3. Andrea Zanzotto
3.4 Pasque
3.4.1 Microfilm, una poesia, una visione onirica
Interessante è quindi la collocazione di questo piccolo esperimento di poesia visiva esattamente al centro della nuova opera zanzottiana, a cui corrisponde quel tentativo di messa in rilievo dello stesso, per i motivi elencati precedentemente.
Prima di essere inserito nella raccolta zanzottiana, l’ideogramma viene pubblicato nel 1971, all’interno della rivista Strumenti critici, nella rubrica “Microfilm” da cui eredita il nome.270 Il nome della rubrica trascina con sé e suggerisce la destinazione obbligata della poesia che
silenzio, o in un luogo altro rispetto a entrambi, se si intende il silenzio come assenza di parole”, in S. Dal Bianco, “Profili dei libri e note alle poesie” in A. Zanzotto, Le poesie e le prose scelte, p. 1577.
270 E’ interessante notare come lo stesso l’elemento involontario-‐onirico sia determinante non solo per la natura del componimento, ma anche per la determinazione del suo titolo: “Il componimento è
caduto appunto sotto il titolo di Microfilm. Ed è questo il titolo di una rubrica della rivista Strumenti Critici, nella quale venne inserito […]”. In A. Zanzotto, “Una poesia, una visione onirica” in Le poesie e le prose scelte, p. 1294.
ANDREA ZANZOTTO
si trova, a sua volta, ad essere corrisposta da un titolo che non è stato pensato per lei, ma che riesce perfettamente a descriverne la natura e soprattutto la genesi. È lo stesso Andrea Zanzotto a sottolineare come “davvero nessun titolo mi parve più appropriato di questo per qualcosa che, apparsomi come microfilm e metafilm nel sogno, si era certamente miniaturizzato, impoverito in microfilm nella mia versione”271.
La scrittura del componimento risulta inoltre perfettamente collocabile storicamente essendo legata ad un particolare evento storico situabile nella memoria microstorica del poeta. L’evento di profonda natura traumatica, occasione esterna della poesia e referente storico, è rappresentato dal disastro del Vajont di cui il poeta viene a conoscenza la mattina del suo compleanno, il 10 ottobre 1963: la trascrizione del sogno, secondo il racconto che Zanzotto riporta nell’intervento Una poesia, una visione onirica?, avviene durante la stessa giornata.272 Essendo il testo così razionalmente collocabile storicamente, risulta quindi motivata un’interrogazione riguardo ai motivi che abbiano portato il poeta all’inserimento di questo ideogramma nella raccolta pubblicata nel 1973, ovvero a dieci anni di distanza dal referente esterno che lo ha determinato. Se guardiamo alle date di pubblicazione delle raccolte zanzottiane, la collocazione più ovvia sarebbe dovuta essere ne La Beltà, la cui data di pubblicazione, il 1968, è più prossima all’evento rievocato dal poeta. In realtà la definitiva annessione al testo di Pasque, a cui segue il posizionamento nel cuore della raccolta, è profondamente connaturato alla diversa natura tematica dell’ultima opera zanzottiana, rispetto alla quale Microfilm si trova ad essere, per mezzo di un nuovo gioco di scomposizione manierista, la vera parte per il tutto.273
Mentre infatti ne La Beltà, il centro della raccolta e dell’intera riflessione era rappresentato dall’Elegia in petél, ovvero la riflessione del componimento era svolta intorno al medium linguistico-poetico ed alla sua possibilità di rappresentare autenticamente il mondo, nel caso di Microfilm, e metonimicamente di Pasque, il tema del Soggetto è invece implicato direttamente per mezzo di un rapporto di tipo estensivo non solo con la propria dimensione
271 Ib. p. 1296.
272 In questo intervento Zanzotto allude ad una doppia influenza che ha stimolato la scrittura del componimento: da un lato la tradizione surrealista dell’écriture automatique, mentre dall’altro l’effetto delle droghe e dei medicinali sull’atto creativo. Entrambe queste suggerite rivelano profonde influenze, o per meglio dire, cliché culturali: in questo senso, secondo Zanzotto, Microfilm rivela dei tratti di resistenza e ne viene rivendicata la profonda novità rispetto ad altri precedenti meno spontanei, in A. Zanzotto, “Una poesia, Una visione onirica?”, in Le poesie e le prose scelte, pp. 1288-‐ 99.
