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C’è anche urgenza di introdurre nella nostra legislazione un ordinamento penitenziario minorile. L’ordinamento penitenziario vigente, che è stato approvato con L. 26 luglio 1975, n. 354 e ha avuto successive modifiche, e il suo attuale regolamento di attuazione conten-gono infatti pochissime norme che si riferiscono ai minorenni, in quanto ci si proponeva che ciò formasse materia di un altro provvedimento legislativo. L’art. 79 ord. pen. dispone

per questo motivo che «le norme dettate per gli adulti si applicano anche nei confronti dei minori sottoposti a misure penali fino a quando non sarà provveduto con apposita legge», legge che avrebbe dovuto differenziare nettamente il trattamento dei detenuti minori da quello degli adulti in relazione alla specificità evolutiva dei soggetti minori di età e alle esi-genze educative che sono imposte da convenzioni, dichiarazioni e raccomandazioni inter-nazionali. Poiché questa legge finora non è stata introdotta, è stata la Corte costituzionale con varie sentenze a intervenire per dichiarare l’illegittimità dell’applicazione ai minorenni di alcune norme, perché contrastanti con i principi costituzionali che richiedono “la prote-zione della personalità del minore” anche nel corso dell’esecuprote-zione della pena.

In passato nelle carceri minorili sono state fatte molte sperimentazioni e sono stati tracciati e realizzati, sia pure informalmente e spesso per iniziative locali, dei percorsi in-novativi. Ciò consente oggi di formulare proposte di un ordinamento penitenziario mino-rile molto più mature e corrispondenti alle caratteristiche dell’utenza tutta particolare dei minori e dei giovani adulti.

Il riempimento dei contenuti delle nuove pene non carcerarie deve poggiare su una col-laborazione ordinaria dei servizi dell’amministrazione della giustizia con gli enti locali (che offrono il sostegno dei loro servizi, propongono le attività di pubblica utilità o ripa-ratorie, prevedono delle borse di studio e di lavoro, ecc.). In questo modo si rompe la se-paratezza dell’intervento penale minorile per restituire al territorio l’attenzione dei ragaz-zi più difficili e la responsabilità di costruire per loro dei progetti di vita.

La precipua finalità del carcere minorile, che ne caratterizza la diversità dalle carceri degli adulti, è che il trattamento deve avere un forte orientamento educativo rivolto al re-cupero della cultura della legalità. A questo fine, a nostro parere, occorre concentrare l’at-tenzione su alcuni punti decisivi: l’edilizia carceraria, la presenza di personale educativo, l’apertura del carcere verso l’esterno, i modi di ingresso e dimissione, la mediazione peni-tenziaria.

Alcune carceri minorili sono, ancora oggi, strutture vetuste con una capacità di acco-gliere molte decine di detenuti, anche se divisi in gruppi, e un’organizzazione concepita se-condo una finalità di sicurezza interna ed esterna. Sese-condo noi bisognerebbe istituire pro-gressivamente carceri di dimensioni ridotte, con la forma di comunità alloggio, organizza-te in piccole unità abitative (non più di 10 posti), che consentano relazioni personalizzaorganizza-te e stili di vita di tipo familiare con i minori ospitati, evitando così costosi investimenti nel-le vecchie strutture, fino alla loro dismissione.

La seconda scelta caratterizzante è che gli educatori devono diventare sempre più re-sponsabili e attori del percorso trattamentale quotidiano. Ciò significa che l’intera gior-nata dei ragazzi deve essere programmata nelle sue attività e gestita nei vari momenti di studio, di formazione professionale, di orientamento e inserimento lavorativo, di socia-lizzazione, di attività sportive e culturali, di mensa, di tempo libero e di riposo dal grup-po degli educatori (in cui devono aggiungersi, per i detenuti stranieri, dei mediatori cul-turali). Significa anche che ogni ragazzo deve avere inoltre un educatore di riferimento che gli sta vicino, lo ascolta, lo informa, progetta con lui il suo futuro, lo orienta al re-cupero della cultura della legalità, lo accompagna in caso di convocazione davanti al-l’Autorità giudiziaria.

