accettore. Questo avviene esclusivamente se i due fluorocromi vengono a trovarsi ad una distanza tra i 2 e i 7 nm.

Figura 2.3 La “Fluorescence Resonance Energy Transfer” (FRET) è un fenomeno chimico-fisico nel

quale, quando due fluorocromi, i cui spettri di eccitazione in parte si sovrappongono, si trovano ad una distanza inferiore ai 7 nm, l’eccitazione di uno “donatore” trasferisce parte della sua energia al secondo “accettore”. Questo fenomeno viene sfruttato con molecole coniugate alla CFP che si comporta da “donatore” e molecole coniugate con la YFP che invece funge da accettare; se i due fluorocromi vengono a trovarsi ad una distanza inferiore ai 7 nm, l’eccitazione della CFP con una λ di 448 nm trasferisce energia alla YFP eccitandola; il risultato è che l’emissione a 488 si riduce mentre aumenta quella a 527 nm ed il rapporto tra le due lunghezze d’onda diminuisce.

Come detto in precedenza i due fluorocromi che costituiscono la parte attiva delle cameleon sono legati insieme dal peptide M13 della calmodulina capace di legare il Ca2+; se la molecola lega il Ca2+ il peptide M13 cambia di conformazione e avvicina i due fluorocromi che quindi si vengono a trovare ad una distanza sufficiente per la quale fanno FRET e se eccitiamo con la lunghezza d’onda a 448 nm (la linea di eccitazione della

CFP), questa trasferirà i suoi elettroni alla YFP eccitandola ed il probe emetterà intorno ai 527 nm (la lunghezza d’onda di emissione della YFP); in caso contrario l’emissione sarà quella della CFP cioè intorno ai 480 nm.

Figura 2.4 Struttura di una generica cameleon

Il legame con il Ca2+ avrà come risultato è che l’emissione della CFP diminuirà mentre aumenterà quella della YFP; legando il Ca2+ il rapporto tra le due lunghezze d’onda di emissione tenderà quindi a diminuire.

Le cameleon sono fornite inoltre di una sequenza di localizzazione che le indirizzano al citoplasma, al reticolo endoplasmatico oppure ai mitocondri rendendo questi probes veramente specifici per misurare il Ca2+ in diversi comparti cellulari.

Queste sonde, progettate dal prof Roger Tsien, ci sono state gentilmente fornite dal prof Tullio Pozzan e ci hanno dato la possibilità di evitare tutti i problemi causati dagli indicatori AM.

Preparazione del DNA plasmidico

Trasformazione dei batteri

40 μl di batteri competenti ceppo DH5α vengono fatti scongelare lentamente in ghiaccio per 15 minuti; una volta scongelate vengono preparate quattro aliquote di cellule batteriche; tre di queste vengono trattate con 300-500 ng dei vettori contenenti rispettivamente il gene per la sonda indirizzata al reticolo endoplasmatico (ERD1CPV), un’aliquota con quella mitocondriale (MtcD2CPV) ed infine una con quella citoplasmatica (CytD1CPV); l’ultima aliquota di batteri viene trattata con sola H2O e servirà da controllo. Le cellule DH5α vanno lasciate nelle rispettive soluzioni per 20 minuti in ghiaccio e trascorso questo tempo si procura ai batteri uno shock termico trasferendo l’eppendorf nel termociclizzatore a 43°C per 30’’ e poi nuovamente in ghiaccio per 5 minuti. Questa procedura fa in modo da rendere la parete batterica permeabile al plasmide facendolo incorporare dalle cellule batteriche.

Per ogni aliquota di batteri trasformati, e per quella di controllo va preparato un tubo con 400 μl di terreno Luria-Bertani (LB).

Il mezzo Luria-Bertani (LB) si prepara con: 950 ml di H2O milli-distillata in cui vanno disciolti 10 g di bacto-tryptone

5 g di bacto-yeast axtract 10 g di NaCl

Va aggiustato il pH della soluzione a 7.0 con NaOH 5N per poi portare la soluzione ad 1 litro con H2O milliQ.

