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1.7 Basilea II (2004)

1.7.1 Pillar I: Capital Requirement

Uno dei principali obiettivi di Basilea II è quello di promuovere un sistema di requisiti patrimoniali maggiormente sensibili al grado di rischio effettivo dei portafogli bancari, riducendo il divario tra capitale economico, misurato dai modelli interni delle banche, e capitale regolamentare, imposto dalla regolamentazione bancaria.

A tale proposito, si è deciso di ridisegnare completamente le regole per il calcolo dei requisiti minimi di capitale, con la finalità di ottenere una struttura in grado di riflettere in modo più strutturato il rischio effettivo dei portafogli delle banche. In aggiunta, il patrimonio di vigilanza deve adesso coprire una maggior quantità e qualità di rischi, ovvero rischio di credito, rischio di mercato e, per la prima volta, rischio operativo.

A questo punto, è possibile approfondire le regole numeriche per il calcolo puntuale del patrimonio di vigilanza. Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea II riesce finalmente a differenziare tra prestiti emessi a una medesima categoria di controparti, in modo da richiedere una diversa copertura patrimoniale al variare della rischiosità.

In questo caso, la rischiosità di una generica attività finanziaria può essere valutata secondo due approcci: approccio standard e approccio basato sui sistemi di rating interni, o Internal Ratings Based (IRB). Questi metodi differiscono per il processo di assegnazione del rating, osservando che l’approccio standard utilizza una valutazione della rischiosità effettuata da istituzioni esterne alla banca, mentre l’approccio basato sui sistemi di rating interni utilizza una valutazione della rischiosità effettuata dalla banca in prima persona.

Primo pilastro: approccio standard

L’approccio standard riprende i concetti istituiti da Basilea I, introducendo una novità.

Con questo metodo le ponderazioni per il rischio sono sempre determinate in base alla categoria a cui appartengono i diversi debitori, ma, adesso, la ponderazione è attribuita in funzione del rating assegnato alla controparte da una o più agenzie per la valutazione esterna del merito di credito, chiamate External Credit Assessment Institution (ECAI).

Queste organizzazioni possono essere agenzie di rating oppure altre istituzioni finanziarie, a condizione di essere riconosciute dalle Autorità di Vigilanza nazionali.

In ogni caso, per accedere alle autorità abilitate, è necessario soddisfare una serie di requisiti minimi in termini di indipendenza, trasparenza e coerenza dei criteri di rating.

Nello specifico, sono previsti sei requisiti: oggettività (metodologia di assegnazione dei giudizi rigorosa, sistematica e soggetta a validazione sulla base di esperienza storica), indipendenza, disponibilità di dati pubblici a supporto della validazione, trasparenza della metodologia, adeguatezza delle risorse e credibilità delle valutazioni.

Ricapitolando, l’approccio standard autorizza le banche a utilizzare le valutazioni di agenzie di rating esterne per la stima del merito creditizio. In questo modo, il merito creditizio viene valutato secondo due dimensioni diverse: categoria di controparte e rating.

1.7 – Basilea II (2004)

Insomma, categorie di controparti diverse comportano scale di ponderazione diverse, ma, all’interno della stessa categoria di controparte, è finalmente possibile differenziare i risultati in base al rating. Pertanto, nel calcolo delle attività ponderate per il rischio, un rating migliore consente di utilizzare un peso minore, mentre un rating peggiore impone di utilizzare un peso maggiore.

Questo calcolo si ripercuote direttamente nella valutazione del patrimonio regolamen-tare minimo, che risulterà essere, quindi, un valore più basso nel caso di rating migliore e un valore più alto nel caso di rating peggiore, come visibile nella tabella 1.1.

Tabella 1.1. Coefficienti di ponderazione previsti da Basilea I (approccio standard).

