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1.8 Basilea III (2010)

1.8.4 Misure per la liquidità

Prima della crisi finanziaria del 2007-2009, l’obiettivo principale della regolamentazione bancaria era quello di assicurare che le banche, svolgendo la propria attività, avessero sempre a disposizione una quantità di capitale sufficiente per contrastare i rischi assunti.

In realtà, nel corso della crisi, il Comitato di Basilea si è reso conto che la maggior parte dei problemi sperimentati dalle istituzioni finanziarie non erano provocati semplicemente dalla possibile inadeguatezza patrimoniale, ma erano causati, in modo decisamente più complesso e interconnesso, dalla mancanza di liquidità6.

In poche parole, la crisi finanziaria del 2007-2009 ha messo in evidenza come la gestione del rischio di liquidità, stabilita dalle precedenti versioni della regolamentazione bancaria, non fosse adeguata a risolvere i problemi che affliggono, per sua natura, il settore bancario.

Le banche costituiscono, infatti, un business fortemente illiquido, considerando che possiedono il compito di raccogliere depositi a breve termine e, parallelamente, finanziare investimenti a medio-lungo termine, causando un disallineamento tra attivo e passivo, che non rappresenta un problema in condizioni normali, quando il mercato ritiene che la banca sia strutturalmente solida. Durante una crisi, però, il ragionamento precedente non risulta più valido, osservando che il mercato, in condizioni di stress, provoca inevitabilmente un aggravamento della relativa situazione economico-finanziaria e la diversa struttura per scadenza tra attivo e passivo diventa potenzialmente in grado di generare conseguenze disastrose, arrivando fino a spingere la banca in una crisi di liquidità.

A questo proposito, considerando i problemi di liquidità che hanno coinvolto la maggior parte delle banche internazionali, il Comitato di Basilea ha deciso di introdurre due nuovi requisiti di vigilanza prudenziale, in modo da garantire che le banche possano sopravvivere nei periodi di scarsa liquidità:

• indice di copertura della liquidità, o Liquidity Coverage Ratio;

• indice di provvista stabile netta, o Net Stable Funding Ratio.

Il calcolo di queste variabili, Liquidity Coverage Ratio e Net Stable Funding Ratio, non riguarda l’obbligo di superare requisiti patrimoniali aggiuntivi, ma la necessità per le banche di mantenere un livello minimo di attività liquide, o comunque a breve termine, con la finalità ultima di valutare in modo migliore il rischio di liquidità e rendere le banche autosufficienti in situazioni di mancanza di liquidità.

6In questo caso, è possibile citare come riferimento il fallimento di Lehman Brothers [127].

1.8 – Basilea III (2010)

Il primo coefficiente di liquidità è stato introdotto nelle varie legislazioni internazionali tra il gennaio 2015 e il gennaio 2019, mentre il secondo coefficiente di liquidità è entrato in vigore da gennaio 2018.

Liquidity Coverage Ratio

L’indice di copertura della liquidità, o Liquidity Coverage Ratio (LCR), rappresenta un vincolo applicato alla liquidità di breve periodo, per assicurare che una banca possa man-tenere, su base continuativa, attività liquide di elevata qualità in misura sufficiente a generare cassa e superare una situazione di difficoltà economico-finanziaria.

In sintesi, questo requisito prescrive che le attività liquide di elevata qualità siano regolarmente in grado di far fronte ai deflussi di cassa netti attesi nei successivi 30 giorni, stimati in base a uno scenario di stress, caratterizzato da gravi tensioni per la liquidità.

In formule:

LCR= HQLA

T CN Os30100% , (1.7)

dove:

• HQLA = attività liquide di elevata qualità, o High-Quality Liquid Assets;

• T NCO = deflussi di cassa netti attesi, o Total Net Cash Outflows.

Il numeratore rappresenta le attività liquide di elevata qualità e include una serie di attività facilmente e velocemente trasformabili in liquidità con una perdita di valore nulla o, comunque, trascurabile, le quali devono sempre presentare alcune caratteristiche peculiari, come basso rischio di credito e basso rischio di mercato, facilità e certezza di valutazione, bassa correlazione con attività contraddistinte da alto rischio, quotazione in un mercato sviluppato, mancanza di vincoli e, infine, ammissibilità in operazioni di sconto presso la Banca Centrale.

A questo proposito, per identificare correttamente le attività liquide di elevata qua-lità, il Comitato di Basilea ha predisposto un elenco di massima di attività ammissibili, distinguendo, in relazione alla qualità, tra attività di livello 1 e attività di livello 2.

Nello specifico, le attività di livello 1 rappresentano le attività di qualità superiore e possono essere utilizzate senza alcun tipo di limitazione, mentre le attività di livello 2, ovvero le attività di qualità inferiore, possono essere incluse nel computo delle attività liquide di elevata qualità soltanto fino al raggiungimento del 40% del valore totale.