I batteri vanno fatti crescere in questo mezzo di coltura per un minimo di 1h e 30’ a 37°C. Mentre i batteri crescono, vanno preparate le piastre per la coltura che saranno costituite

da LB supplementato con l’1% di agarosio e Ampicillina 75 μg/ml (il cui gene per la resistenza è presente nel vettore plasmidico).

Una volta trascorso il tempo di incubazione nei 400 μl di LB i batteri sono pronti per essere piastrati sull’LB-Agar ed incubate in stufa a 37°C over night. Cresceranno nella piastra solo i batteri che avranno incorporato il plasmide in quanto in esso è presente il gene per la resistenza all’ampicillina; i batteri trattati con H2O non cresceranno e funzioneranno da controllo.

Il giorno dopo la semina dei batteri vengono raccolte 2 colonie di quelle più grosse e dai contorni più delineati facendo attenzione a non raccogliere colonie satelliti che possono presentare mutazioni puntiformi.

Ogni colonia di queste 2 raccolte va seminata in un tubo da batteri con 2 ml di LB e Ampicillina 75 μg/ml e fatte crescere il più possibile (minimo 7 ore). Trascorse le 7 ore dei 2 ml, può essere presa un’aliquota di batteri per congelarli; le cellule batteriche già trasformate si possono congelare o in DMSO al 7% in H2O o in Glicerolo al 50% a - 80°C, il resto va passato in beute con 200 ml di LB e incubati O/N nel bagnetto termostatato a 37°C coperte da carta stagnola in modo da permettere gli scambi gassosi. Il giorno dopo le colture batteriche possono essere trattate con la MidiPrep per estrarne i plasmidi.

Estrazione del DNA plasmidico con la Midiprep della Sigma

Prima di iniziare l’estrazione, vanno preparate alcune soluzioni non pronte perché tremolabili:

soluzione di risospensione a cui va aggiunta l’ RNasi A soluzione di lavaggio a cui va aggiunto EtOH puro Entrambe le soluzioni vanno conservate a 4°C

Le sospensioni batteriche che sono rimaste a crescere tutta la notte in agitazione a 37°C, vanno trasferite in Falcon da 50 ml e centrifugate a 5000 g per 10 minuti. I pellet ottenuti vanno risospesi in 4 ml dellai soluzione di risospensione fornita nel kit a cui era stata aggiunta l’RNasiA.

A questa sospensione va aggiunta la soluzione di lisi che romperà le membrane e, dopo averla rimescolata gentilmente capovolgendo la falcon 6- 8 volte, si lascia agire dai 3 ai 5 minuti ma non oltre. Scaduti i 5 minuti, la reazione va bloccata con la soluzione di neutralizzazione fredda. Si aggiungono a questo punto 3 ml della “binding solution”, e la sospensione va caricata nella siringa con il filtro (in dotazione nel kit) e lasciata riposare per 10 minuti. Durante questo tempo è possibile vedere nella siringa, la separazione di una fase liquida e di una fase lipidica contenente le pareti e le membrane batteriche.

Nell’attesa che scadano i 10 minuti in una colonnina da filtrazione vanno aggiunti 4 ml della soluzione di attivazione quindi centrifugare a 3000 g per 2 minuti e buttar via il liquido che passando attraverso il filtro, attiva la colonna rendendola capace di legare il DNA. Con la colonna attiva, è ora possibile filtrare il lisato cellulare attraverso la siringa nella colonnina quindi inserire lo stantuffo nella siringa e premere fino a che il 50% del lisato non sia passato nella colonna e bloccarene la fuoriuscita tirando lo stantuffo in senso contrario. Il lisato va centrifugato per 2 minuti a 3000 g e il liquido va buttato via; ripetere l’operazione in modo tale da terminare ciò che si era caricato nella siringa. Questa operazione serve: da una parte per eliminare i debrie delle membrane, dall’altra cosa fondamentale, far legare il DNA alla colonna.

