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La produzione e l’utilizzazione dei substrati per la produzione di energia in muscoli scheletrici sottoposti ad attività lavorativa, sono componenti fondamentali dell’abilità di un organismo di portare a compimento un esercizio fisico.

L’adattamento compiuto da un organismo ad un esercizio è riflesso nell’uso che esso fa dei diversi substrati disponibili, che possono indicare una più accurata analisi dell’azione fisiologica degli ormoni. Fra i meccanismi di controllo che regolano la produzione di energia e l’utilizzo dei vari substrati, non poca importanza rivestono gli ormoni prodotti dalle diverse ghiandole endocrine.

E noto che gli ormoni esercitano azioni complesse, di tipo trofico, metabolico, funzionale, e comportamentale.

La performance atletica è il risultato di una complessa integrazione della funzionalità di numerosi sistemi tra i quali, oltre a quello scheletrico, neuro-muscolare, cardiovascolare, respiratorio, quello endocrino svolge un ruolo non

L’azione degli ormoni in questo contesto può essere influenzata dall’alterazione delle sintesi enzimatiche, della sintesi della AMP ciclica e delle prostaglandine così come della permeabilità della membrana cellulare.

I dati disponibili sul ruolo degli ormoni nel metabolismo energetico e della loro risposta all’esercizio provengono in gran parte da animali da laboratorio e da soggetti umani; relativamente pochi dati provengono invece direttamente dal cavallo. In molti casi, i dati sono basati sulla concentrazione ematica degli ormoni piuttosto che sugli indici della loro secrezione, che possono indicare una più accurata analisi dell’azione fisiologica degli ormoni (Thornton, 1985).

I livelli eccessivi o inadeguati di parecchi ormoni pongono delle limitazioni alla realizzazione dello sforzo fisico.

I livelli nel plasma di parecchi ormoni sono aumentati durante lo sforzo fisico come parte della reazione integrata allo stress fisiologico indotto dall’esercizio (Thornton, 1985).

Sembra che questi aumenti generino delle reazioni che sono benefiche nello sforzo fisico prolungato.

Nello sforzo fisico a breve-termine sembra che i benefici maggiori siano apportati dall’aumento di adrenalina e degli ormoni oppioidi. L’azione di altri ormoni è probabilmente limitata a causa del ritardo nell’effetto o della natura biochimica della reazione. E’ molto raro che le misurazioni dei livelli ormonali nel plasma siano di utilità pronostica o diagnostica allo stato attuale della ricerca, comunque valutare i livelli ormonali e sottoporre i dati a valutazione critica ha notevole importanza nell’ampliamento delle conoscenze di base per chiarire il ruolo degli ormoni nella fisiologia dello sforzo fisico,in situazioni di stress, nella salute e nella malattia. L’importanza del sistema endocrino nel far fronte allo sforzo fisico è stata sottolineata in numerosissime osservazioni sperimentali e cliniche, essenzialmente nella specie umana ma numerosi sono i riscontri bibliografici anche in altre specie animali.

Una disfunzione primaria della tiroide, del surrene, dell’ipofisi, del pancreas, delle paratiroidi, delle gonadi, può provocare disordini specifici del sistema neuromuscolare (Pearson, 1974) che riduce la capacità dello sforzo fisico e può essere corretto con

Il sistema endocrino viene coinvolto nel corso di un’attività fisica sia con effetti immediati, sia con effetti tardivi forse espressione di un certo adattamento all’esercizio continuo e regolare. L’effetto dell’esercizio acuto e cronico sull’omeostasi endocrina è ormai documentato in diverse specie animali.

La risposta del sistema neuroendocrino alle stimolazioni esterne è mediata dall’attivazione del sistema nervoso simpatico, che si traduce in una serie di modificazioni dei livelli plasmatici ormonali che comportano aumenti di alcuni ormoni (adrenalina, noradrenalina, ACTH, glucagone, GH, vasopressina, prolattina, LH) e diminuzione di altri (insulina e testosterone).

