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mercati granari Torino

Nel documento Cronache Economiche. N.097, Gennaio 1951 (pagine 35-38)

Nel prossimo mese di Maggio verrà inaugurata la nuova sede del Mercato granario e della Borsa merci nel Pcdazzo della Società Foro Fru-mentario in via A ndrea Boria, 15.

Neil'imminenza di tale manife-stazione siamo lieti di pubblicare un interessante articolo del nostro col-laboratore, signor Carlo Codio, sulla evoluzione storico-economica dei mer-cati granari della nostra città.

Torino, prima del Mille, appare come un grande borgo a carattere prevalentemente rurale. La vita si esprime in forme semplici e rudimentali, i bisogni dell'esistenza sono ancora limitati ed i rapporti fra i suoi abi-tanti nascono per lo più dagli scambi dei prodotti della terra mediante il baratto in natura ed in scarsa misura con la moneta. In quei tempi di calamità e di guerre è predominante la preoccupazione del nutri-mento. È l'età precapitalistica, in cui lo spirito del lucro e dell'arricchimento non si associa che in forma limitata alle manife-stazioni produttive e commerciali. Le rela-zioni sono prevalentemente determinate da necessità di vita, non ancora dagli impulsi umani verso la rischiosa conquista della ricchezza. Tale spirito d'intrapresa, e di rischio è ancora privilegio del guerriero e dell'uomo politico, nei quali si assommano i poteri dello stato feudale.

Non potremo però negare che in quei tempi le relazioni di scambio sui luoghi di mercato già si manifestassero, sebbene il lento movimento del denaro, la scarsità della popolazione, duramente provata dalle pesti-lenze, dalle guerre e dalle privazioni, il basso tenore di vita, la mancanza di comunicazioni, le limitate possibilità d'acquisto e di consumo ed altre molteplici cause etniche economiche e politiche si opponessero all'espansione ed al perfezionamento dei commerci.

Si noti altresì che i grandi proprietari fruivano di privilegi che rendevano immuni il grano e le merci prodotte nei loro fondi dai dazi e dai pedaggi. Il grano proveniente dalle loro terre non giungeva che in modeste quantità sui luoghi del mercato, poiché i signori, per la maggior parte estranei ad ogni attività commerciale, producevano limi-tatamente ai bisogni immediati delle- loro comunità.

Nel corso dei secoli successivi notiamo una progressiva e radicale trasformazione di quell'economia chiusa ed isolata. Il conta-dino da massaro si trasforma in atfittavolo. Le possibilità di guadagno delle classi umili aumentano. La conquista del denaro allenta

le relazioni di dipendenza con i signori. 1 tributi d'affittanza vengono pagati in denaro. Per procurarsi la moneta i contadini ven-dono con profitto i loro prodotti. In tal modo sono alimentati gli scambi ed il grano e le merci affluiscono più copiose sui mer-cati. Sorge la figura dell'intermediario, del commerciante, ohe acquista dal produttore, investe in merce il proprio denaro, la, rivende al consumatore, con margine e profitto.

Sono i primi conati della tecnica capitalistica. Altri fenomeni si producono dal crogiuolo e dal rivolgimento storico e sociale ili quel-l'età fortunosa. Si accrescono gli scambi fra comune e comune: Torino, Chieri, Pinerolo, Asti, Saluzzo sono i centri più importanti da cui scaturiscono e s'espandono in forme sempre più attive e fiorenti i traffici ed i commerci. Si intensificano le colture agri-cole, aumenta In, ricchezza ed il consumo,

Manifesto Camerale del 2 maggio 1681, ver la ripresa del commercio delle granaglie (Ardi. Comunale di l'orimi)

LA CAMERA DE' CONTI DI S. A. R.