La colonna va ora lavata e quindi 4 ml della soluzione di lavaggio preparata in precedenza vanno aggiunti nella colonna e centrifugati a 3000 g per 5 minuti; a questo punto la colonna va trasferita in un nuovo tubo, vi si aggiunge 1 ml della soluzione di eluizione e si centrifuga a 3000 g per 5 minuti. Una volta eluito il DNA si può conservare a -20°C prima di farlo precipitare

Precipitazione del DNA

Per far precipitare il DNA si aggiunge 1/10 del volume totale del campione di NaAc 3M, pH 5,2 e 2 volumi di EtOH puro freddo; mettere quindi i campioni nel -80 per almeno 20 minuti, trascorsi i quali i campioni vanno centrifugati a 14000 rpm per 30 minuti a 4°C ed il sopranatante va scartato.

Ai pellet si aggiungono 500 μl di EtOH al 70% e centrifugati a 14000 rpm per 10 minuti; si scarta il sopranatante ed il lavaggio va ripetuto con EtOH al 70% e quindi centrifugato nuovamente a 14000 rpm per 10 minuti a 4°C. L’EtOH va fatto evaporare all’aria e il DNA risospeso in 50 μl di H2O milliQ, autoclavata e filtrata

Trasfezione con lipofectamina

Per gli esperimenti con le cameleon, è necessario piastrare almeno 40000 cellule per vetrino il giorno prima della trasfezione su vetrini da 13mm di diametro in piastre da 24 pozzetti in 1 ml di terreno completo (un numero minore di cellule renderebbe la lipofectamina tossica per le cellule).

Il giorno della trasfezione prelevare 500 μl di terreno da ogni pozzetto e metterlo da parte: questo terreno ci servirà, una volta finita la trasfezione, per sostituire il terreno con la lipofectamina con terreno pulito; poiché le nostre cellule sono neuroni, il terreno rimasto in contatto con le cellule sarà ricco di fattori neurotrofici: è quindi preferibile sostituire il mezzo con con questo terreno perché il 10% FBS sarebbe troppo ricco di mitogeni che potrebbero falsare le risposte cellulari.

A questo punto vanno preparate due distinte soluzioni: per ogni vetrino, va preparata una soluzione nella quale diluiremo 3 μl di lipofectamina in 50 μl di OptiMem ed un’altra nella quale diluiremo 1 μg di DNA in 50 μl di OptiMem. La soluzione con lipofectamina va

preparata prima di quella con il DNA perché deve riposare 5 minuti, sarà pronta una volta che finiremo di preparare tutte le altre soluzioni. Una volta pronte, le due soluzioni vanno unite e lasciate 20 minuti al buio a temperatura ambiente in modo tale che i liposomi inglobino il DNA.

Trascorsi i 20 minuti gli ormai 100 μl di ogni soluzione vanno messi a goccia sul vetrino in modo tale da cercare di distribuirla uniformemente sul vetrino e lasciata ad agire per 1 ora in incubatore a 37°C. Terminato il tempo necessario per la trasfezione il terreno con la lipofectamina/DNA va scartato e sostituito con quello che era stato messo da parte in precedenza.

Mentre la ERD1CPV e la CytD1CPV necessitano di 24 ore di espressione e localizzazione, la MtcD2CPV necessita di un minimo di 48 ore perché raggiunga la sua localizzazione mitocondriale.

Trascorsi questi tempi i vetrini possono essere montati in un’apposita camerina che permetterà di perfondere le cellule con le sostanze delle quali si vuole studiare l’azione in time lapse a 37°C.

Misurazione del Ca2+ nel reticolo utilizzando l’equorinometro

La medusa Aequorea victoria produce una proteina da 22 KDa chiamata Equorina che nella sua forma attiva è costituita da un polipeptide a cui è legato con un legame covalente un gruppo prostetico noto con il nome di celenterazina. L’equorina è una proteina capace di legare il Ca2+ in suoi siti ad alta affinità e questo legame induce nella proteina una reazione irreversibile trasformando la celenterazina in celenterammide che causa il distacco del gruppo prostetico e l’emissione di un fotone.

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