2. Premessa metodologica – Geografia di un’analisi
2.3 Perché questi poeti?
La poesia appare da sempre essere in una posizione eccentrica rispetto al piano della comunicazione standard, essendo essa capace di intuizioni che travalicano il piano limitatamente formale. I poeti, infatti, “che solo apparentemente non sanno quello che dicono, dicono le cose sempre prima degli altri”83 per mezzo di una forma altamente condensata, capace, al suo interno, di contenere il fantasma di infiniti mondi.
La scelta di concentrare l’attenzione di questo studio sulla poesia di Andrea Zanzotto e Franco Fortini nasce dal necessario riconoscimento, all’interno della loro produzione degli anni Settanta, di un culmine che si lega all’intuizione profonda della natura del lavoro poetico come percorso di soggettivazione della parola. Appartenenti a quella generazione di intellettuali nati fra gli anni Venti e Trenta del Novecento, essi raggiungono la loro piena maturità artistica all’interno di quel periodo che abbiamo definito come lunghi anni Settanta. Il tentativo di attuare una periodizzazione ed una narrazione di questi anni da un punto di vista storiografico-letterario attraverso quattro vocalità in qualche modo laterali rispetto a quello che potremmo definire un canone principale della poesia italiana del Novecento, trova la sua ragione nella loro posizione eccentrica rispetto sia alle logiche dei movimenti poetici (penso, per esempio, alla grande operazione innovatrice del Gruppo 63), sia allo sviluppo di fantomatiche linee (in riferimento soprattutto alla fortunata definizione di “linea lombarda” coniata da Luciano Anceschi84), sia alle profonda influenza esercitata
83 J. Lacan, Seminario II, p. 10.
84 Luciano Anceschi, Linea lombarda. Sei poeti (Editi e inediti di Vittorio Sereni, Roberto Rebora, Giorgio
Orelli, Nelo Risi, Renzo Modesti, Luciano Erba), (Milano: Edizioni Magenta, 1962); la formula verrà poi
ripresa e sensibilmente ampliata da Dante Isella in I lombardi in rivolta. Da Carlo Maria Maggi a Carlo
PREMESSA METODOLOGICA
dai grandi padri della poesia del primo Novecento (mi riferisco a Montale, ma soprattutto alla definizione pasoliniana di “anti-novecentismo”85, coniata in riferimento Saba ed alla particolare dizione poetica che da lui sembrerebbe essersi prodotta).
È presente in ognuno di questi quattro poeti, che più di altri intuiscono la portata di uno scavo psicologico entro i domini della parola, una forte propensione verso uno sperimentalismo psicologico che pur si realizza secondo declinazioni e con risultati totalmente diversi. È invece assente una qualsiasi forma di ansia sviluppata nei confronti della propria originalità spogliata dei pesi dell’angoscia dell’influenza. Sono poeti sostanzialmente sperimentali senza per questo abbandonarsi alla sregolatezza neoavanguardista: essi riconoscono infatti che la vera innovazione all’interno della poesia non può essere rappresentata dalla cessazione di un dialogo con il passato, bensì debba passare attraverso il riconoscimento dell’esistenza di più piani della comunicazione e della posizione che il poeta adotta all’interno di questo tunnel prospettico. Si rivela allora centrale la messa in questione del Soggetto poetico come ultimo appiglio di un genere letterario che già dal decennio precedente è stato spogliato dalla sicura tutela del codice. Le raccolte poetiche di questo periodo tendono ad abitare un territorio franco, liberato dall’esigenza, che aveva caratterizzato il decennio precedente, di progetti comuni, di manifesti poetici di movimenti.
Viene attuato un passaggio, sostanzialmente, da una dinamica del riconoscimento sociale attraverso la poesia, ad un fermo ritorno ad una realtà nucleare: tutti i poeti selezionati sono considerabili voci “fuori dal coro” ed al contempo esemplari del periodo.86 Il tentativo che in questa sede sarà sviluppato è quello di coniugare l’intuizione sviluppata dall’antologia poetica a cura di Pier Vincenzo Mengaldo edita nel 197887, secondo la quale per la poesia italiana contemporanea non sarebbe più possibile utilizzare categorie storicistiche ampie e
85 Francesca Cadel, “Umberto Saba, Pier Paolo Pasolini ed Elsa Morante. Scorciatoie anticanoniche nell'Italia del dopoguerra” in Italica, (American association of teachers in Italian, 2012), Vol. 89, No. 2 pp. 253-‐269.
86 Enzo Siciliano nella sua “Introduzione” a Poesia degli anni Settanta utilizza una bella immagine per riferirsi all’indipendenza stilistica delle maggiori voci dei poeti della generazione dei cosiddetti padri: “Allo sguardo ravvicinato, quando ci si distoglierà dal piano della cronaca, e si dovranno compiere le scelte critiche decisive e i criteri diacronici si dovranno pure affacciare, si scoprirà che i Montale e i Bertolucci, i Sereni, i Luzi, i Caproni, e tutti gli altri scesi nel decennio per virtù di vita e non per contagio […] sono altrettanti imperatori della Cina, lontani, circonfusi dalla luce d’oro della sicurezza stilistica.” In Enzo Siciliano, “Introduzione” in Poesia degli anni Settanta (Milano: Feltrinelli, 1984), p. 20.
