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La misurazione delle attività in Rete: dalla web analytics alla social

Oggi, chi lavora con gli strumenti on-line, si trova di fronte ad un paradosso. Internet è il canale più misurabile che sia mai esistito e, nonostante questo, l’assenza di metriche accettate globalmente continua ad essere un ostacolo. In mancanza di un quadro di riferimento moderno, nei primi anni di utilizzo dei canali digitali, le analisi del Web 2.0 sono state fortemente influenzate da quelli che sono i parametri da sempre applicati sin dalle origini di Internet e, pertanto, fortemente condizionati dalle logiche classiche del marketing tradizionale.

Solamente adesso intravediamo la volontà di definire metriche più al passo con i tempi ed in linea con quelli che sono i contenuti che popolano la rete oggigiorno. Tre sono i parametri moderni individuati dagli autori Mandelli e Accoto14. Vediamole:

 dalla misurazione incentrata sulla “pagina” alle metriche di durata: quando Internet era percepito come un giornale, l’approccio preferito dagli analisti per l’analisi degli accessi ai contenuti in Rete era quello di misurare il numero delle pagine viste. Con gli anni, il cambiamento strutturale dei contenuti, quali l’arricchimento dei materiali on-line che non sono più solo testuali ma anche multimediali e la loro fruizione non più statica (per esempio streaming di notizie), hanno portato in primo piano il tempo di fruizione, ovvero la durata di accesso ai contenuti stessi. È in questa nuova ottica che oggi chi si occupa dei canali digitali tende a rilevare il tempo di permanenza degli utenti in un

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Mandelli, Accoto, Marca e metriche dei social media, Lugano, Università della Svizzera Italiana, 2010

99 sito, di fruizione di un contenuto video, di qualità del tempo impiegato in una community, inteso come interazioni sviluppate con altri utenti.

 dalla misurazione basata sul clic al modello a eventi: quando i siti internet diventano complessi e ricchi di stimoli, il numero di clic non rappresenta più la qualità dell’esperienza dell’utente. Per esempio, un sito di un hotel che permette di personalizzare il proprio soggiorno futuro, scegliendone attività da fare o servizi aggiuntivi, è un esempio di esperienza che va misurata attraverso “eventi” che permettono di capire l’interazione degli utenti con le possibilità predisposte.

 dalla misurazione focalizzata sull’interazione alle nuove misurazioni sociali: in passato il modello di misurazione delle attività in rete era basato solo sulle interazioni tra soggetto e oggetto, come ad esempio l’iscrizione ad una newsletter, il download di un documento. Oggi, in un contesto social, oltre alle interazioni soggetto-oggetto basate sul concetto di conversione, è importante tenere sotto controllo anche quelle tra i vari soggetti, basate al contrario sulle conversazioni. Quindi al convertion rate dobbiamo aggiungere il conversation rate, al fine di analizzare la socialità sviluppata.

È così che, con la nascita di queste nuove sfide, si inizia a parlare di social media analytics, intesa come una nuova disciplina capace di aiutare le aziende alberghiere a misurare e valutare le performance delle attività sui social media, nel contesto di specifici obiettivi. E proprio gli obiettivi di business, dovrebbero determinare le strategie digitali e di conseguenza le analisi di queste. Spesso però le aziende agiscono al contrario, commettendo due errori quando testano l’uso dei social media. Il primo sbaglio viene commesso dal management della aziende alberghiere che pone troppa attenzione alle metriche “imposte” dai singoli canali social. Nell’ottica di ogni singola piattaforma, questi numeri, quali i follower di Twitter, i fan di Facebook sono pensati per aumentare l’engagement su questi strumenti nel tempo, facendo leva proprio sulla voglia di visibilità degli utenti. Infatti, chi è solito utilizzare questi canali sa che usare Twitter senza sapere il numero di persone che ci seguono ed il relativo incremento nel

100 tempo, diventerebbe meno interessante e toglierebbe una parte dello stimolo a produrre contenuti utili e di valore per qualcuno. In maniere ancora più evidente, per un’azienda aprire una pagina ufficiale su Facebook, comunicare quotidianamente senza avere un riscontro numerico, porterebbe alla disincentivazione di qualsiasi investimento. La conseguenza principale dovuta a questa eccessiva attenzione a queste metriche “imposte”, è il ricorso all’utilizzo della pubblicità sui social al fine di aumentare, in modo artificiale e non organico, questi numeri più visibili al top management. È chiaro che “conquistare” numerosi fan comprandone qualche migliaia di euro di Facebook Ads è, più o meno, alla portata di tutti. Ma, poi, è importante considerare come poter catturare la loro attenzione e questa attività non sarà semplice.