Tra le varie ghiandole endocrine, si è visto che un ruolo primario è svolto dalla tiroide e dalle surrenali, che intervengono nella conversione dell’energia e nei processi di degradazione e di rigenerazione proteica nello sforzo fisico.

Un importante ruolo della risposta neuroendocrina all’esercizio è l’attivazione del sistema simpatico- surrenale, che si esplica con la liberazione delle catecolamine, che vanno ad influenzare l’attività

respiratoria, cardiocircolatoria, oltre ad altre importanti funzioni metaboliche.

Il controllo della secrezione di catecolamine è quasi esclusivamente nervoso: quando le terminazioni pregangliari simpatiche vengono stimolate liberano il loro neurotrasmettitore (acetilcolina) che depolarizza la membrana delle cellule cromaffini e permette l’ esocitosi dei granuli contenenti le catecolamine. Altri agenti che determinano la liberazione di catecolamine da parte della midollare del surrene sono l’istamina, la bradichinina, la serotonina e il glucagone.

Gli stimoli più efficaci per la liberazione di catecolamine sono lo stress, il dolore, l’ipovolemia, l’ipoglicemia, l’ipotensione (Aguggini, et al., 2006) Durante l’esercizio fisico la liberazione di adrenalina da parte del surrene è una testimonianza dell’aumentata attività simpatica, così come l’aumentata concentrazione ematica di noradrenalina dovuto alla liberazione da fibre simpatiche post- gangliari a livello delle sinapsi con gli effettori.

L’effetto delle catecolamine si riflette sui vari apparati con un aumento della distribuzione di ossigeno durante l’esercizio, aumento della gittata

cardiaca, rilascio di eritrociti dalla milza, aumento di flusso ematico nei muscoli scheletrici.

Si ha stimolazione della glicogenolisi muscolare, della lipolisi, e aumento del livello di acidi grassi liberi plasmatici (NEFA).

Sia l’adrenalina che la noradrenalina presentano un aumento delle loro concentrazioni plasmatiche in seguito ad esercizio fisico e modificazioni apprezzabili si possono avere già in fase di pre- esercizio con livelli massimi raggiunti poi verso la fine o immediatamente dopo.

Tra adrenalina e noradrenalina vi sarebbe secondo alcuni autori, una diversità metabolica che riguarda, pur in un comune incremento, la velocità di crescita dei valori ematici e cioè la prima si modifica solo dopo esercizi e carichi di lavoro intensi, mentre la seconda, anche con attività che comportano un 50% della VO2, presenta un sensibile aumento.

Per riscontrare un valido incremento dei livelli delle catecolamine nel circolo ematico è comunque necessario che il carico di lavoro sia comunque intenso anche per la noradrenalina per la quale esisterebbe una relazione lineare diretta tra livelli ematici ed esercizio.

All’interno di questa tendenza all’aumento esiste anche per il cavallo una variabilità individuale, cosicché si possono verificare notevoli differenze nella risposta ad uno stesso tipo di lavoro per cavalli che presentano lo stesso grado di allenamento.

Importante il fatto che l’aumento dell’adrenalina è anche influenzato da stress emotivo (Irvine, 1983). La risposta delle catecolamine, oltre che dall’intensità e dal tipo di esercizio, dipende anche dall’età e dall’entità della massa muscolare, per la cui irrorazione sanguigna si crea competizione tra l’attività nervosa simpatica ed i metabolici vasodilatatori locali.

Durante esercizio isometrico sono stati rilevati solo scarsi aumenti di noradrenalina nel plasma (Vecht et al., 1978; Watson R:D:S:, 1980), anche se la pressione sanguigna aumenta in maniera considerevole a causa di un aumento della gittata cardiaca mediato sia da una diminuzione del tono parasimpatico che da un aumento dell’attività simpatica.

La concentrazione di noradrenalina plasmatici durante l’esercizio dinamico è intimamente correlata

che può essere un indice dello stato metabolico aerobico dei muscoli in attività.

