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3. Andrea Zanzotto

3.4 Pasque

3.4.1 Microfilm, una poesia, una visione onirica

Interessante è quindi la collocazione di questo piccolo esperimento di poesia visiva esattamente al centro della nuova opera zanzottiana, a cui corrisponde quel tentativo di messa in rilievo dello stesso, per i motivi elencati precedentemente.

Prima di essere inserito nella raccolta zanzottiana, l’ideogramma viene pubblicato nel 1971, all’interno della rivista Strumenti critici, nella rubrica “Microfilm” da cui eredita il nome.270 Il nome della rubrica trascina con sé e suggerisce la destinazione obbligata della poesia che

                                                                                                               

silenzio,  o  in  un  luogo  altro  rispetto  a  entrambi,  se  si  intende  il  silenzio  come  assenza  di  parole”,  in  S.   Dal  Bianco,  “Profili  dei  libri  e  note  alle  poesie”  in  A.  Zanzotto,  Le  poesie  e  le  prose  scelte,  p.  1577.  

270  E’  interessante  notare  come  lo  stesso  l’elemento  involontario-­‐onirico  sia  determinante  non  solo  per   la   natura   del   componimento,   ma   anche   per   la   determinazione   del   suo   titolo:   “Il   componimento   è  

caduto  appunto  sotto  il  titolo  di  Microfilm.  Ed  è  questo  il  titolo  di  una  rubrica  della  rivista  Strumenti   Critici,  nella  quale  venne  inserito  […]”.  In  A.  Zanzotto,  “Una  poesia,  una  visione  onirica”  in  Le  poesie  e   le  prose  scelte,  p.  1294.  

ANDREA  ZANZOTTO    

si trova, a sua volta, ad essere corrisposta da un titolo che non è stato pensato per lei, ma che riesce perfettamente a descriverne la natura e soprattutto la genesi. È lo stesso Andrea Zanzotto a sottolineare come “davvero nessun titolo mi parve più appropriato di questo per qualcosa che, apparsomi come microfilm e metafilm nel sogno, si era certamente miniaturizzato, impoverito in microfilm nella mia versione”271.

La scrittura del componimento risulta inoltre perfettamente collocabile storicamente essendo legata ad un particolare evento storico situabile nella memoria microstorica del poeta. L’evento di profonda natura traumatica, occasione esterna della poesia e referente storico, è rappresentato dal disastro del Vajont di cui il poeta viene a conoscenza la mattina del suo compleanno, il 10 ottobre 1963: la trascrizione del sogno, secondo il racconto che Zanzotto riporta nell’intervento Una poesia, una visione onirica?, avviene durante la stessa giornata.272 Essendo il testo così razionalmente collocabile storicamente, risulta quindi motivata un’interrogazione riguardo ai motivi che abbiano portato il poeta all’inserimento di questo ideogramma nella raccolta pubblicata nel 1973, ovvero a dieci anni di distanza dal referente esterno che lo ha determinato. Se guardiamo alle date di pubblicazione delle raccolte zanzottiane, la collocazione più ovvia sarebbe dovuta essere ne La Beltà, la cui data di pubblicazione, il 1968, è più prossima all’evento rievocato dal poeta. In realtà la definitiva annessione al testo di Pasque, a cui segue il posizionamento nel cuore della raccolta, è profondamente connaturato alla diversa natura tematica dell’ultima opera zanzottiana, rispetto alla quale Microfilm si trova ad essere, per mezzo di un nuovo gioco di scomposizione manierista, la vera parte per il tutto.273

Mentre infatti ne La Beltà, il centro della raccolta e dell’intera riflessione era rappresentato dall’Elegia in petél, ovvero la riflessione del componimento era svolta intorno al medium linguistico-poetico ed alla sua possibilità di rappresentare autenticamente il mondo, nel caso di Microfilm, e metonimicamente di Pasque, il tema del Soggetto è invece implicato direttamente per mezzo di un rapporto di tipo estensivo non solo con la propria dimensione                                                                                                                

271  Ib.  p.  1296.  

272   In   questo   intervento   Zanzotto   allude   ad   una   doppia   influenza   che   ha   stimolato   la   scrittura   del   componimento:   da   un   lato   la   tradizione   surrealista   dell’écriture   automatique,   mentre   dall’altro   l’effetto  delle  droghe  e  dei  medicinali  sull’atto  creativo.  Entrambe  queste  suggerite  rivelano  profonde   influenze,  o  per  meglio  dire,  cliché  culturali:  in  questo  senso,  secondo  Zanzotto,  Microfilm  rivela  dei   tratti   di   resistenza   e   ne   viene   rivendicata   la   profonda   novità   rispetto   ad   altri   precedenti   meno   spontanei,  in  A.  Zanzotto,  “Una  poesia,  Una  visione  onirica?”,  in  Le  poesie  e  le  prose  scelte,  pp.  1288-­‐ 99.  

