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Capitolo 1. Le equazioni fondamentali della fluidodinamica

1.2 La cinematica del moto dei fluidi

1.2.2 Metodo di Eulero o locale

In fluidodinamica risulta più interessante sapere che cosa accade, al variare del tempo, in determinate posizioni all’interno del campo di velocità che descrive il moto del fluido. Il metodo proposto dal matematico svizzero Euler considera appunto solo la velocità, come se un osservatore esterno avesse a disposizione soltanto uno strumento per misurare tale grandezza, anziché le distanze. Esso consiste nel concentrarsi su di un punto fisso dalle coordinate note (x, y, z) (e non più, quindi, sulla singola particella fluida), determinando come variano le caratteristiche cinematiche del moto nel punto stesso.

Immaginando poi di avere diversi osservatori, disposti in vari punti del percorso compiuto dal fluido ed ognuno registrante la velocità del fluido come una funzione del tempo, raccogliendo tutti i dati registrati si otterranno delle funzioni del tipo:

�u = u(x, y, z, t)v = v(x, y, z, t) w = w(x, y, z, t)

Il calcolo sismico delle dighe a gravità: problemi di interazione bacino-struttura

Tesi di Laurea Magistrale – Lorenzo Mainardi

In questo metodo la posizione delle particelle non risulta più interessante ed il moto è completamente individuato da una posizione di coordinate (x, y, z) e dalla legge di variazione della velocità (o, volendo, di altre utili variabili) in tale

posizione al variare del tempo.

Questo modo di procedere conduce all’individuazione di un’altra famiglia di curve, dette linee di corrente o di flusso o streamline, le quali sono tangenti in ogni punto al vettore velocità riferito ad un certo istante di tempo; esse costituiscono quindi l’inviluppo dei vettori velocità e non si intersecano mai tra loro perché il vettore velocità è, in ogni punto, unico in direzione e modulo.

Dovendo essere il versore ds����⃗ della linea di corrente parallelo al vettore velocità v�⃗, le equazioni parametriche della linea di corrente possono essere ricavate per rapporto di similitudine tra i triangoli rappresentati in figura:

dx u = dy v = dw z (1.6)

equivalenti a calcolare il determinante della seguente matrice, rispetto alla prima riga:

dx dy dzı̂ ȷ̂ k�

u v w�

Il metodo euleriano si dimostra di più facile applicazione nel campo dell’idrodinamica e si presta bene anche all’uso della teoria dei campi. Ha la pecca di perdere l’individualità delle particelle fluide, ma permette di descrivere nel complesso il comportamento di tutte le particelle che passano per un punto fisso.

Osservazione. Nel caso di moto permanente o stazionario, cioè che non varia al variare del tempo, le linee di corrente coincidono con le traiettorie poiché tutte le particelle fluide non cambiano nel tempo il loro percorso, mantenendo in uno stesso punto in tempi successivi la medesima velocità in modulo e direzione. Se, al contrario, si ha un moto vario o non stazionario, linee di flusso e traiettorie non coincidono perché, in un certo istante, su una linea di corrente possono trovarsi particelle fluide provenienti da differenti traiettorie.

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Se ancora il moto è turbolento, le linee di correnti si riferiscono ai valori medi della velocità e non a quelli istantanei, i quali variano casualmente con le fluttuazioni di velocità.

La variazione di velocità che una particella fluida subisce all’interno del campo di velocità, ovvero l’accelerazione, nell’ottica euleriana è formulata applicando la regola di derivazione di una funzione composta alla formulazione lagrangiana:

a�⃗ =du�⃗dt = ∂u�⃗∂t +dxdt ∙∂u�⃗∂x +dydt ∙∂u�⃗∂y +dzdt ∙∂u�⃗∂z che può essere riscritta come

a�⃗ =du�⃗ dt = ∂u�⃗ ∂t + u ∙ ∂u�⃗ ∂x + v ∙ ∂u�⃗ ∂y + w ∙ ∂u�⃗ ∂z = ∂u�⃗ ∂t + �u ∙ ∂ ∂x + v ∙ ∂ ∂y + w ∙ ∂ ∂z� ∙ u�⃗ ovvero 𝐚𝐚�⃗ = 𝛛𝛛𝐮𝐮��⃗𝛛𝛛𝛛𝛛 +(𝐮𝐮��⃗ ∙ 𝛁𝛁) ∙ 𝐮𝐮��⃗ in cui:

− a�⃗ =du��⃗dt prende il nome di accelerazione totale o sostanziale o materiale e coincide con la formulazione lagrangiana dell’accelerazione; corrisponde alla derivata temporale di v�⃗ relativa ad una particella in moto nello spazio;

− a�⃗e =∂u��⃗∂t è detta accelerazione locale o puntuale e consiste nell’accelerazione secondo la formulazione euleriana. Corrisponde alla derivata temporale del vettore velocità v�⃗ in un punto fisso dello spazio e quindi coincide col contributo di accelerazione relativo alla variazione locale della velocità nella posizione occupata dalla particella all’istante t; − a�⃗c = (u�⃗ ∙ ∇) ∙ u�⃗ 1 è l’accelerazione convettiva, il termine di raccordo tra

le due formulazioni della velocità, pari al prodotto scalare tra il vettore velocità ed il gradiente della velocità. Essa tiene di conto della presenza del flusso liquido, legato all'ottica lagrangiana, e quindi della variazione di velocità conseguente allo spostamento della generica particella, che nel tempo dt passa dalla posizione (x, y, z) a quella (x + u∙dt, y + v∙dt, z + w∙dt).