273 Vivianne Hand, “God and I: Microfilm in Zanzotto’s Pasque”, in Romance Studies (Leeds: Maney Publishing, 1998), pp. 86-‐87.
egogica, iscritta nel pronome IO, ma anche compresa nell’estremo verticale di questa costruzione, rappresentato da DIO, figura del linguaggio.274
L’intera produzione zanzottiana può essere ricondotta e rappresentata attraverso una triangolazione operata fra Soggetto, linguaggio e natura/Storia. In questo senso, Pasque rivela, soprattutto nel momento in cui la si accosti al testo de La Beltà e la si analizzi a partire da Microfilm, una maggiore contiguità e un più profondo sviluppo del tema del Soggetto, rispetto ad un’indagine del medium che struttura la propria esperienza, ovvero il linguaggio poetico.275
3.4.1.1 La struttura del sogno e l’ordine dei significanti
Procediamo ora con ordine illustrando la struttura ed il contenuto del componimento. Stando al commento, istintivamente trascritto in francese dal poeta276 e allegato all’ideogramma, la poesia può essere contemporaneamente letta ed interpretata sia a partire dai due cateti, sia dall’ipotenusa.277
Il criptogramma è infatti contenuto all’interno di un triangolo equilatero all’interno del quale si alternano i tre caratteri O, I, D che concorrono alla formazione e scomposizione di parole dal significato compiuto. In realtà, i caratteri principali di questa costruzione sono due, le vocali O ed I, la cui sovrapposizione dà origine alla D, lettera già presente in Gli
Sguardi, i fatti e Senhal278, l’elemento onirico-visivo della tavola di Rorschach, e che in
questa nuova realizzazione viene definito, con termini lacaniani, “il grande significante barrato”. I due significanti barrati all’interno del marcrotesto delle opere lacaniane sono la A, rappresentante l’inconscio, e la S, rappresentante il Soggetto scisso279. La lettera D
274 “Mi sono così sentito di riportare giusto nel mezzo del mio libro Pasque il mio grafema risalente a tanto tempo prima perché poteva davvero autorizzarsi come poesia visiva fondata. In Pasque l’abbandono onirico, e quasi la visionarietà (di sogni a occhi aperti e anche a occhi chiusi, in pieno tremito REM) si combina molto spesso con calate a picco entro la referenzialità, il quotidiano, la socialità nel senso più immediato. E questo strambo triangolo farcito di segni grossolani mi appariva appunto come un ponte fra misteri onirico-‐analogici e la forza addirittura brutale del referente storico, il disastro del Vajont.” A. Zanzotto, “Una poesia, una visione onirica?”, p. 1295.