E f l a n d o da v n g i o r n o a l l ' a l t r o p e r la p r o b a b i l e f p e r a n z a d ' v o b u o n ' i n c o l t o d c G r a -m , per la -m o d e . a . i o n e d e ! p r e z z o , -m c u i q u e l l i , e t u t t e le g r a n a g l i e l i i o n o l i o q u i m a n t e n u t e , e fu'1 r i f i l i l o d e l l a q u a n t i t à , c h e a n c o r a le n e ir o u a n e l l o S t a t o e c c e d e n t e ,1 b i l o c n o d e . S : u d d i t i , l ' a p p r e n l . o n e , c h e p e r r e g o l a d . b u o n g o u e r n o I. e h a u u t a net m e l i p a l l a i , , del m a n c a m e n t o , ò l b e m z z a di \ i r t o u a g h e , S. A . R . h a ( l u n a t o d o u e . r . t o g l i e r a f f a t t o le c a u t e l e p o r t a t e dal l u o O r d i n e d e l l , l e t t e d, D c c e m b r e p r o l s i m e p a l i n o , p e r n v l s m o I e t t i a m o n e d e ' g r a n i , e lalc.are l ' i n t i e r a l i b e r t a dei M e r c a ti nei l u c e » l i m i t r o f i , s i , e c o m e le r e t a n o a c c o r d a t i , e d e , , a e , V a i n o n e d o g n i l o t t e di g r a n i , e g r a -n u l i e , i e -n z ' o b l i g o d , c o -n l e g -n a , -n e d ' a l t r e c a u t e l e c l p r c f l c -n e g l O r d , -n , a -n t e c e d e -n t i , e p e r l u o B i g i , m o d e l l i t r e n t a A p r i l e h o r I c o i i o c , h a - i m p o f t o d . l a m e f u b i , c a r e 1 O r d i n e . a c c i o v e n g h . à t i o u u a d , o g n ' v n o . N o , i n l e g u c n d o la m e n t e d e l l ' A . S . R . In v i r t ù d e l l e p u l e n t i d x ' h u , u r n a c h e m auuenn e l a r i l e n t o alle C o m m u n u a p o l l e f r a i l i m i t i d , c i n q u e m i g l i a d i . . p i g l i a r e > l o r o M e r c a ti , A ad o g n ' v n o di c o n . ' u r r e l i b e r a m e n t e a l h l u o g h i c o n f i n a n t i , e f t r a h c r , e lar e I r a h e r e q u . i l I m o g i n Iurte di g r a n i , e g r a n a g l i e le, z a o b h g o eh c o n l e g n a , n e d ' a l c u n a d e l i e c a u t e e el p r c i i e n e g l U t n i -ni a n t e c e d e n t i di S. A . R . e n o l l n , M a n d a n d o ali, A u d i t o r i , e R t l e t e n d a r i j I r o u . n c i a l i , O i h c a l t d e p u t a » p e r r i c e u c f l e c o n l e g n e di eletti g r a n i , e c h i fiaipediente di c o s ì o l l e r u a r e , e iar o l k r u a r e , c d i c h i a r a n d o la p u b l i c a t . o n c di q u e l l e d a f a r l ì n e ' m o d i , e l u o g h i l o l i t i v a l i d a , & alla c o p i a I t a m p a t a d a l l o S t a m p a r o r e d i ' d e t t a A . K . e n o f t r o S i n , b a l d o d o u e , f i d a r e f i f t e f f ì f e d e , c o m e ai p r o p r i o O r i -g i n a l e . In c u i f e d e , & c . D a r . in T o n n o Lielue di M a -g -g i o m i l l e l e , c e n t o o t t a n i v n o .

Verdun EcctBtmiJ/ìma Cnm<r*.

Aymo; I N T O R I N O , Pei Gio. Sinibaldo Stampatole di S. A.R, c deiniloBiift. St Eccdlcoiift. Carneta K i t .

l'edvta dì Piazza San L'nrln. ove

si rafforza l'organizzazione dell'industria e dell'artigianato, si creano nuovi centri ur-bani, nuove strade, nuovi mercati, ogni attività umana è come pervasa da una nuova forza vitale, che, superando la cer-ehia turrita delle antiche mura comunali, s'afferma e si esprime, attraverso il trava-glio della Storia, nella grande coscienza italica e nazionale.

* * *

Abbiamo notizia che verso il 1200 a Torino esisteva il mercato presso le vecchie torri della città. Le carte del tempo ci parlano di un mercato « prope turrim » ed il Ga-leotto ce lo descrive come situato all'an-golo sud-ovest della città romana vicino alla chiesa di Santa Maria, che ancora oggi esiste e che allora era chiamata « de domo » e « de platea », poiché si trovava sulla piazza del mercato.

in quel tempo Torino contava poche mi-gl iaia di abitanti ed il mercato che si teneva nel giorno del sabato era frequentato da agricoltori e da commercianti dei comuni vicini. Poche sono le notizie sulla disciplina del mercato di allora. Sappiamo che era fatto obbligo alle merci, che transitavano per Torino, di entrare per le porte e di sostare in città almeno una notte, ciò allo scopo d'incrementare il movimento della città ed accrescerne le entrate. Nei giorni festivi non si poteva caricare o scaricare grano od altra merce, salvo durante la mietitura o la vendemmia, né potevasi effettuare sequestri su merci in vendita sul mercato.

^ Posta in prossimità dei valichi montani Torino era destinata a diventare il centro delle comunicazioni transalpine. 11 possesso della strada romana, che scende dalle Alpi

roti ordinanza del 1S-4-1621, il merenlo del arano veniva

ed attraversa la pianura piemontese, il diritto di giurisdizione sui pellegrini e sui mercanti che ivi transitavano, ebbero grande influenza sullo sviluppo urbanistico e sul-l'espansione commerciale di Torino.

