• Non ci sono risultati.

Scorrendo la letteratura scientifica si nota immediatamente anche per questa tipologia operativa, un fenomeno che si è riscontrato anche per quanto riguarda l’approccio agli elementi finiti, ovvero un esiguo numero di lavori nei quali gli autori sono andati alla ricerca

58

di un dato quantitativo tramite l’uso di sensori e strumenti di misura, con preponderanza di valutazioni di accoppiamenti per transtibiali rispetto a transfemorali. A differenza dei metodi numerici si ha una distribuzione temporale più uniforme delle sperimentazioni, ad indicare uno sviluppo tecnologico più continuo nell’ambito dei trasduttori di misura, rispetto a quanto avvenuto con le tecnologie informatiche: premesso che non è scopo di questo lavoro catalogare e valutare tutte le varie e possibili scelte, si procederà ora ad analizzarne alcune a campione, in modo da dare un termine di paragone sul modo di conseguire risultati e sulla validità degli stessi rispetto all’utilizzo del metodo agli elementi finiti.

La differenza principale tra un approccio computazionale ed uno sperimentale è rappresentata dal momento temporale, nel ciclo di realizzazione di un semilavorato/prodotto finito in cui gli stessi intervengono: tramite un metodo numerico (come già visto in precedenza) si va a cercare una stima approssimata del risultato con la simulazione di una modellizzazione che tenti di avvicinarsi il più possibile alla realtà; con un metodo sperimentale si va invece a leggere l’effettivo dato reale che si ottiene dalla messa in opera del semilavorato/prodotto finito, una volta realizzato materialmente.

Entrambi i metodi dovrebbero essere complementari e far parte del ciclo di progettazione e realizzazione in modo da avere dei dati quantitativi di partenza su cui basare un progetto, da validare in seguito tramite l’utilizzo di sensori, ma in alcuni ambiti (come ad esempio la progettazione di un dispositivo protesico) la prima parte è ancora oggi spesso sostituita da metodi “empirici” basati sull’esperienza di chi va materialmente a progettare e realizzare. Inoltre, molto spesso le tecniche di misura vengono utilizzate dalle aziende produttrici di componenti per protesi per avere dei dati numerici da allegare al proprio prodotto in modo da renderlo più facilmente vendibile sul mercato (anche se, per la maggior parte dei casi, al dato numerico non viene allegata la metodologia operativa utilizzata per ottenerlo, togliendo significato di validità allo stesso e diventando un semplice dato per pubblicizzare il prodotto).

I sensori, sono strumenti molto validi se utilizzati per misurare variabili da prove che siano ripetibili con facilità e confrontabili (per verificare un dato proveniente da una simulazione numerica, o da calcoli teorici). Nell’ambito protesico è possibile assicurare una ripetibilità limitata su prove riguardanti un singolo soggetto e spesso per ottenerla si forza il paziente ad un pattern di cammino non naturale, con l’individuo che sarà sottoposto ad un condizionamento psicologico, dovuto al fatto di dover ripetere un certo gesto un numero noto di volte, per il quale esso stesso ricercherà una forma di controllo per assicurare una ripetibilità che probabilmente nel quotidiano non attuerà con la stessa intensità.

La difficoltà principale che rende il metodo poco indicato a creare un dataset di confrontabilità è l’unicità di ognuno degli accoppiamenti: ogni invasatura è realizzata sulla geometria di un moncone, in modo da rivestirne la forma nel modo più adeguato. Monconi di lunghezza molto variabile, con composizioni differenti, provenienti sia da pazienti di sesso maschile che femminile creano una variabilità di per sé già molto ampia, che viene ancor più amplificata dalla mano di chi realizza materialmente il dispositivo.

La classificazione dei socket secondo le varie tipologie stabilite nello scorso capitolo, è indubbiamente utile a capire quali siano i principi che muovano la biomeccanica del contatto,

59

ma intorno a queste sono nate sia una molteplicità di forme modificate nelle percentuali di carico supportate dalle zone previste come appoggi, sia una grande numerosità di sottocategorie intermedie (un esempio è il Quadrilateral Ischial Contaiment socket), con il fine principale della presentazione di un’innovazione che permetta al produttore di guadagnare una fetta di mercato sempre più ampia.

L’aspetto investigato principalmente in letteratura riguarda la pressione all’interfaccia, poiché più semplice da misurare rispetto agli sforzi tangenziali: sebbene come già visto questi siano molto importanti da valutare, poiché se troppo elevati causano un innalzamento locale della temperatura della pelle con sviluppo di irritazioni cutanee ed abrasioni, la difficoltà tecnica nel costruire un apparato che ne permetta la rilevazione senza interferire con la misura effettuata ha reso difficoltosa la ricerca di una metodologia sperimentale. Per ovviare a questa grande limitazione, sono state fatte sia prove in vivo riguardanti la ricerca del valore di coefficiente di attrito tra il tessuto cutaneo ed alcuni tra i materiali utilizzati per la costruzione di invasature[60], sia misurazioni dello scorrimento relativo tra le superfici a

contatto[61], fattore direttamente legato al valore del coefficiente d’attrito.