Anche la temperatura influisce sui livelli di catecolamime; infatti, durante l’esercizio la concentrazione di noradrenalina è aumentata se sono stimolati i termocettori del caldo e del freddo (Galbo et al., 1975).

Le catecolamine interagiscono con altri ormoni per esempio, il rilascio di insulina e glucagone è in parte regolato dal rilascio di catecolamine dopo l’esercizio, allo scopo di fornire più acidi grassi e glucosio per il metabolismo del muscolo scheletrico.

Gli ormoni tiroidei sono sinergici con le catecolamine, aumentano la sensibilità all’eccitazione, stimolano il rilascio di adrenalina ed aumentano gli effetti periferici.

Nel meccanismo di sintesi delle catecolamine, la prima reazione è catalizzata dall’ enzima tirosina idrossilasi (TH) presente esclusivamente nei tessuti che sintetizzano catecolamine ed altamente specifico per la tirosina. Questa reazione avviene all’ interno del citoplasma e determina la conversione dell’aminoacido tirosina (paraidrossifenilalamina)

che viene dapprima idrossilato a

La conversione a dopamina è catalizzata da una L- aminoacido aromatico decarbossilasi non specifica; la dopamina viene quindi ricaptata all’ interno dei granuli cromaffini dove subisce successive modificazioni ad opera della dopamina-β-idrossilasi presente solo all’interno dei granuli, che la trasforma in noradrenalina (NA).

L’ enzima feniletanolamina N-metiltransferasi (PNMT) aggiunge un gruppo metilico al gruppo aminico terminale della NA formando l’adrenalina (A) che viene ricaptata e immagazzinata all’ interno dei granuli di secrezione insieme ad una proteina, la cromogranina (Aguggini, et al., 2006; Clementi e Fumagalli, 2004).

Le catecolamine vengono riversate nel sangue come ormoni e circolano nel plasma sia in forma libera che in forma coniugata con le proteine plasmatiche, ma solamente la parte libera (5% A, 30% NA) risulta essere biologicamente attiva .

L’adrenalina e la noradrenalina circolanti hanno un periodo di attività estremamente breve che garantisce una rapida interruzione dei loro molteplici effetti biologici.

La loro emivita varia da 30 a 60 secondi nel cavallo ed è significativamente più breve rispetto all’ uomo dove è circa 2-3 minuti (Snow et al. 1992).

Gli effetti dello sforzo fisico sulle caratteristiche dei recettori beta-adrenergici , sulle concentrazione nel plasma di adrenalina, noradrenalina ed ormoni della tiroide vennero studiati su cavalli da corsa, di razza purosangue inglese, in condizioni di riposo e durante lo sforzo fisico.

Si osservò che 5 minuti dopo una corsa molto veloce di 1200 metri, sia l’adrenalina che la noradrenalina erano aumentate rispetto ai valori di base (da 2,48 a 3,83 nmol/1.; e da 2,13 a 3,53 nmol/1 rispettivamente).

L’aumento di adrenalina era più grande nelle alte prestazioni (HP) paragonate a cavalli con prestazioni più basse (LP), in conformità al contributo della midollare del surrene nella reazione simpatico- surrenalica allo sforzo fisico (Gonzales O, et al.; 1998).

Gli aumenti di catecolamine nello sforzo intenso nel cavallo sarebbero per altri autori decisamente più elevati anche se le concentrazioni plasmatiche diminuiscono rapidamente a causa del brevissimo

tempo di emivita di questi ormoni (Snow D.H. et al., 1992).

Sulla base di questi dati si può, quindi, confermare l’importanza della valutazione delle catecolamine plasmatiche nell’esercizio fisico ed in particolare negli sforzi intensi di breve durata.

Il ritorno alla norma di queste attività ormonali è estremamente veloce ed i loro livelli dipendono da numerose variabili che sono in grado di determinare risposte significative diverse e delle quali va tenuto conto nella preparazione ad una corretta performance.

Come accennato in precedenza, uno degli aspetti più caratteristici dall’adattamento dell’organismo allo stress è rappresentata dalla risposta funzionale della corticale del surrene, la cui attività è controllata dalla secrezione di adrenocorticotropina ipofisaria, l’ACTH.

