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2.4 COSTITUZIONE CHIMICA

2.4.2 Metodi di frazionamento

I rapporti quantitativi tra i vari componenti vengono corrispondentemente determinati mediante metodi di frazionamento che consentono di dividere il bitume in pochi gruppi di molecole aventi proprietà simili e che possono essere inquadrati nella schematizzazione colloidale.

Essi possono essere classificati in tre principali categorie, a seconda dello schema di separazione impiegato:

• Solventi selettivi

• Tecniche cromatografiche di adsorbimento e desorbimento • Procedure di precipitazione chimica

I metodi che utilizzano solventi selettivi non sono stati frequentemente impiegati. Essi prevedono il trattamento sequenziale del bitume con solventi di polarità crescente che precipitano frazioni di polarità decrescente. Sebbene con tali metodi si eviti il contatto del bitume con supporti o adsorbimenti reattivi e

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con componenti che lo possano alterare irrimediabilmente, essi isolano delle frazioni che in genere non sono sufficientemente diverse tra loro (figura 2.8).

Fig.2.8 – Apparecchio per determinare la polarità delle particelle di bitume

Le tecniche cromatografiche di adsorbimento e desorbimento selettivo hanno invece avuto una notevole diffusione soprattutto nel settore della ricerca. L’operazione preliminare comune a questi metodi è la separazione mediante precipitazione in un solvente paraffinico non polare dei componenti maggiormente polari e meno solubili, detti asfalteni. La soluzione ottenuta viene successivamente introdotta in una colonna cromatografica nella quale i componenti vengono prima adsorbiti dal supporto in allumina e poi desorbiti usando solventi di crescente polarità che consentono di isolare frazioni di polarità via via crescente: i saturi, gli aromatici naftenici e gli aromatici saturi. Le varie tecniche si differenziano tra loro, oltre che per i solventi impiegati, per il tipo di supporto poroso e per la tecnica di valutazione della quantità relativa di ciascuna frazione (figura 2.9).

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I metodi di precipitazione chimica sono quasi tutti ottenuti come variazioni del metodo analitico sviluppato da Rostler e Sternberg. Dopo la separazione degli asfalteni per precipitazione in n-pentano, la residua soluzione di malteni viene trattata con soluzioni via via più concentrate di acido solforico (H2SO4) e infine con fumi di acido solforico contenente il 30% di SO3 (anidride

solforica). Ciò consente la precipitazione e quindi la valutazione quantitativa di altre tre classi molecolari aventi reattività via via inferiore, denominate basi azotate, prime acidaffine e seconde acidaffine. Infine, i costituenti dei malteni che non reagiscono con i fumi di acido solforico vengono denominati paraffine. Il metodo più utilizzato è quello di Richardson che divide il bitume in quattro gruppi in base alla solubilità in determinati solventi:

• Carboidi: elementi insolubili in solfuro di carbonio (CS2)

• Carbeni: elementi insolubili in tetracloruro di carbonio (CCl4)

• Asfalteni: elementi insolubili in alcano bassobollente

• Malteni: elementi solubili negli alcani bassobollenti, e possono a loro volta essere suddivisi con procedimenti cromatografici di adsorbimento ed eluizione

I malteni vengono fatti adsorbire su gel di silice e si procede quindi alla eluizione: eluendo rispettivamente con esano, toluolo, cloruro di metilene/metanolo si separano oli saturi, oli aromatici e resine.

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In ultima analisi il bitume è costituito da (figura 2.10): • Asfalteni

• Resine

• Oli saturi e aromatici

Gli asfalteni sono solidi amorfi costituiti da miscele complesse di idrocarburi, hanno una struttura aromatica, cioè ciclica non satura, sono di colore nero o marrone ed insolubili in n-eptano. La caratteristica che li contraddistingue è l’elevata polarità, la quale traduce la presenza di molecole in cui i legami polari individuali non sono collocati in modo perfettamente simmetrico e dunque non in equilibrio (figura 2.11). I pesi molecolari sono altamente variabili, compresi tra 600 e 300000; il peso molecolare delle molecole asfalteniche è in effetti uno degli aspetti più controversi degli studi sui materiali bituminosi, perché le diverse tecniche forniscono risultati che variano anche di più ordini di grandezza in funzione della metodologia utilizzata. Questo è dovuto al fatto che le tecniche richiedono la diluizione del composto in appositi solventi, che in qualche modo ne alterano la morfologia, causando la dissoluzione delle molecole più pesanti o l’aggregazione di quelle più polari in nuove strutture. Comunque la maggior parte dei dati sperimentali indica un peso molecolare compreso tra 1000 e 100000. Gli asfalteni hanno un grande effetto sulle caratteristiche del bitume anche se sono presenti nel bitume solo tra il 5% ed il 25% in peso [5]. L’aumento del contenuto di asfalteni determina un bitume più duro e più viscoso, con un valore di penetrazione più basso ed un punto di rammollimento più alto.

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Le resine sono composti solubili in n-eptano, strutturalmente molto simili agli asfalteni, di colore marrone scuro e consistenza solida o semisolida, circa uguale alla consistenza dell’intero bitume.

