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Cronache Economiche. N.097, Gennaio 1951

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(1)

• R O N A C H E

ECONOMICHE

A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTORA DI TORINO IT,,: , 7 = N. 97-GENNAI01951-L. 250

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M I C R O T E C N I C A

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100 ohmi di vita

SEDE E FILIALE IN TORINO VIA S. FRANCESCO D'ASSISI. 3 _ T E L E F O N I : 5.53.248 • 44.075

U B B f l l C A V C B h I C l C O L O P I € P f N N £ U | STABILIMENTO ED UFFICI IN T r i E ) • k J D S E T T I M O T O R I N E S E

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SOCIETÀ NAZIONALE DELLE OFFICINE DI

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I S T I T U T O D I C R E D I T O D I D I R I T T O P U B B L I C O

MKItK ( i : \ T H I L F IN IO 11 INO . NIDI |\ TORINO, UK.MIVA, I M A NO. IIIIH \ I HO S u c r u r s a l l e A g e n z i e in P i e m o n t e , L i e u r i u e L o m b a r d i a

TI TTE I.K OPKRAZIOM

«li bnnru e burtti - Crrdlio fondiario

Depositi e conti correnti

al 31-12-1950 L. 42.301.531.000 Assegni in circolazione Cartelle fondiarie in circolazione Fondi patrimoniali 1.778.696.000 8.870.728.000 787.129.000

DIREZIONE GENERALE: TORINO CORSO VITT. EMAN. 8 - STABILIMENTI : PORTO MARGHERA - (VENEZIA)

P O M P E C E N T R I F U G H E

E L E T T R O P O M P E E M O T O P O M P E P O M P E V E R T I C A L I P E R P O Z Z I P R O F O N D I E PER P O Z Z I T U B O L A R I

SOCIETÀ PER AZIONI

I N G O . A U D 0 L I & B E R T 0 L A

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L A V O R A Z I O N I

T O R I N O

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3 DELL'AMIANTO, GOMMA E A F F I N I

> S U P E R C O P I A I C O P P O

FABBRICA ITALIANA M A C C H I N E PER MAGLIERIA

T O R I N O - V I A S IT S A 3 - T E L E F O N O 7 7 . 1 1 . 4 2

(7)

PANORAMA ECONOMICO

DELLA PROVINCIA DI TORINO

NEL MESE DI GENNAIO 1951

L E I N F O R M A Z I O N I E I P A R E R I R I P O R T A T I N E L « P A N O R A M A E C O N O M I C O » N O N SONO L ' E S P R E S S I O N E U F F I C I A L E D E L L ' O P I N I O N E D E G L I O R G A N I D I R I G E N T I D E L L A C A M E R A D I C O M M E R C I O , I N D U S T R I A E A G R I C O L T U R A , MA L ' E L A B O R A Z I O N E D E L L ' U F F I C I O S T U D I , D O C U M E N T A T A D A I N D A G I N I E S P E R I T E P R E S S O N U M E R O S E I M P R E S E T I P I C H E N E I V A R I R A M I D E L L A P R O D U Z I O N E E D E L C O M M E R C I O

s i t u a z i o n i : i . i m i i u i

Di fronte alla estrema dinamica dei mer-cati delle materie prime e di alcuni pro-dotti industriali, il fenomeno in atto da qualche mese della tendenza a precosti-tuire scorte prudenziali si è ancora accen-tuato particolarmente per quei prodotti per i quali si prevedono ulteriori rialzi. L'anda-mento dell'attività economica df fine e prin-cipio d'anno è stato caratterizzato da un ritmo sostenuto della produzione e da una lenta ascesa dei prezzi che verso la fine del mese di gennaio sembra si sia momentanea-mente arrestata.

In genere nella nostra Provincia durante il mese di gennaio l'andamento industriale ed economico è apparso influenzato da un notevole risveglio della domanda negli am-bienti produttivi. Appare sempre più im-pellente la necessità di una trasformazione della linea di condotta tenuta sin'ora nel campo industriale per la nuova fase econo-mica in cui ci si trova.

Il nuovo impulso preso da tutte le in-dustrie e da alcune in particolare modo, la scarsità delle materie prime., la penuria di capitale circolante sono i fenomeni mag-giori che hanno caratterizzato l'inizio del

1951 e l'andamento del mese di gennaio, che tratteremo particolarmente ad ogni sin-gola voce.

Nel settore dei prodotti industriali e delle materie prime, le ditte produttrici alla fine di gennaio, tranne che per i vecchi clienti, tornano ad esigere il pagamento in contanti ed un premio per le consegne immediate.

L'entità dei rifornimenti effettuati e la forse apparente distensione politica diploma-tica di iniziative, sono tutti fattori che influi-scono il mercato invitando gli operatori ad una maggiore cautela nell'assumere impegni.

A U IC I C O I , T U I I A

La situazione agricola nella Provincia di Torino durante il 1950 si può dire in com-plesso soddisfacente. La produzione vinicola è stata di hi. 360.800 contro hi. 395.434 del 1949. La qualità è però migliorata.

I prezzi del bestiame dopo essere stati stazionari nei primi sette mesi hanno in seguito subito notevoli aumenti a causa della situazione economica generale. Per quanto riguarda lo stato sanitario, nulla di notevole, salvo sporadici e limitati casi di afta epizootica nei bovini. In alcuni Co-muni del Canavese si sono avute morie tra il pollame dovute alla pseudo-peste.

Da definitivi accertamenti risulta che so-no stati portati all'ammasso del graso-no com-plessivamente ql. 241.273,51.

Nel mese di gennaio del 1951 la situazione climatica nella nostra Provincia è stata buona rispetto all'andamento delle situa-zioni agricole. Durante la prima quindi-cina si sono alternate giornate serene e giornate piovose, nella seconda quindicina più frequenti le pioggie e qualche nevicata. La temperatura, in complesso, mite.

La disponibilità di concimi chimici è per ora sufficiente, mentre si nota una certa carenza degli anticrittogamici a base di sali di rame.

Lo stato sanitario del bestiame non desta preoccupazioni; perdura la scarsità del fo-raggio.

La neve alla fine del mese è quasi scom-parsa in pianura: i cereali si presentano promettenti.

I * 1> U $ T I I I A

Le maggiori industrie della nostra Pro-vincia lavorano ora indefessamente per soddisfare alle nuove esigenze del mercato. La situazione dell'energia elettrica è quasi normale.

Complessivamente il ritmo produttivo, benché ostacolato dalla scarsità di determi-nate materie prime, risulta assai miglio-rato per effetto dell'intensificata domanda sia sul mercato interno come su quello estero.

I n d u s t r i a K i t l r r u r g - i t - a

Durante il mese è continuato il favorevole andamento produttivo iniziatosi alla fine del 1950. Le maggiori difficoltà si hanno per la scarsità dei rottami dovuta alla mi-nore disponibilità internazionale e al mag-gior consumo. Anche gli approvvigionamenti delle leghe di ferro, del carbone e della nafta scarseggiano e in complesso le gia-cenze di ogni genere sia di materie prime come di manufatti sono deficitarie.

• n i l u K t r i u i i i H a l m c r t ' s i i i i f ' n

L'industria metalmeccanica ha ancora ul-teriormente intensificata la sua produzione. Le richieste dall'estero e sul mercato interno sono in continuo aumento specialmente per i settori: automobilistico, macchinari vari, cuscinetti a sfere, strumenti di precisione. La produzione automobilistica dell'indu-stria della nostra Provincia durante l'ul-timo trimestre del 1950 è stata la seguente:

Vetture 30.101 Furgoni 3.632 Autocarri 1.433 Autobus 277 35.443 Produzione I trimestre 27.784 II • 30.145 » III » 29.403 Industria tassile

Lana. — La situazione dell'industria

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ac-quisti di fibre artificiali per un sempre maggiore declassamento dei tessuti. Le tessi-ture si mantengono fortemente impegnate per far fronte alle richieste del mercato interno e di quello estero. Nelle filature di pettinatura si è fatto più grave il problema dell'approvvigionamento e del rimpiazzo della materia prima consumata.

Maglieria. — Il mese di gennaio è stato particolarmente attivo; sono stati richiesti

dalla clientela dettagliante sia gli articoli invernali come quelli estivi. Per i primi si è trattato di piocoli assortimenti e di qual-che acquisto a carattere speculativo, mentre per i secondi le vendite che i grossisti hanno effettuato sul campionario sono state più che soddisfacenti. La trascorsa campagna nata-lizia ha segnato anche quest'anno un note-vole incremento nelle vendite al dettaglio.

