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Rischio di credito

2.6 Perdita inattesa

Una seconda modalità utilizza una definizione del default più estesa, che comprende qualsiasi semplice ritardo nei pagamenti previsti da contratto. In questo caso, il default viene definito come un evento non assorbente, ossia come una manifestazione modificabile e temporanea, che riguarda controparti in uno stato di difficoltà economico-finanziaria molto più modesta, per le quali è facile immaginare un ritorno in bonis.

Una definizione di insolvenza più ristretta considera una probabilità di default limitata e una perdita in caso di insolvenza elevata, poiché analizza eventi poco frequenti e classifica i debitori come insolventi soltanto in presenza di grandi difficoltà, prevedendo un rimborso contenuto dell’esposizione terminata in default.

Al contrario, una definizione di insolvenza più ampia considera una situazione opposta, con una probabilità di default elevata e una perdita in caso di insolvenza limitata, poiché analizza eventi molto più frequenti e classifica i debitori come insolventi anche in presenza di piccole difficoltà, prevedendo, a differenza della definizione precedente, un rimborso sostanziale dell’esposizione terminata in default.

In sostanza, la definizione di default emerge come un argomento molto importante.

Una corretta gestione del rischio di credito, infatti, conduce inevitabilmente verso l’ado-zione di una definil’ado-zione omogenea di insolvenza, considerando che, per evitare valutazioni incoerenti e distorte e, conseguentemente, stimare in modo appropriato il rischio di credito complessivo, è fondamentale utilizzare una definizione di default identica, sia nella stima della probabilità di insolvenza che nella stima del tasso di perdita in caso di insolvenza.

2.6 Perdita inattesa

La perdita inattesa è definita come la variabilità della perdita attorno al suo valore medio.

Questa costituisce, ricorrendo alla definizione generale di rischio presentata in precedenza, il vero e proprio rischio di credito, ovvero il rischio che la perdita effettivamente osservata si dimostri superiore rispetto a quanto originariamente stimato.

In poche parole, la perdita inattesa costituisce una perdita caratterizzata generalmente da una bassa frequenza e da un importo estremamente elevato, che, a causa di queste peculiarità, non risulta in alcun modo stimabile, oltre che potenzialmente distruttiva. A questo riguardo, la copertura della perdita inattesa è sempre a carico del capitale, il quale deve risultare sufficientemente consistente per assorbire le perdite inattese fino a un certo livello di confidenza e rimanere nel business, garantendo la continuità aziendale.

2.6.1 Value at Risk (VaR)

Per discutere la perdita inattesa, è necessario introdurre un concetto fondamentale, quale il concetto di “valore a rischio”, o Value at Risk (VaR), che rappresenta un approccio in grado di esprimere una misura del rischio complessivo a cui si è esposti, declinabile in base alla tipologia di rischio considerato, in questo caso, il rischio di credito.

Il Value at Risk identifica una misura di rischio ottenibile da specifici modelli in grado di misurare, aggregare e confrontare il rischio connesso a posizioni o portafogli di posizioni differenti, i quali, introdotti gradualmente dalle principali banche degli Stati Uniti durante gli anni ’80, rappresentano oggi il punto di riferimento in ambito risk management per

Rischio di credito

tutte le istituzioni finanziarie. Questo concetto è stato sviluppato per la prima volta dalla banca J. P. Morgan, intorno al 1990, con il modello RiskMetrics, in risposta all’esigenza di provare a creare un’informativa sintetica, racchiusa in un singolo valore monetario, che consentisse di conoscere in maniera più chiara e precisa i rischi assunti dalla banca, migliorandone il processo di allocazione del capitale.

Il Value at Risk costituisce una misura di tipo probabilistico, la quale specifica la perdita massima che può essere subita su una posizione o su un portafoglio di posizioni, definito uno specifico livello di confidenza e uno specifico orizzonte temporale di riferimen-to, in modo tale che la probabilità che la perdita effettiva superi questo importo risulti sufficientemente bassa. In altri termini, il VaR identifica la massima perdita potenziale L che potrebbe essere subita in un orizzonte temporale T con un livello di confidenza c:

P(L > V aRTc) = 1 − c . (2.5)

Il VaR può essere utilizzato per studiare attività finanziarie diverse, con la possibilità di esprimere una valutazione combinando insieme rischi diversi, e, per questo motivo, viene applicato per confrontare le alternative di impiego del capitale, esaminare la redditività del capitale allocato e assegnare il pricing alle singole operazioni in base al livello di rischio.