Il meccanismo attraverso cui è attivato l’asse ipotlamo-ipofisi-surrene non è ancora ben noto; si ipotizza però l’esistenza di un controllo neuroendocrino e di controllo umorale: chemiocettori centrali e periferici sono in grado di stimolare la secrezione di CRF (Corticotropin

Anche le catecolamine e l’angiotensina II, nonché modificazioni della volemia e della lattacidemia, indotte dall’esercizio, possono favorire la liberazione di ACTH.

Le concentrazioni di ACTH aumentano in maniera proporzionale all’intensità dell’esercizio fisico.

Un esercizio submassimale su treadmill condotto durante l’allenamento in cavalli giovani produsse una tendenza alla diminuzione del livello basale di ACTH verso la fine del periodo di allenamento, sebbene una singola prova di esercizio non comportò aumenti delle concentrazioni plasmatiche di ACTH (McCarthy et al., 1991).

E’ stato riportato che test di esercizio standardizzati su treadmill hanno prodotto un significativo aumento di ACTH e in seguito una graduale diminuzione nei campioni ottenuti dopo un periodo di oltre 4 ore dall’esercizio.

Nessuna differenza significativa è stata rilevata nella risposta dell’ACTH a test di esercizio standardizzati per un periodo di allenamento di 2 mesi (Church et al., 1987)

Tra gli ormoni della corteccia del surrene, il cortisolo è il più importante ed è quello maggiormente studiato nell’esame delle

modificazioni plasmatiche ormonali in risposta all’esercizio.

Il cortisolo stimola la gluconeogenesi epatica, la lipolisi, ha effetti antinfiammatori che si collegano a quelli della funzione leucocitaria e delle prostaglandine.

I livelli basali del cortisolo sono risultati più bassi in cavalli adibiti alla competizione rispetto a cavalli utilizzato solo per attività di maneggio (Ferlazzo et al., 1994); in cavalli partecipanti ad un concorso ippico i livelli erano più elevati rispetto alla norma e tornavano equivalenti a quelli di cavalli non gareggianti solo al termine delle gare (Ferlazzo et al., 1993).

Esiste anche un ritmo circardiano della concentrazione di cortisolo nel plasma, con valori più alti al mattino e più bassi nel tardo pomeriggio (Zolovick et al., 1996).

Un altro importante fattore di regolazione della risposta cortisolemica è rappresentato dai fattori psichici. Pertanto, alla difficoltà di interpretazione della risposta all’esercizio si aggiungono l’influenza dello stress emotivo e la variabilità circardiana.

può fornire utili indicazioni dei livelli plasmatici di cortisolo; valori più alti di tale rapporto indicano una più alta concentrazione dell’ormone. In altri studi, però, non è stata trovata nessuna relazione tra conteggio di neutrofili e linfociti e concentrazioni plasmatiche di cortisolo a riposo (Church et al., 1987).

Il cortisolo presenta livelli plasmatici elevati durante o immediatamente dopo l’esercizio in diverse specie compreso il cavallo (Snow A. Munro, 1975).

Nel cavallo è stato dimostrato che l’esercizio induce un aumento dei livelli circolanti di cortisolo (Thornton, 1985), dell’ordine del 20-25%, sia dopo seduta di allenamento, in cavalli sportivi e non (Ferlazzo et al., 1994), sia dopo competizione (Ferlazzo et al., 1993), anche se alcuni autori hanno riportato incrementi maggiori, 2-3 volte, con valori che ritornano ai livelli di pre-esercizio 4 ore dopo il termine della prova (Church et al., 1987).

Nel cavallo il grado di questo aumento è uguale sia in seguito ad esercizio massimale che submassimale (Snow et al., Mackenzie, 1977; Dybdal et al., 1980; Garcia et al.; Beech 1986, Church et al., 1987; Martinez et al., 1988; Winckler, Troy, 1991; Lindner, 1992).