275 V. Abati, “Lo spazio della lingua” in L’impossibilità della parola (Roma: Bagatto Libri, 1991) p. 50
276 A. Zanzotto, “Una poesia, una visione onirica?”, p. 1297.
277 Anche se è la lettura di quest’ultima ad orientare le altre.
278 Cfr. p. 83.
279 La S barrata, all’interno del VI Seminario lacaniano e del grafo nel quale venivano raffigurati i circuiti del desiderio, rappresentava il Soggetto scisso, vittima cioè di della Spaltung, ovvero di quella scissione prodotta di fronte alla presenza del proprio oggetto del desiderio (quello che veniva definito come oggetto piccolo a). Si confronti il grafo introdotto da Lacan all’inizio del Seminario VI con la complicazione offerta all’interno dell’articolo, insieme anche all’ulteriore esemplificazione letteraria
ANDREA ZANZOTTO
appare in una sola occasione all’interno del saggio “Sovversione del soggetto e dialettica dl desiderio nell’inconscio freudiano”280 nella quale viene illustrata la formula completa del grafo del Desiderio: il grafema D veniva in quell’occasione messo in relazione con il Soggetto scisso, rappresentato dalla S barrata, e sembrava voler indicare ciò che avviene alla domanda nel momento in cui il Soggetto svanisce.281
Il ragionamento intorno al Soggetto viene compiutamente sviluppato dalla poesia all’interno di quello che potremmo definire il suo primo verso: la parola IODIO rimanda ad un primo livello di interpretazione direttamente all’evento traumatico esogeno che ha stimolato il sogno, attraverso l’immagine di corrosione ed instabilità veicolata dall’elemento chimico. IODIO è inoltre scomponibile nelle due estremità su cui, come già evidenziato, si imposta l’intero ragionamento ovvero l’IO e DIO. Questo rapporto verticale fra il Soggetto e la dimensione divina, non deve però essere interpretata come una tensione teleologica in senso religioso, quanto piuttosto come rapporto fra l’ente soggettivo e l’irraggiungibile definizione del proprio proprio oggetto. È questo, in ultima istanza ed in riferimento alla poesia di Zanzotto, il vero e castrante “Nome del Padre”282 che viene implicato all’interno della propria ricerca. Il rapporto fra il Soggetto e la dimensione simbolica del linguaggio, che per sua natura è inattingibile al pari della divinità, è all’origine di quello che viene definito in commento come “shock maximum-minimum”, la vera chiave di volta dell’interrogazione zanzottiana intorno allo statuto della poesia durante gli anni Settanta, il “delirio d’apoteosi” della rappresentazione linguistica.
La componente di violenza rituale realizzata linguisticamente dalla poesia è sviluppata ulteriormente nel secondo verso dalla parola ODIO, contemporaneamente sentimento di rivolta ed imprecazione elegiaca rappresentata dalla sua frantumazione in O-DIO.283
dell’oggetto a offerta tramite l’interpretazione psicoanalitica dell’Amleto shakespeariano, in J. Lacan, “Costruzione del grafo” e “L’oggetto Ofelia”, in Seminario VI. Il Desiderio e la sua interpretazione (Torino: Einaudi, 2016), pp. 5-‐28; 337-‐56.
280 J. Lacan, “Sovversione del soggetto e dialettica dl desiderio nell’inconscio freudiano” in Scritti (Torino: Einaudi, 2000), vol. 2, pp. 795-‐831.
281 Ovvero svanisce anch’essa, cfr. Ib. p. 811.
282 Lacan introduce la nozione di Nome-‐del-‐Padre come significante sostitutivo del fallo. Esso può funzionare come il Significante primo che permette al Soggetto di venire introdotto nel discorso per mezzo di esso, prima degli altri significanti che costituiscono il sapere inconscio, ovvero il sistema dell’Altro declinabile nelle manifestazioni del linguaggio, della cultura e delle Legge, cfr. Jacques Lacan, “Il simbolico, l’immaginario, il reale”, in Dei Nomi del Padre. Il trionfo della religione (Torino: Einaudi, 2006), pp. 8-‐25.
283 Lo stesso tipo di rapporto di infatuazione aggressiva sarà riscontrabile nel componimento La Pasqua a Pieve di Soligo, Cfr L. Stefanelli, “La diga” in Il divenire di una poetica. Il logos veniente di Andrea
Nell’appello è contenuta inoltre l’immagine di una mancanza, di quel manque-à-être che Agosti ha indicato come possibile fondamento della poesia degli anni Settanta.284 In riferimento alla propria poesia, Zanzotto descrive il manque come “mancamento radiale” ovvero quel limite referenziale della rappresentazione linguistica che vede il Soggetto collocato al centro di una sconnessione che sconvolge l’assetto del mondo.285 Da questo punto abissale di sfasatura, aperto e sondato all’interno de La Beltà, ha origine il movimento di risalita all’interno del quale traspare un’assoluta necessità di raggiungere una verità storica (in un primo momento nella sua dimensione individuale) ed etica. Nel caso di Microfilm, il grande Altro, si incarna nella stessa natura onirica del componimento, subita prima passivamente e poi razionalmente inserita nel piano di un’opera più complessa.
