• Non ci sono risultati.

Il 17 dicembre 2010 il Consiglio europeo ha concordato sulla necessi- tà per gli Stati membri della zona euro di istituire un meccanismo per- manente di stabilità. 26Il presente meccanismo europeo di stabilità

(MES) a partire dal 1 luglio 2012 ha sostituito e assunto il compito at- tualmente svolto dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) e dal meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM). Tutta- via si è stabilito che i 17 paesi membri dell’eurozona avrebbero avuto accesso al MES solo se firmatari del Trattato sulla stabilità (1 marzo 2012), sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e

monetaria, noto come Fiscal Compact. Mentre la partecipazione degli altri 10 paesi dell’Unione Europea rimane su base volontaria.

E’ opportuno ricordare in questa sede che il MES, concettualmente ispirato al FMI, è stato dotato di un capitale di 700 milioni di euro di cui può disporre mediante prestiti 27(art 16), linee di assistenza finan-

ziaria precauzionale (art14), prestiti agli stati membri per la ricapita- lizzazione delle istituzioni finanziarie (art15), nonché ai fini dell’ac- quisto di obbligazioni sia sul mercato primario che secondario (art 17 e 18). Il MES opera in ogni caso sulla base di una stretta condizionali- tà che può assumere molteplici forme: dagli aggiustamenti di tipo ma- croeconomico al rispetto di condizioni di ammissibilità prestabilite (art 12).

In conclusione, il MES coopera strettamente con il Fondo monetario internazionale (FMI) nel forni-re un sostegno alla stabilità finanziaria dell’eurozona e la partecipazione attiva del FMI è prevista sia a livello tecnico che finanziario. Anzi, lo Stato membro della zona euro che ri- chiederà l’assistenza finanziaria dal MES dovrà rivolgere, ove possibi- le, richiesta analoga al FMI.

27 T/ESM 2012 ''TRATTATO CHE ISTITUISCE IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ TRA IL REGNO DEL BEL- GIO, LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA LA REPUBBLICA DI ESTONIA, L’IRLANDA, LA REPUBBLICA EL-

LENICA, IL REGNO DI SPAGNA, LA REPUBBLICA FRANCESE, LA REPUBBLICA ITALIANA, LA REPUBBLICA DI CIPRO, IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO, MALTA, IL REGNO DEI PAESI BASSI, LA REPUBBLICA D’AUSTRIA, LA

REPUBBLICA PORTOGHESE, LA REPUBBLICA DI SLOVENIA, LA REPUBBLICA SLOVACCA E LA REPUBBLICA DI FINLANDIA''

In linea con la prassi del FMI, in casi eccezionali si prende in consi- derazione una forma adeguata e proporzionata di partecipazione del settore privato, soprattutto quando si tratta di finanziare pro-grammi di aggiustamento macroeconomico.

In modo del tutto analogo ai prestiti del FMI, i capi di Stato o di go- verno sono costretti a concedere lo status di creditore privilegiato ai prestiti del MES, pur accettando che lo status di creditore privilegiato del FMI prevalga su quello del MES. Ciè significa che lo stato aderen- te al MES decide per tutto il periodo di durata del prestito di rinuncia- re al finanziamento dei mercati internazionali tramite l’emissione dei titoli di stato, perchè nessun investitore sano di mente presterebbe i suoi soldi ad uno stato sapendo che il suo prestito verrebbe rimborsato sempre dopo quelli del FMI e del MES.

Al pari di una qualsiasi altra banca il MES è dotato di un consiglio dei governatori (equivalente al sindacato degli azionisti) e di un consiglio di amministrazione, nonchè di un direttore generale e dell'altro perso- nale ritenuto necessario.

Come abbiamo già detto i 17 governatori sono nominati direttamente dagli stati e dai governi dei paesi membri del MES e ogni governatore potrà a sua volta nominare “un amministratore e un amministratore

supplente tra persone dotate di elevata competenza in campo econo- mico e finanziario”.

Il consiglio dei governatori ha anche il compito di nominare il diretto- re generale fra i candidati a-venti la nazionalità di un membro del MES e il suo mandato sarà di cinque anni rinnovabile una sola volta. Il direttore generale decade comunque dalle sue funzioni qualora lo decida il consiglio dei governatori.