Un altro dei più importanti provvedi-menti, che in quei tempi procellosi veniva sovente messo in atto era denominato « serra-mentum grani » e consisteva nel proibire l'esportazione del grano dal territorio ed era applicato nei comuni piemontesi quando si temevano carestie o guerre e, nel caso di contrasti con i comuni vicini, per ridurli alla fame. È evidente che fin d'allora il grano era considerato il prodotto base ed il suo commercio veniva controllato per il bene pubblico.

11 C serrameli! um » veniva applicato in forma rigorosa, sì che in casi di estrema necessità, come attesta il Cibrario, si cer-cava il grano nelle case dei proprietari, i quali erano obbligati a venderlo al prezzo stabilito dall'autorità.

Durante la fame del 1357, secondo le infor-mazioni dello stesso autorevole storico, ven-nero concessi premi a chi portava il grano a vendere sid mercato, e ciò per favorire l'afflusso della merce dai comuni vicini.

La facoltà d'istituire o di revocare il « serramentum grani » spettava al « Consi-liuni Credentiae ». A tale consiglio parteci-pavano i quattro Chiavari della città, i quali erano cosi denominati per la loro funzione di custodi delle chiavi delle arche del comune. Un'altra funzione molto apprezzata in quel tempo era quella del massaro o tesoriere. Le sue mansioni consistevano nell'eseguire le spese del comune, incassarne le rendite, fare acquisti di grano, ed esperimenti sulla pani-ficazione, per poter applicare, in base alle risultanze, la tassa del pane, provvedere all'incasso dei pedaggi, delle dogane, dei diritti di piazza e di mercato, delle

ban-irasferilo da Piazza fiUni Tommaso (Collezione Bourlol)

nalità dei ruolini ed altre incombenze deli-cate ed importanti.

Con il fluire degli anni e degli eventi storici assistiamo al progressivo sviluppo di Torino.

Ricca copia di documenti amministrativi, edilizi, demografici ci permettono di stu-diare con molta approssimazione il sorgere della città dal grande borgo rurale del primo Medio Evo. È un lento e complesso travaglio che si protrae nei secoli. Con l'ampliarsi del nucleo primitivo l'economia rurale si tra-sforma gradualmente in cittadina, i rapporti, la vita, i costumi assumono una propria decisa fisionomia, sì che ancor oggi di quei tempi ci rimangono forti inconfondibili tracce. Il processo di concentramento e di coesione del Piemonte nasce e si rafforza nella città mediante la cultura, le relazioni economiche. La vita laicale si organizza in un vasto concerto sociale.

Non dimentichiamo che a questo processo costruttivo ed espansivo contribuiscono lo sviluppo del traffico e l'affermarsi del mer-cato locale. I luoghi, le vie, le piazze della città scelte per gli scambi dei prodotti indi-spensabili alla vita, diventano nuclei della vita stessa, nelle sue molteplici manifesta-zioni religiose, sociali, legislative, civili. 11 mercato è il punto della città dove gli uo-mini s'incontrano e dove scaturiscono forme svariate di vita e di attività. Anche sotto questo aspetto ci sono tramandate infinite espressioni di Torino del tempo. Il mercato creava nelle sue adiacenze un'atmosfera locale inconfondibile e vivace. Case, osterie, cortili, stallaggi, locande, botteghe, banchi, brulichio di gente, vario afflusso di merci dalle porte della città, viavai di carri, di buoi, di cavalli, tutto insomma quel vasto e tipico movimento, che ancor oggi notiamo in alcune cittadine di provincia nei giorni di mercato o di fiere annuali.

Verso il 1400 abbiamo notizia che il mer-cato della città si teneva sulla piazza di fronte al Palazzo Civico, chiamata antica-mente piazza delle Erbe e prima ancora piazza del Mercato. Il Cibrario c'informa che essa « era chiusa verso levante sidla linea della " strada delle fragole " da un grande arco chiamato della Volta Rossa ».

Ivi rimase per molto tempo fino a quando verso la fine del 1500 — venne emanata un'ordinanza nella quale « acciò siano distinti i luoghi delle mercanzie si ordina che il grano si fenda nella strada della Chiesa di San Tommaso esclusivamente fino a Porta Mar-moria lontano dalla muraglia della città cento passi, si che l'arche possino stare da un muro all'altro di detta strada e li forestieri possino tener i sacchi nella detta strada ».

È interessante sapere che la città di Torino era allora proprietaria di due molini e pre-cisamente il « Molino Dora » ed il « Molino del Martinetto » che tutt'ora esistono. Un terzo molino fu poi costruito sid Po.