Il secondo errore più diffuso tra le aziende è quello di considerare centrali le campagne pubblicitarie, che fino ad ora avevano predominato tutte le attività tradizionali e del web. Mantenere questo approccio di comunicazione non ha più senso quando si parla di canali sociali. Questo modello che vede attività lampo e non continuative non ha alcune effetto positivo su quelle piattaforme dove le persone si riuniscono virtualmente per discutere e trascorrere parte del proprio tempo libero. La gestione delle attività sui social media ha bisogno di contributi duraturi e continuativi, al fine di creare un legame stabile tra l’azienda alberghiera, i clienti che già sono fan dei canali aziendali e tutti gli altri utenti sui social, nonché potenziali clienti.

Inoltre, affinché queste attività di social media analytics siano rilevanti per l’azienda e siano utili al fine di costruire strategie durature, dovrebbero comprendere un'altra caratteristica: sarebbe importante infatti che queste forniscano anche raccomandazioni utili a migliorare l’agire aziendale. In pratica, quindi, ogni attività che produce statistiche dei canali social e analisi dei dati dovrebbe tradursi in suggerimenti specifici per coloro che in azienda prendono le decisioni. Molte piattaforme di analisi di questi dati promettono di farlo automaticamente, in realtà però solo l’analista aziendale sarà in grado di trarre spunti per migliorare le attività comunicative. A differenza di questi strumenti automatici, l’analista conosce l’azienda, i suoi obiettivi e anche le

101 sue debolezze e pertanto è in grado di trasformare i dati numerici in utili consigli strategici. A proposito di questo, vediamo la gerarchia dei bisogni analitici impostata dal Lovett: andando a rappresentare sull’asse verticale lo sforzo di analisi richiesto e sull’asse orizzontale l’ampiezza dei dati da analizzare, l’autore costruisce una piramide con alla base i dati e, via via salendo, le informazioni, gli insight e le raccomandazioni (Lovett, 2011).

Figura 35 - La gerarchia dei bisogni analitici (Lovett John, Social Media Metrics Secret, 2011)

Ma vediamo ogni singolo gradino della piramide:

i dati rappresentano unità informative, che se considerati da soli, trasmettono poche informazioni mostrando solo un frammento di realtà (ad esempio: il numero di registrazioni alla newsletter);

le informazioni sono il risultato dell’elaborazione dei dati che vengono inseriti in un contesto al fine di assumere un significato (ad esempio: le registrazioni alla newsletter hanno generato un incremento di menzioni sui social media ed un picco di nuovi fan e follower);

gli insight rappresentano le informazioni analizzate e approfondite contestualizzandole alla luce delle conoscenze dell’analista e degli obiettivi prefissati dall’azienda (ad esempio: i nuovi fan e follower risultano più attivi di quelli esistenti);

le raccomandazioni includono dei consigli pratici che chi gestisce le pagine social aziendale può mettere in atto subito al fine di migliorare.

Raccomandazioni

Insights

Informazioni

Dati

Volume Sforzo di analisi

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Gli elementi chiave per le analisi digital

Per tutte le aziende che implementano delle strategie di social media marketing e di PR on-line il fine ultimo è quello di trarre da queste attività dei vantaggi tangibili, sia in termini di visibilità del brand che di redditività aziendale. Proprio per questo è necessario tracciare, magari insieme alla propria agenzia di consulenza, un quadro di riferimento che includa tutte le misurazioni utili a guidare l’operato su questi canali digitali. Per la progettazione della mappa degli elementi chiave, l’azienda deve tenere in considerazione quelle metriche che possono assumere un significato: se non inseriti in un contesto di riferimento, sono solamente dei numeri. Si rende necessario quindi che lo schema di misurazione sia fatto in modo tale che riesca a comunicare informazioni utili al management.