Cotone. — L'anno si è iniziato favorevol-mente per la nostra industria cotoniera sia per le possibilità di vendita come quelle di produzione. La richiesta di filati dall'estero si fa sempre più intensa, unica preoccupa-zione è quella di assicurarsi un rifornimento sufficientemente regolare di cotone grezzo.

La questione della valutazione del co-tone ai fini doganali pare sia al punto di trovare una risoluzione con l'applicazione di un listino unico. Un altro aspetto interes-sante di quest'innovazione è costituito dal-l'accordo in materia tra operatori e Mini-stero delle Finanze; si ritiene che esso co-stituirà un precedente al quale non po-tranno mancare sviluppi favorevoli e non si esclude che il problema possa trovare la sua soluzione nell'ambito dell'Unione delle Camere di Commercio.

Seta. — L'industria serica permane in una situazione di incertezza poiché subisce le nuove condizioni politico-economiche del mercato giapponese. La produzione italiana sui mercati esteri è favorita dal continuo aumento delle sete giapponesi. Sul mercato interno 'si sono avuti sensibili aumenti d.' prezzo. Le tessiture faticano a rifornirsi a causa della resistenza dei filatori che hanno più convenienza a vendere i loro prodotti all'estero. La disponibilità della materia prima è scarsissima.

Fibre tessili artificiali. — La richiesta è intensissima, superiore alla produzione stessa sia sul mercato interno come su quello estero.

In generale il commercio al dettaglio dei tessili ha risentito all'inizio del mese di una vera corsa all'acquisto da parte della clientela. Il pubblico, nonostante la scarsa disponibilità di circolante, ha acquistato con molta larghezza sia perchè impressionato dal continuo aumento dei prezzi e sia in timore di restrizioni delle vendite. Le vendite mag-giori sono state realizzate dai grandi ma-gazzini specialmente per quanto riguarda la biancheria.

Industria conciaria

L'inizio del nuovo anno non ha portato notevoli mutamenti sull'andamento dell'in-dustria conciaria nella nostra provincia. Si è avuto un rialzo dei prezzi dovuto al forte aumento (circa 100%) del costo dei pellami per tomaie e del cuoio per suole verificatosi dal giugno scorso ad oggi a seguito della guerra di Corea ed alla accresciuta richiesta di pellami per uso militare. Tale aumento si sta gradualmente trasferendo dalla pro-duzione al consumo ed è inoltre aggravato

dalla rarefazione delle materie prime sul mercato nazionale.

Industria chimica

La situazione dell'industria chimica è stra-ordinariamente attiva per quanto riguarda il ritmo di lavorazione ed il numero delle richieste sia sul mercato interno come su quello estero. Ciò che maggiormente crea difficoltà è l'approvvigionamento delle ma-terie prime, la cui rarefazione non è più dovuta a manovre speculative di grossisti e dei paesi produttori come si era verificato alcuni mesi or sono, ma ad una vera e pro-pria penuria dovuta alla riconversione del-l'industria di pace in industrie belliche. I maggiori stabilimenti della Provincia lavo-rano al completo e devono soddisfare le richieste di prodotti la cui fabbricazione era cessata da tempo per mancanza di domande.

Ci si trova dunque in serie difficoltà in quanto si tratta di riattivare impianti che da anni erano inattivi. Si nota in tutto il campo dei prodotti chimici uno spostamento dei consumi che non può non avere in-fluenza sulle industrie. Ci si trova per ora

assai indecisi di fronte alla spinosa que-stione della conversione delle attrezzature con tutti i suoi inconvenienti ed imprevisti.

Industria della g o m m a

La situazione dell'industria della gomma nella nostra Provincia non ha subito per ora notevoli mutamenti. Pur trovandosi di fronte a difficoltà per quanto riguarda il rifornimento delle materie prime le prin-cipali industrie hanno grandi giacenze in magazzino per cui possono affrontare con relativa facilità questo difficile periodo.

Industria cartaria.

La rarefazione dell'importazione di cel-lulosa ha influito sensibilmente sull'indu-stria cartaria costretta a ripiegare sulla cel-lulosa nazionale e su un maggior sfrutta-mento degli stracci e della carta da ma-cero.

Industria dolciaria e dei vini liquorosi

L'industria alimentare dolciaria ha avuto il solito andamento del mese di gennaio. Continuano con successo le esportazioni di

vermouth nei Paesi dell'America latina, de-gli Stati Uniti e del Nord Europa.. La pro-duzione dolciaria è stazionaria per quanto riguarda il consumo immediato. Vengono invece inziziate le confezioni delle uova pasquali.

Edilizia

La situazione edile è stata assai favorita dal perdurare della temperatura relativa-mente mite rispetto alla stagione che ha permesso di continuare i lavori iniziati nello scorso autunno e di intraprenderne dei nuovi. L'edilizia ha risentito, nel periodo, delle condizioni generali del mercato dei metalli ferrosi, per quanto concerne le for-niture dei. tondini di ferro e della rarefazio-ne delle importazioni dei legnami da co-struzione.

C O M H E M C I O Nel 1950 l'anagrafe camerale ha registrato l'iscrizione di 4609 nuove ditte commerciali e la cessazione di 2919. Il movimento netto comporta un aumento di 1689 ditte, supe-riore a quello del 1949 (1290).

In grande maggioranza si tratta di ditte esercenti il commercio al minuto, soprat-tutto nei rami alimentari e dei pubblici esercizi.

L'avvenimento di importanza capitale per tutto il mondo economico durante l'anno è stato lo scoppio della guerra di Corea e i suoi successivi sviluppi, che hanno subito decisamente influito sui mercati.

Riportiamo nella tabella seguente l'anda-mento delle vendite presso i grandi magaz-zini di Torino avendo assunto come base = 100 il numero delle vendite nel gennaio del 1949: Gennaio 1949 = 100 Gennaio 1950 — 71,53 % Febbraio » 9,83 % Marzo »

- +

22,61 % Aprile + 13,48 % Maggio », + 36,40 % Giugno » 7,42 % Luglio / • + 22,55 % Agosto » 17,82 % Settembre » + 1,73 % Ottobre » + 54,20 % Novembre > — 5,93 % Dicembre » + 143,53 % Commercio estero

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e la quantità delle esportazioni della nostra Provincia nel gennaio 1950 si ottengono queste due serie di numeri indici basati Bui certificati di origine rilasciati:

Importazioni Valore Quantità Gennaio 1950 100 100 Febbraio » 82 91 Marzo » 104 137 Aprile » 89 126 Maggio » 136 166 Giugno » 114 146 Luglio » 128 140 Agosto » 154 165 Settembre 146 188 Ottobre » 178 205 Novembre » 156 228 Dicembre » 195 165

Durante il mese di dicembre l'esportazione ha registrato un decremento riguardo alla quantità, mentre come valore ha registrato un notevole incremento dovuto sia al genere delle merci esportate sia all'aumento dei prezzi.

Nel mese di gennaio si è notata la persi-stenza dell'andamento delle esportazioni de-terminatosi negli ultimi mesi dell'anno.

Sono stati stipulati accordi commerciali con l'Olanda, il Belgio, l'Indonesia. Sono stati definiti rapporti commerciali con la Romania, Svezia e Uruguay.

Per quanto riguarda le esportazioni, no-nostante la liberalizzazione si incontrano notevoli difficoltà con i paesi dell'OECE, difficoltà determinate dall'attuale situazione politico-economica. Si ha l'impressione che nei paesi del centro e nord Europa le

auto-rità abbiano imposto un più severo con-trollo riguardo l'esportazione delle materie prime e dei semilavorati. Le industrie della Provincia e particolarmente quelle metal-meccaniche torinesi stanno subendo le con-seguenze maggiori di questo rarefarsi delle importazioni.

Anche con i Paesi dell'Oriente europeo si è avuta nel corso del mese una serie di trattati commerciali che hanno regolariz-zato i nostri rapporti di esportazione e di importazione. Le merci richieste dall'Un-gheria e dalla Romania interessano partico-larmente alcune grandi industrie della no-stra Provincia. Si incontrano però difficoltà nella contropartita.