AAA A+ BBB+ BB+ B+ B− NR

AA− A− BBB− BB− B− D (NOT RATED)

Soggetti sovrani 0% 20% 50% 100% 100% 150% 100%

(Paesi e Banche Centrali)

Banche

opzione 1 20% 50% 100% 100% 100% 150% 100%

opzione 2 20% 50% 50% 100% 100% 150% 50%

Imprese 20% 50% 100% 100% 150% 150% 100%

Retail 75% 75% 75% 75% 75% 75% 75%

Mutui ipotecari

su immobili 35% 35% 35% 35% 35% 35% 35%

residenziali Mutui ipotecari

su immobili da 50% a 100%, a discrezione delle Autorità di Vigilanza non residenziali

In questa tabella, è possibile osservare un meccanismo semplice e intuitivo: le righe descrivono le diverse classi di prenditori individuate da Basilea II, quali soggetti sovrani (Paesi e Banche Centrali), banche5, imprese e retail, che costituisce una categoria in grado di raggruppare insieme imprese di piccola dimensione e soggetti privati, oltre che alcune tipologie specifiche di prestiti, mentre le colonne indicano i diversi rating che potrebbero essere assegnati a una controparte.

La scala di ponderazione dei crediti mette in evidenza due incongruenze fondamentali.

La prima incongruenza coinvolge la categoria di rating che va da BBB+ fino a BB+.

In questo sottoinsieme, infatti, si mescolano crediti di diversa qualità, dal momento che,

5I crediti verso banche possono essere ponderati, con possibilità di scelta per le Autorità di Vigilanza, seguendo due opzioni diverse, che si differenziano nel processo di assegnazione della ponderazione:

l’opzione 1 utilizza il rating del Paese in cui ha sede la banca e l’opzione 2 utilizza il rating della banca.

Regolamentazione bancaria

al suo interno, esistono contemporaneamente due classi di rating molto diverse tra loro:

investment gradee speculative grade.

In particolare, la classe di rating investment grade comprende crediti caratterizzati da ottima qualità e da un ridotto livello di rischio, con rating compresi tra AAA e BBB−;

viceversa, la classe di rating speculative grade comprende invece crediti caratterizzati da qualità inferiore e da un livello di rischio superiore, con rating compresi tra BB+ e D.

La seconda incongruenza riguarda il confronto tra due tipologie di imprese: da un lato, le imprese appartenenti alla classe di rating compresa tra BB− e D; dall’altro, le imprese sprovviste di rating, ovvero appartenenti alla classe di rating NR. A questo proposito, Basilea II effettua una valutazione diversa per queste due categorie di imprese, assegnando un coefficiente di ponderazione pari al 100% nel primo caso e al 150% nel secondo caso.

Un’assegnazione di questo tipo risulta in evidente conflitto con la logica finanziaria relativa alla disponibilità di informazioni sulla qualità creditizia della controparte e, quindi, rischia di eliminare l’incentivo per le imprese a richiedere un rating, dato che quest’ultimo potrebbe imporre alla banca un requisito patrimoniale non proporzionale. In questo caso, infatti, un’impresa con un potenziale di reddito contenuto e una debt capacity limitata, visto che, se domandasse un rating potrebbe ottenere solamente un rating modesto, non avrebbe nessun incentivo a richiedere un rating.

Primo pilastro: approccio IRB

Come alternativa all’approccio standard, Basilea II prevede che le banche possano uti-lizzare l’approccio dei sistemi di rating interni e, pertanto, applicare nell’ambito della regolamentazione bancaria un modello per la misura del rischio sviluppato internamente.

Ovviamente, per essere concretamente utilizzabile in ambito risk management per il cal-colo del capitale regolamentare, il sistema di rating interno deve essere prima approvato dalle Autorità di Vigilanza nazionali.

In questo contesto, le banche sono ritenute, secondo una modalità parziale o totale, direttamente e personalmente responsabili per la valutazione del rischio di credito, sti-mando, in completa autonomia, il livello di rischio associato a ogni singolo credito, oltre che al portafoglio crediti nel suo complesso.

A questo riguardo, Basilea II, implicitamente o esplicitamente, individua sei driver di rischio principali, responsabili di determinare l’entità delle possibili perdite future in relazione alla concessione di uno o più crediti:

• Exposure at Default;

• Probability of Default;

• Loss Given Default;

• Maturity;

• Granularity;

• Correlation.

1.7 – Basilea II (2004)

Più precisamente, i primi quattro fattori di rischio, EAD, PD, LGD e Maturity, rappre-sentano i parametri essenziali che un sistema di rating interno deve dimostrare di essere in grado di misurare in modo appropriato e adeguato per ogni singolo credito, mentre gli ultimi due fattori di rischio, Granularity e Correlation, costituiscono specifiche dimensioni ulteriori che intervengono nella misurazione del rischio di credito, passando dall’analisi di un singolo credito a quella di un portafoglio crediti.