273  Vivianne  Hand,  “God  and  I:  Microfilm  in  Zanzotto’s  Pasque”,  in  Romance  Studies  (Leeds:  Maney   Publishing,  1998),  pp.  86-­‐87.  

egogica, iscritta nel pronome IO, ma anche compresa nell’estremo verticale di questa costruzione, rappresentato da DIO, figura del linguaggio.274

L’intera produzione zanzottiana può essere ricondotta e rappresentata attraverso una triangolazione operata fra Soggetto, linguaggio e natura/Storia. In questo senso, Pasque rivela, soprattutto nel momento in cui la si accosti al testo de La Beltà e la si analizzi a partire da Microfilm, una maggiore contiguità e un più profondo sviluppo del tema del Soggetto, rispetto ad un’indagine del medium che struttura la propria esperienza, ovvero il linguaggio poetico.275

3.4.1.1 La struttura del sogno e l’ordine dei significanti

Procediamo ora con ordine illustrando la struttura ed il contenuto del componimento. Stando al commento, istintivamente trascritto in francese dal poeta276 e allegato all’ideogramma, la poesia può essere contemporaneamente letta ed interpretata sia a partire dai due cateti, sia dall’ipotenusa.277

Il criptogramma è infatti contenuto all’interno di un triangolo equilatero all’interno del quale si alternano i tre caratteri O, I, D che concorrono alla formazione e scomposizione di parole dal significato compiuto. In realtà, i caratteri principali di questa costruzione sono due, le vocali O ed I, la cui sovrapposizione dà origine alla D, lettera già presente in Gli

Sguardi, i fatti e Senhal278, l’elemento onirico-visivo della tavola di Rorschach, e che in

questa nuova realizzazione viene definito, con termini lacaniani, “il grande significante barrato”. I due significanti barrati all’interno del marcrotesto delle opere lacaniane sono la A, rappresentante l’inconscio, e la S, rappresentante il Soggetto scisso279. La lettera D                                                                                                                

274  “Mi  sono  così  sentito  di  riportare  giusto  nel  mezzo  del  mio  libro  Pasque  il  mio  grafema  risalente  a   tanto   tempo   prima   perché   poteva   davvero   autorizzarsi   come   poesia   visiva   fondata.   In   Pasque   l’abbandono  onirico,  e  quasi  la  visionarietà  (di  sogni  a  occhi  aperti  e  anche  a  occhi  chiusi,  in  pieno   tremito   REM)   si   combina   molto   spesso   con   calate   a   picco   entro   la   referenzialità,   il   quotidiano,   la   socialità  nel  senso  più  immediato.  E  questo  strambo  triangolo  farcito  di  segni  grossolani  mi  appariva   appunto  come  un  ponte  fra  misteri  onirico-­‐analogici  e  la  forza  addirittura  brutale  del  referente  storico,   il  disastro  del  Vajont.”  A.  Zanzotto,  “Una  poesia,  una  visione  onirica?”,  p.  1295.  

275  V.  Abati,  “Lo  spazio  della  lingua”  in  L’impossibilità  della  parola  (Roma:  Bagatto  Libri,  1991)  p.  50  

276  A.  Zanzotto,  “Una  poesia,  una  visione  onirica?”,  p.  1297.  

277  Anche  se  è  la  lettura  di  quest’ultima  ad  orientare  le  altre.  

278  Cfr.  p.  83.  

279    La  S  barrata,  all’interno  del  VI  Seminario  lacaniano  e  del  grafo  nel  quale  venivano  raffigurati  i  circuiti   del  desiderio,  rappresentava  il  Soggetto  scisso,  vittima  cioè  di  della  Spaltung,  ovvero  di  quella  scissione   prodotta  di  fronte  alla  presenza  del  proprio  oggetto  del  desiderio  (quello  che  veniva  definito  come   oggetto   piccolo   a).   Si   confronti   il   grafo   introdotto   da   Lacan   all’inizio   del   Seminario   VI   con   la   complicazione  offerta  all’interno  dell’articolo,  insieme  anche  all’ulteriore  esemplificazione  letteraria  

