• Non ci sono risultati.

Metodi convenzionali applicati nello studio di comunità microbiche:

2. metodi molecolari, che permettono di analizzare le caratteristiche biochimiche e metaboliche (SIP, PLFA) o genetiche (Random Sequencing in clone libraries,

1.5.1. Metodi convenzionali applicati nello studio di comunità microbiche:

1.5.1.1. Profili delle fonti di carbonio utilizzate (Sole Source Carbon utilizzation: SSCU):

Questa tecnica è stata sviluppata da Garland e Mills (1991) e si basa sull’utilizzo di sistemi in grado di fornire un profilo metabolico dei microrganismi esaminati. Tra questi quello maggiormente utilizzato è il sistema Biolog (Hayward, CA, USA, www.biolog.com) costituito da tre diversi tipi di piastre a 96 pozzetti, che permettono di ottenere un pattern delle fonti di carbonio utilizzate dalle specie batteriche che vengono analizzate. Ogni piastra contiene 95 differenti substrati e un controllo negativo senza

FISH Campione ambientale IS- PCR

Estrazione del DNA Microarray

Clonaggio (T)-RELP,ITS,ARDRA,SSCPSize-pattern Melting patternDGGE/TGGE Ibridazione

Sequenziamento PCR

FISH Campione ambientale IS- PCR

Estrazione del DNA Microarray

Clonaggio (T)-RELP,ITS,ARDRA,SSCPSize-pattern Melting patternDGGE/TGGE Ibridazione

Sequenziamento PCR

alcuna fonte di carbonio. In ogni pozzetto è inoltre presente il tetrazolio che viene ossidato in concomitanza con il substrato svolgendo quindi la funzione di indicatore.

Attualmente sono disponibili piastre per l’analisi di batteri Gram-negativi, Gram- positivi ed una “Eco-plate”, studiata appositamente per batteri ambientali. In essa sono infatti presenti tre repliche di 31 differenti fonti di carbonio, rilevanti in campo ambientale, ed un pozzetto di controllo per ogni replica (Choi & Dobbs, 1999).

Anche se questa tecnica era stata originariamente sviluppata per l’analisi di ceppi batterici isolati, principalmente in campo clinico, viene sempre più applicata anche nello studio della dinamica di comunità batteriche più complesse ed in questo caso, l’inoculo è costituito appunto, da una coltura mista di microrganismi derivati dal campione originale. Le piastre vengono quindi incubate per 2-7 giorni e monitorate periodicamente misurando, attraverso appositi dispositivi, la riduzione del tetrazolio. I risultati ottenuti vengono generalmente analizzati con sistemi statistici, come l’analisi multivariata che permette di stabilire le differenze tra i vari campioni analizzati.

Questo metodo è stato applicato con buoni risultati in vari studi nel campo dell’ecologia microbica, al fine di comprendere quali fossero i profili metabolici di comunità derivate, ad esempio, da siti contaminati (Derry et al., 1998; Konopka et al., 1998), da suoli artici (Derry et al., 1999) oppure da suoli trattati con erbicidi (el Fantroussi et al., 1999).

Sono inoltre noti in letteratura diversi lavori in cui questa metodica viene applicata in concomitanza con altre di tipo molecolare al fine di ampliare i livelli di comprensione di comunità batteriche complesse. Roling e collaboratori (2000) hanno, ad esempio, utilizzato il sistema Biolog insieme all’elettroforesi su gel a gradiente denaturante (DGGE) per studiare la comunità microbica anaerobica derivata da una falda acquifera contaminata. Il loro studio ha dimostrato che entrambe le tecniche erano in grado di discriminare le comunità microbiche derivate dalla falda stessa da quelle derivate invece della zona sovrastante o sottostane lo strato fangoso.

el Fantroussi e collaboratori (1999) hanno invece impiegato Biolog e DGGE per capire quale fosse l’impatto di tre differenti erbicidi sulle comunità microbiche del suolo sul quale erano stati applicati. Questi autori hanno mostrato come l’applicazione degli erbicidi provocasse una diminuzione della biodiversità e attraverso l’analisi delle componenti principali (PCA) fosse inoltre possibile distinguere tra le comunità derivate dal suolo trattato e non trattato.

