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Diritto all’identità, al soggiorno, alla residenza e alla cittadinanza

3. I minori stranieri non accompagnati

Alla crescita della presenza di minori stranieri negli ambiti di vita quotidiana fa da contraltare una crescita ancor più significativa di coinvolgimento dei minori stranieri nei contesti di disagio. Il monitoraggio che il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza ha realizzato nel corso degli anni sui minori fuori famiglia, e più precisamente sugli affidamenti familiari e sull’accoglienza nei servizi residenziali, documenta, sulla base di un confronto territoriale omogeneo fondato sui dati di 16 re-gioni e province autonome, che l’incidenza di bambini stranieri nell’affidamento familia-re è passata dal 6% del fenomeno complessivo nel 1999 al 14% del 2007, mentfamilia-re familia- relati-vamente all’accoglienza nei servizi residenziali l’incremento va dal 18,5% del 1998 al 31% del 2007.

La gran parte dei minori stranieri fuori famiglia è denominato non accompagnato, cioè «minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmen-te responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano» (art. 1, c. 2, DPCM

535/1999)8. In Italia, come nel resto d’Europa, l’effettiva presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio è di difficile definizione numerica, poiché riguarda soggetti per la maggior parte irregolari o clandestini, con forte mobilità sul territorio e incerta titola-rità giuridica. Da qualche anno presso il Comitato minori stranieri si sta procedendo a una

8L’espressione “minore straniero non accompagnato” è stata coniata dal legislatore italiano. La legislazione di diversi Paesi dell’Unione europea non conosce questa definizione (preferendo quella coniata dall’UNHCRdi sepa-rated o unaccompanied child); i minori che giungono da soli sono soggetti alla stessa regolamentazione dei ri-chiedenti asilo.

ricognizione sistematica in forza dell’art. 5 delDPCM535/1999. che impone ai pubblici uf-ficiali, agli incaricati di pubblico servizio e agli enti che svolgono in particolare attività sa-nitarie o di assistenza, che vengono comunque a conoscenza dell’ingresso o della presen-za sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, di darne imme-diata notizia al Comitato9.

In generale, nel conteggio dei minori stranieri non accompagnati sul territorio nazio-nale si è assistito a una sostanziale stabilità delle presenze rilevate, con variazioni altale-nanti (dovute anche alle difficoltà tecniche della misurazione). Alla data del 31 dicembre 2008 risultano segnalati in Italia 7.797 minori stranieri non accompagnati (per il 90% maschi), tre quarti dei quali sprovvisti di un qualunque documento di riconoscimento. Spesso, dopo una permanenza più o meno lunga in strutture o famiglie accoglienti, se ne perdono le tracce, salvo incontrarli nuovamente in contesti di conclamato disagio quale il circuito penale minorile. Dal 2002 a oggi è migliorata l’azione di identificazione sul terri-torio (attualmente il 23% dei minori segnalati sono identificati), anche se per più di tre quarti permangono le problematicità legate alla determinazione dell’età effettiva, oltre che delle altre generalità (luogo di nascita e legami di parentela).

Tabella 7 - Minori stranieri non accompagnati secondo l’identificazione attraverso un documento valido di riconoscimento. Vari anni

Minori identificati Minori non identificati Totale

v.a. % v.a. % v.a. %

Anni 2000 n.d. n.d. 8307 100,0 2001 n.d. n.d. 8146 100,0 2002 1157 16,4 8853 83,6 7040 100,0 2003 881 10,7 7313 89,2 8194 100,0 2004 2151 26,6 5949 73,4 8100 100,0 2005 2034 26,8 5549 73,2 7583 100,0 2006 2180 33,8 4273 66,2 6453 100,0 2007 1917 25,4 5631 74,6 7548 100,0 2008 1.797 23,1 6.000 76,9 7.797 100,0

Fonte: elaborazione Centro nazionale su dati Comitato minori stranieri

Per quanto riguarda l’età, infatti, si dispone di alcune stime che vedono più della metà dei minori stranieri non accompagnati segnalati sul territorio nazionale appartenere all’ul-tima annata della fascia minorile (17 anni). Tra i non identificati spicca la classe dei 15en-ni; con il decrescere dell’età si riduce anche la presenza di soggetti in questa condizione.

Riguardo alla localizzazione del fenomeno, esso si concentra soprattutto nelle regioni insulari (Sicilia), per poi diffondersi altrove con prevalenza nel Nord, dove peraltro avvie-ne il maggior numero di identificazioni. La regioavvie-ne più coinvolta dopo la Sicilia (32,5%

9Secondo l’ANCI, questi dati, pur significativi, non possono considerarsi esaustivi, in quanto non tutte le autori-tà competenti sul territorio dello Stato segnalano sistematicamente la presenza di minori stranieri non accompa-gnati al Comitato (basti pensare ai minori stranieri non accompaaccompa-gnati vittime di tratta, a quelli sottoposti a pro-cedimento penale, a coloro che appaiono a prima vista accompagnati), così come non tutti i minori stranieri en-trati in Italia hanno contatti con istituzioni o vengono intercettati dalle forze dell’ordine permanendo, pertanto, in clandestinità, così come dai dati del Comitato, per ragioni di incompetenza, sono assenti i minori stranieri non accompagnati che hanno presentato domanda di asilo (ANCI, 2008, p. 13-14).

delle segnalazioni) è la Lombardia (16%), seguita dal Piemonte (10%) e dalla Toscana (8,5%) (Poloni, 2008, p. 58).