ANDREA  ZANZOTTO    

appare in una sola occasione all’interno del saggio “Sovversione del soggetto e dialettica dl desiderio nell’inconscio freudiano”280 nella quale viene illustrata la formula completa del grafo del Desiderio: il grafema D veniva in quell’occasione messo in relazione con il Soggetto scisso, rappresentato dalla S barrata, e sembrava voler indicare ciò che avviene alla domanda nel momento in cui il Soggetto svanisce.281

Il ragionamento intorno al Soggetto viene compiutamente sviluppato dalla poesia all’interno di quello che potremmo definire il suo primo verso: la parola IODIO rimanda ad un primo livello di interpretazione direttamente all’evento traumatico esogeno che ha stimolato il sogno, attraverso l’immagine di corrosione ed instabilità veicolata dall’elemento chimico. IODIO è inoltre scomponibile nelle due estremità su cui, come già evidenziato, si imposta l’intero ragionamento ovvero l’IO e DIO. Questo rapporto verticale fra il Soggetto e la dimensione divina, non deve però essere interpretata come una tensione teleologica in senso religioso, quanto piuttosto come rapporto fra l’ente soggettivo e l’irraggiungibile definizione del proprio proprio oggetto. È questo, in ultima istanza ed in riferimento alla poesia di Zanzotto, il vero e castrante “Nome del Padre”282 che viene implicato all’interno della propria ricerca. Il rapporto fra il Soggetto e la dimensione simbolica del linguaggio, che per sua natura è inattingibile al pari della divinità, è all’origine di quello che viene definito in commento come “shock maximum-minimum”, la vera chiave di volta dell’interrogazione zanzottiana intorno allo statuto della poesia durante gli anni Settanta, il “delirio d’apoteosi” della rappresentazione linguistica.

La componente di violenza rituale realizzata linguisticamente dalla poesia è sviluppata ulteriormente nel secondo verso dalla parola ODIO, contemporaneamente sentimento di rivolta ed imprecazione elegiaca rappresentata dalla sua frantumazione in O-DIO.283                                                                                                                

dell’oggetto  a  offerta  tramite  l’interpretazione  psicoanalitica  dell’Amleto  shakespeariano,  in  J.  Lacan,   “Costruzione   del   grafo”   e   “L’oggetto   Ofelia”,   in   Seminario   VI.   Il   Desiderio   e   la   sua   interpretazione   (Torino:  Einaudi,  2016),  pp.  5-­‐28;  337-­‐56.  

280   J.   Lacan,   “Sovversione   del   soggetto   e   dialettica   dl   desiderio   nell’inconscio   freudiano”   in   Scritti   (Torino:  Einaudi,  2000),  vol.  2,  pp.  795-­‐831.  

281  Ovvero  svanisce  anch’essa,  cfr.  Ib.  p.  811.  

282   Lacan   introduce   la   nozione   di   Nome-­‐del-­‐Padre   come   significante   sostitutivo   del   fallo.   Esso   può   funzionare  come  il  Significante  primo  che  permette  al  Soggetto  di  venire  introdotto  nel  discorso  per   mezzo   di   esso,   prima   degli   altri   significanti   che   costituiscono   il   sapere   inconscio,   ovvero   il   sistema   dell’Altro  declinabile  nelle  manifestazioni  del  linguaggio,  della  cultura  e  delle  Legge,  cfr.  Jacques  Lacan,   “Il  simbolico,  l’immaginario,  il  reale”,  in  Dei  Nomi  del  Padre.  Il  trionfo  della  religione  (Torino:  Einaudi,   2006),  pp.  8-­‐25.  