Con i Paesi extra-europei il ritmo com-merciale non presenta avvenimenti d'ecce-zione. Con l'Argentina permangono diffi-coltà per la concessione di licenze da parte del governo di quel Paese e le operazioni di abbinamento si svolgono a rilento anche perchè vengono attuate in senso unilaterale. Con gli Stati Uniti e con il Canadà le im-portazioni sono rese oltremodo difficili dalla nuova politica economica che ha nuova-mente riportato le industrie dell'America

del Nord alla produzione di guerra. L'au-mento notevole dei prezzi delle merci al-l'origine si accompagnano ora anche alle difficoltà dei rifornimenti dei semilavorati e dei manufatti. Pare che alcuni articoli voluttuari siano stati esclusi dalla produ-zione statunitense.

Dall'esame dei certificati d'origine si nota che le merci prodotte dalla nostra Provin-cia che hanno maggiormente fornito og-getto di scambio sono le' seguenti: vini, li-quori, macchine e motori e loro parti, auto-mobili, autocarri, apparecchi elettrici, cu-scinetti a sfere.

C R E D I T O

L'afflusso al risparmio, durante il mese di gennaio, ha avuto l'andamento solito al primo mese dell'anno, caratterizzato da un più sensibile aumento dei depositi rispetto agli altri mesi. Si può però osservare come la curva dell'afflusso del risparmio di tutto il 1950 sia stata quasi sempre al di sotto di quella dell'anno precedente, nè il primo mese del nuovo anno fa eccezione. A ciò in-fluiscono cause già note e cause nuove deter-minate dalla piega degli avvenimenti in-ternazionali che fanno tendere il pubblico ad investire il suo reddito in beni di imme-diata utilizzazione od in beni conservabili. Tale fenomeno già delineatosi alla fine del-l'anno è ancora aumentato durante il mese in esame e, naturalmente, porta con sè con-seguenze poco benefiche per il sistema cre-ditizio. Per quanto riguarda le richieste di credito si è notata una tensione minore dovuta in parte alla possibilità dei com-mercianti di aumentare le loro forniture presso gli industriali senza dover ricorrere al finanziamento delle banche. In generale si ha l'impressione di una maggiore velo-cità della circolazione del denaro. Il costo del denaro è ulteriormente aumentato.

B O R S A V A L O R I

idi'Ci di) Borsa Tit. trattati Tit. comp. mov. eff.

Gennaio 53,09 51,93 58,18 Febbraio 42,95 41,97 46,23 Marzo 37,54 34,10 47,21 Aprile 35,50 34,47 38,78 Maggio 74,22 70,72 84,63 Giugno 55,07 58,32 47,40 Luglio 52,28 55,05 45,83 Agosto — - 7

Indici di Borsa Tit. trattati Tit. comp. mov. eJT.

Settembre 81,14 92,19 53,28 Ottobre 42,29 42,05 41,01 Novembre 44,72 42,34 51,71 Dicembre 41,72 41,75 42,31 Il mese di gennaio si è iniziato in tono minore; contrariamente al gennaio 1950 non vi è stato il benché minimo accenno ad una intonazione di un certo interesse in vista della cosidetta « campagna dei dividendi », nè per altre prospettive rese ancor più dif-ficili nell'attuale momento.

I fatti di maggior rilievo durante il mese sono stati: le opzioni Bastogi e Montecatini nonché l'annuncio dell'apertura delle sot-toscrizioni ai Buoni del tesoro novennali 1960 ed il movimento rialzista su oro me-tallico monetato. A ciò si aggiunga la situa-zione determinatasi per le ripercussioni nel campo economico dalle misure di contin-genza e dagli avvenimenti di carattere inter-nazionale.

Talune voci su probabili restrizioni cre-ditizie e quindi di possibili riduzioni delle disponibilità a favore del mercato hanno trattenuto molti operatori dall'assumere nuovi impegni e dal contribuire a quel mo-vimento di ripresa che era nella aspettativa generale. Permane dunque sul mercato un senso di disagio e di perplessità che non permette di manifestare nella sua giusta luce la reale situazione delle nostre imprese.

L'andamento 'dei titoli di Stato ha risen-tito nel mese di lieve cedenze a seguito della nuova emissione di Buoni del Tesoro nazionale per cui il ricupero della cedola staccata al primo del mese é stato parziale: i ribassi maggiori si riscontrano per la ren-dita 3,50%, Renren-dita 5%, e Ricostruzione 5%.

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Riportiamo nella seguente tabella la si-tuazione della Borsa durante il corso del-l'anno 1950.

Fatto pari a 100 1949 media mensile.

Nel semestre aprile-settembre 1950, la Provincia di Torino ha totalizzato 609.929 giornate di presenza di turisti italiani e 74.726 giornate di presenza di stranieri, ci-fre non dissimili da quelle realizzate nel 1949 (637.655 e 71.726).

Non è ancora possibile redigere un consul-tivo per la stagione invernale in corso ma Si prevede che i risultati non saranno così favorevoli come quelli del 1949-50 special-mente per quanto riguarda l'afflusso dei tu-risti stranieri per le limitazioni imposte dalla situazione politica mondiale.

-Nel mese di gennaio le stazioni alpine della Provincia hanno avuto un notevole afflusso di turisti specialmente italiani.

Si è proceduto all'organizzazione delle varie manifestazioni che avranno luogo du-rante l'anno.

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C R O N A C H E

ECONOMICHE

M E N S I L E A C U R A D E L L A C A M E R A DI C O M M E R C I O I N D U S T R I A E A G R I C O L T U R A DI T O R I N O

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- • . n D O T T . A U G U S T O B A R G O N P R O F . D O T T . A R R I G O B O R D I N P R O F . AVV. A N T O N I O C A L A N D R A <5=^ V Y / / D O T T . C L E M E N T E C E L I D O N P R O F . D O T T . S I L V I O G O L Z I O P R O F . D O T T . F . P A L A Z Z I - T R I V E L L I DOTT. G I A C O M O F R I S E T T I D I R E T T O R E R E S P O N S A B I L E

S O M M A R I O

P a g i n a

Panorama economico della provincia di Torino nel mese di gennaio 1951 5

Nuova serie g Come è variato il reddito nazionale nel 1950

(S. Golzio) »

La genetica in aiuto dell'enologia piemontese

(G. Dalmasso) . . . 11

Situazione dell'industria elettrica italiana] (G.

Cosmo)

1 5 Migliorare i rapporti tra i risparmiatori e le imprese

(A. Trincheri)

18

Il problema delle materie prime

(F.

Carino Canina) . . . . .

1» Istruzione professionale e superiore in Danimarca

(E. Galgano) . . 20

L'organizzazione dei servizi aerei postali britannici

(J.

Gulliclc) . . 22

Una nuova strada nelle Alpi piemontesi

(Sen. G. Anselmi) . . . . 23

Materiali plastici: progressi e scoperte"(L.

V. Barnett - E. Hauser)

36 La ricostruzione della Torino-Cuneo-Nizza vista da parte francese

(R. Viers)

Ancora sulla malattia del castagno

(A. Cotta) ;{(|

Cenni storici sui mercati granari di Torino

(C. Codio)

33

Quanto rendono gli investimenti mobiliari 3 6

La crisi alimentare mondiale potrebbe essere risolta dal mare? (G. A.

Riley) gg

Rassegna tecnico-industriale

(Csserv. industriale della C. C. I. A.) .

41 L'energia nucleare al servizio della pace

(A. LI. Compton)

. . . . 5 . 1

Notiziario estero g g Il mondo offre e chiede 5 ; j Produttori italiani rjg Movimento anagrafico 6 5

NUOVA SERIE

« Cronache Economiche » nel loro terzo anno di vita, pur mantenendo il programma e la struttura iniziale, mutano formato per rendere più agevole la disposizione del vario materiale e per poter ampliare le rubriche che le compongono.

Il periodico di maggior mole da quindici-nale si muta in mensile per dar possibilità di meglio elaborarne il contenuto e per l'ag-giunta di alcuni notiziari — tra cui quello del « Panorama economico della Provincia » — che per la loro natura possono essere com-pilati soltanto per il periodo dèi mese.