Dal punto di vista della nazione di provenienza, il gruppo più numeroso fino al 2006 risultava essere quello della Romania (33,5% delle segnalazioni) (ANCI, 2008). Dal 2007, con l’entrata della Romania nell’Unione europea, i minori di questa nazionalità sono sta-ti esclusi dalla definizione normasta-tiva di “minore straniero non accompagnato” così come era accaduto per quelli bulgari; pertanto il gruppo più numeroso è divenuto quello del Marocco (15,3%), seguito dai minori egiziani (13,7%), albanesi (12,5% del totale) e pa-lestinesi (9,5%), i quali complessivamente rappresentano più della metà delle segnalazio-ni.

Si tratta di un quadro che, seppur non nelle proporzioni, nell’ordine rispecchia i dati relativi alla presenza straniera nel nostro Paese nelle diverse realtà di vita (permessi di sog-giorno, residenza, scuola, ecc.): Romania, Marocco e Albania sono i primi tre Paesi dai quali provengono gli stranieri soggiornanti in Italia. L’anomalia nelle segnalazioni riguar-danti i minori stranieri non accompagnati in Italia, rispetto all’universo migrante, è rap-presentata dalla presenza di nazionalità tra le meno rappresentative: Afghanistan, Palesti-na e Iraq. In questi casi si tratta di minori fuori competenza e dunque non identificati, mentre tra i minori rumeni, marocchini, egiziani sono decisamente elevate le quote di co-loro per i quali l’accertamento dell’identità si è concluso positivamente. Sono pochissimi invece i minori stranieri non accompagnati provenienti dalla Cina, nazione che rappresen-ta il quarto gruppo di stranieri residenti in Irappresen-talia (Bichi, 2008).

La presenza, non trascurabile benché relativamente contenuta, di questa tipologia di minori stranieri solleva da anni alcune questioni legate alla presa in carico, con particola-re riguardo alla tutela dei diritti (in quanto fascia “invisibile” alla società e debole di fron-te alla legge) e all’infron-tervento socioeducativo o, nei casi peggiori, repressivo e riabilitativo. Per questo è fondamentale distinguere le diverse condizioni dei ragazzi e delle ragazze che rientrano in tale classificazione: richiedenti asilo (una minima parte), in attesa di ricon-giungimento; sfruttati dalla criminalità, arrivati in l’Italia con mezzi di fortuna o secondo le traiettorie suggerite da organizzazioni illegali, con l’intento di trovare lavoro.

In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, sembrano prevalere coloro che si trova-no alla ricerca di un lavoro, piuttosto che i richiedenti asilo; difficile è la quantificazione dei minori sfruttati dalla criminalità (al di là di coloro che ricadono nel circuito penale); infine è inopportuno, ai fini dell’intervento, considerare “non accompagnati” quei mino-ri che attendono di possedere i requisiti per il mino-ricongiungimento a genitomino-ri o altmino-ri parenti. Le disposizioni normative che regolano l’intervento a favore del minore straniero non accompagnato prevedono che il soggetto sia preso in carico dal Comune del luogo in cui viene segnalato, provvedendo attraverso i servizi sociali locali a metterlo sotto tutela ov-vero in stato di affidamento (ma non di adottabilità). Questo ultimo provvedimento può riguardare l’affidamento consensuale/amministrativo, giudiziario, di fatto; è una misura temporanea volta a tutelare il mantenimento del minore presso una famiglia (possibilmen-te con figli minori), una persona o una comunità di tipo familiare. Dopo una fase istrut-toria, e a seconda dell’età del minore, viene disposto un procedimento amministrativo per stabilire la possibilità del minore di rimanere in Italia (con un permesso di soggiorno per minore età) oppure di essere rimpatriato in modo assistito, tenuto conto del principio del superiore interesse del minore (CRC, art. 3).

Nell’affrontare queste situazioni critiche – dalla segnalazione all’identificazione del mi-nore, dall’emissione del provvedimento alla strutturazione dell’intervento – è evidente l’impegno che grava sugli enti locali. Dall’indagine promossa dall’ANCIrelativa alle

attivi-tà svolte nel triennio 2004/2006, risulta che 1.110 Comuni italiani hanno preso in carico minori stranieri non accompagnati, prevalentemente in Lazio, Emilia-Romagna, Friuli Ve-nezia Giulia e Lombardia (ANCI, 2008). Per la maggioranza si tratta di Comuni oltre i 100 mila abitanti, e per un terzo Comuni medi (tra i 15 mila e i 100 mila ab.), zone comun-que ad alta densità che vengono preferite dai flussi migratori per le maggiori opportunità offerte in termini di sopravvivenza e di anonimato. Nelle città oltre i 100.000 abitanti, so-no presi in carico in misura prevalente miso-nori rumeni, seguiti da marocchini, albanesi, e poi afgani, moldavi ed egiziani. Tra le maggiori difficoltà incontrate nella presa in carico, come è noto dalle ricerche empiriche svolte negli ultimi 10 anni (Campani, Lapov, Car-chedi, 2002; Melossi, Giovannetti, 2002; Campus, 2004; Silva, Campani, 2004; Bertozzi, 2005; Save the children, 2006;ANCI, 2008; Bichi, 2008), vi è la tempistica lenta delle pro-cedure di intervento, che non lasciano il tempo a coloro che entrano nella rete dei servizi a ridosso del compimento della maggiore età (caso che si verifica spesso in quanto tre quarti dei minori segnalati ricadono nella fascia d’età 16-17 anni) di portare a termine i progetti individuali, di studio e/o di inserimento sociolavorativo.