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Mini impianto pilota su scala di laboratorio

Per valutare il contributo di diverse varietà di luppolo sul potere antiossidante della birra, e monitorare le eventuali variazioni della capacità antiossidante lungo il processo produttivo, è stato allestito un mini impianto birrario, dal mosto non bollito sino alla birra pastorizzata, utilizzando esclusivamente le attrezzature di laboratorio. Il mosto è stato ottenuto diluendo, con acqua deionizzata, l’estratto Muntons Light Malt, acquistato dalla Art of Brewing (Leatherhead Road, Chessington, Surrey, UK), fino a raggiungere 14-15 gradi Plato. La concentrazione del mosto è stata valutata con metodo gravimetrico (Casey et al., 1983). L’estratto Muntons Light Malt si caratterizzava per avere 8-12 unità di colore EBC ed essere non luppolato. Le fasi del processo produttivo, l’apparecchiatura e le modalità operative adottate sono riportate di seguito.

BOLLITURA DEL MOSTO E LUPPOLAGGIO: circa 500 ml di mosto sono portati ad ebollizione su piastre preriscaldate. Per minimizzare l’evaporazione si sono utilizzate delle perle in vetro e dei piccoli imbuti, quest’ultimi piazzati a mò di tappo sul collo della beuta contenente il campione. I coni interi di luppolo sono aggiunti ad inizio bollitura ed in ogni prova, un campione di mosto senza luppolo, è usato come controllo. Il quantitativo di coni aggiunti è calcolato in modo da avere una birra con circa 20 International Bitterness Unit (IBU). Tecnicamente un IBU equivale ad un milligrammo di iso-alfa acido per litro di birra; esprimendo i ppm di iso-alfa acidi, l’IBU è un parametro proporzionale alla sensazione di amaro che si ha bevendo una birra. In letteratura, sono state pubblicate diverse formule per la misurazione dell’amaro, molte delle quali matematicamente simili. Semplificando, gli elementi che sono inclusi in tutte le formule, sono:

- Volume del mosto bollito con il luppolo; - Contenuto di alfa acido del luppolo utilizzato;

- Percentuale di utilizzazione del luppolo. Infatti, non tutto l’amaro potenziale del luppolo passa nella birra (Miller, 1994; sito web “Brewing techniques”, 2005). Questa è la variabile più difficile da stimare, ed è a questa che si deve molta dell’aleatorietà che si riscontra stimando il quantitativo di luppolo da utilizzare in relazione all’amaro che si vuole ottenere nella birra. I fattori che influiscono sull’isomerizzazione degli alfa-acidi, e che quindi interferiscono sulla percentuale di utilizzazione, sono:

Durata della bollitura: più è lunga e più componenti amare sono estratte. Analogamente, un’aggiunta di luppolo tardiva, ottimale per preservare l’aroma ed il flavour del luppolo nella birra, conferirà meno amaro.

Intensità della bollitura: più è intensa e turbolenta, e più componenti amare sono estratte. Al riguardo anche il materiale e la conformazione della caldaia, la posizione

della fonte di calore e il tempo che la massa bollente impiega a raffreddarsi, sono parametri che influenzano la percentuale di utilizzazione, ma essendo di difficile quantificazione matematica, sono generalmente trascurati.

Volume: generalmente bollendo un grande volume di mosto, si ottiene una migliore efficienza estrattiva nei confronti delle sostanze amare, rispetto a volumi ridotti.

Gravità specifica del mosto: mosti concentrati con molti zuccheri disciolti o le lavorazioni in high-gravity riducono l’abilità estrattiva dei mosti nei confronti delle sostanze amare.

Qualità del luppolo: si è notato che le pellets, ad esempio, in bollitura rispondono con una più alta percentuale di utilizzazione rispetto ai corrispondenti coni interi di uguale contenuto in alfa acidi.