Oltre alla trattazione di argomenti di carat-tere generale e alle informazioni che inte-ressano l'economia dei vari settori della pro-duzione e del ir attico e che valgono a lar co-noscere, anche al di là del contine nazionale, ove la pubblicazione è largamente dittusa, i problemi e il progresso delle nostre attività economiche, « Cronache Economiche » inten-dono, iniziando questa loro nuova serie, al-trontare e approfondire alcune tra le situa-zioni e le questioni che maggiórmente si ri-connettono alla difesa e allo sviluppo della economia locale.

Alla valorosa compagine dei collaboratori che hanno dato, nei decorsi anni, la loro

apprezzata partecipazione alla redazione e

alla compilazione del periodico, altri si affian-cano, abili specialisti nei vari rami della tecnica e della dottrina economica e ammi-nistrativa, per dare il loro appoggio e la loro opera onde rendere più completa la presenta-zione dei temi e delle indagini nel com-plesso programma che « Cronache Econo-miche » si propone di svolgere.

All'opera redazionale saranno di ausilio l'interessamento e i suggerimenti che perver-ranno da tutti coloro che seguono l'azione e il lavoro che la pubblicazione intende

(11)

COME È VARIATO

IL REDDITO NAZIONALE NEL 1950

S I L V I O G O L Z I O

I

La crescente disponibilità di dati statistici, e la più approfon-dita elaborazione dottrinale relativa ai fenomeni congiunturali, incoraggiano in quasi tutti i paesi la compilazione di bilanci eco-nomici, i quali permettono di analizzare, più completamente lo sviluppo e le modificazioni della situazione economica.

All'analisi formale di alcune successioni statistiche si cerca di sostituire una contabilità relativa al reddito, tale da illu-strarne la formazione e l'impiego.

Per l'Italia ricerche di questo genere sono rese jjarticolarmente difficili, sia dal lungo periodo intercorso dall'ultimo censimento industriale e commerciale, sia dalle rilevanti trasformazioni subite dal nostro sistema economico negli ultimi quindici anni.

Basta pensare alla estrema difficoltà (forse insuperabile dif-ficoltà), di tradurre in termini omogenei e comparabili i valori relativi al reddito per questi ultimi anni rispetto a quelli prebellici, per intendere quanto sia discutibile la pretesa di giungere a risul-tati soddisfacenti, sia pure entro un margine di errore larga-niente fissato.

Anche per l'anno decorso circolano alcune stime di privati studiosi: il Livi nelle sue Lettere di affari indica per il 1950 un reddito lordo di 7950 miliardi (con un aumento del 6 % rispetto al 1949); analoga cifra (8 mila miliardi) è avanzata dal Lenti nell'ultimo fascicolo di Congiuntura economica-, frattanto è in corso di elaborazione la valutazione dell'Istituto Centrale di Statistica che aggiornerà quelle per gli anni precedenti pub-blicate nel volume III della 3a serie degli Annali di Statistica.

Sul grado di approssimazione di queste stime è difficile dare un giudizio; certamente il margine di errore è molto ampio. Se ne può dare agevolmente la documentazione esaminando gli stessi dati pubblicati dall'Istat per il 1949.

Indichiamo i punti più incerti di questo calcolo.

Il primo riguarda il cosidetto « prodotto netto » delle pubbliche amministrazioni. Dimenticando in questa sede che le definizioni di questo « prodotto » si prestano ottimamente ai giuochi di parole degli umoristi di professione, non vi è dubbio che si debba tenere conto nel calcolo del reddito nazionale di una parte almeno dei servizi resi dalle pubbliche amministrazioni. Ma la determi-nazione della misura di questo « prodotto » è estremamente dif-ficile e controversa, sia per quanto riguarda la determinazione dei servizi da includere nel calcolo del reddito nazionale (1), sia per il valore che deve essere loro attribuito. In mancanza di una diversa possibilità di valutazione, il valore di questi beni e servizi si fa corrispondere alla spesa sostenuta per essi dalle amministrazioni stesse; ma non è chi non veda gli inconvenienti di questo criterio, che, al limite, condurrebbe ad aumentare la

(1) Per dare un'idea della natura, difficoltà ed incertezze di questo calcolo si sintetizzano le elaborazioni eseguite dall'Istituto Centralo di Statistica per il 1948 ed il 1949, relative al prodotto netto nazionale «al costo dei fattori >.

1948 1949 (miliardi di lire) 1 - Prodotto netto dei vari rami di attività economica 5461 5586 2 - Beni e servizi forniti indistintamente dalle pubbliche

amministrazioni alla collettività dello imprese e già

inclusi in 1 — 319 — 186 3 - Prodotto netto del settore privato 5142 5400 4 - Valore complessivo dei beni e servizi prodotti dalla

pubblica amministrazione + 1106 + 1144 5 Spese per l'acquisto, da parte delle pubbliche animi

-strazioni. di beni e servizi del settore privato, già

valutati in 1 — 609 — 617 6 - Prodotto netto totale . al costo dei fattori » . . . 5639 5927

Si veda per i particolari del calcolo: Istituto Centrale di Statistica • Annali

di Statistica, serie V i l i , voi. I l i - R o m a , 1950, pagine 106-111 e 344-393.

stima di questo « prodotto » quanto più esso è costoso, cioè quanto è più alto il prezzo che la collettività paga per il pubblico servizio. Dalle cifre riportate in nota si rileva quanto siano cospicue le variazioni che si debbono apportare alla valutazione del prodotto netto delle, attività private per tenere conto di quello delle pub-bliche amministrazioni; ciascuna di queste cifre è tutt'altro che determinabile con esattezza, in quanto ricavata da dati di bilancio, raccolti con criteri puramente contabili, e da classificazioni della pubblica spesa che male si adattano alle esigenze della costruzione del bilancio economico nazionale. Altro punto incerto è quello della determinazione del reddito netto « ai prezzi di mercato ». Infatti l'Istituto Centrale di Statistica nel calcolo del prodotto netto delle attività economiche, dati i criteri di valutazione, tiene conto dei prezzi al produttore (calcolo « al costo dei fat-tori »), così che, per risalire al valore di mercato del prodotto stesso, aggiunge al valore « al costo dei fattori » l'ammontare delle imposte indirette, in base alle considerazioni che di esse non si tiene conto nel calcolo del « valore aggiunto » nelle suc-cessive fasi del ciclo produttivo. Un criterio di questo genere, se pur formalmente corretto, non esprime necessariamente quanto accade, in realtà, perchè non è dimostrato che tutto l'ammontare di queste imposte entri nella determinazione del valore a prezzi di mercato del prodotto nazionale.

Queste difficoltà di carattere più propriamente metodologico si aggiungono a quelle connesse con la rilevazione statistica degli altri elementi del bilancio economico nazionale, così in parti-colare per l'accertamento di dati relativi alla bilancia dei paga-menti, al valore dei servizi, al prodotto netto dell'attività commer-ciale e bancaria e dei fabbricati. Sulle stesse cifre apparentemente più sicure si possono avanzare fondati dubbi, basta dire che per il 1949 il prodotto netto dell'agricoltura e foreste è stato stimato a 2066 miliardi, cifra non facilmente conciliabile con quanto si sa circa il volume fisico della x^roduzione agricola ed il livello dei prezzi dei prodotti agricoli nel 1949 in confronto al 1938.

Queste considerazioni consigliano quindi di accogliere con molta prudenza le stime del reddito, e di utilizzarle soltanto come strumento per misurare la tendenza delle sue variazioni.

* * *

Nonostante queste riserve si può affermare che, da tali ela-borazioni, è possibile ricavare elementi abbastanza sicuri almeno su alcune modificazioni nella fisionomia del bilancio 1950 in confronto a quello del 1949, ed a quello del 1938.

La più importante riguarda il più sensibile aumento del pro-dotto delle attività industriali in confronto a quelle agricole. Il fenomeno è apparso nettissimo dal 1949 al 1950; si calcola infatti che il volume della produzione nella campagna agricola decorsa superi di circa il 6 % quello del 1938, ma tenuto conto dell'andamento dei prezzi la variazione in valore non è che del due o tre per cento; gli indici della produzione industriale invece (sia quelli dell'Istat, che quelli della Confederazione generale dell'industria) segnano un aumento di oltre il 12 % , che in valore, specialmente se si tiene conto del forte sviluppo delle costruzioni edilizie, non è certamente inferiore al 10 % .

(12)

quella industriale supera il livello del 1938 del 12 % (secondo l'Istituto Centrale di Statistica) e dell'8 % (secondo il Lenti).