Ma quali sono le tipologie di metriche che dovremmo prendere in considerazione? Lovett ne ha individuate quattro:

Counting metrics: sono le metriche che caratterizzano ogni singola piattaforma digitale utilizzata dall’azienda. Queste, ad esempio numero di fan, di follower, di visitatori, assumono un senso solo se rilevate con lo scopo di derivare altre tipologie di metriche;

Business value metrics: sono i parametri che il management aziendale comprende di più, in quanto hanno un riflesso diretto sul core business;

Foundational measures: sono costituiti da tutte le metriche di misurazione che possono essere applicate a tutti i canali di comunicazione;

Outcome metrics (KPI): questi parametri segnano il grado di raggiungimento degli obiettivi che l’azienda si era prefissata per questo variano a seconda delle attività svolte sui social media.

Ora, fatta una breve panoramica di quali parametri un’azienda dovrebbe tener di conto, approfondiamoli uno ad uno e vediamo da quali dati specifici sono composti.

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Counting Metrics

È questa la categoria in cui Lovett fa rientrare tutte le metriche di base specifiche di ogni piattaforma di social networking. Questi sono numeri forniti direttamente da ogni canale e che assumono valore solo se contestualizzati alle varie attività svolte su ogni singola piattaforma. Chiedersi cosa significa un incremento di fan Facebook è una delle prime cose che vengono in mente. Di per sé, però, questa osservazione non ha molto significato: può essere fisiologicamente dovuto alle attività svolte sul canale o può derivare dalla creazione ad hoc di una Facebook Ads.

Inoltre, è importante tenere a mente che tutte queste metriche specifiche di ciascuna piattaforma, possono variare nel tempo. Essendo fornite proprio dai singoli strumenti, è chiaro che seguano quelli che sono gli obiettivi di questi. È il caso di Facebook che qualche tempo fa ha introdotto, accanto al numero di fan della pagina pubblica, anche quello delle “persone che ne parlano” e ha trasformato il concetto di impression in quello di reach che mette in luce il successo dei post pubblicati. Sono metriche di base e vanno valutate contestualizzandole alle strategie portate avanti su ogni singola piattaforma.

Blog Visite

Visitatori unici Pagine viste

Tempo di permanenza Citazioni da altri blog Commenti

Condivisioni sui social media

Twitter Follower

Menzioni

Liste in cui si è stati inseriti Tweet preferiti da altri

Facebook Fan

Persone che ne parlano Utenti engaged Reach Impression Virality Google+ Follower Condivisioni +1 attribuiti

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YouTube Iscritti al canale

Visualizzazioni del canale Visualizzazioni sui singoli video Like

Commenti

Instagram Follower

Mi piace alle immagini Commenti alle immagini

Figura 36 - Counting Metrics per vari Social Media

Business value metrics

Spesso il top management aziendale è attento solo a quelli che sono i ritorni economici della attività portate avanti. È così che chi gestisce i canali social spesso comunica ai manager numeri specifici per ogni singola piattaforma, che però non sempre vengono compresi. Per questo, per l’azienda operante su questi canali si rende necessario strutturare delle metriche che abbiano un valore di business. Tra queste Lovett ha incluso:

l’impatto sul fatturato: è possibile calcolare il contributo in termini di redditività che una specifica attività sui social media ha determinato solo progettando, in modo preventivo, un sistema di monitoraggio. Il modo più semplice nel caso di un hotel è costruire un codice di prenotazione speciale dedicato ai social media, che se inserito nel booking engine del sito proprietario dà diritto a particolari benefici o sconti. In questo modo, una volta pubblicizzato il codice attraverso i nostri canali sociali, potremmo realmente andare a contate il numero di prenotazioni che hanno usufruito di quel codice specifico e quindi calcolare l’impatto di questa attività sul fatturato;

l’impatto sulla soddisfazione: come abbiamo già visto in precedenza, molte aziende alberghiere sfruttano i canali social a sostegno del customer care. Oggi è possibile misurare la soddisfazione degli ospiti sia monitorando le interazioni avvenute in rete, sia sottoponendo loro un questionario costruito ad hoc.

