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Dopo aver identifcato il modello più idoneo per valutare la presenza e l'effettivo grado di implementazione di strategie di Social Media Marketing all'interno delle PMI, si è quindi proceduto ad individuare quale metodologia d'indagine sia la più adatta per la ricerca, e, successivamente, alla selezione del set d'indagine rappresentato dalle PMI. In questo caso la scelta, secondo quanto suggerito dalla letteratura, è ricaduta su una metodologia qualitativa attraverso l'utilizzo di casi studio multipli. La ragione alla base di tale scelta è essenzialmente dovuta alla domanda di ricerca ritenuta non idonea ad un approccio quantitativo in quanto non fnalizzata a stabilire e testare relazioni tra variabili numericamente misurabili (Davis et al., 2013; Punch, 2013; Yin, 2013). Inoltre, sempre considerando la domanda di ricerca, l'obiettivo è stato quello di ottenere dati e informazioni quanto più approfonditi e dettagliati possibili, tali necessità diffcilmente possono essere assecondate da dati prettamente quantitativi. Infatti, studiosi in letteratura suggeriscono che la metodologia dei casi studio è particolarmente adatta per comprendere e investigare un dato fenomeno in profondità (Rule & John, 2015; Stake, 2013; Yin, 2015). Dati più ricchi (rich data) sono in grado di fornire sia ai ricercatori sia ai lettori della ricerca un'immagine più dettagliata del fenomeno in esame, considerando non solo i fatti ma anche gli atteggiamenti, le emozioni e i fattori contestuali rilevanti per il tema di ricerca (Yin, 2015). Per i seguenti motivi la metodologia dei casi studio multipli è stata ritenuta la più idonea a comprendere se le PMI B2B utilizzino effettivamente i Social Media con un approccio strategico e soprattutto cogliere quali siano i principali effetti e risultati di un tale approccio, identifcati proprio grazie alle informazioni e ai dati raccolti dagli stessi imprenditori. Considerando l'effettiva progettazione e implementazione di casi studio, in letteratura sono stati proposti differenti approcci per la loro conduzione e, in questo senso, si è ritenuto opportuno seguire la procedura e la struttura di ricerca proposta da Stake (2013) dato che è stata più volte utilizzata in studi simili e consigliata anche da successive revisioni della letteratura (Rule & John, 2015). La procedura prevista da Stake (2013) suggerisce, che dopo aver confermato l'adeguatezza della metodologia dei casi studio per la ricerca in essere, il ricercatore affronti i seguenti punti prima di avviare la raccolta dei dati:

 Identifcare i casi studio attraverso una strategia di campionamento intenzionale o ragionata.

 Progettare la strategia per la raccolta di dati e informazioni.  Decidere e pianifcare i metodi di analisi.

 Interpretare i risultati ottenuti.

Considerando il primo punto Yin (2013) sottolinea l'importanza di delimitare i casi studio da analizzare e determinare la tipologia di ricerca prima di procedere alla fase del campionamento e alla scelta dei casi. In accordo con quanto suggerito da Yin (2013), già in fase di defnizione della domanda di ricerca il campo d'indagine è stato ristretto volutamente a PMI B2B manifatturiere italiane. Mentre l'adeguatezza dei casi studio è stata ulteriormente giustifcata dal fatto che la ricerca mira ad illustrare un tema centrale e rilevante (Stake, 2013; Yin, 2013) per tutte le imprese coinvolte nella ricerca che possa essere confrontato attraverso le diverse unità d'analisi (Yin, 2013). Considerando la strategia di campionamento si è osservato come in letteratura le relative procedure nella ricerca qualitativa non siano così rigidamente prescritte come negli studi quantitativi. Proprio questa fessibilità nel campionamento, tuttavia, può essere fonte di confusione per diversi ricercatori e aumentare la possibilità di commettere errori (Coyne, 1997). Per ovviare a questi inconvenienti Morse (1991) suggerisce di utilizzare quattro tipi di campionamento nella ricerca qualitativa: il campionamento intenzionale o ragionato, il campionamento nominativo, il campionamento volontario e, infne, il campionamento costituito dalla popolazione totale. Tra le metodologie suggerite da Morse (1991) quella ritenuta più idonea alla domanda di ricerca, considerando anche i mezzi e le risorse a disposizione per perseguire l'obiettivo della ricerca (Schatzman & Strauss, 1973) è stata quella del campionamento intenzionale o ragionato (Barratt et al., 2015). Il motivo è probabilmente dovuto al fatto che tale strategia di campionamento permette l'utilizzo di casi studio altamente informativi e ricchi di dati che danno la possibilità al ricercatore di approfondire con maggiore dettaglio e profondità aspetti di fondamentale importanza per lo scopo della ricerca (Sandelowski, 1995). Il campionamento intenzionale può, quindi, rendere più effcace la ricerca qualitativa perché permette al ricercatore di essere suffcientemente aperto e fessibile per consentire l'esplorazione di qualunque fenomeno oggetto di studio (Guba & Lincon, 1985). Inoltre tale metodologia di campionamento si rivela particolarmente idonea per la conduzione di casi studio multipli che consentono al