Le resine sono di natura polare ed hanno notevoli proprietà adesive, svolgono la funzione di agenti disperdenti o peptizzanti per le strutture macromolecolari asfaltiche. Sono dei co-solventi per oli ed asfalteni, mutuamente insolubili se non sono presenti in concentrazioni adeguate. Quando il bitume si ossida le resine acquisiscono molecole di ossigeno ed assumono una struttura simile agli asfalteni, quindi la proporzione tra resine ed asfalteni governa, in larga misura, il carattere del bitume. Costituiscono dal 10% al 25% in peso del bitume, ed hanno un peso molecolare variabile tra 500 e 50000 (figura 2.12).

Fig.2.12 – Esempio di strutture di resine

Gli oli maltenici si suddividono in due classi: oli aromatici e oli saturi, in relazione al tipo di legami chimici prevalenti nella struttura.

Gli oli aromatici sono rappresentabili come un liquido viscoso, di colore marrone scuro, contenente numerosi composti a basso peso molecolare con anelli aromatici. Essi sono costituiti da catene di C non polari in cui dominano i sistemi di anelli insaturi (aromatici) ed hanno un alto potere solvente nei confronti degli altri idrocarburi ad elevato peso molecolare. Gli aromatici costituiscono la frazione maggiore del bitume, dal 40% al 60% in peso, e rappresentano la gran parte del mezzo di dispersione degli asfalteni peptizzati.

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Il loro peso molecolare è compreso tra 300 e 2000 (figura 2.13).

Fig.2.13 – Esempio di strutture di aromatici

Gli oli saturi sono un liquido viscoso, di colore bianco giallastro, costituito essenzialmente da idrocarburi saturi a lunga catena, alcuni dei quali con ramificazioni, e da nafteni. Essi sono composti di tipo non polare, di peso molecolare simile a quello degli aromatici, compreso tra 300 e 1500, e corrispondono ad una percentuale tra il 5% ed il 20% in peso del bitume (figura 2.14). I saturi contengono la maggior parte delle cere presenti nei bitumi, le quali si presentano in forma paraffinica. Gli oli saturi e gli aromatici possono essere considerati gli agenti elasticizzanti del bitume.

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2.4.3 Paraffine

Le paraffine costituiscono una parte della frazione dei saturi di particolare interesse per l’utilizzo del bitume nelle costruzioni stradali. Le cere paraffiniche all’interno del bitume hanno specifici effetti sul comportamento reologico del legante in conseguenza dei processi di cristallizzazione/fusione che, nelle cere paraffiniche a basso e medio peso molecolare avvengono in un ristretto range di temperature, in genere interno a quello di esercizio dei leganti su strada. Occorre considerare che il concetto stesso di cera non è univoco e che diversi composti chimici quali idrocarburi, alcoli, acidi, esteri, presenti all’interno di materiali cerosi naturali, vengono di norma inclusi nella definizione stessa di cere [6]. Per quanto concerne il campo petrolifero, si osserva che le cere, anche se in quantità variabili a seconda dell’origine dei greggi, sono tipici componenti costituiti prevalentemente da n-alcani a lunga catena che si ritrovano conseguentemente anche nei bitumi, all’interno dei quali però non rappresentano gli unici componenti cristallizzanti. Si considera che le cere contenute nel bitume siano differenziabili entro tre categorie: cere macrocristalline (paraffine, <C40), cere microcristalline (>C40) e cere amorfe.

Sono state condotte diverse indagini con varie tecniche di microspia su diversi bitumi contenenti cere allo scopo di definire la morfologia dei cristalli, le modalità di formazione degli stessi e confermare la qualifica delle cere nelle tre classi [7]. Per quanto concerne gli effetti macroscopici si osserva che, mentre le cere amorfe sembrano ricoprire un ruolo marginale, entrambe le cere di tipo cristallino, oltre che gli altri composti cristallizzanti, debbano essere considerati di particolare interesse nell’ambito degli impieghi stradali del bitume. In conseguenza delle variazioni di temperatura cui le pavimentazioni stradali sono tipicamente soggette durante l’esercizio, nelle cere cristalline si verificano transizioni termodinamiche che si traducono in fenomeni di cristallizzazione- fusione cui corrispondono variazioni delle caratteristiche fisiche dell’intero bitume. Le cere quindi possono produrre effetti macroscopici sulle prestazioni delle pavimentazioni stradali, la cui entità dipende dall’origine e dalla reologia del bitume, ma che certamente scaturiscono dal quantitativo, dalla

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composizione chimica e dalla struttura cristallina delle cere [8]. Pertanto sia la determinazione del contenuto di cere nei bitumi che gli effetti sulla reologia dei bitumi ad esse riconducibili sono da sempre oggetto di studio ed in generale si prescrive che in un bitume destinato alle costruzioni stradali il contenuto in peso non debba superare il 3% (figura 2.15).

Fig.2.15 – Morfologia dei cristalli di paraffina

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