Simile al Biolog, nel principio base, è il sistema API (Merieux, Francia) ed anche in questo caso sono disponibili in commercio “API strips” con una notevole varietà di fonti di carbonio usate per misurare le diversità funzionali dei microrganismi analizzati.

Le principali limitazioni nell’utilizzo di queste metodiche risiedono principalmente nel fatto che sono applicabili solo a batteri e lieviti escludendo quindi i funghi filamentosi, ed inoltre, possono essere sottoposti a questo tipo di analisi solo quei microrganismi in grado di crescere in condizioni sperimentali. Inoltre, sono sensibili alla quantità di inoculo utilizzata e riflettono solo le potenziali capacità metaboliche, e non quelle in-situ, dei microrganismi analizzati (Garland & Mills, 1991). Quindi, una particolare specie, che in-situ può non essere attiva o comunque essere poco rappresentativa, nelle condizioni di crescita utilizzate per questo tipo di analisi può avere dei vantaggi competitivi e quindi nell’elaborazione finale dei risultati si avrà una sovrastima del reale contributo della stessa all’interno della comunità.

1.5.1.2. Tecniche per la conta dei batteri:

Le tecniche di conta dei batteri, derivati da campioni ambientali, non rappresentano metodi di caratterizzazione delle comunità microbiche, dato che non forniscono informazioni riguardo le relazioni filogenetiche, la diversità e la fisiologia dei diversi componenti delle stesse. Questi metodi, che si dividono in conta diretta ed indiretta, rappresentano comunque un punto di partenza per una caratterizzazione il più completa possibile, delle comunità, siano esse batteriche che fungine, derivate da campioni ambientali.

La conta diretta ha il principale vantaggio, rispetto ai metodi indiretti, di includere ogni cellula presente nel campione, non coltivabile, vitale e non vitale. Essa si basa sul legame di coloranti fluorescenti al DNA delle cellule, evitando in tal modo gli errori dovuti, nella conta indiretta, ai fenomeni legati alla vitalità delle stesse come, la selettività dei terreni colturali, l’inibizione delle crescita esercitata da alcune colonie su di altre, la bassa velocità di crescita.

I coloranti maggiormente utilizzati sono l’Acridine Orange (Ludvigsen et al., 1999; Reed et al., 2002) che intercala nel DNA emettendo fluorescenza nel verde (525nm) e il DAPI (4′,6-diamidino-2-phenylindole), un fluorocromo blu che si lega al DNA a doppio filamento ed ha un massimo di emissione a 461nm (Lee et al., 2002; Sigler & Zeyer, 2002).

Le metodiche di conta indiretta prevedono invece, uno step di coltivazione che restringe notevolmente il range delle cellule realmente contate rispetto a quelle totali di un campione ambientale. Quindi, attraverso la conta indiretta si ottiene solo una stima proporzionale alla diversità microbica ma non una completa caratterizzazione della comunità (Amann et al., 1995). La semina su terreni selettivi, oltre che fornire un metodo per la conta indiretta, viene spesso utilizzata come tecnica per l’isolamento di ceppi batterici coltivabili, principalmente nel caso in cui essi derivino da ambienti particolari come, ad esempio, siti contaminati o ambienti estremi al fine di poterne poi sfruttare le loro particolari capacità metaboliche.

La conta indiretta oltre che su piastra può essere effettuata anche su terreno liquido esprimendo il numero di batteri come “Most Probable Number”. Questo viene stimato sulla base di algoritmi probabilistici in cui viene considerato, nel calcolo, il numero di repliche di ogni diluizione seriale in cui è evidente la crescita batterica (Koch, 1994). Anche in questo caso, comunque, il tipo di terreno utilizzato influenzerà la crescita batterica ed i batteri non coltivabili non apporteranno in tal modo il loro contributo alla stima finale.