A differenza del consiglio dei governatori della BCE dove ogni paese rappresenta un voto, nel MES il meccanismo di voto è basato sulle quote di partecipazione al capitale sociale, dato che per tutte le deci- sioni più importanti dei governatori o degli amministratori è necessa- ria la presenza di un quo-rum di due terzi dei membri aventi diritto di voto che rappresentino almeno i due terzi dei diritti voti. Il numero dei diritti di voto di ciascun paese membro del MES, rappresentato fisica- mente dal governatore o dall’amministratore delegato, è pari al nume- ro di quote versate e assegnate a tale membro sul totale del capitale. E’ previsto anche un meccanismo di votazione d'urgenza nei casi in cui la Commissione europea o la BCE, in base ai loro elementi di in- formazione, concludano che è necessaria la concessione di un prestito o l'attuazione di assistenza finanziaria per un dato paese. In caso di mancato pagamento, da parte di un paese membro del MES, di una rata del prestito da rimborsare o di una quota del capitale ancora da versare i governatori o gli amministratori di questo paese membro non

potranno più esercitare i propri diritti di voto per l’intera durata di tale inadempienza.

Per consentire l’integrazione del MES all’interno degli altri trattati eu- ropei, il 25 marzo 2011 il Consiglio europeo presieduto da Herman Van Rompuy ha disposto la modifica dell’articolo 136 Del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea inserito nel titolo VIII (‘Politica economica e monetaria’), capo 4, (‘Disposizioni specifiche agli Stati membri la cui moneta è l’euro’) includendo questo paragrafo: "Gli

Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabili- tà dell'intera zona euro. La concessione di qualsiasi assistenza finan- ziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una ri- gorosa condizionalità."

La modifica di tale articolo comporta in primo luogo un obbligo di ra- tifica da parte dei paesi membri e, in secondo luogo, che ogni stato possa decidere autonomamente la metodologia di modifica consistente in referendum o percorso parlamentare. L’articolo in esame prevede inoltre che il Con-siglio possa adottare misure concernenti gli Stati dell’area euro per rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio e/o per elaborare gli orientamenti di politica eco- nomica compatibili con quelli adottati per l’insieme dell’Unione. La modifica, introdotta mediante la decisione del Consiglio europeo, in-

serisce nella norma un terzo paragrafo ai sensi del quale gli Stati del- l’area euro “possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare

ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria neces- saria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condi- zionalità”.

La ratio dell’emendamento è evidentemente quella di disciplinare il caso della inoperatività della clausola di divieto di salvataggio conte- nuta nell’art 125 TFUE che come sopra rilevato, si verifica allorchè gli effetti della crisi del debito di uno stato membro rischino di propa- garsi nell’intera area euro. La disposizione infatti definisce i termini di un intervento di sostegno finanziario da parte de-gli Stati membri del- l’euro in favore di un partner, qualora la crisi di bilancio di quest’ulti- mo rischi di avere effetti sistemici, ossia metta in pericolo “la stabilità

dell’area euro nel suo insieme”. Il problema giuridico principale posto

da questo emendamento e dal Trattato MES che vi ha dato seguito è rappresentato dal loro coordinamento con l’art 125 TFUE. In effetti, mentre quest’ultima disposizione mira, come visto, a sottoporre gli Stati alla disciplina del mercato, escludendo fenomeni di moral ha- zard, la nuova disciplina posta dall’art 136 TFUE e dal MES sembra allentare tale disciplina, giacche la prospettiva di un aiuto da parte de- gli altri Stati dell’area euro nel caso di rischi di crisi sistemica aumen-

ta la possibilità che le politiche economiche squilibrate di uno o più Stati non vengano adeguatamente punite dal mercato mediante l’incre- mento dei tassi di interesse.

La questione peraltro è stata posta alla Corte di giustizia nel quadro di un rinvio pregiudiziale diretto ad accertare la compatibilità con i trat- tati sui quali è fondata l’Unione della decisione del Consiglio europeo di modifica dell’art 136 TFUE e del MES. Nella sentenza Pringle, resa il 27 novembre 2012, la Corte è giunta alla conclusione che non vi è conflitto tra le due disposizioni mediante un’interpretazione teleologi- ca della clausola di ‘non salvataggio’.