La posizione centrale di equilibrio al terzo verso è quindi quella occupata dalla parola DIO, nuovamente identificato come il principale riferimento simbolico verso il quale il
messaggio è orientato.
Nel quarto verso viene isolato l’IO, il secondo ente intorno al quale l’architettura geometrica del sogno viene sviluppata.286 Zanzotto sottolinea come il Soggetto sia liberato dall’elemento che lo avvolgeva proteggendolo, ma che allo stesso tempo lo nascondeva. Quest’ultimo è da intendersi ancora rappresentato da DIO, ovvero dall’elemento linguistico considerato nella sua dimensione verticale di rappresentabilità e di contenimento del mondo attraverso il codice sublimatorio della poesia. Il Soggetto, isolato nella sua essenza pronominale, fonda quindi la possibilità traumatica di descrivere in modo autentico la realtà (rappresentata dal carattere O, descritto dal commento come “cerchio totale della realtà”) attraverso il registro simbolico ed il flusso violento ed incontrollato dei significanti che hanno valicato la diga che teneva separati processo primario e secondario.
284 Intervento di Stefano Agosti contenuto nella sezione “I dibattiti. 4” in T. Kemeny, C. Viviani,
Movimento della poesia italiana negli anni Settanta, pp. 264-‐265
285 S. Agosti, "Introduzione alla poesia di Andrea Zanzotto", in Poesie (1938-‐1986), (Milano: Mondadori, 1993), p. 30.
286 L’approccio al tema del Soggetto attraverso la sua rappresentazione pronominale è costante in tutta la produzione zanzottiana. Per questo risulta difficile “risolvere l'approccio alla poetica di Zanzotto nel tracciare una traiettoria che consiste nella progressiva dissoluzione del soggetto, a cui si accompagna la dissoluzione del rapporto tra significante e significato”, in Mario Moroni, “L’io come unità minima di testimonianza critica” in Italica (Toronto: American Association of teachers of Italian, 1996) p. 87.
ANDREA ZANZOTTO
3.4.1.2 La proposta a Laplanche e Leclaire
La stessa vicenda compositiva rappresenta un tentativo di avvicinamento e di realizzazione del mito lacaniano della “parola piena”, quella che possa attingere ad un vero significato in riferimento alla rappresentabilità del reale proprio perché più prossima alla volontà del grande Altro, dell’Inconscio. Nell’intervento critico di molto successivo alla pubblicazione di Pasque, è lo stesso Zanzotto ad interrogarsi intorno all’istanza inconscia che avrebbe caratterizzato la genesi del componimento: “Non è invenzione, ma semplice trascrizione di un sogno: ammesso che ciò sia possibile, o abbia semplicemente senso”.287 In questo senso, l’intero presupposto teorico soggiacente la strutturazione dell’ideogramma sembra prendere le distanze da un’interpretazione ortodossa dell’opera di Lacan. Come infatti precedentemente sottolineato, Jacques Lacan descriveva l’Inconscio come luogo inattingibile direttamente dal Soggetto, che ne poteva al massimo interrogare alcune manifestazioni molto limitate e la cui indagine, in ultima istanza, era riservata alla figura dello psicoanalista.288 La poesia, descritta come pratica terapica in funzione della sua natura giocata entro gli estremi della dialettica terminabile/interminabile, poteva in questo senso rappresentare una sorta di pratica analitica in vitro in grado di rispecchiare le dinamiche interne l’inconscio soggettivo.