A questo punto, le banche, al variare del grado di complessità ottenuto internamente dai loro modelli e dai loro database, possono essere ammesse, previa dimostrazione di aver raggiunto un livello sufficientemente avanzato, a utilizzare due approcci diversi, che si distinguono in base al processo seguito per la stima dei diversi fattori di rischio:

• approccio di base, o Foundation: dove le banche, impiegando metodologie interne, possono stimare soltanto la PD dei debitori e sono obbligate a fare riferimento a valori prefissati dalle Autorità di Vigilanza per la stima di EAD, LGD e Maturity.

• approccio avanzato, o Advanced: dove le banche, impiegando metodologie interne, possono stimare tutti i relativi profili di rischio, quali EAD, PD, LGD e Maturity, pur dovendone dimostrare prestazioni e solidità.

In sostanza, Basilea II segue un approccio evolutivo: inizialmente, in via cautelativa, si invitano le banche ad applicare l’approccio di base, ma successivamente, nel momento in cui queste ultime dimostrano di essere diventate sufficientemente sicure della qualità delle loro stime, con la possibilità di mostrare alle Autorità di Vigilanza le basi di dati e le metodologie utilizzate, si autorizzano a passare verso l’approccio avanzato.

Tuttavia, alle banche non si concede in nessun caso la possibilità di misurare in modo autonomo i fattori di rischio Granularity e Correlation del proprio portafoglio crediti, i quali risultano stabiliti in anticipo dalle Autorità di Vigilanza e, dunque, fissati su livelli standard, identici per qualsiasi banca.

In aggiunta, le banche che decidono di utilizzare il proprio sistema di rating interno per la valutazione della rischiosità e per il calcolo del capitale minimo, devono essere in grado di presentare una serie di requisiti minimi, consentendo una corretta misurazione del rischio di credito. Nello specifico, i requisiti minimi per la validazione di un sistema di rating interno sono numerosi, tra questi i più importanti sono i seguenti:

• Il sistema di rating interno deve valutare separatamente la PD e la LGD.

• I crediti devono essere distribuiti in modo omogeneo e uniforme tra le varie classi di rating, senza eccessive concentrazioni in una o più categorie specifiche.

• Il rating deve essere assegnato ai debitori prima della concessione del credito.

• Il rating deve essere rivisto e rivalutato periodicamente, valutando la possibilità di onorare gli impegni nonostante l’insorgere di condizioni avverse o eventi inattesi.

• Il rating deve essere utilizzato sia nella gestione che nel pricing dei crediti.

• Il sistema di rating interno deve presentare requisiti di documentazione formale in materia di costruzione, funzionamento e validazione di accuratezza e coerenza.

Regolamentazione bancaria

Per spiegare il principio generale con cui sono stati costruiti questi requisiti, è possibile evidenziare come i procedimenti di stima del rischio debbano essere in grado di differenziare adeguatamente livelli di rischio diversi, esprimendo una valutazione corretta, accurata e coerente con l’esperienza pregressa sperimentata della banca in esame.

Come ultima cosa, Basilea II ha stabilito una definizione univoca di insolvenza, affinché venga presa come riferimento senza ambiguità per la stima della probabilità di insolvenza.

Più precisamente, un debitore viene considerato insolvente se e solo se ricorre almeno una tra le seguenti condizioni:

• condizione soggettiva: dove la banca considera improbabile che il debitore possa adempiere in modo completo alle proprie obbligazioni, con una valutazione che deriva da un pensiero soggettivo della banca, eventualmente in considerazione del fatto che, dal momento della concessione del credito, si potrebbero essere verificate condizioni particolari, come la svalutazione delle esposizioni creditizie originarie, la creazione di accantonamenti specifici, la concessione della ristrutturazione del debito, oltre che la presentazione da parte del debitore di una domanda di fallimento o di ammissione a una procedura di protezione nei confronti dei creditori.

• condizione oggettiva: dove la controparte risulta in ritardo sul pagamento di almeno una delle proprie obbligazioni per un intervallo temporale totale di oltre 90 giorni (termine che può essere prorogato a 180 giorni per crediti verso speciali controparti), con una valutazione che non deriva dal semplice pensiero soggettivo della banca, quanto piuttosto dal verificarsi di un determinato evento oggettivo.