Nel caso specifico si è assunto pari a 20 l’IBU che si desidera avere nella birra. Pertanto, considerato quanto sopra, la quantità di luppolo da aggiungere è calcolata applicando la seguente formula, ipotizzando pari a 20 la percentuale di utilizzazione:

one utilizzazi % acidi V mosto . vol IBU (mg) Luppolo × × =

Con: Luppolo (mg) è la quantità, in milligrammi, di luppolo da aggiungere al mosto in bollitura per avere una birra con l’amaro (IBU) desiderato;

IBU (International Bitterness Units) unità di amaro della birra;

vol. mosto è il volume del mosto prima della bollitura, espresso in litri;

-acidi è il contenuto di alfa acidi dei coni di luppolo, espresso in percentuale peso/peso;

% utilizzazione è un numero percentuale.

ELIMINAZIONE DEL TORBIDO E STEAMING: la bollitura è interrotta dopo un’ora esatta, filtrando su carta “Schleicher and Shuell” il mosto caldo. Questa operazione mima quello che in birreria si fa utilizzando la centrifuga denominata comunemente whirlpool. Quest’ultima rimuove i coni esauriti di luppolo e provvede ad eliminare il torbido, ossia i complessi proteico-tannici, coagulati durante l’ebollizione insieme alle resine provenienti dal luppolo. Il torbido ha un’influenza nociva sulla fermentazione perché imbratta la parete esterna delle cellule di lievito, riducendone l’attività fermentativa, e perché nel corso della fermentazione può tornare in soluzione per precipitare in seguito nella birra finita, soprattutto a bassa temperatura. Dopo il raffreddamento a 20 °C, il volume del mosto è

aggiustato con acqua deionizzata per avere una concentrazione standard di 13 gradi Plato ±0,2. Quindi, circa 400 ml di mosto, chiusi in contenitori Duran, sono passati a vapore per 30 minuti, usando un generatore di vapore (steamer) della British Steralizer Company Ltd., London. Lo steaming (vaporizzazione, colpo di calore) è un’operazione che non viene effettuata nelle birrerie, ma che in questo ambito è necessaria per garantire l’attecchimento dei lieviti inoculati, dopo le manipolazioni fatte sul mosto a fine bollitura. Inoltre, lo steaming, consente altresì di stoccare i campioni fino a due settimane, senza alterazioni dal punto di vista microbiologico; i campioni sono posti in frigo +3°C subito dopo la vaporizzazione. Tuttavia, per evitare che il potere antiossidante dei mosti cambiasse nel tempo, e soprattutto per standardizzare i parametri di processo, ogni campione è stato analizzato al massimo entro tre giorni dallo steaming.

FERMENTAZIONE: i mosti sono ossigenati approssimativamente alla concentrazione di 8 ppm di O2 disciolto, dopodichè sono inoculati con un lievito di tipo lager, Saccharomyces pastorianus, moltiplicato nel laboratorio microbiologico del BRI. L’aerazione dei mosti è un’operazione necessaria per garantire un buon attecchimento del lievito. Infatti il lievito, non appena viene inoculato, utilizza rapidamente l’ossigeno disciolto nel mosto per la biosintesi di componenti della membrana cellulare. Una membrana cellulare ben funzionante consente una corretta entrata e uscita di zuccheri ed enzimi dalla cellula del lievito, e quindi una regolare fermentazione. Tutte le attrezzature e la vetreria impiegate in questa fase, sono state precedentemente sterilizzate in autoclave (tipo Herald della Rodwell Scientific Instrument)ed ogni operazione è stata portate a termine sotto cappa a flusso laminare. Il lievito, conservato fino al bisogno a + 3 °C, su YM Agar in forma di becco di clarino, è stato propagato, prima dell’inoculazione, in due momenti: da 15 ml a 250 ml con la soluzione nutritiva MYGP (estratto di malto, estratto di lievito, glucosio e peptone). In questo modo è possibile raggiungere un “pitching rate” di 20 millioni di cellule per millilitro di mosto. Ogni campione è inoculato in doppio, così che il sub-campione misura circa 180 ml cadauno. La fermentazione, condotta a 11-12 °C, è interrotta solo dopo che il grado Plato dei mosti raggiunge il valore di 2.5 °P: generalmente dopo 7 - 10 giorni.