Il VaR applicato al rischio di credito, chiamato VaR creditizio, considera i seguenti parametri imposti, all’interno della regolamentazione bancaria, dal Comitato di Basilea:

T = 1 anno e c = 99,9%, con riferimento al modello CreditMetrics, definito sempre dalla banca J. P. Morgan nel 1997, ispirandosi al lavoro di R. C. Merton per la stima della PD.

In ultima analisi, è possibile mettere in evidenza alcuni limiti del VaR, considerando che non specifica le perdite potenziali oltre il livello di confidenza e costituisce una misura di rischio non coerente4, violando l’assioma di subadditività. Per risolvere questi eventuali problemi, è possibile menzionare una misura di rischio alternativa e integrativa, come la

“perdita media condizionata”, o Expected Shortfall (ES), la quale risulta una misura di rischio coerente, definita come il valore atteso di tutte le possibili perdite superiori al VaR:

ES = E[L | L > V aRTc)] . (2.6)

A questo punto, è interessante analizzare le principali differenze che intercorrono tra la definizione di perdita attesa e di perdita inattesa, sotto due dimensioni fondamentali.

Dal punto di vista matematico-statistico, si può spiegare la distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa considerando un generico portafoglio impieghi. In questo caso, la perdita attesa di un portafoglio impieghi risulta uguale alla somma delle perdite attese dei singoli crediti che lo compongono, mentre la variabilità della perdita su un portafoglio impieghi risulta diversa, e generalmente minore, dalla somma delle variabilità delle perdite sui singoli crediti, diminuendo progressivamente al diminuire del grado di correlazione tra i diversi crediti.

A questo proposito, infatti, è possibile dimostrare due conseguenze molto importanti:

da una parte, si può constatare come la perdita attesa non possa essere ridotta tramite

4Una misura di rischio coerente deve sistematicamente rispettare i seguenti assiomi fondamentali:

invarianza alle traslazioni, subadditività, omogeneità positiva e monotonicità [10].

2.6 – Perdita inattesa

un’opportuna diversificazione del portafoglio crediti, per esempio combinando insieme crediti diversi appartenenti a più settori industriali o più aree geografiche; dall’altra, si può constatare come la perdita inattesa, ovvero la variabilità intorno alla perdita attesa, possa essere invece ridotta mediante una conveniente politica di ripartizione del rischio, con la possibilità che un’adeguata diversificazione del portafoglio crediti possa consentire di attenuare, anche in misura significativa, a parità di rendimento atteso, l’ammontare complessivo dell’esposizione al rischio di credito.

Dal punto di vista economico-finanziario, si può spiegare la distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa esaminandone la responsabilità di copertura. In questo modo, la perdita attesa dovrebbe essere coperta con un accantonamento a riserva, registrato tra le voci di costo del Conto Economico, mentre la perdita inattesa dovrebbe essere coperta con il patrimonio della banca, ritenendo gli azionisti responsabili non solo di beneficiare di risultati superiori alle aspettative, prodotti da perdite minori rispetto a quelle previste, ma anche di sopportare i risultati inferiori alle aspettative, prodotti da perdite maggiori rispetto a quelle previste.

In sintesi, è possibile osservare una panoramica di quanto appena spiegato in figura2.3.

credit loss P DF(x)

Capitale Economico (VaR)

EL UL

A B C

Figura 2.3. Distribuzione di probabilità delle perdite sui crediti.

Nello specifico, esaminando una generica distribuzione di probabilità associata alle potenziali perdite sui crediti, è facile mettere in evidenza tre zone diverse:

• A: Expected Loss, perdita coperta con pricing e accantonamenti;

• B: Unexpected Loss, perdita coperta con capitale;

• C: Stress Loss, perdita monitorata con analisi di scenario o di stress.

Parte II