283  Lo  stesso  tipo  di  rapporto  di  infatuazione  aggressiva  sarà  riscontrabile  nel  componimento  La  Pasqua   a  Pieve  di  Soligo,  Cfr  L.  Stefanelli,  “La  diga”  in  Il  divenire  di  una  poetica.  Il  logos  veniente  di  Andrea  

Nell’appello è contenuta inoltre l’immagine di una mancanza, di quel manque-à-être che Agosti ha indicato come possibile fondamento della poesia degli anni Settanta.284 In riferimento alla propria poesia, Zanzotto descrive il manque come “mancamento radiale” ovvero quel limite referenziale della rappresentazione linguistica che vede il Soggetto collocato al centro di una sconnessione che sconvolge l’assetto del mondo.285 Da questo punto abissale di sfasatura, aperto e sondato all’interno de La Beltà, ha origine il movimento di risalita all’interno del quale traspare un’assoluta necessità di raggiungere una verità storica (in un primo momento nella sua dimensione individuale) ed etica. Nel caso di Microfilm, il grande Altro, si incarna nella stessa natura onirica del componimento, subita prima passivamente e poi razionalmente inserita nel piano di un’opera più complessa.

La posizione centrale di equilibrio al terzo verso è quindi quella occupata dalla parola DIO, nuovamente identificato come il principale riferimento simbolico verso il quale il

messaggio è orientato.

Nel quarto verso viene isolato l’IO, il secondo ente intorno al quale l’architettura geometrica del sogno viene sviluppata.286 Zanzotto sottolinea come il Soggetto sia liberato dall’elemento che lo avvolgeva proteggendolo, ma che allo stesso tempo lo nascondeva. Quest’ultimo è da intendersi ancora rappresentato da DIO, ovvero dall’elemento linguistico considerato nella sua dimensione verticale di rappresentabilità e di contenimento del mondo attraverso il codice sublimatorio della poesia. Il Soggetto, isolato nella sua essenza pronominale, fonda quindi la possibilità traumatica di descrivere in modo autentico la realtà (rappresentata dal carattere O, descritto dal commento come “cerchio totale della realtà”) attraverso il registro simbolico ed il flusso violento ed incontrollato dei significanti che hanno valicato la diga che teneva separati processo primario e secondario.

                                                                                                               

284   Intervento   di   Stefano   Agosti   contenuto   nella   sezione   “I   dibattiti.   4”   in   T.   Kemeny,   C.   Viviani,  

Movimento  della  poesia  italiana  negli  anni  Settanta,  pp.  264-­‐265  

285  S.  Agosti,  "Introduzione  alla  poesia  di  Andrea  Zanzotto",  in  Poesie  (1938-­‐1986),  (Milano:  Mondadori,   1993),  p.  30.  

286  L’approccio  al  tema  del  Soggetto  attraverso  la  sua  rappresentazione  pronominale  è  costante  in  tutta   la  produzione  zanzottiana.  Per  questo  risulta  difficile  “risolvere  l'approccio  alla  poetica  di  Zanzotto  nel   tracciare  una  traiettoria  che  consiste  nella  progressiva  dissoluzione  del  soggetto,  a  cui  si  accompagna   la  dissoluzione  del  rapporto  tra  significante  e  significato”,  in  Mario  Moroni,  “L’io  come  unità  minima  di   testimonianza  critica”  in  Italica  (Toronto:  American  Association  of  teachers  of  Italian,  1996)  p.  87.  

ANDREA  ZANZOTTO    

3.4.1.2 La proposta a Laplanche e Leclaire

La stessa vicenda compositiva rappresenta un tentativo di avvicinamento e di realizzazione del mito lacaniano della “parola piena”, quella che possa attingere ad un vero significato in riferimento alla rappresentabilità del reale proprio perché più prossima alla volontà del grande Altro, dell’Inconscio. Nell’intervento critico di molto successivo alla pubblicazione di Pasque, è lo stesso Zanzotto ad interrogarsi intorno all’istanza inconscia che avrebbe caratterizzato la genesi del componimento: “Non è invenzione, ma semplice trascrizione di un sogno: ammesso che ciò sia possibile, o abbia semplicemente senso”.287 In questo senso, l’intero presupposto teorico soggiacente la strutturazione dell’ideogramma sembra prendere le distanze da un’interpretazione ortodossa dell’opera di Lacan. Come infatti precedentemente sottolineato, Jacques Lacan descriveva l’Inconscio come luogo inattingibile direttamente dal Soggetto, che ne poteva al massimo interrogare alcune manifestazioni molto limitate e la cui indagine, in ultima istanza, era riservata alla figura dello psicoanalista.288 La poesia, descritta come pratica terapica in funzione della sua natura giocata entro gli estremi della dialettica terminabile/interminabile, poteva in questo senso rappresentare una sorta di pratica analitica in vitro in grado di rispecchiare le dinamiche interne l’inconscio soggettivo.