Poiché si fanno sovente riserve sull'indice dell'Istat, e se ne è anche discorso in questa rivista, può essere opportuno ripor-tare gli indici per classi di industria, dai quali risulta che in tutte, salvo tre, gli indici superano notevolmente quelli del 1938.

Indici Istat della produzione industriale: 1938 = 100

(medie primi undici mesi del 1950) Industrie estrattive . . . 101 » alimentari . . . 130 » tessili 102 » del legno . . . 60 » della carta . . . 105 » metallurgiche . 104 » meccaniche . . 124

Industrie min. non metall. 119 » chimiche . . . . I l i » derivati petrolio 204 » fibre tessili artif. 90 » gomma . . . . 132 » elettriche . . . 161

Officine gas 149

A chiarimento di questa tabella converrà aggiungere che se alcuni indici manifestano, per la tecnica di rilevazione ed elabo-razione, un aumento superiore al reale (alimentari e meccanici), per altri si ha quasi sicuramente una sottovalutazione special-mente per l'impossibilità di rilevare attività artigianali (tipico il caso della lavorazione del legno), mentre non si tiene conto dell'industria edilizia la cui attività, dedotta sia dal numero dei vani dichiarati abitabili che dal consumo di materiali, risulta sensibilmente superiore a quella del 1938.

Il giudizio sopra esposto è confermato dalle disponibilità di fonti di energia e dal movimento tendenziale degli indici della produzione industriale (depurati cioè delle variazioni stagionali e congiunturali). Numeri indici della disponibilità Indice « Istat » per le industrie manifatturiere (media mobile) 1938 . . 100 100 -1949 . . 98,6 101 -1950 gennaio . . . 108,5 102,6 febbraio . . . . . 101,1 103,5 marzo . . . . . . 109,2 104,9 aprile . . . 104,9 106,1 maggio . . . 115,9 107,1 giugno . . . . . 1 3 3 - 107,7 luglio . . . 124,7 108,5 agosto . . . . . . 117,6 109,2 settembre . . . . 157,4 110,3 ottobre . . . 141,3 111,7 novembre . . . . 131,7 1 1 3 -1950 media . . . . . . 121,4 107,5

Applicando ai dati calcolati dall'Istituto Centrale di Statistica per il 1949 l'incremento di valore della produzione agricola e della produzione industriale per il 1950 si ricava la seguente stima per il 1950.

La tabella ci sembra meritevole di attenta considerazione:

Prodotto netto in miliardi di lire correnti (1)

1938 | 1947 1 1948 1949 1950 | Agricoltura, foreste 1 r i e pesca 38,2 1970 2180 2050 2100 Industria (manifat-turiera, estrattiva, edilizia, elettrica) . 40,6 1770 2040 2170 2400 Numeri indici (1938 = 1) Agricoltura, foreste e pesca 1 0 0 - 51,5 5 7 - 53,6 5 5 -Prezzi delle derrate

alimentari . . . . 100 - 52,5 54,8 53,2 5 2 -Industria (come sopra) 1 0 0 - 43,6 50,2 53,4 59,1 Indice generale prezzi

all'ingrosso . . . . 1 0 0 - 51,6 54,4 51,7 49

-Percentuale sul prodotto netto al costo dei fattori

(escluso il prodotto delle pubbliche amministrazioni) Agricoltura, foreste

e pesca 3 2 - 4 0 - 37,3 35,8 Industria (come sopra) 34 - 34 - 34,7 37,9

33

38-Per quante riserve si possano fare sull'approssimazione di queste cifre appare chiaro nell'ultimo triennio un più rapido sviluppo del prodotto netto dell'industria. Esso in parte è dovuto al sensibile ritardo con il quale esso si è ripreso in confronto a quello dell'agricoltura che già nel 1947 aveva ripreso quota, aiutato dalla dinamica dei prezzi; ma questa spiegazione non è più sufficiente per gli ultimi due anni. In essi la quota del pro-dotto industriale nei confronti del propro-dotto netto complessivo è sensibilmente cresciuto anche rispetto al 1938.

Alla base di questa trasformazione nella formazione del reddito nazionale stanno alcuni fatti degni di rilievo, essi sono: 1) una maggiore domanda interna di beni di consumo industriali, dovuta ad una modificazione delle esigenze dei consumatori e probabil-mente ad una modificazione nella distribuzione del reddito; 2) lo sviluppo delle esportazioni e la maggior domanda interna di beni strumentali.

Se ne ha una prova dall'esame, in base ai pochi dati dispo-nibili, dell'andamento dei consumi.

Per quanto riguarda infatti i prodotti alimentari, l'aumento nel 1950 è stato poco rilevante (forse il 4 % in volume, sulla base della produzione e delle importazioni, detratte le espor-tazioni), ma è notevole la trasformazione della qualità dei con-sumi; così è vivacemente cresciuto nell'ultimo biennio il consumo di carni, zucchero e latticini. Per la verità questi consumi sono ancora molto bassi in confronto di quanto accade in altri paesi più ricchi, ma vi è un indubbio miglioramento nella composizione della razione alimentare media.

Per quanto riguarda gli altri consumi, mentre non si hanno dati sicuri per quelli dei tessili, non vi è dubbio sull'aumento della domanda di prodotti industriali: automezzi, motomezzi, apparecchi radio e simili.

Più difficile è documentare le modificazioni nella ripartizione del reddito, perchè, se è vero che i salari reali sono in media superiori a quelli del 1938, mentre sono più bassi i redditi di taluni investimenti (proprietà edilizia e fondiaria, rendite, ecc.) (1), d'altra parte l'esistenza di una forte disoccupazione e di orari di lavoro ridotti limita l'ammontare complessivo dei salari e degli stipendi pagati.

Peraltro l'ulteriore incremento di taluni dati (consumo di energia elettrica per illuminazione e di gas, numero sale di spet-tacolo, incassi per spettacoli di ogni genere, abbonati radioaudi-zione, movimento viaggiatori, produzione libraria, immatrico-lazione veicoli), dimostra che l'aumento di certi consumi non è un fatto transitorio (molti semplicisticamente continuano a collegarlo ad una reazione alle privazioni dei tempi di guerra), ma è dovuto ad una mutata propensione ai consumi connessa ad un reddito medio più alto in vasti strati di consumatori. Non si deve dimenticare inoltre che, nonostante le lagnanze che si odono da molte parti, l'ammontare globale del gettito tributario è stato nell'ultimo esercizio superiore solo di 40 volte a quello del 1938, e quello delle imposte indirette (compresi gli enti locali) di 43 volte, presentando una incidenza sul reddito

(1) I dati per il 1938, 1947. 1948. 1949 sono tratti (arrotondati) dal citato volume degli Annali dell'Istituto Centrale di Statistica. Quelli del 1950 sono una stima personale in base alle variazioni di volume e di prezzo por i sin-goli settori di attività economica. Gli indici dei prezzi riportati nella tabella non possono essere utilizzati per ridurre in lire 1938 i dati degli anni successivi, ma sono indicati per chiarire le variazioni del prodotto netto dal 194 7 al 1950.

(13)

complessivo inferiore alla prebellica. Di qui ima maggiore di-sponibilità per la spesa privata.

Si potrebbe pensare a questo punto che nell'impiego del red-dito, in questi ultimi anni, si sia accentuata la propensione al consumo rispetto a quella per gli investimenti.

Nel 1950 tale tesi parrebbe trovare sostegno nella rallentata formazione di disponibilità bancarie e nel minor ammontare di emissione di azioni ed obbligazioni.

Questi dati non sembrano però conclusivi. Quanto al mercato dei titoli si deve tenere presente l'eccezionale volume delle emis-sioni obbligazionarie alla fine del 1949 e la grossa operazione dei buoni del Tesoro novennali nel primo quadrimestre 1950. Nel 1949 gli aumenti di capitali a pagamento hanno toccato i 90 miliardi e nel 1950 si valutano a circa 60, ma in compenso sono sensibilmente cresciuti gli investimenti nell'edilizia (il numero dei vani costruiti supera del 90 % quello del 1949). Ancora, per il 1938, l'Istituto Centrale di Statistica valutava a 30 miliardi gli investimenti lordi, per quest'anno si avanza una stima di 1500. A taluno questa cifra può sembrare ottimi-stica ma non lo è in realtà, quando si pensi che tanto per il 1938 quanto per il 1950 sono compresi nelle cifre indicate gli incrementi delle scorte, e questi ultimi sono stati certamente sensibili nel secondo semestre 1950. D'altra parte, per alcuni settori almeno (industria, elettrica, edilizia, i cui investimenti si valutano fon-datamente quest'anno a 350 miliardi), abbiamo cifre dirette sufficientemente controllate, confermate anche dall'incremento delle disponibilità di macchine (produzione + importazione — esportazione).