Il denominatore rappresenta, invece, i deflussi di cassa netti attesi e prevede la stima della differenza tra i flussi di cassa cumulati in entrata e i flussi di cassa cumulati in uscita, misurati valutando una situazione di stress in un periodo di 30 giorni. Come risultato, il calcolo dei deflussi di cassa netti attesi consente di analizzare lo squilibrio nella posizione netta cumulata di liquidità di una banca in condizioni di considerevole criticità.

Anche in questo caso, il Comitato di Basilea, basandosi su effettivi risconti ottenuti durante la crisi finanziaria del 2007-2009, ha definito le condizioni generali da applicare per la simulazione dello scenario di stress e la stima dei deflussi di cassa netti attesi.

Regolamentazione bancaria

In sintesi, Basilea III richiede che il Liquidity Coverage Ratio sia costantemente almeno pari al 100%. Questo indicatore, misurando la capacità di contrastare i deflussi di cassa attesi nel breve periodo con attività potenzialmente liquide, garantisce che una banca possa essere in grado di sopravvivere durante una sollecitazione del mercato finanziario.

Net Stable Funding Ratio

L’indice di provvista stabile netta, o Net Stable Funding Ratio (NSFR), rappresenta, al contrario, un vincolo connesso al mantenimento di un rapporto equilibrato e sostenibile tra le fonti di finanziamento stabili a medio-lungo termine e, in modo del tutto parallelo, il fabbisogno di fondi a medio-lungo termine determinato dalla scadenza degli attivi.

Il Net Stable Funding Ratio misura la capacità generale di una banca di contrastare le esigenze di liquidità in una prospettiva di medio-lungo periodo, con la possibilità di imporre che il rapporto tra le risorse finanziarie stabili e il fabbisogno di risorse stabili legato alla struttura dell’attivo sia sempre maggiore del 100%. In altre parole, questo requisito richiede che l’ammontare disponibile di provvista stabile sia sempre superiore all’ammontare disponibile di provvista obbligatoria.

In formule:

N SF R= ASF

RSF100% , (1.8)

dove:

• ASF = risorse finanziarie stabili disponibili, o Available Stable Funding;

• RSF = risorse finanziarie stabili necessarie, o Required Stable Funding.

Il numeratore rappresenta le risorse finanziarie stabili disponibili ed è determinato come somma di quattro importanti elementi del passivo: il patrimonio netto, somma di Tier 1 Capital e Tier 2 Capital, le azioni privilegiate con scadenza pari o maggiore di un anno, le passività con scadenza pari o superiore a un anno e, infine, la porzione stabile delle passività senza scadenza o con scadenza inferiore a un anno, caratterizzata dall’aspettativa di rinnovo per anni successivi anche nel caso in cui si verifichi uno scenario di stress.

Per ottenere il risultato finale, si attribuisce a queste fonti di finanziamento un deter-minato coefficiente di stabilità, chiamato Available Stable Funding Factor (ASF Factor), che può assumere valori diversi al variare della qualità della fonte considerata, passando dal 50% per le fonti meno stabili al 100% per le fonti più stabili.

In questo contesto, la scelta di effettuare una ponderazione emerge dalla volontà di riflettere il possibile impatto della stabilità delle diverse fonti di finanziamento impiegate sul calcolo complessivo. A dimostrazione di questo ragionamento, infatti, è possibile immaginare di assegnare implicitamente un valore pari allo 0% per le fonti di finanziamento non direttamente utilizzabili per il computo delle risorse finanziarie stabili disponibili.

Il denominatore costituisce, invece, le risorse finanziarie stabili necessarie ed è calcolato, in modo simile, come somma di diversi elementi dell’attivo, ponderati tramite un deter-minato coefficiente di liquidità, chiamato Required Stable Funding Factor (RSF Factor), che consente di valutarne il relativo grado di liquidità.

1.8 – Basilea III (2010)

A questo proposito, le attività caratterizzate da un elevato livello di liquidità sono attività che risultano essere facilmente e velocemente liquidabili sul mercato e, quindi, richiedono una esigenza relativamente limitata di finanziamento con fondi stabili. Al contrario, le attività con un modesto livello di liquidità sono attività che, specialmente in condizioni di stress, possono essere liquidate solo difficilmente e lentamente sul mercato e, dunque, necessitano di utilizzare, come finanziamento, fondi stabili.

Per questo motivo, il Comitato di Basilea ha deciso di includere una valutazione più approfondita, assegnando coefficienti di ponderazione diversi a seconda della tipologia di attività considerata: un coefficiente di ponderazione elevato per le attività meno liquide e, viceversa, un coefficiente di ponderazione moderato per le attività più liquide.