Ma in Microfilm si trova verificato qualcosa di diverso, o per meglio dire, qualcosa che sviluppa le teorie lacaniane riguardanti il registro simbolico e l’istanza dell’inconscio seguendo una differente direzione. Nelle due stesure di Microfilm, precedenti a quella definitiva accolta in volume,289 Zanzotto appone un ulteriore titolo in grado di orientare la lettura del componimento: la scritta riporta “Proposta a Laplanche e Leclaire”, due allievi di Jacques Lacan che sono protagonisti, durante gli anni Sessanta, di un allontanamento

                                                                                                               

287  In  A.  Zanzotto,  “Una  poesia,  una  visione  onirica?”  in  Le  poesie  e  le  prose  scelte,  p.  1295.  Il  testo   originale  è  conservato  in  due  redazioni  al  Centro  Manoscritti  di  Pavia  e  su  una  delle  due  buste  in  cui  il   testo  è  stato  trasmesso  di  legge  significativamente  “ma  ce  ne  sono  altre”,  in  riferimento  alle  redazioni   di  Microfilm.  Questo  sembra  alludere  all’ingannevole  possibilità  offerte  dall’écriture  automatique  a   fronte  di  una  sua  collocazione  in  una  struttura  razionale  e  ampiamente  strutturata  come  può  essere   una  raccolta  poetica.  Cfr.  anche  L.  Tassoni,  Caosmos.  La  poesia  di  Andrea  Zanzotto  (Roma:  Carocci,   2002),  p.  28.  

288   J.   Lacan,   “Il   desiderio   dell’Altro”   in   Il   Seminario   V.   Le   formazioni   dell’inconscio   (Torino:   Einaudi,   2004),  pp.  403-­‐405.  

rispetto all’insegnamento del maestro sancito dal saggio L’incoscient: une étude

psychanalytique.290

Le due critiche mosse a Lacan da Laplanche e Leclaire ruotano essenzialmente intorno alle due principali nozioni strutturanti il discorso lacaniano riguardo al registro simbolico. La prima è quella che definisce l’Inconscio strutturato come un linguaggio, mentre la seconda è la subordinazione della Spaltung fra conscio ed Inconscio all’esistenza di una struttura linguistica, in cui il Significante acquisterebbe un valore determinante e primario rispetto al significato.291 Per quanto riguarda il primo punto, i due allievi contestano la definizione del lavoro dell’Inconscio come un linguaggio. Il “come se” viene, in questo senso, ricondotto alla diga di separazione fra processo primario e processo secondario, ovvero fra conscio e preconscio. Più che un rispecchiamento del linguaggio, l’Inconscio sarebbe quindi la condizione-limite del linguaggio stesso, come puntualizzato dai due studiosi soprattutto attraverso il riferimento diretto al linguaggio poetico.

Zanzotto interviene all’interno di questa polemica, dimostrando la conoscenza del testo di Laplanche e Leclaire, ed avanzando la propria ulteriore “proposta” attraverso la creazione del proprio ideogramma. La poesia-geroglifico funziona primariamente attraverso quel Significante non significabile: l’ideogramma di IODIO agisce come proprio personale “Nome del padre”, ovvero quel Significante che, rivelando il significante del desiderio, offre dei punti di ancoraggio in cui il fluire incontrollato ed incoercibile della catena significante si troverebbe fissato a certi significati, a certi nodi del senso. La diga, il contenimento simbolico del fluire inconscio del significante, è in questo caso riecheggiata dal riferimento traumatico all’vento tragico del Vajont, all’imminente disastro che questo flusso incontrollato potrebbe produrre. Il contenimento e la funzione di diga è di nuovo fornito dalla paratia protettiva del linguaggio, inteso come struttura da opporre allo slittamento metonimico che sarebbe prodotto dal fluire incontrollato dei significanti. La rappresentazione iconica delle parole, la loro messa in relazione e la loro scomposizione al fine di ottenere diversi significati si basa sulla funzionalizzazione di parole considerate materialmente alla stregua di cose. In modo molto simile a quanto affermato da Laplanche, qualsiasi costruzione inconscia può essere paragonata ad una struttura verbale solo se

                                                                                                               

290  L’intervento  è  pubblicato  nel  volume  del  1966  che  accoglie  gli  interventi  della  conferenza  tenutasi   a   Bonneval   nel   1960   come   rielaborazione   della   relazione   tenuta   in   quell’occasione   e   che   causò   un   primo  forte  momento  di  allontanamento  fra  il  maestro  e  gli  allievi.  Nella  stessa  occasione  Lacan  aveva   tenuto  l’intervento  “Posizionamento  dell’Inconscio”,  ora  in  Scritti  (Torino:  Einaudi,  2000),  vol.2,  p.  832.  