Ma in Microfilm si trova verificato qualcosa di diverso, o per meglio dire, qualcosa che sviluppa le teorie lacaniane riguardanti il registro simbolico e l’istanza dell’inconscio seguendo una differente direzione. Nelle due stesure di Microfilm, precedenti a quella definitiva accolta in volume,289 Zanzotto appone un ulteriore titolo in grado di orientare la lettura del componimento: la scritta riporta “Proposta a Laplanche e Leclaire”, due allievi di Jacques Lacan che sono protagonisti, durante gli anni Sessanta, di un allontanamento
287 In A. Zanzotto, “Una poesia, una visione onirica?” in Le poesie e le prose scelte, p. 1295. Il testo originale è conservato in due redazioni al Centro Manoscritti di Pavia e su una delle due buste in cui il testo è stato trasmesso di legge significativamente “ma ce ne sono altre”, in riferimento alle redazioni di Microfilm. Questo sembra alludere all’ingannevole possibilità offerte dall’écriture automatique a fronte di una sua collocazione in una struttura razionale e ampiamente strutturata come può essere una raccolta poetica. Cfr. anche L. Tassoni, Caosmos. La poesia di Andrea Zanzotto (Roma: Carocci, 2002), p. 28.
288 J. Lacan, “Il desiderio dell’Altro” in Il Seminario V. Le formazioni dell’inconscio (Torino: Einaudi, 2004), pp. 403-‐405.
rispetto all’insegnamento del maestro sancito dal saggio L’incoscient: une étude
psychanalytique.290
Le due critiche mosse a Lacan da Laplanche e Leclaire ruotano essenzialmente intorno alle due principali nozioni strutturanti il discorso lacaniano riguardo al registro simbolico. La prima è quella che definisce l’Inconscio strutturato come un linguaggio, mentre la seconda è la subordinazione della Spaltung fra conscio ed Inconscio all’esistenza di una struttura linguistica, in cui il Significante acquisterebbe un valore determinante e primario rispetto al significato.291 Per quanto riguarda il primo punto, i due allievi contestano la definizione del lavoro dell’Inconscio come un linguaggio. Il “come se” viene, in questo senso, ricondotto alla diga di separazione fra processo primario e processo secondario, ovvero fra conscio e preconscio. Più che un rispecchiamento del linguaggio, l’Inconscio sarebbe quindi la condizione-limite del linguaggio stesso, come puntualizzato dai due studiosi soprattutto attraverso il riferimento diretto al linguaggio poetico.
Zanzotto interviene all’interno di questa polemica, dimostrando la conoscenza del testo di Laplanche e Leclaire, ed avanzando la propria ulteriore “proposta” attraverso la creazione del proprio ideogramma. La poesia-geroglifico funziona primariamente attraverso quel Significante non significabile: l’ideogramma di IODIO agisce come proprio personale “Nome del padre”, ovvero quel Significante che, rivelando il significante del desiderio, offre dei punti di ancoraggio in cui il fluire incontrollato ed incoercibile della catena significante si troverebbe fissato a certi significati, a certi nodi del senso. La diga, il contenimento simbolico del fluire inconscio del significante, è in questo caso riecheggiata dal riferimento traumatico all’vento tragico del Vajont, all’imminente disastro che questo flusso incontrollato potrebbe produrre. Il contenimento e la funzione di diga è di nuovo fornito dalla paratia protettiva del linguaggio, inteso come struttura da opporre allo slittamento metonimico che sarebbe prodotto dal fluire incontrollato dei significanti. La rappresentazione iconica delle parole, la loro messa in relazione e la loro scomposizione al fine di ottenere diversi significati si basa sulla funzionalizzazione di parole considerate materialmente alla stregua di cose. In modo molto simile a quanto affermato da Laplanche, qualsiasi costruzione inconscia può essere paragonata ad una struttura verbale solo se
290 L’intervento è pubblicato nel volume del 1966 che accoglie gli interventi della conferenza tenutasi a Bonneval nel 1960 come rielaborazione della relazione tenuta in quell’occasione e che causò un primo forte momento di allontanamento fra il maestro e gli allievi. Nella stessa occasione Lacan aveva tenuto l’intervento “Posizionamento dell’Inconscio”, ora in Scritti (Torino: Einaudi, 2000), vol.2, p. 832.