La risposta del cortisolo all’esercizio sembra, infatti, non differire in funzione di differenti condizioni di esercizio.

Studi che hanno messo a confronto i valori di cortisolo in cavalli dopo prove di salto, dopo gare di fondo, dopo trotto e galoppo, e dopo prove di endurance, hanno dimostrato che l’aumento dei valori di cortisolo è confrontabile tra tutte le specialità tranne che nella prova di endurance in cui i livelli di cortisolo risultavano più alti di circa il 30% (Linde et al., 1991).

L’allenamento può determinare una diminuzione più rapida dei livelli di cortisolo verso i valori basali. Studi sugli effetti di un esercizio massimale al galoppo prima e dopo un programma di allenamento di 10 settimane hanno dimostrato un aumento simile dopo ciascun galoppo sia in cavalli allenati che non, con un più rapido ritorno ai livelli basali dopo l’allenamento (Snow et al., Mackenzie, 1977).

In cavalli P.S.I., sottoposti a test d’esercizio a fasi multiple, è stato possibile dimostrare che le modificazioni di cortisolo sembrano dipendere dall’incremento di velocità (Ferlazzo et al., 1996). Nell’uomo (Terjung 1979; Galbo 1983), l’aumento

dall’intensità dell’esercizio, ed è dimostrabile solo a partire da esercizi di una certa entità, tali da comportare carichi di lavoro pari al 60-70% della Vo 2max.

La corteccia surrenale è anche un’importante riserva di androgeni e in minor misura di estrogeni e progestinici. Gli steroidi anabolizzanti, ed in particolare il testosterone, sono stati ampiamente utilizzato per favorire la performance dei cavalli. Nel tentativo di migliorarne ulteriormente gli effetti, gli steroidi anabolizzanti sono stati somministrati ad intervalli durante l’allenamento.

Si è osservato che essi inducono un aumento della ritenzione proteica ed aumentano la massa muscolare, aumento che è dovuto più ad iperplasia che ad ipertrofia delle fibre.

Gli effetti di questi composti sul SNC, compresi quelli sul comportamento, sembrerebbero inoltre permettere agli atleti di portare le intensità di allenamento e la performance a livelli più alti.

Vennero studiati 8 uomini durante una graduale e prolungata corsa, e si osservò un piccolo aumento della concentrazione di testosterone, con un definito aumento che si verificava dopo 40 minuti di esercizio prolungato, ciò potrebbe anche essere

spiegato dalla differenza di volume nel plasma. La stimolazione a livello testicolare dovuta alle aumentate concentrazioni di catecolamine, probabilmente contribuivano all’aumento delle concentrazioni di testosterone (Galbo et al., 1977). Ad ogni modo, i limitati dati disponibili dimostrano che quando sono somministrati a cavalli sani, gli steroidi anabolizzanti non aumentano il peso (Snow et al., 1982) ed incidono negativamente sulla funzione riproduttiva sia nelle giumente che negli stalloni (Turner et al., Irvine, 1982).

Un ruolo metabolico di fondamentale importanza nell’adattamento metabolico all’esercizio spetta anche all’insulina, la cui azione è strettamente legata a quella di un altro ormone pancreatico, il glucagone.

Durante l’esercizio, come è noto, risulta fondamentale la mobilitazione e la ridistribuzione dei substrati metabolici che assicurano l’energia necessaria per la contrazione muscolare.

A livello muscolare il controllo ormonale del metabolismo glucidico si attua mediante la stimolazione della glicogenolisi, l’assunzione e l’ossidazione del glucosio circolante, che sono

L’esercizio riduce, infatti, le concentrazioni plasmatiche di insulina, mentre aumenta quelle di glucagone che agisce a livello epatico stimulando la glicogenolisi e la gluconeogenesi.

Le modificazioni dall’insulinemia e del rapporto glucosio/insulina in corso di esercizio risultano abbastanza complesse.

E’ stato dimostrato che i livelli ematici di glucosio hanno un ruolo fondamentale nella risposta ormonale ai differenti tipi di esercizio.