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Foundational metrics

Sotto questa categoria, troviamo tutta una serie di metriche fondanti utili a costruire dei Key Performance Indicator (KPI) specifici La peculiarità di queste analisi sta nel fatto che sono trasversali a varie attività di marketing e non si limitano a considerare solo quelle svolte sui social media.

L’interaction misura la risposta derivante da determinati stimoli posti in essere durante le iniziative di marketing. Con questo parametro facciamo riferimento, ad esempio, ai commenti al blog, alla condivisione di link sui social.

L’engagement misura la partecipazione dei singoli utenti. A differenza dell’interaction, che prende in esame il numero delle risposte a determinati stimoli, l’engagement misura il livello di coinvolgimento nel compiere una determinata azione. Così, attribuendo un punteggio diverso ad ogni singola attività social, possiamo calcolare in termini numerici il coinvolgimento: possiamo prevedere dei pesi diversi a seconda che si tratti di un like, di un commento o di una condivisione del contenuto.

L’influence misura il potere di una persona di determinare le azioni degli altri.

L’advocacy è la misura della capacità del brand di essere talmente amato da indurre alcuni utenti ad agire e creare il cosiddetto effetto buzz, o più semplicemente passaparola, circa la promozione stessa del prodotto o servizio offerto dall’hotel. È il caso di possessori di blog che in modo del tutto spontaneo scrivono delle recensioni o dei diari di viaggio descrivendo ampiamente dei servizi di cui hanno beneficiato e quindi facendo pubblicità (positiva o negativa) all’hotel stesso.

Outcome metrics

Qui sono racchiuse tutte le metriche che indicano il raggiungimento di un risultato o indicano il valore della performance. Questi paramenti sono stati creati al fine di permettere la comprensione del grado di raggiungimento di un determinato scopo. Dato che sono costruite in funzione di un obiettivo

106 specifico, è necessario individuare le metriche che sono interessanti per l’azienda. Lovett individua sei obiettivi ai quali associare del KPI: incrementare la visibilità, promuovere il dialogo, generare interazioni, facilitare il supporto, promuovere l’advocacy e stimolare l’innovazione.

Incrementare la visibilità

Qualsiasi sia lo strumento o il canale di comunicazione, uno dei primo obiettivi per tutti coloro che operano nel settore di marketing e comunicazione è l’aumento della visibilità. Guadagnare popolarità significa portare a conoscenza un numero sempre maggiore di persone di un servizio o di un brand specifico e questo incremento si può calcolare sono le abbiamo a disposizione una rilevazione da cui partire, che conta la visibilità ottenuta fino a quel momento. Le successive misurazione, poi, devono avere il medesimo criterio di rilevazione utilizzato nel passato.

Sui social media, una delle caratteristiche principali che rende tali misurazioni della visibilità difficili sta nella continuità. Infatti, se una campagna in tv o su altri canali tradizionali ha durata finita in quanto la visibilità si ha fin tanto che la pubblicità rimane “on air”, sui social media la campagna o i contenuti pubblicitari hanno un periodo di vita, e quindi di potenziale visibilità, più lungo del tempo di esecuzione. Tutte le successive condivisioni e le altre attività social generano un effetto eco che sfugge al controllo di queste analisi. Per quanto riguarda la popolarità in rete, il primo KPI che possiamo impostare è quello del reach per capire il grado di visibilità guadagnato. Questo indice rappresenta il numero di utenti unici a cui è stato mostrato il messaggio. Per calcolare questo indice è necessario tenere di conto della tipologia di azione di comunicazione avviata e degli strumenti social coinvolti. Alcuni strumenti forniscono automaticamente questo numero (vedi Facebook e Twitter), per gli altri è necessario calcolare l’impatto di ogni singola azione attraverso una formula, che ogni azienda dovrà costruirsi. Per esempio, per calcolare l’impatto di un articolo su un blog in un determinato arco temporale equivale a sommare il numero di visitatori unici alla pagina dell’articolo, il numero di volte che è stato condiviso su Facebook (moltiplicato per il numero medio di amici del condivisione - in Italia, secondo fonti ufficiali, questo

107 numero è pari a 180) e il numero delle volte che è stato condiviso su Twitter (moltiplicato il numero medio di follower che, secondo alcuni studi, equivale a 126). Nel caso in cui i nostri seguaci utilizzino molto anche altri canali, a questa formula si possono aggiungere anche le condivisioni su altri social network rilevanti come Google+ o LinkedIn.