Anzitutto la Corte ha sostenuto che l’art 125 TFUE non è diretto a vie- tare all’Unione e ai suoi Stati membri qualsiasi forma di assistenza fi- nanziaria di un altro Stato membro. Ciò deriverebbe da due considera- zioni. Da un lato, se l’art 125 TFUE vietasse qualsiasi assistenza fi- nanziaria, l’art 122 TFUE, che come visto prevede una tale assistenza in determinate circostanze, avrebbe dovuto precisare che esso costitui- sce una deroga a detta norma. Dall’altro, l’art 123 TFUE il quale come accennato vieta alla BCE e alle banche centrali degli Stati membri di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione cre- ditizia, sarebbe formulato in termini più rigorosi di quelli della clauso- la di ‘non salvataggio’ prevista all’art 125 TFUE; pertanto il divieto contenuto in quest’ultimo non avrebbe portata assoluta

In secondo luogo, riconoscendo che l’obiettivo dell’art 125 TFUE consiste nel garantire che gli Stati membri restino soggetti alla logica del mercato allorquando contraggono debiti, la Corte ha ritenuto che tale norma non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria se le condizioni collegate a siffatta assistenza sono tali da stimolare lo Stato beneficiario all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa. Ad av- viso della Corte, le condizioni di assistenza previste dal MES rispon- dono a questo requisito, in ragione di tre ordini di rilievi. Primo: nono- stante l’intervento del MES, lo Stato beneficiario dell’assistenza rima- ne responsabile dei propri debiti nei confronti dei propri debitori, ed anzi assume o un nuovo debito nei confronti del MES che dovrà esse- re rimborsato maggiorato di un margine adeguato, ovvero le obbliga- zioni di pagamento connesse ai titoli di debito acquistati dal MES. Se- condo: il MES non prevede un sostegno fin dal momento in cui uno stato incontra difficoltà a trovare un finanziamento sul mercato, bensì stabilisce che tale sostegno venga accordato sola-mente se a) lo Stato già si trova o rischia di trovarsi in gravi problemi finanziari, b) risulti indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso ed, infine, c) lo Stato beneficiario accetta le rigoro- se condizioni economiche dirette a garantire il perseguimento di una politica di bilancio virtuosa. Terzo: le regole di raccolta di capitale previste dal MES sono tali per cui nel caso di mancato versamento da

parte di uno stato membro, gli altri stati non si fanno garanti di que- st’ultimo, che pertanto resta tenuto a versare la sua parte di capitale. Le suddette argomentazioni ci sembrano più dettate dal comprensibile obiettivo politico di consentire la creazione di uno strumento finanzia- rio per la stabilità dell’area euro che da una rigorosa interpretazione della lettera e della ratio economica dell’art. 125 TFUE.

Anzitutto ci pare debole la prima serie di considerazioni, relativa alla portata del divieto contenuto nella norma suddetta. Sul rapporto tra l’art. 122 e l’art.125 TFUE, la Corte sostiene che la circostanza che il primo non affermi esplicitamente di rappresentare una deroga del se- condo significa che quest’ultimo non esprime un divieto assoluto di assistenza finanziaria. Tuttavia, alla Corte sembra sfuggire che la natu- ra delle due disposizioni e’ profondamente diversa; l’art. 122 TFUE prevede una assistenza finanziaria nel caso di rischi non provocati dal beneficiario della stessa ( eventi naturali o circostanze che sfuggono al controllo dello Stato), mentre l’art. 125 TFUE disciplina l’ipotesi in cui i rischi siano collegati ad una condotta volutamente tenuta dallo Stato (impegni finanziari assunti da quest’ultimo). Dunque, tra le due disposizioni non sussiste un rapporto tale da poter impiegare l’una (art. 122 TFUE) per interpretare l’altra (art. 125 TFUE). Senza contare che - anche rimanendo sul piano interpretativo scelto dalla Corte il rapporto tra regola generale e deroga non deve essere necessariamente

esplicito. -Anche la considerazione relativa al linguaggio usato nel- l’art.125 TFUE,che sarebbe meno rigoroso rispetto a quello impiegato nell’art.123 TFUE, non e’ convincente. Infatti , per un verso non e’chiaro a quale più rigorose espressioni si riferisca la Corte, per l’al- tro e’ evidente che si si considera il diverso oggetto nelle due disposi- zioni, il divieto espresso nell’art.125 TFUE e’ parimenti perentorio ri- spetto a quello contenuto nell’art 123 TFUE. Ma le perplessità mag- giori riguardano la seconda serie di considerazioni della Corte, secon- do le quali le condizioni di applicabilità dell’art.136 TFUE, così come specificate nel Trattato MES stimolano gli Stati beneficiari dell’aiuto ad una condotta di bilancio virtuosa e pertanto non contrastano con l'art 125 TFUE.