Per quanto riguarda poi la formazione di nuove disponibilità bancarie è da tenere presente che il rallentamento alla tendenza espansiva dei depositi fiduciari è da attribuire ai conti correnti di corrispondenza con clienti che toccano ormai 59 volte il livello prebellico.

Un giudizio sintetico sulle variazioni del reddito nazionale sul 1950 può essere espresso quindi nei seguenti termini: 1) il prodotto netto è cresciuto rispetto al 1949, e supera anche quello del 1938 (in moneta prebellica), per effetto specialmente dello sviluppo della produzione industriale; 2) vi è una netta tendenza all'aumento della domanda interna di prodotti industriali sia per il consumo che per gli investimenti.

Il volume (che ha superato sensibilmente quello del 1938) (1) e la composizione dei nostri scambi con l'estero, confermano questa linea di sviluppo ed il ritorno alla normalità. Risulta infatti : Composizione percentuale Importazioni 1938 1949 1950 Esportazioni 1938 1949 1950 1 Prodotti alimentari . 15,6 30,1 20,9 33,7 22,6 2 6 -Materie prime . . . 24,5 27,2 27,7 ) 24,1 27,1 22,6 Semi lavorati . . . 18,2 13,4 15,1 S 24,1 22,6 Prodotto finito . . . 1 9 - 11,8 18,9 41,5 49,3 49,2 Materie ausiliarie . . 22,7 17,5 17,4 0,7 1 - 2,2 Totale 100 - 100 - 1 0 0 - 1 0 0 - 1 0 0 - 1 0 0 -Numeri indici (1938 + 1)

per il valore compi. 75 - 78,4 1 - 60,2 68,2 Nella tabella, di per sè molto espressiva, si nota che, rispetto al 1949, il 1950 si caratterizza per un riavvicinamento della strut-tura degli scambi a quella del 1938. Si rileva ancora l'accresciuto peso delle esportazioni industriali e delle importazioni di materie prime, mentre per i prodotti dell'agricoltura non si è ritornati alla posizione prebellica. L'una e l'altra osservazione concordano con quanto detto nel testo circa la formazione del reddito ed il suo impiego. La minor incidenza dell'importazione di materie ausiliarie dipende dalla maggior disponibilità interna di fonti di energia (elettricità, metano), oltre che all'eccezionale volume di tali importazioni nel 1938.

(1) Anche se si comprende il commercio con le Colonie.

LA GENETICA

IN AIUTO

D E L L ' E N O L O G I A

PIEMONTESE

G I O V A N N I D A L M A S S O

Intendiamoci subito sul titolo di questo scritto, perchè non si creda che si voglia qui affron-tare qualche problema di alta scienza, quale potrebbe essere quello della « genetica dei lie-viti », cioè degli agenti specifici della fermentazione alcoolica, o qualche altro del genere. Qui s'intende invece modestamente parlare di un'applicazione più diretta della genetica, riguar-dante cioè la produzione della materia prima per la vinifica-zione. La quale materia prima

(con buona pace di coloro che amano ripetere un troppo

dif-fuso e banale slogan) è pur

sempre l'uva...

E aggiungo che qui voglio riferirmi in modo particolare all' enologia piemontese.

Un mio recente scritto (1),

( 1 ) G . I Ì A L M A 8 S O : L'enologìa

pie-montese ad una svolta? - Il

Coltiva-tore - Giornale Vinicolo Italiano. Casalmonferrato, N. 21, 1950.

P. T.: In merito alla crisi del

barbera. Cronache dell'Agricoltura,

16 gennaio 1951.

M. T . : La crisi del barbera. Cro-nache dell'Agricoltura, 1° feb-braio 1951.

che, del resto, non faceva che ri-petere cose già da tempo da me dette e scritte, ha dato luogo, come prevedevo, a vive discussioni.

In tale scritto, in sostanza, ho ribadito la necessità di dare un nuovo indirizzo all'enologia pie-montese. Non è forse inutile che ricordi come fin dal settem-bre 1946, in un Convegno viti-vinicolo tenutosi ad Asti, svol-gendo una relazione sul tema : « Premesse viticole per un nuovo vino da pasto astigiano », affer-mavo elle troppo spesso si sente lamentare che « con tutti i nostri grandi vini, in Piemonte si beve male! ». Ciò perchè, mentre i gusti sono andati evolvendosi (o, se non vogliamo troppo compro-metterci, diremo « mutando ») l'e-nologia piemontese è rimasta, in generale, fedele ai tipi tradizio-nali. Di qui la necessità di aggiornarla, preparando tipi di vino più rispondenti alle mutate esigenze.

Nel mio recente scritto sovra-citato ho più decisamente affron-tato il problema del barbera, prendendo le mosse da un

impor-II Barbera in una bella tavola del pittore Palchetti

(14)

tante scritto del collega prof.

Men-sio, apparso sul Bollettino della

Camera di Commercio di Asti nel luglio-agosto 1950. E ho affermato, sia pure a malincuore, che « il possente rosseggiante bar-bera », quello che, secondo il Pastonchi, « a gagliardi è questo gagliardissimo amico... unico ma-schio vin che a maschia gente s'addica », ahimè! non incontra più le generali simpatie d'un tempo, e viene ormai da troppi disdegnato e posposto, non solo ad altre bibite, ma anche ad altri vini d'esso men gagliardi. E, malgrado che Von. Calosso, in una sua recente briosa con-versazione alla « Radio »,

par-lando della barbera {che, egli

osserva, è di genere femminile tra; gli indigeni, e tale deve rima-nere, anche se come vino è più maschio d'ogni altro), la quali-fichi « vino solido, proletario, serio, leale, giocondo, tonico, digestivo, ecc. ecc. » e aggiunga che « è buona già al primo anno, e la si può bere anche nel primo inverno », si deve melanconica-mente constatare che gli appas-sionati di questo vino vanno scemando sempre più.

Il signor P. T., nel citato suo scritto sulle Cronache dell'Agri-coltura, afferma bensì che « una

cospicua clientela specialmente lombarda ricerca ancora con vivo

desiderio il " possente e rosseg-giante barbera" ». E aggiunge che « se a qualcuno {e vorrei a molti) verrà in mente di seguire il consiglio di Monelli, di pre-pararsi una piccola " biblioteca " con qualche buona bottiglia di barbera invecchiata naturalmente, oh allora si può essere certi che gli allori dei concorrenti saranno sfrondati ed il calunniato nostro vino, potrà ancora levare alto il capo e trovare degli amatori! ». D'accordo pienamente — più che non col parere di Calosso sull'attitudine del barbera ad essere bevuto giovane — sull'ec-cellenza di certe vecchie bottiglie di barbera, di cui conservo tuttora un nostalgico ricordo...

Ma qui il caso è diverso, e, a scanso di equivoci, credo bene ribadire ben chiaramente il mio pensiero. Non v'è dubbio del-l'opportunità, anzi necessità, di conservare gelosamente i nostri

classici vini piemontesi, con le

loro tradizionali caratteristiche. E nessuno più di me è rispettoso delle glorie dell'Italia enologica, e l'ho dimostrato anche in una recente polemica sul vino Mar-sala. Perciò il barolo ha da essere sempre barolo, e il barba-resco, e il gattìnara, e il lessona, e il grignolino e il dolcetto, e il freisa e il barbera — sì, anche il

barbera (o la barbera, per far

piacere all'on. Calosso, che ha ragione di volerla femminile) — devono mantenersi fedeli ai tipi che li han resi illustri nei tempi e nei luoghi.

Ma quanto — non diciamo barolo, barbaresco e gattìnara — ma quanto barbera, quanto frei-sa, quanto dolcetto han veramente diritto ad essere considerati vini superiori o per lo meno fini?