La parte più importante delle entrate del Comune era costituita appunto dagli utili dei molini, ed in uno studio del Chiaudano si osserva che durante il periodo 1580-1630 la media annuale delle entrate del bilancio comunale era rappresentata da, 116.500 fio-rini, di cui 71.900 fiorini corrispondevano al reddito dei molini.

È quindi naturale che il Comune dedi-casse, alla produzione ed al commercio del grano cure vigili ed assidue, come rileviamo dai numerosi editti ed ordinanze dell'epoca, capolavori di sapienza tecnica e di metico-losità amministrativa.

Con ordinanza del 12 aprile 1621 il mer-cato del grano veniva, trasferito da piazza San Tommaso a piazza San Carlo.

Molte erano le usanze e le norme che caratterizzavano i mercati di allora, alcune delle quali, sopravvissute al tempo, sono tuttora applicate in taluni centri rurali. Notissimo è il cosidetto « diritto di bande-ruola » con il quale si disponeva che non si potesse vendere liberamente il grano a nego-zianti prima di una determinata ora, onde permettere ai padri di famiglia di effettuare le loro compere. L'ora dell'ammissione alla libera, vendita veniva, segnata con l'abbas-sarsi di una banderuola inalberata sul mercato.

Nel manifesto del Comune del 3 otto-bre 1835 è ordinato il trasloco del « mer-cato delle granaglie » da piazza. San Carlo a. piazza Carlo Felice ove rimase tino al 1863, epoca in cui il Consiglio Municipale, per dare al mercato una sede stabile, decise la costruzione di un edifìcio chiamato « Foro Frumentario » tra corso Oporto, via Mel-chior Gioia, via San Quintino e via Arse-nale, all'incirca ove sorgeva l'Istituto Tec-nico Sommeiller.

Nel 1866 viene poi fissata dalle autorità cittadine il « regolamento per il Foro fru-mentario » col quale è stabilito che « l'accesso dei carri carichi o vuoti ha luogo unicamente dalla porta aperta verso corso Oporto e l'uscita da quella verso via San Quintino. Il mercato sarà aperto all'albeggiare e chiuso all'annottare. Sono soppressi e proibiti i mercati tenutisi finora sotto i portici e nel cortile della casa Tomatis e quelli che abu-sivamente avevano luogo sulla piazza della Corona Grossa ed in altre località ».

E interessante notare come la presenza dei carri carichi di grano riveli che sul luogo stesso del mercato avveniva il pagamento

Veduta dell'antica Piazza delle Erbe, ove si teneva verso il 1100 il mercato della Città

e la consegna, immediata della merce ven-duta. Dopo attraverso il perfezionarsi degli scambi, mediante la regolamentazione dei mercati e la codificazione delle consuetu-dini, le contrattazioni si basarono sull'esame puro e semplice dei « campioni ». Il passo è notevole ed apre la via ad una tecnica mercantile di ben più vasta, portata, che, favorita, dal costante progresso delle comu-nicazioni, si è affermata nell'epoca moderna con i mercati mondiali e con le borse a termine delle merci.

Nel 1918 il mercato del grano venne tra-sferito nella Galleria Nazionale. La gestione del mercato venne assunta dall'Associazione Granaria, che iniziava allora la sua fiorente attività.

Anche a, Torino, sotto l'egida della Camera di Commercio, sorse la Borsa Merce, ed il mercato a termine dei cereali, i quali ven-nero regolati da norme, legislative ed

eb-bero nella nostra città favorevole sviluppo nel triennio 1931-1932-1933.

Demolita l'antica via Roma, il mercato venne trasferito nella, Galleria Subalpina, ove rimase fino al 1936 per essere poi nuovamente traslocato in via San Francesco da Paola e di qui nel 1939 in via Pomba.

Dopo l'interruzione della guerra, dal 1946 ad oggi le contrattazioni si sono svolte in via Cesare Battisti, nei locali messi a dispo-sizione dell'Associazione Granaria dalla Banca Nazionale del Lavoro. Ora final-mente l'Associazione Granaria troverà la. sua sede degna nel bel palazzo di via Andrea Doria, sorto per iniziativa di un gruppo di industriali e commercianti piemontesi, i quali hanno così potuto risolvere in modo definitivo l'annoso problema della sistema-zione del mercato granario torinese, non ultimo nè indegno segno dell'operosità costruttiva della nostra città.

Veduta prospettica del nuovo palazzo della Società Foro Frumentario mWlT'rrTT»'Trr,<rvr>rr/r.;rr&r

Nel documento Cronache Economiche. N.097, Gennaio 1951 (pagine 35-38)

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