I punti deboli del ragionamento sono due.

28Anzitutto, se da un lato è vero che gli Stati beneficiari dell’assistenza

rimangono responsabili dei propri debiti nei confronti dei propri debi- tori, ed anzi assumono nuovi impegni nei confronti del MES, dall’al- tro è altrettanto certo che tali responsabilità finanziarie sono comun- que inferiori a quelle che graverebbero sullo Stato se quest’ultimo do- vesse procurarsi le risorse sul mercato.29 Il senso ultimo dell’interven-

to di assistenza e’ infatti proprio quello di offrire allo Stato in difficol- tà mezzi finanziari a condizione agevolate rispetto a quelle del merca- 28 L'euro, di Lorenzo Bini Smaghi, il Mulino

to. Dunque l’esistenza di una normativa di sostegno finanziario come quella costituita dall’art 136 TFUE e dal MES riduce l’efficacia della disciplina del mercato che rappresenta invece l’obbiettivo dell’art 125 TFUE.

Un secondo punto debole e’ costituito dall’idea che la prospettiva o la concreta applicazione di una rigorosa condizionalità induca lo Stato beneficiario dell’aiuto a perseguire una politica di bilancio virtuosa. In realtà l’evidenza empirica relativa agli interventi di assistenza decisi negli ultimi anni sembrerebbe dimostrare il contrario. Per un verso, la prospettiva dell’imposizioni di condizioni rigo-rose sulle politiche di bilancio può indurre lo Stato a non reagire prontamente alla crisi, col fine di esimersi dall’adozione di misure impopolari e di scaricare la responsabilità dell’eventuale adozione delle stesse sui soggetti di go- verno del MES, ossia sugli Stati dell’Eurogruppo, sulla Commissione e sulla BCE. Per altro verso, l’applicazione di una condizionalità rigo- rosa ha dimostrato di avere effetti recessivi sull’economia dello Stato. Se e quando questi effetti si producono, sono più spesso necessarie po- litiche di debito di bilancio che di contenimento dello stesso. Pertanto l’uso della rigorosa condizionalità esplicitamente contemplata sia nel- l’art.136 TFUE che nel MES, rischia paradossalmente di spingere nel medio periodo verso condotte non in linea con la disciplina di bilancio per-seguita dall’art.125 TFUE.

Dalle osservazioni ci sembra di poter trarre due ordini di conclusioni. Secondo la Corte l’art.125 TFUE ,consta all’emendamento dell’art.136 TFUE e alla conseguente creazione del MES, che questi ultimi atti siano effettivamente in linea con la clausola di ‘non salva- taggio’, quando piuttosto che essi integrino e precisino la portata di tale clausola, nel senso che essa non si applica quando la crisi finan- ziaria di uno Stato membro pone rischi sistemici. Ciò alla luce della presenza di consapevolezza che, in tal caso, i costi di ‘non salvatag- gio’ non solo possono essere assai superiori a quelli connessi con un intervento di assistenza, ma rischiano di dover ricomprendere quelli derivanti dalla sparizione stessa della moneta unica. I suddetti atti dunque, oltre che ad essere permessi seconda la procedura di modifica semplificata dei trattati prevista dall’art.48, par.6 TUE, sono presuppo- sti dal principio fissato nell’art 3, par. 4, di tale Trattato secondo il quale l’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la cui mo- neta è l’euro.

In secondo luogo, l’emendamento dell’art. 136 TFUE e la creazione del MES se da un lato rischiano di avere l’effetto di allentare la disci- plina di bilancio, dall’altro danno concretezza al principio di solidarie- tà tra Stati membri evocato dall’art. 3, par. 3 TUE, ben al di là del so- stegno finanziario previsto dall’art.122 TFUE. Come accennato , que- st’ultima disposizione, prevede un tale tipo di sostegno nel caso in cui

uno Stato membro si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà deri- vanti da calamità naturali o da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. Per sua natura dunque esso è attivabile solo in casi assai circoscritti e in modo temporaneo. Diversamente le condizioni per l’assistenza prevista dall’art.136 TFUE e dal MES riguardano la ne- cessità di salvaguardare la stabilità complessiva della zona euro e que- sta assistenza può protrarsi per tutto il periodo in cui tale necessità sussiste.

3.6 La Riforma delle regole relative

Documenti correlati