Che, in fatto di vini, si con-stata purtroppo una strana situa-zione. Mentre infatti l'enologia ha compiuto indubbiamente grandi progressi grazie alla meccanica, alla microbiologia, alla chimica (i consumatori in generale anzi pen-sano: troppa grazia, in fatto di chimica!), la materia prima non dappertutto è migliorata. E anche a questo riguardo si deve con-statare che, in generale, essa è migliorata nelle regioni che in passato non producevano che vini mediocri, mentre è piuttosto peg-giorata in quella da vini pregiati. Si va, in sostanza, verso un certo livellamento, che potrà forse far piacere a taluni, ma non giova certo alle zone che hanno una fama e una tradizione eno-logica da difendere.

Non è qui il luogo per illu-strare le ragioni di questa « de-mocratizzazione » dell' enologia, che, del resto, la Francia ha pro-vato ancor prima di noi, per

quanto sia corsa ai ripari, e fino a un certo punto sia riuscita a fermarsi in tempo.

Restiamo al nostro Piemonte, e, più precisamente, al barbera. Se questo vitigno si fosse con-tinuato a coltivare solo nelle zone classiche dell'Astigiano (sia pure allargando i confini di questo oltre quelli amministrativi); se i vigneti di barbera si fossero ancora limitati ai colli più apri-chi e alle esposizioni più soleg-giate, forse non dovremmo oggi parlare di crisi del barbera, mal-grado la sovracitata evoluzione del gusto dei consumatori.

Il guaio si è che, dopo l'inva-sione fittosserica, anche da noi (come in Francia e in altri paesi) la vite ha cominciato a sconfi-nare, scendendo soprattutto dal colle verso il piano, e non te-nendo più alcun conto dei punti cardinali. E sorvolo su tant'al-tre licenze che essa, o meglio i suoi coltivatori sono andati pren-dendosi.

Aggiungo che i coltivatori stessi hanno, non senza motivo, abban-donato nei nuovi impianti una quantità di vitigni, che un tempo popolavano le nostre colline. Nella mia citata relazione al Convegno di Asti del 1946 ricordavo che

nella pregevole Ampelografia

della provincia di Alessandria

dì Demaria e Leardi, pubblicata

(15)

nel 1875, erano descritti 74 viti-gni ad ava colorata e 38 ad uva bianca come vitigni indigeni della provincia, oltre a 25 forestieri. E nel Bollettino Ampelografico del

1879 (fase. XI), pubblicato dal nostro Ministero d'Agricoltura, il conte (1. TH Rovasenda elencava 79 uve rosse e nere e 32 bianche per la finitima provincia di Cu-neo, di cui rispettivamente 30 e 19 per il solo circondario di A Iba. E tralascio di ricordare le varie diecine di vitigni da vino de-scritti o citati già nella prima metà del secolo scorso dall'abate Domenico Milano per il Biel-lese, e dal medico canavesano Lorenzo F. Gatta per i circon-dari di Ivrea e di Aosta.

Abbondanza e varietà, di viti-gni, che indubbiamente costituiva un caos ampelografico e uno zibal-done, che frammischiava tipi di pregio e tipi mediocri e scadenti, col risultato di una produzione incostante e incerta, quantitati-vamente e qualitatiquantitati-vamente.

A mano a mano che la fil-lossera, andò distruggendo i vecchi vigneti, i viticoltori, com'era, da prevedere, han pensato di limi-tarsi ai vitigni di produzione più sicura, ed è stato allora il trionfo del barbera, che indubbia-mente, fra i molti vitigni, pie-montesi, appariva come il più redditizio. E così esso è andato dilagando e, naturalmente, la, sua produzione moltiplicandosi. Manchiamo, purtroppo, di sta-tistiche, anche solo approssima-tive, della produzione dei singoli vitigni, e rispettivi vini, ma c'è da, credere che dei 4 milioni di hi. di vino prodotto in Piemonte (secondo le statistiche ufficiali) dalla vendemmia 1950, forse più della metà saranno stati ottenuti dall'uva barbera. Ed è questa « inflazione, » del famoso vino astigiano che ci preoccupa, per-chè, com'è ovvio, una, percentuale notevole ilei vino che nasce con questo nome e che viene prodotto con i sistemi abituali, non è più. ricercalo dai, consumatori come tale, ma finisce variamente mani-polato e alleggerito di colore, di corpo... e di alcool, prima di arrivare all'ultimo suo dentino.

E quello che diciamo pel bar-bera può valere, benché su scala più ridotta, pel freisa, che anche esso, dalla sua zona originale d'un tempo (le colline di CInerì), è andato espandendosi attraverso almeno tre provincie.

Quali i rimedi? Dobbiamo di-stinguere fra quelli di più rapida, e relativamente facile, attuazione e quelli a lunga scadenza, meno comodi cerio, ma più radicali. Una parola sui primi, per quanto non è ad essi, che è dedi-calo questo scrillo.

Ila ragione il Mensio quando scrive che dobbiamo fare i, conti con una situazione di fatto, che non si potrebbe, mutare se non affrontando fatiche e spese in-genti; e che perciò « occorre, accettare senz'altro, impegnali -itoci di sfruttarla a fondo in tutti i modi ».

Ora, ciò equivale a. dire che occorre trovare subito il modo di meglio utilizzare l'uva di bar-bera (e di freisa) che s'ottiene al di fuori delle zone classiche, e che non può dare vini di pre-gio indiscusso come tali, e aventi le caratteristiche loro tipiche.

Tale utilizzazione è possibile seguendo due vie: una più spiccia e una, alquanto più, laboriosa. La prima consiste nel cambiare i metodi tradizionali di vinificazione, sì da ottenere dei vini magari meno « solidi, » e meno « seri » (secondo la frase pittoresca del Colosso), ma più garbati, più piacévoli, e, come dicono i toscani, più « di pronta beva ». Vini che tendano ai chia-retti o rosati oggi di moda; ai vini, per fare un esempio, delle due riviere del Garda: la bre-sciana e la veronese, che vanno oggi invadendo ristoranti, trat-torie, bottiglierie... e le mense familiari che ancora non abbiano radiato il, vino dalla loro lista quotidiana.

È una soluzione che andiamo suggerendo fin dal, primo dopo guerra, e che vediamo oggi con, piacere attuata, fra l'altro, dalla nuova, Cantina Sociale monfer-rina di Cantavenna, voluta da, S. E. Brusasca, e da, lui stesso annunciata in un suo recentis-simo scrìtto (1).

Adottando opportuni processi di fermentazione e cure succes-sive, s'è ottenuto un vino « più chiaro, più vivo, più profu-mato a, che è stato battezzato (senza, doppi sensi.') « Rubino di Cantavenna ». E il successo è sialo tale che — scrive Von. Bru-sasca — moltissimi dei piccoli produttori del posto, soci della Cantina, hanno dichiarato che per l'avvenire non faranno più alcuna vinificazione propria e berranno il Rubino della Can-tina Sociale.

L'altra via, un po' meno sem-plice ma, anche più razionale, è quella di creare nuovi tipi di vino a, base di barbera, ma opportlinamente corretto con raggiunta di altre uve, colorale e anche bianche. L'esempio clas-sico del Chianti, ottenuto con una mescolanza di 3-4 uve, ili cui due nere, e una o due bianche (guest' ultime in, proporzione iti circa un decimo), è ampiamente probante..

Ma è ovvio che bisogna, al-l'uopo procedere, per tentativi,

( 1 ) G I U S E P P E B R U S A S C A : Esempi.

Il Torchio, R o m a , N. 2, lil.il.

Un incrocio fra il Bicone e la Regina (incr. Dalmasso VI/5) - Il grappolo ha

con-servato l'aspetto e il sapore squisiti) <feZ Bicane, senza perà il ili/elio di ll'arivellatvra

facendo prima delle prove non su grande scala; e questo do-vrebbe essere soprattutto compito dei nostri Istituti enologici, di Alba e ili Asti, adeguatamente finanziati per poter effettuare tali prove.

Un rimedio più radicale, ma non certo d'immediata attua-zione, è quello ili adottare nei futuri impianti viticoli — sem-pre al ili fuori delle zone vera-mente classiche — uno o più vitigni, che meglio del barbera possano rispondere alle nuove esigenze ilei 'mercati. Problema, arduo, senza dubbio alcuno. Ed ha ragione Mensio quando dice che, a chi gli chiedesse con quali vitigni si, potrebbe oggi sostituire il barbera, risponderebbe che l'ignora « perchè mancano atten-dibili prove al riguardo ». Il guaio si. è che c'è da temere che manchino non solo le prove... ma i vitigni.