In particolare, per la prova sperimentale di misura del valore dello scorrimento, la configurazione di prova consiste in una penna biro, incastrata in un inserto di plexiglass posizionato in un foro praticato nel socket e bloccato da un o-ring (fig. 3.9). Durante il moto relativo la penna biro, che rimane a contatto con il moncone, traccia sullo stesso un segno misurabile una volta tolta la protesi.

Figura 3.9: configurazione di prova per la misura dello scorrimento relativo tra moncone e protesi[61]

La critica principale che ci si sente di muovere a questo tipo di lavoro è che, sebbene la configurazione di prova sia ben realizzata per l’obiettivo, la catalogazione dei dati non è stata fatta relativamente al peso corporeo dei soggetti o tipologia di invasatura (o come sarebbe più logico aspettarsi, secondo entrambi gli aspetti), ma semplicemente per valori assoluti di scorrimento, non permettendo in questo modo un’analisi critica degli stessi.

60

Inoltre, sarebbe da valutare quanto il fastidio causato dal contatto tra la penna e la superficie del moncone, possa aver influenzato i pazienti durante il cammino producendo risultati inferiori in modulo.

Per poter fornire una panoramica dettagliata della metodologia operativa di misurazione di sforzi pressori all’interfaccia tra moncone e protesi, si rende necessario per prima cosa distinguere le diverse tipologie di trasduttori utilizzati; volendo uniformarsi alla classificazione di Sanders[62], questi possono essere:

- a fluido, formati da un cuscinetto riempito di fluido che muovendosi per effetto della pressione dovuta al contatto, modifica la pressione (misurata) all’interfaccia di un serbatoio aria/fluido;

- meccanici, in cui viene compresso un pistone la cui area della superficie di base è nota, con presenza di una cella di carico sul fondo al cilindro in modo da poter misurare la forza esercitata e ricavando quindi la pressione come quoziente tra forza ed area;

- estensimetrici a diaframma, in cui la deformazione di una membrana (diaframma) indotta da una pressione applicata, viene rilevata mediante estensimetri applicati sulla stessa in opportune posizioni;

- integrated circuit sheets, costituiti da un doppio strato sottile di materiale flessibile (es. poliestere) che racchiude al suo interno una matrice di elementi sensibili (solitamente particolari tipologie di inchiostri sensibili alla pressione) interconnessi tramite materiale conduttivo.

Non va inoltre trascurato un altro aspetto molto importante che è interconnesso o in molti casi consequenziale alla scelta del tipo di trasduttore, ovvero la metodologia di messa in opera dello stesso al fine di acquisire la misura:

- inseriti attraverso l’invasatura (fig. 3.10a); - inseriti tra pelle ed invasatura (fig. 3.10b).

Per quanto riguarda la prima scelta, applicabile per trasduttori di spessore finito (che quindi non sarebbe possibile inserire nell’interfaccia tra invasatura e pelle, senza falsare la misura) risulta necessario effettuare dei fori nel socket in corrispondenza delle posizioni in cui si vuole andare a compiere la misurazione. Nasce qui una doppia problematica, ovvero sia il danneggiamento della struttura protesica (che quindi non può essere quella utilizzata abitualmente dal paziente, divenendo quindi una metodologia attuabile solo per sperimentazioni su nuovi componenti), sia l’introduzione di una superficie di forma arbitraria quale può essere uno degli elementi del trasduttore, che potrebbe comportare una misurazione non fedele non essendo questa una copia perfetta della superficie interna dell’invasatura nel punto in cui si va a sostituirla.

La seconda invece, da utilizzare per trasduttori di spessore infinitesimo è migliore da un punto di vista prettamente teorico seppur necessiti di particolare precisione da parte dell’operatore nell’inserimento del trasduttore, facendolo aderire nel miglior modo possibile alla superficie interna dell’invasatura o del moncone in modo da interferire nel minor modo possibile con la misura che si va a compiere.

61

Figura 3.10: (a) esempio di trasduttore inserito attraverso l’invasatura[63] (b) Tekscan F-Socket

sia per quanto riguarda le misurazioni compiute in posizione ortostatica che in fase dinamica e per tutte le tipologie di invasatura analizzate, sono state la parete anteriore e posteriore (compiendo misurazioni su tutta l’estensione delle stesse), l’area distale della parete laterale e l’area prossimale di quella mediale, con particolare attenzione sia medialmente che posteriormente ai contatti con tuberosità e ramo ischiatico.

Per concludere, si può pensare che l’utilizzo di metodologia sperimentale possa comportare due problematiche che limitino la possibilità di costruire dataset per la confrontabilità: l’eccessiva dipendenza del dato numerico dall’accoppiamento specifico ed i risultati molto differenti per prove apparentemente molto simili e ripetute in intervalli di tempo brevi (si possono trovare in letteratura range di variabilità dei valori delle pressioni pari anche al 400%, per misurazioni nella stessa area) fanno pensare che le metodologie usate necessitano affinamento per la risoluzione di questo specifico problema.