La disponibilità di glucosio riduce infatti la secrezione di glucagone normalmente indotta dall’esercizio e conseguentemente anche la mobilitazione di acidi grassi liberi.

Basse concentrazioni di glucosio, invece, possono aumentare la secrezione di glucagone durante esercizio prolungato, sebbene l’aumentata secrezione di glucagone non sembri determinante per indurre la lipolisi.

Nel cavallo un esercizio prolungato, quale una prova di endurance di 80 Km, determinava una significativa riduzione sia dei livelli di insulina che si mantenevano tali sino a 60 minuti dopo la prova. I livelli di insulina e glucosio rilevati 24 ore dopo la prova non risultavano differenti rispetto ai livelli

pre-esercizio, mentre il glucagone era ancora elevato (Lucke, 1980).

In altre ricerche (Snow et al., Rose, 1981) è stata dimostrata una diminuzione di insulina durante una prova di endurance e nei 30 minuti successivi, ma non sono state notate modificazioni della concentrazione di glucosio nello stesso periodo.

La diminuzione della concentrazione plasmatici di insulina deriva da una diminuita secrezione dell’ormone, nonostante possa aversi anche una diminuzione della sua clearance.

Il controllo di questa risposta è mediato dal sistema nervoso simpatico piuttosto che dalla concentrazione plasmatici di glucosio.

Mentre tutte le forme di esercizio sembrano diminuire le concentrazioni plasmatiche di insulina. L’esercizio ripetuto determina un’iperinsulinemia di rimbalzo (Church et al., 1987).

In parecchi studi sull’effetto dell’esercizio prolungato, si è osservato un rimbalzo dei livelli plasmatici di insulina dovuto all’improvvisa cessazione dell’inibizione nervosa simpatica delle cellule ß. Tale rimbalzo è sostituito dopo 30 minuti da bassi livelli di insulina, nonostante un ritorno alla

Una spiegazione di ciò, e dei bassi livelli di insulina dopo allenamento, potrebbe trovarsi in una ridotta sensibilità alla stimolazione delle cellule beta provocata dagli alti livelli di catecolamine e dai bassi livelli di glucosio durante l’esercizio (le catecolamine infatti hanno un’ azione antagonista sull’insulina).

Nessuna modificazione significativa è stata osservata nella risposta dell’insulina test di esercizio standardizzati in cavali purosangue dopo un programma di allenamento di 2 mesi (Church et al., 1987)

Riguardo al glucagone, solo esercizi intensi, che superano la durata di un’ora, producono un aumento significativo della sua concentrazione plasmatici (Galbo et al., 1983). Nel cavallo le concentrazioni plasmatiche di glucagone sono state misurate sia durante prove di endurance, velocità di 3-4 m/s, sia durante una prova di maratona alla velocità di 7-8 m/s ed esse sono risultate 20 volte più elevate rispetto a quelle precedenti l’esercizio.

Il GH ha un’importante ruolo metabolico durante l’esercizio, la sua azione infatti, è ubiquitaria ed è più efficace quando agisce in collaborazione con altri sistemi ormonali. La maggior parte delle ricerche ne

riporta un aumento durante l’esercizio (Karagiogos et al., 1979; Ino et al., 1981), aumento che dipende dal carico di lavoro e dalla durata dell’esercizio.

Esso si realizza in genere dopo 30 minuti dall’inizio dell’esercizio ed i suoi livelli ritornano alla norma a circa 60 minuti dalla fine dell’esercizio. Tuttavia, la risposta può essere ridotta per elevati carichi di lavoro e quando si prolunga fino all’esaurimento. L’allenamento può modificare la risposta del GH all’esercizio fisico: infatti, l’allenamento aumenta la risposta del GH ad un dato carico di lavoro e si è supposto che le più alte concentrazioni del GH potrebbero favorire la mobilitazione dei depositi lipidici e la conservazione della massa muscolare durante l’esercizio (Sidney e Shephard, 1977).

E’ stato, infatti, osservato un esagerato aumento di

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