In quali lo che, a mio avviso, in Piemonte (alludo natural-mente al Piemonte viticolo) non dobbiamo pensare a produrre dei

vini troppo diversi da quelli tipi-camente piemontesi. Dobbiamo anzi cercar di produrre, e dif-fondere (direi anzi, imporre) anzitutto sui •mercati regionali, poi su quelli ili gran parte del-l'Italia settentrionale, un vino tipico da pasto piemontese, così come si sono diffusi e imposti i vini veronesi e toscani. Bisogna perciò cercar di trovare dei viti-gni che possano permetterci di raggiungere questa mèla.

(16)

Cabernet e Z'Emerald Kiesling

(quest'ultimo un incrocio spon-taneo) .

Certo sì è che la creazione di nuovi tipi di vitigni da vino attraverso il meticciamento si presenta molto suggestiva e pro-mettente. Ed è perciò che, sin dalla fondazione della Stazione Sperimentale di Viticoltura e di Enologia di Oonegliano Veneto nel 1923 venne incluso nel suo programma di attività anche tale importante ricerca.

Non voglio qui dilungarmi sul lavoro compiuto presso quel-la Stazione dal collega profes-sore L. Manzoni e dal sotto-scritto: di cui finora pressoché nulla venne reso di pubblica ragione, tranne che due brevi note generiche informative {1). Soltanto l'ottobre scorso, in una tornata di lavori dell' Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutasi a Venezia, Treviso e Collegllano, vennero svolte dallo stesso prof. Manzoni e dal prof. I. Cosmo due ampie rela-zioni sulle nuove varietà di uve da vino e da tavola create a Conegliano, e tali relazioni stan-no per vedere la luce negli Atti di detta Accademia.

Per limitarmi a quanto più direttamente interessa la viticol-tura piemontese, ricorderò che fra il 1931 e il 1933, insieme a svariati altri incroci ne realizzai (col volenteroso aiuto di miei bravi collaboratori, e soprattutto del compianto prof. O. Olivieri e del prof. I. Cosmo) diversi, anche fra vitigni da vino piemontesi (2) :

e precisamente fra nebbiolo x

barbera (e barbera x nebbiolo);

nebbiolo x dolcetto (e dolcetto x

nebbiolo)- nebbiolo x freisa (e

freisa x nebbiolo); grignolino x

barbera; grignolino x dolcetto (3)

essendo fin d'allora convinto della necessità di procurare all'e-nologia piemontese qualche nuovo vitigno, che accoppiasse alla fer-tilità e relativa rusticità del bar-bera, del freisa e del dolcetto, le preziose caratteristiche di fi-nezza del nebbiolo e del grignolino.

Certamente, a quest'ora (dopo oltre tre lustri.1) dovrei già essere

in grado di esprimere un giudizio abbastanza fondato sul valore di tali incroci, se, purtroppo, molte

cause avverse non avessero ral-lentato e intralciato il mio lavoro (il mio passaggio da Conegliano a Torino proprio all'inizio della guerra, le vicende belliche, ecc.). D'altra parte è ovvio come trat-tandosi di uve. destinate al con-sumo diretto (da tavola) bastano le osservazioni sulle caratteristiche del f rutto e sul comportamento del-la pianta (vigoria, resistenza alle avversità, fertilità, ecc.); trat-tandosi invece d'uve da vino il responso si può avere solo attra-verso i risultali della vinifica-zione. Ciò che richiede, eviden-temente, ben maggiore disponi-bilità di prodotto e indagini assai più laboriose.

Occorre quindi armarsi di pa-zienza, e attendere con fede i risultati d'un lavoro a sì lungo respiro. Occorrono però anche mezzi finanziari, di cui, pur-troppo i nostri Istituti non di-spongono che in minima parte...

Ci sorregge tuttavia (e parlo al plurale, perchè voglio com-prendere i pochi ma volenterosi miei collaboratori, che come me lavorano del tutto disinteressata-mente) la fiducia che il problema che ho cercato qui di prospettare debba trovare una soddisfacente soluzione.

A tale fiducia confortano i ri-sultati già ottenuti con le uve da tavola (alcuni degli incroci da me realizzati hanno ormai avuto il crisma ufficiale nella Mostra Nazionale delle Uve da tavola a Piacenza del 1948, e nella ricor-data adunanza dell'Accademia della Vite e del Vino). E pro-mettenti sono anche quelli già ottenuti fra altri vitigni da vino, soprattutto a frutto bianco (e potrei citare fra di essi alcuni

incroci col vitigno friulano

Pic-colit, che si spera possa, grazie

ad essi, riprendere il posto d'onore che aveva nei vigneti del Veneto orientale sul finire del Settecento). Speriamo dunque di poter ampliare le nostre prove di questi campioni nuovi dell'ampe-lografia piemontese, per affret-tare il responso sulle loro atti-tudini colturali e sul loro valore enologico, sì da poter dire una parola sicura sulle possibilità d'una loro diffusione nelle nostre regioni viticole.

Ma non meno importanti risul-tati sono srisul-tati ottenuti con la creazione di incroci fra uve da tavola di puro sangue europeo

(cioè di Yitis vinifera). E

ba-sterà citare per l'Italia i nomi di Luigi e Alberto Pirovano, di V. Prosperi, di F. Paulsen, eli G. Bogni; per l'Ungheria quelli

ottenuto mediante l'incrocio fra varietà europee. Il più noto è certo il cosidetto Muller-Tliurgau

dal nome del suo ottenitore: l'il-lustre studioso e sperimentatore, che rese celebre la Stazione viti-frutticola di Wàdenswill presso Zurigo. Incrocio questo, fra il HiesUng renano e il Sylvaner,

Un incrocio Ira il Iiicane e il Frankenthal (incr. Dalmasso

A X v I I I / 2 ) Il diletto del Bienne, magnifica uva da tavola clic

va soggetta a fortissima acinellatura, è del tutto scomparso

di G. Mathiasz, di M. Starle, dì Krasznay, ecc., ecc.

Meno intensamente s'è lavo-rato nel campo dei vitigni per uve da vino. E lo si spiega, con la maggiore laboriosità e len-tezza del lavoro di selezione dei tipi ottenuti. Dopo le creazioni dei Bouschet, padre e figlio, che risalgono alla prima metà del secolo scorso, si può dire che bisogna arrivare a qualche decina di anni fa per ritrovare qualche tipo nuovo di vitigno da vino

che bene rappresenta un quid

medium fra l'aristocratico ma

avaro vitigno del Beno e il più generoso ma democratico Sylva-ner, e che perciò ha incontrato molto favore e diffusione nelle regioni viticole dell'Europa cen-trale. Fra le più recenti crea-zioni del genere potremo ricor-darne, oltre a qualcuna francese, ottenuta da J. L. Vidal fra vitigni delle Charen1.es, due pro-pagandati in California dal noto

genetista H. P. Olmo: il Ruby

( 1 ) L . M A N Z O N I : Gl'incroci fra

varietà di uve europee a Conegliano.

Annuario della Staz. Sperim. di Viticoltura di Conegliano. Voi. I I I . fase. 2°, 1929-30.

G. DALMABSO: Notizie su incroci

di « J'itis vinifera > ottenuti a

Cone-gliano. Annuario suddetto. Voi. X I I .

1941-43.

(2) All'insaputa l'uno dell'altro, mentre io procedevo a dette ibrida-zioni, un appassionato ibridatore bergamasco, il sig. Riccardo Terzi (di cui sono già noti alcuni buoni ibridi produttori diretti), effettuava delle ibridazioni fra il Cabernet e il

barbera, ottenendone vari tipi (u. 1,

2, 3, fi, 7, 17, 18 A. 18 B) clic sono

già a frutto da alcuni anni, e di cui ho potuto anche assaggiare i vini prodotti. Sono piacevoli, per Quanto (tranne che il n. 17) sensibilmente differenti dal barbera. Ritengo che potranno interessare soprattutto altre regioni, mentre per il Piemonte sono d'opinione che sia preferibile cercar di ottenere degli incroci

esclusiva-mente fra vitigni piemontesi per

con-servare meglio i caratteri dei nostri vini. Tuttavia stiamo provando, sia nel nostro podere di Superga, sia nell'Astigiano, anche (mesti incroci Terzi.

(3) Com'è noto, per consuetudine il 10 dei due nomi indica il

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