ANDREA ZANZOTTO
questa corrispondenza rimane a livello di parola-immagine.292 Questo è quindi il posizionamento del Soggetto che Zanzotto sperimenta attraverso l’enucleazione dell’ideogramma in Microfilm, suggerendo il rapporto speculare fra l’io e la sua natura più profonda, soggiacente il registro simbolico.
Come ultimo stadio, nell’equazione finale del componimento per cui O, il cerchio totale della realtà, è sovrapposto ed equiparato ad I, nome di Dio secondo Dante nel XX canto del
Paradiso e contemporaneamente prima persona singolare del pronome personale inglese.
Il tentativo, già sviluppato precedentemente dalla poesia zanzottiana, è quello di comprendere estensivamente all’interno dell’orizzonte linguistico del Soggetto l’intera realtà.
3.4.2 Misteri della Pedagogia
La prima sezione della raccolta affronta il tema del rapporto fra docente e discente. Il tono con cui il principale argomento è affrontato corrisponde pienamente al titolo della raccolta, riecheggiandone ironicamente la stessa postura rituale e di tensione mistica nei confronti dell’operazione poetica e quindi conoscitiva. In questo senso, si assiste ad una riproposizione della stessa dinamica lirica comune alle precedenti raccolte, che contrappone il Soggetto dell’enunciato al proprio referente interno al testo. Proprio a partire dalla caratterizzazione della sua particolare e semplificata struttura bipartita,
Pasque è un libro profondamente contraddittorio, che si sviluppa all’interno
dell’escursione creata da questi due estremi: la pedagogia poetica e l’ortopedia del sacro. Tuttavia, all’interno di una dinamica di una simile relazione oggettuale già presente nelle precedenti opere, nella nuova raccolta zanzottiana, ed in particolare nella prima sezione Misteri della Pedagogia, è possibile rintracciare una serie di elementi di novità riguardo la trattazione del tema del Soggetto connesso al tema pedagogico293, ovvero di
292 A proposito dell’Inconscio, Laplanche sottolinea come “le parole che lo compongono sono elementi presi a prestito dall’immaginario –in particolare dall’immaginario della visione-‐ ma elevati a dignità di significanti. […] In questi termini, per il fatto stesso di restare immagini, non si trova distinzione fra un significante e un significato; l’immagine significante non rinvia a nient’altro che a sé stessa come significato”. In J. Laplanche, S. Leclaire, L’inconscio, uno studio psicoanalitico, p. 46.
293 Si veda anche quanto dice Zanzotto rilasciata a Giuliana Nuvoli per Il Castoro n. 148: “Certo è che nella pedagogia – vera celebrazione di misteri assai meno catalogabili che quelli delle politiche e in generale delle religioni – vengono a terminare e a congestionarsi a implodere tutte le contraddizioni, le antinomie, che da sempre e particolarmente ora premono all’interno della realtà e della cultura. Nulla di più pericoloso e fallace che una pretesa di magistero, nulla di più inevitabile che tale pretesa. Pier Paolo Pasolini divenne appunto vittima più consapevole di questa antinomia: fino a subirne lo
come quest’ultimo si dà al mondo. Questo relazione oggettuale, ovvero quella pedagogica fra docente e discente, permette a Zanzotto di verificare e mettere alla prova attraverso il linguaggio poetico294 “la relazione tra i codici istituiti della realtà e la realtà,