Un ordinamento penitenziario minorile dovrebbe prevedere un carcere “semi-aperto” disciplinando le relazioni con l’esterno e le uscite dei detenuti per attività culturali, di tem-po libero, di studio, di formazione professionale, di orientamento e inserimento lavorati-vo. Questa apertura in forma controllata e progressiva può attivare nei minori dei proces-si di maturazione, di responsabilizzazione, di consapevolezza delle conseguenze

social-mente negative delle proprie azioni, ai fini dell’acquisizione di nuove abilità sociali e del positivo inserimento e reinserimento nella comunità.

Altri aspetti su cui va focalizzata l’attenzione del legislatore sono l’ingresso e le dimis-sioni dalle strutture detentive. Il momento dell’ingresso, che avviene quasi sempre attra-verso il centro di prima accoglienza, è delicato e complesso. L’accoglienza del minore de-ve essere sempre più orientata a una funzione di ascolto e di assistenza anche psicologica, nonché di raccolta di informazioni e acquisizione di conoscenze sociofamiliari utilizzabili nella definizione immediata dei progetti di trattamento e per il procedimento penale. An-che per le dimissioni, preparate in conveniente anticipo, è indispensabile potenziare un si-stema integrato di collaborazione dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia con i servizi dell’ente locale per la predisposizione di programmi orientati alla restituzio-ne del minorenrestituzio-ne al contesto familiare, sociale e territoriale, costruendo e attuando dei progetti concreti e utili di reinserimento familiare, abitativo, di lavoro o di studio. Il car-cere serve così per costruire percorsi di vita tutelati nel dopo carcar-cere.

Particolarmente importante ci pare l’introduzione, come nuova misura alternativa al-la detenzione, delal-la mediazione penitenziaria. Il magistrato di sorveglianza potrebbe ordi-nare la liberazione anticipata o una riduzione di pena quando ci sia stata attività di me-diazione-riparazione ed essa abbia avuto esito positivo. L’attivazione di processi riparati-vi verso la riparati-vittima e verso la società che abbiano come premio ed esito l’anticipo della fi-ne della pena carceraria può cambiare il significato della detenziofi-ne.

3. L’esigenza di costituire un organo di garanzia

Nel nostro sistema di cura e di protezione dell’infanzia appare oggi evidente la man-canza di un organo, il garante per l’infanzia e l’adolescenza, che promuova la crescita di una cultura dell’infanzia e lo svolgimento delle pratiche di protezione.

Condividiamo l’ipotesi che ci debbano essere un garante nazionale e, insieme, dei ga-ranti per l’infanzia e l’adolescenza regionali (o provinciali per Trento e Bolzano). La figu-ra del gafigu-rante nazionale è necessaria perché ci sono funzioni che possono e devono esse-re svolte in forma centrale e nei confronti delle istituzioni nazionali. Più importante anco-ra è la presenza geneanco-ralizzata dei gaanco-ranti regionali e provinciali, e questo per due motivi: perché essi devono essere radicati profondamente nelle realtà territoriali in cui operano ed espressione efficace dei bisogni provenienti dal basso; perché la competenza regionale in materia di assistenza e di promozione della persona impone che essi agiscano al medesi-mo livello territoriale.

Il garante nazionale e i garanti territoriali devono essere pensati come assolutamen-te indipendenti fra loro. In particolare, i secondi non sono un’articolazione decentrata del garante nazionale, come è chiaro sia per le diverse modalità di nomina (il garante nazionale dallo Stato, gli altri da Regioni e Province autonome), sia per le leggi che li regolano (ogni Regione e Provincia autonoma disciplinerà le funzioni del suo garante), sia per i diversi livelli di competenze, anche se occorre istituire fra essi forme di coordi-namento e di relazione.

In comune questi uffici devono avere alcuni caratteri: la natura amministrativa di au-torità indipendenti, come figure esterne alla pubblica amministrazione, mentre le istituzio-ni che li hanno nominati devono solo provvedere alle spese di funzionamento dei loro uf-fici; la scelta dei titolari fra persone di elevatissima e riconosciuta competenza nel campo dei diritti dei minori.