1 Si ricorda la regola di derivazione euleriana:

u �⃗∙ ∇ =�ui + vj + wk�∙�∂ ∂xi + ∂ ∂yj + ∂ ∂tk�= u ∙ ∂ ∂x+ v ∙ ∂ ∂y+ w ∙ ∂ ∂z

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Osservazione. Se l’accelerazione convettiva è nulla, il moto è uniforme (ovvero le caratteristiche cinematiche del moto sono costanti nello spazio e non variano al variare della posizione).

Se è l’accelerazione locale ad essere nulla, il moto è permanente (costante nel tempo).

Se entrambe le componenti dell’accelerazione sono nulle, si ha un moto permanente uniforme.

Volendo andare ad isolare la deformazione dalla rotazione della particella fluida, si ottiene la relazione di Gromeko:

a�⃗ =du�⃗dt =∂u�⃗∂t + ∇ �u2 � − u�⃗ × ∇ × u�⃗ 2 con:

− ∇ �u22� termine cinetico di deformazione; se è nullo, non si ha deformazione nelle particelle fluide;

− u�⃗ × ∇ × u�⃗ = u�⃗ × rot u�⃗ 2 termine di rotazione; se il moto è considerato come irrotazionale, cioè con particelle che traslano soltanto, senza ruotare, allora rot u�⃗ = 0 ed il termine si annulla.

Introducendo invece un sistema di coordinate intrinseche, si può ottenere una formulazione ancora più semplice dell’accelerazione nell’ottica euleriana. Si immagini una particella liquida che si muove in modo da mantenere la sua velocità sempre tangente ad una linea di corrente o di flusso: si definisca come asse s quello lungo la direzione della tangente alla linea di corrente nel punto A, come asse n quello diretto come la normale alla tangente precedente ed un terzo asse b, detto binormale, che sia ortogonale al piano osculatore contenente gli assi s ed n e di verso uscente (s�, n� ed b� sono i rispettivi versori).

2 Il rotore consiste in una delle due applicazioni vettoriali (prodotto vettoriale) dell’operatore

differenziale vettoriale ∇ (nabla) e corrisponde al vettore delle derivate “incrociate”, che si ottiene risolvendo il determinante della seguente matrice rispetto alla prima riga:

∇��⃗ × u�⃗ = � ı̂ ȷ̂ k� ∂ ∂x ∂ ∂y ∂ ∂z�

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Tesi di Laurea Magistrale – Lorenzo Mainardi Si ottiene quindi:

u�⃗ = u�⃗(s(t), n(t), b(t), t) ed in termini intrinseci l’accelerazione diventa

a�⃗ =du�⃗dt =∂u�⃗∂t +dsdt ∙∂u�⃗∂s +dndt ∙∂u�⃗∂n +dbdt ∙∂u�⃗∂b = = ∂u�⃗ ∂t + us∙ ∂u�⃗ ∂s + un∙ ∂u�⃗ ∂n + ub∙ ∂u�⃗ ∂b

ma, per la definizione di linea di corrente come inviluppo del vettore velocità, si ha che le componenti del vettore velocità u�⃗ lungo gli assi n e b, rispettivamente un e ub, sono nulle e quindi la relazione precedente si riduce a:

a�⃗ =du�⃗dt =∂u�⃗∂t + us ∙∂s u�⃗

con il secondo termine che indica ancora l’accelerazione convettiva a�⃗c = (u�⃗ ∙ ∇) ∙ u�⃗, espressa in coordinate intrinseche. Infatti, poiché il moto si svolge sul piano osculatore, sicuramente vb=0 ed anche la sua variazione rispetto alla coordinata s risulta nulla; analogamente anche la componente vn della velocità è nulla, ma non la sua variazione rispetto ad s nel caso di moto curvilineo.

Considerando che l’operazione us∙∂s∂ è analoga al prodotto scalare u�⃗ ∙ ∇, se si sviluppa il secondo termine della precedente relazione, si ottiene:

a�⃗ =∂u�⃗∂t + vs∙∂s �u∂ s∙ s� + un∙ n� + ub∙ b��

=∂u�⃗∂t + us∙∂u∂s s� + us s ∙∂u∂s n� + un s∙∂u∂s bb� con, rispettivamente:

− us∙∂u∂sss� componente tangenziale dell’accelerazione convettiva; − un∙∂u∂snn� componente normale dell’accelerazione convettiva;

− ub∙∂u∂sbb� componente binormale dell’accelerazione convettiva, che risulta nulla.