ricercatore di esplorare le differenze nei diversi casi. Tuttavia, affnché i confronti siano tracciati e validi, è di fondamentale importanza che i casi vengano scelti attentamente in modo che il ricercatore possa prevedere risultati simili in tutti i casi, o prevedere risultati contrastanti in base a teorie e risultati simili ottenuti da altri studi (Yin, 2003). Tale risultato può essere ottenuto facendo ricorso alla strategia di campionamento intenzionale stratifcata suggerita da Patton (1990). Questa strategia rappresenta uno dei quindici approcci suggeriti da Patton (1990) per il campionamento intenzionale ed ha lo scopo di selezionare unità di analisi che possono mostrare variazioni su un particolare fenomeno ma ognuna delle quali è anche abbastanza omogenea, in modo tale che due sottogruppi possano essere razionalmente e coerentemente confrontati. Sarà quindi compito del ricercatore individuare quali siano le informazioni necessarie e utili per la ricerca e quindi utilizzare gli strumenti più idonei per ottenerle (Pacho, 2015). In questa sede dato che l'obiettivo della ricerca è quello di valutare se le PMI B2B manifatturiere italiane gestiscano la loro presenza sui Social Media con un approccio strategico e quindi tracciare i potenziali effetti di un tale approccio è stato ritenuto opportuno selezionare imprese che:

a)Operino nello stesso contesto di mercato e settore industriale per evitare il potenziale crearsi di effetti distorsivi legati all'utilizzo di particolari e dedicati Social Media. Infatti si è osservato in letteratura come può capitare che imprenditori B2B possano non comprendere l'effettività utilità e funzionalità dei Social Media a seconda del particolare business aziendale. Quindi l'analisi di imprese appartenenti a differenti mercati industriali non permetterebbe di effettuare i confronti previsti dai casi studio multipli. Infatti la maggior parte degli studi e ricerche in letteratura in quest'ambito, svolti sia attraverso ricerche qualitative che quantitative, si concentrano appositamente in specifci contesti di mercato e settori industriali (Lacka & Chong, 2016;Jussila et al., 2014; Agnihotri et al., 2016, Michaelidou et al., 2011, Drakoularakos, 2018).

b)Abbiano un'effettiva presenza sui Social Media e che sia anche abbastanza simile, considerando attività e canali Social presidiati dalle PMI B2B. Intuitivamente imprese che non hanno nessun Social Media non possono essere selezionate per partecipare alla ricerca, così come non avrebbe senso paragonare tali imprese con controparti che sono invece molto più attive sui Social Media.

c)Abbiano un livello generale di visibilità online suffcientemente omogeneo dato che, come dimostrato dalla letteratura, l'effcacia dei Social Media e quindi la loro utilità percepita dagli imprenditori può dipendere proprio dal livello di visibilità online raggiunto dalle imprese (Effng & Spil, 2016, Costantinides 2014, Costantinides, 2004).

d)Siano distinte tra PMI che gestiscono i Social Media tramite risorse e competenze interne e PMI che invece sono supportate nella gestione dei Social Media aziendali da agenzie di Marketing online. Questo perché in letteratura si è più volte evidenziato come le PMI tendano a concentrarsi solo in determinate attività spesso relative al core-business aziendale, esternalizzando quando possibile le altre. Nell'ambito dei Social Media, come osservato da Cesaroni & Consoli (2015), è ormai molto frequente la presenza di agenzie di Marketing online che supportano strategicamente e operativamente le PMI nell'implementazione dei Social Media. Quindi dato che, come osservato nel precedente capitolo, una delle principali barriere all'utilizzo dei Social Media da parte delle PMI è proprio l'assenza di personale con le necessarie competenze. PMI che sono supportate dall'esterno, spesso attraverso personale specializzato, nell'implementazione e nella gestione dei Social Media si troveranno in una condizione assolutamente differente rispetto a PMI che li gestiscono internamente. Ciò in ultima analisi può impattare sensibilmente l'approccio con cui vengono gestiti tali canali di online Marketing.

I criteri di campionamento intenzionale, sopra elencati, sono stati quindi applicati ad un database di circa 150 PMI italiane B2B ottenuto dalla collaborazione di tre diverse agenzie di Marketing online situate rispettivamente a Torino, Cesena e Urbania. Ciò ha permesso di sapere esattamente e con la necessaria precisione, considerando ogni PMI del campione, se i Social Media vengono gestiti internamente o esternamente dalle imprese. Inoltre, per aumentare quanto più possibile l'omogeneità del set d'indagine, secondo i criteri di campionamento individuati, sono state selezionate solo PMI B2B che svolgono attività manifatturiere nella fabbricazione di mobili identifcate dal medesimo codice Ateco 31.09.10. Tale scelta è stata giustifcata dalla rilevanza del settore del mobile per l'industria italiana. Infatti secondo dati di FederlegnoArredo nel 2017 il fatturato di questo comparto è stato di oltre 42 miliardi di euro, confermandosi una risorsa basilare e fondamentale per il sistema imprenditoriale italiano. Secondo dati ottenuti da Cribis (2017) il settore del mobile italiano è prevalentemente composto da imprese che si occupano di produzione di mobili generici (32,3%), quindi da aziende produttrici di mobili per l'arredamento

domestico (13,7%), aziende produttrici di divani e poltrone (11,5%), aziende specializzate nella fabbricazione di mobili per uffci (10%) fno ad arrivare ad imprese che realizzano singole parti e accessori di mobili (2,5%), sedute (2,5%), materassi (3,8%) e mobili per la cucina (1,9%). Inoltre, secondo i primi dati emersi dal Rapporto di Previsione sul Settore del Mobile in Italia 2018-2020 si è osservato come il comparto del mobile sia uno dei settori più interessati dal tumultuoso sviluppo digital che ha modifcato sensibilmente lo scenario competitivo delle imprese. In particolare sono in corso di svolgimento drastici cambiamenti che impattano i processi d'acquisto, sia B2B sia B2C, e un sensibile aumento delle attività di comunicazione e acquisto/vendita online. Per questo motivo si è ritenuto uno dei settori, attualmente più interessanti e rilevanti, per valutare come le PMI B2B manifatturiere utilizzino effettivamente i Social Media.