RIMOZIONE DEL LIEVITO: i campioni, tolti dalla camera di fermentazione, sono lasciati a 12°C per tre giorni (warm rest). Dopo un ulteriore sosta per giorno a + 3°C, le birre torbide sono filtrate su carta per rimuovere il lievito, che per lo più si deposita sul fondo. Negli impianti birrari, dopo l’aerazione dei mosti prima dell’inoculo, il contatto dell’ossigeno con la birra è accuratamente evitato in ogni fase in quanto è causa di meccanismi d’ossidazione che portano ad alterazioni del gusto e dell’aroma sul prodotto finito. Nella presente mini- sperimentazione, non è stato possibile mettere in atto accorgimenti tali da rispettare questa condizione operativa. Pertanto, andrà tenuto conto di questa circostanza

nell’analisi dei risultati, poiché nella rimozione del lievito, o nel prelevamento della birra per l’analisi ABTS, c’è stato contatto di ossigeno con il prodotto, anche se per tempi limitati.

CHILL-LAGERING:dopo la filtrazione, le birre sono conservate a 0° C, in bottigliette di vetro chiuse con tappo a vite e sigillate con nescofilm, per una settimana: questa fase, tipica della produzione di birre Lager, è detta chill-lagering. La fase post-fermentativa è utile all’affinamento del gusto e dell’aroma della birra. Per monitorare l’andamento della maturazione spesso si usa come parametro di riferimento il quantitativo di diacetile che, da 0.35-0.40 mg/l, scende a meno di 0.10 mg/l, per opera del lievito in sospensione. Ciò migliora notevolmente il gusto della birra, che altrimenti acquisterebbe il tipico sapore di burro.

PASTORIZZAZIONE: le birre scongelate, sono pastorizzate nelle bottiglie McCartney, per immersione a bagno maria, a 20 unità di pastorizzazione (PU: pastorization units, come definite dall’ European Brewing Convention), il che equivale a 60 °C per 20 minuti a pieno regime. Quindi, i campioni sono raffreddati passandoli in acqua fredda. Le birre giovani, così ottenute, sono stoccate in frigorifero a + 3°C fino al momento del loro utilizzo.

PRELIEVO DEI CAMPIONI: la capacità antiossidante è stata determinata su campioni prelevati in vari punti del processo produttivo (Fig. 25). In particolare il TAA è stato misurato su: 1. Mosto prima della bollitura, senza luppolo. Per rendere confrontabili i risultati del

saggio ABTS, ripetuto nelle varie prove, la concentrazione di ogni campione è stata aggiustata a 13 °P utilizzando acqua deionizzata.

2. Mosto dopo un’ora di ebollizione e dopo essere stato portato alla concentrazione di 13 °P.

3. Mosto prelevato dalla cella frigorifero a + 3 °C, il giorno dopo che è stato effettuato lo steaming.

4. Birra dopo il chill-lagering e prima della pastorizzazione. Il medesimo campione è stato anche utilizzato per determinare pH, contenuto d’alcol e amaro.

5. Birra dopo essere stata pastorizzata.

In ogni caso, le analisi sono state eseguite a 20 °C e, sia i mosti sia le birre, sono stati diluiti 1:5, con la soluzione tampone, prima della lettura spettrofotometrica (saggio ABTS).

Fig. 25: schema che illustra le principali fasi del processo produttivo, così come è stato riprodotto

a laboratorio a partire da mezzo litro di mosto. Sono evidenziati con un asterisco i punti di prelievo dei campioni per l’analisi con saggio ABTS.