87 Pier Vincenzo Mengaldo, “Introduzione” in Poeti Italiani del Novecento (Milano: Mondadori, 1978), pp. II-‐XXVII.
sistematiche, ad una trattazione teorica più ampia del periodo in oggetto, che possa condurre ad una lettura critica di alcune opere come espressione di movimenti concettuali esemplari non solo degli autori trattati, ma anche del periodo individuato nei “lunghi anni Settanta”. In questo senso, risulta particolarmente preziosa considerazione di Benjamin Crémieux, capace di assumere il carattere di una corretta previsione formulata quasi attraverso uno “sguardo-laser” sulla realtà, secondo cui
[…] la littérature italienne n’est pas un miroir, comme la littérature française ou l’anglaise, mais qu’elle est une littérature d’exemple.88
ed in qualche modo, per alcuni di loro, nuovamente votata al lirismo, dove per lirismo deve essere inteso quel riconoscimento che si attua invece tramite la descrizione della posizione che il Soggetto assume nel proprio testo.
Questo deve necessariamente passare attraverso la persistenza del genere lirico89 nella produzione di questi poeti, caratterizzata, durante il periodo di riferimento, da dinamiche che si realizzano nella relazione oggettuale con un tu assente presentificato nel tentativo di ricerca di un proprio terminale poetico, un oggetto a cui la poesia tende a rivolgersi, una ricerca dell’altro appunto. La principale differenza con il genere lirico propriamente inteso non è causata dalla forte escursione del registro verso il basso, connessa ad un forte sperimentalismo durante gli anni Sessanta ad un ritorno alla prosasticità, bensì dalla descrizione dei meccanismi di soggettivazione che questa poesia veicola per mezzo dell’incontro fra un Soggetto complesso ed il tentativo di costruzione attraverso la parola.90 All’interno di quello che si propone di essere uno studio di meccaniche, sarà dedicata una particolare attenzione nel rintracciare, all’interno della produzione dei poeti oggetto di questo studio, alcune di queste dinamiche: la relazione oggettuale, la nozione di fantasma, il movimento sublimatorio, i luoghi dell’esperienza e la restituzione della memoria micro e macrostorica nell’unità del libro o del singolo testo che sarà analizzato.
Accanto a questa indagine, sarà inoltre considerato come il rinnovato accento posto sul Soggetto poetico si rifletta in modo significativo su alcuni elementi che è possibile
88 Benjamin Crémieux, Panorama de la literature italienne contemporaine (Parigi: Éditions du Sagittaire, 1928), p. 18.
89 Anche in questo senso, le considerazioni di Testa riguardo la fine del genere lirico, saranno fortemente ridimensionate. E. Testa, Dopo la lirica (Torino: Einaudi, 2005).
90 Francesco Giusti, “Introduzione” in Il desiderio della lirica. Poesia, creazione, conoscenza (Roma: Carocci, 2016), pp. 7-‐17.
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riconnettere ad una consonanza linguistica fra questi poeti, ovvero a procedimenti comuni svolti direttamente sul codice della poesia. La tendenza condivisa da questi poeti è infatti quella ad una compenetrazione profonda fra normalità sintattica, culmine di quel percorso verso la prosasticità del verso che negli anni Sessanta aveva trovato un proprio culmine, e la discontinuità del piano semantico. L’esistenza di questo contrasto fra linearità sintattica e alto grado di specializzazione e di invenzione semantica si riscontra in alcuni tratti comuni:91
• i confini e i ruoli sintattici sono resi maggiormente ambigui, in modo tale che il Soggetto dell’enunciato può talvolta sovrapporsi all’oggetto;
• anafore senza antecedente espresso che solitamente coincide con il Soggetto dell’enunciato;
• indicazioni temporali e deittici privi di un riferimento interno: il Soggetto dell’enunciato può riferirsi ad un oggetto utilizzando un pronome che viene svuotato di qualsiasi riferimento puntuale, oppure può collocare una situazione o un oggetto in un indeterminato temporale e spaziale;
• impercettibili cambi di discorso e di locutore che complicano il piano dell’enunciazione;
• passaggi a sorpresa dal discorso indiretto a quello diretto che mimano la struttura dello stream of consciousness, della fluttuazione di pensieri nell’Inconscio.
Un secondo elemento che ha determinato la scelta di questi quattro poeti è il rapporto che essi hanno intrattenuto con la psicoanalisi. Zanzotto ha infatti sperimentato direttamente l’esperienza dell’analisi sulla propria persona durante gli anni Cinquanta e Sessanta, poi ripresa negli anni Ottanta; Fortini, pur distanziandosi esplicitamente da essa a livello personale, con una critica svolta nelle sue maggiori opere saggistiche, tradisce in realtà una comunanza metodologica con questa scienza in tutte le sue opere, una contiguità non limitata a quelle poetiche, ma estesa anche alle sue prose ed alla vasta esperienza epigrammatica.
91 Andrea Afribo, Arnaldo Soldani, “Sperimentalismi e poesia verso la prosa” in La poesia Moderna. Dal