Figura 37 - Esempio di formula base per il calcolo del reach

Per rendere migliori i risultati, l’analista può considerare anche il tempo in cui il messaggio ha avuto la sua diffusione. Generalmente si assiste ad una velocità iniziale di diffusione, seguita da una fase di calma, durante la quale il social media manager può decidere di imprimere un ulteriore slancio con nuove attività, ovvero di rilanciare il medesimo contenuto con nuovi post o tweet.

Bitly, società che fornisce uno tra i più utilizzati servizi di URL shortening15, ha condotto una ricerca molto interessante sul ciclo di vita di un link condiviso attraverso varie piattaforme sociali. Questa analisi è stata svolta considerando 1.000 tra i link più condivisi in rete. La società Bitly ne ha poi calcolato l’”half life” ossia “il periodo di tempo nel quale il link riesce ad ottenere la metà di tutti i click che riceverà complessivamente nel suo ciclo di vita”. Questo indice è legato all’osservazione di un modello comune a diverse tipologie di URL condivisi: si assiste ad un picco veloce al lancio della notizia e poi si ha una più o meno rapida discesa dell’attenzione. Come si vede dal seguente grafico, l’half life media di un link condiviso su Twitter è 2,8 ore, su

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Servizi che permettono di accorciare un indirizzo web in modo da risparmiare caratteri preziosi su quei social che limitano il numero massimo di caratteri per un post (vedi Twitter).

Visitatori unici blog Share su Facebook x 180 Share su Twitter x 126 Reach di un articolo blog

108 Facebook 3,2 ore e via fonti dirette 3,4 ore. Il dato che più sorprende è quello di YouTube, dove il link sopravvive per ben 7,4 ore.

Figura 38 - Il ciclo di vita di un link sulle varie piattaforme (fonte: Bitly)

Con questo studio vengono confermate la frammentarietà e la volatilità dell’attenzione degli utenti in Rete, dovuta anche e soprattutto dalle caratteristiche tecniche di questi canali caratterizzati spesso da piattaforme di flusso16. In questo modo, analizzato il contesto di riferimento, lo studio sottolinea l’importanza di una pianificazione precisa ed attenta della diffusione della notizia, che può essere anche condivisa di nuovo. Su Twitter, ad esempio, è consigliabile lanciare una notizia e relativo link anche più volte a distanza di tempo, avendo magari l’accortezza di modificare il testo del Tweet in modo da offrire elementi informativi sempre diversi ogni volta. Un altro indicatore chiave di prestazione da tenere sotto controllo è quello che serve per calcolare la share of voice, con il quale si misura il volume di citazioni del nostro brand, procedendo poi al confronto con le menzioni totali delle altre aziende alberghiere concorrenti.

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Tutti quei social media che hanno un flusso informativo ininterrotto e che non sono stati pensati per favorire la visibilità di contenuti durevoli, come il blog

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Figura 39 - La formula per il calcolo della share of voice

Incoraggiare il dialogo

Abbiamo già detto più volte che la caratteristica principale ed intrinseca di Internet è la capacità di agevolare le conversazioni tra le persone. Quest’ultime sono davvero tante e per le aziende non è sempre facile entrarci e riuscire a conversare con facilità. È necessario che assumano un approccio a questi strumenti di assoluta trasparenza, cercando di rispondere e di pubblicare contenuti sinceri e chiari. Solo in questo modo, le aziende potranno essere in grado di entrare in questo mondo e instaurare una relazione duratura con gli utenti che ne fanno parte.

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