Si osserva poi che, nel passare dal punto A al punto A’ lungo δs, la particella fluida subisce una variazione totale di velocità δu avente due componenti:

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− δus, diretta lungo l’asse s, responsabile dell’accelerazione convettiva tangenziale acs;

− δun, diretta lungo l’asse n, responsabile dell’accelerazione convettiva normale acn.

Noto il raggio di curvatura R della linea di corrente nel punto A, si può scrivere:

δs = δα ∙ R → δα =δsR e, per similitudine tra triangoli:

δα = δuun s → δs R = δun vs da cui δun δs = us R = u R poiché nel riferimento intrinseco us = u.

Sostituendo le relazioni appena trovate nella precedente relazione sull’accelerazione si ricava: 𝐚𝐚�⃗ =𝛛𝛛𝐮𝐮��⃗𝛛𝛛𝛛𝛛 + 𝛛𝛛 �𝐮𝐮𝐬𝐬𝟐𝟐 𝟐𝟐 � � 𝛛𝛛𝐬𝐬 𝐬𝐬� + 𝐮𝐮𝐬𝐬𝟐𝟐 𝐑𝐑 𝐧𝐧� = 𝐚𝐚𝐥𝐥+ 𝐚𝐚𝐜𝐜𝐬𝐬+ 𝐚𝐚𝐜𝐜𝐧𝐧 in cui: − al è l’accelerazione locale;

− acs è la componente tangenziale dell’accelerazione convettiva; − acn è la componente normale dell’accelerazione convettiva.

Osservazione. Si può, grazie alla relazione precedente, fornire una prima classificazione del moto in funzione del valore delle varie componenti di accelerazione eventualmente presenti3:

3 Si ricorda che, nella classificazione del moto, si parla di:

− moto permanente o stazionario quando le condizioni della corrente non variano in ogni punto nel tempo, pur potendo differire spazialmente da punto a punto. Ciò implica che le derivate rispetto al tempo delle varie grandezze siano nulle. In caso contrario si parla di moto vario o non stazionario;

− moto uniforme quando le grandezze cinematiche che descrivono la corrente sono costanti in ogni punto della corrente e quindi la loro derivata in funzione di una coordinata spaziale s risulta nulla. In caso contrario si parla di moto variato o non uniforme.

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− se l’accelerazione convettiva tangenziale è nulla (acs = 0), si ha moto curvilineo variato o non uniforme;

− se l’accelerazione convettiva normale è nulla (acn = 0), si ha moto rettilineo variato o non uniforme;

− se entrambe le componenti di accelerazione convettiva sono nulle (acs = 0, acn = 0), si ha moto rettilineo uniforme;

− se, al contrario, entrambe tali componenti sono non nulle (acs ≠ 0, acn ≠ 0), si ha allora moto variato curvilineo;

− se l’accelerazione locale è nulla (al = 0), il moto è permanente o stazionario;

− se, al contrario, l’accelerazione locale è invece nulla (al ≠ 0), si ha moto vario.

Quindi l’accelerazione locale, che caratterizza un moto vario nel tempo, nasce da una variazione locale di velocità, con conseguente variazione del moto di traslazione delle particelle. L’accelerazione convettiva, che caratterizza invece il moto variato nello spazio, nasce da una deformazione lineare ed angolare e da una rotazione delle particelle (vedi anche la formula di Gromeko).

Osservazione. Quanto precedentemente osservato per l’espressione dell’accelerazione, legando la sua formulazione lagrangiana con quella euleriana, si può applicare anche ad una qualsiasi altra grandezza continua, scalare o vettoriale, che caratterizza la generica particella liquida, come la viscosità, la densità, la temperatura, ecc…

È sufficiente, infatti, applicare il seguente operatore matematico: d dt … = ∂ ∂t … + u�⃗ ∙ ∇ … = ∂ ∂t … + u ∙ ∂ ∂x … + v ∙ ∂ ∂y … + w ∙ ∂ ∂z … (1.7) che permette di calcolare la variazione totale di una qualsiasi proprietà materiale della particella fluida come somma della variazione locale e della variazione convettiva della proprietà stessa. La relazione appena espressa lega quindi la derivata totale o sostanziale o materiale 𝐝𝐝𝛛𝛛𝐝𝐝, tipica dell’ottica lagrangiana, alla derivata locale o euleriana, tipica appunto dell’ottica euleriana, che costituisce il termine non stazionario della relazione, ovvero quello che indica la possibile presenza di non stazionarietà nel campo di flusso, come la presenza di una chiara dipendenza dal tempo delle varie quantità in ogni punto. L’operatore 𝐮𝐮��⃗ ∙ 𝛁𝛁, detto termine convettivo, lega le due formulazioni, indica la variazione nel tempo della quantità che vogliamo derivare, variazione dovuta al fatto che la particella è trasportata con una certa velocità u�⃗, la quale comporta anche una variazione spaziale della stessa grandezza, indicata

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dall’operatore gradiente. È da notare, dal punto di vista fisico, che la variazione nel tempo della quantità considerata si avrà soltanto in presenza di una componente di velocità non nulla nella direzione del gradiente della stessa quantità (si veda appunto anche la definizione di prodotto scalare4).

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