ANDREA  ZANZOTTO    

questa corrispondenza rimane a livello di parola-immagine.292 Questo è quindi il posizionamento del Soggetto che Zanzotto sperimenta attraverso l’enucleazione dell’ideogramma in Microfilm, suggerendo il rapporto speculare fra l’io e la sua natura più profonda, soggiacente il registro simbolico.

Come ultimo stadio, nell’equazione finale del componimento per cui O, il cerchio totale della realtà, è sovrapposto ed equiparato ad I, nome di Dio secondo Dante nel XX canto del

Paradiso e contemporaneamente prima persona singolare del pronome personale inglese.

Il tentativo, già sviluppato precedentemente dalla poesia zanzottiana, è quello di comprendere estensivamente all’interno dell’orizzonte linguistico del Soggetto l’intera realtà.

3.4.2 Misteri della Pedagogia

La prima sezione della raccolta affronta il tema del rapporto fra docente e discente. Il tono con cui il principale argomento è affrontato corrisponde pienamente al titolo della raccolta, riecheggiandone ironicamente la stessa postura rituale e di tensione mistica nei confronti dell’operazione poetica e quindi conoscitiva. In questo senso, si assiste ad una riproposizione della stessa dinamica lirica comune alle precedenti raccolte, che contrappone il Soggetto dell’enunciato al proprio referente interno al testo. Proprio a partire dalla caratterizzazione della sua particolare e semplificata struttura bipartita,

Pasque è un libro profondamente contraddittorio, che si sviluppa all’interno

dell’escursione creata da questi due estremi: la pedagogia poetica e l’ortopedia del sacro. Tuttavia, all’interno di una dinamica di una simile relazione oggettuale già presente nelle precedenti opere, nella nuova raccolta zanzottiana, ed in particolare nella prima sezione Misteri della Pedagogia, è possibile rintracciare una serie di elementi di novità riguardo la trattazione del tema del Soggetto connesso al tema pedagogico293, ovvero di

                                                                                                               

292  A  proposito  dell’Inconscio,  Laplanche  sottolinea  come  “le  parole  che  lo  compongono  sono  elementi   presi  a  prestito  dall’immaginario  –in  particolare  dall’immaginario  della  visione-­‐  ma  elevati  a  dignità  di   significanti.  […]  In  questi  termini,  per  il  fatto  stesso  di  restare  immagini,  non  si  trova  distinzione  fra  un   significante   e   un   significato;   l’immagine   significante   non   rinvia   a   nient’altro   che   a   sé   stessa   come   significato”.  In  J.  Laplanche,  S.  Leclaire,  L’inconscio,  uno  studio  psicoanalitico,  p.  46.  

293  Si  veda  anche  quanto  dice  Zanzotto  rilasciata  a  Giuliana  Nuvoli  per  Il  Castoro  n.  148:  “Certo  è  che   nella  pedagogia  –  vera  celebrazione  di  misteri  assai  meno  catalogabili  che  quelli  delle  politiche  e  in   generale  delle  religioni  –  vengono  a  terminare  e  a  congestionarsi  a  implodere  tutte  le  contraddizioni,   le  antinomie,  che  da  sempre  e  particolarmente  ora  premono  all’interno  della  realtà  e  della  cultura.   Nulla  di  più  pericoloso  e  fallace  che  una  pretesa  di  magistero,  nulla  di  più  inevitabile  che  tale  pretesa.   Pier  Paolo  Pasolini  divenne  appunto  vittima  più  consapevole  di  questa  antinomia:  fino  a  subirne  lo  

come quest’ultimo si dà al mondo. Questo relazione oggettuale, ovvero quella pedagogica fra docente e discente, permette a Zanzotto di verificare e mettere alla prova attraverso il linguaggio poetico294 “la relazione tra i codici istituiti della realtà e la realtà,