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Uno sguardo specifico ai fenomeni che hanno caratterizzato questo periodo

2.2. Il Mito della Nazione Cattolica

Oserei dire che il Mito della Nazione Cattolica, che ora mi accingo a illustrare, sia stato il fattore di fondo che ha contribuito maggiormente al modo in cui le Forze Armate argentine hanno agito durante la dittatura militare, che è oggetto di questa tesi o, per meglio dire, è stato ciò che le ha legittimate a farlo. Si può tranquillamente dire che, nonostante il centro e sud America nel ‘900 siano stati luogo di moltissimi governi dittatoriali e militari, forse, per quanto riguarda l’Argentina, se il Nazionalcattolicesimo non fosse mai sorto, la storia del Paese sarebbe stata diversa. Infatti, “tale mito fu dapprima l’arma con cui Chiesa ed Esercito, i bastioni dell’ordine corporativo, abbatterono quello liberale. Poi, col peronismo che ne fu l’erede secolare, esso trionfò e assurse a mito egemonico.”62

Zanatta nel suo libro La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio propone un’osservazione: “Se in molti paesi lo Stato di diritto ha imposto regole comuni a ideologie agli antipodi inducendole a convivere in modo pluralista, in Argentina non andò così. In essa, fu viceversa un principio di unanimità a prevalere su un principio di pluralità. Sopra la Costituzione e le istituzioni, s’impose nell’edificazione della nazione argentina un mito fondatore di tipo religioso: il Mito della Nazione Cattolica. […] Si trattava di un mito basato sull’idea che la nazione argentina

58 Mignone, La testimonianza negata. Chiesa e dittatura in Argentina, op. cit., p. 140. 59 Vedi la nota 55.

60 Mignone, La testimonianza negata. Chiesa e dittatura in Argentina, op. cit., p. 147. 61 Ibid., p. 132.

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fosse un’entità spirituale ancor prima che una comunità politica e che la sua unità e identità stessero racchiuse nella cattolicità. La quale divenne, [con la sua dottrina,] dunque, presupposto ineludibile dell’ordine politico e sociale.”63 Lo confermò il cardinal Eugenio Pacelli (successivamente papa Pio XII) nell’ottobre 1934 in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale svoltosi a Buenos Aires sostenendo che ci fosse un “intreccio indissolubile fra religione e storia nazionale argentina, a tal punto che chi avesse tentato di separare quest’ultima dal cattolicesimo, «avrebbe dovuto distruggerne le pagine più gloriose, cancellare i nomi dei suoi eroi più illustri, abolire l’invocazione a Dio sancita dalla sua Costituzione e bruciare la Bandiera».”64 Talmente grande dovette sembrargli la fede cattolica in quella circostanza che assegnò all’Argentina il ruolo di promotrice della cristianità in America. C’è da dire anche, a onor del vero, che la società argentina in principio era molto eterogenea in quanto si era formata come conseguenza della mescolanza delle genti arrivate lì anno dopo anno con i vari flussi migratori provenienti da altri paesi cattolici (per il 90% le persone che giunsero in Argentina erano italiane e spagnole). Questi immigranti, oltre alla religione, non avevano tradizioni in comune e, perciò, non si sentivano parte della stessa comunità. La civiltà argentina, compatibilmente con le diversità presenti al suo interno, si può dire, quindi, che si sia forgiata, desiderosa di unione, coesione e identità, basandosi sull’unica cosa che accomunava tutti gli immigrati che vi erano sbarcati: la fede nel cattolicesimo. “Credenti o no, molti argentini riconoscevano nella cattolicità ciò che faceva di loro una nazione.”65

Con il passare del tempo, il Mito assunse una tale “potenza [– il periodo di massimo splendore furono gli anni ’30 anche se perdurò fino alla prima metà degli anni ’80 e, nella mentalità di alcuni prelati conservatori, anche dopo –] e così impopolare divenne contraddirlo che partiti e istituzioni, sindacati e movimenti corsero a certificare la loro congruità con i suoi postulati.” Tutti cercarono di far proprio il mito comune; nonostante avessero lo stesso fine, usarono mezzi e strategie diverse per arrivarci. Tutti lo fecero “in nome di Dio, della Patria, del Popolo; e tutti teologi, poiché se la nazione era cattolica, non c’era chi non si ergesse a interprete delle Scritture e a giudice della fedeltà della Chiesa al Vangelo.”66 Si parla di tutti perché all’interno di questo Mito rientrava tutta la popolazione argentina: non era equiparabile a un partito politico che si può schierare a sinistra o a destra o che può essere riconducibile con un determinato ceto sociale, no, rappresentava ogni singolo cittadino dell’Argentina. Quello che contraddistingueva questo Mito che mischiava nazionalità e cattolicità era proprio un principio di unanimità spirituale che era finalizzato ad andare oltre alle divergenze ideologiche e sociali; sacrificava, pertanto, i singoli al bene della comunità intera. Chi del Mito non si sentiva parte o da esso non era rappresentato era colui il quale veniva considerato uno straniero in Patria (nonostante magari fosse nato nel Paese e di cittadinanza argentina) e un nemico interno: queste persone erano “strumenti delle potenze esterne che inoculavano il virus della disgregazione nel seno di un paese unito nella sua cattolicità.”67 Per mons. Victorio Bonamín “le Forze Armate, […] espressione della civiltà occidentale e cristiana, devono utilizzare tutti i mezzi di cui dispongono per combattere contro il nemico. «La lotta antiguerriglia […] è una lotta per la Repubblica Argentina, per la sua integrità, ma anche per i suoi altari. Questa è una lotta in difesa della morale, della dignità dell’uomo, insomma, è una lotta in difesa di Dio: per

63 Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, op. cit., p. XI.

64 Verbitsky Horacio, Doppio Gioco. L’Argentina Cattolica e Militare, Fandango Libri, Roma, 2011, p. 480. 65 Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, op. cit., p. 8.

66 Ibid., p. XII. 67 Ibid., p. 14.

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questo chiedo la protezione divina su questa guerra sporca in cui siamo impegnati».”68 Mignone sostiene che nel Mito della Nazione Cattolica “la Religione e la Patria […], come prima la Religione e il Re [– ai tempi della dominazione dei reali spagnoli –], si confondono. Non accettare il cattolicesimo e le sue devozioni – particolarmente quelle mariane – vuol dire essere un cattivo argentino.” Per suffragare questa idea riporta un episodio, di quella che lui definisce “un’espressione estremista del nazionalcattolicesimo”, realmente accadutogli quando era adolescente: “In una processione a Luján un sacerdote pronunciò dall’altoparlante quanto segue: «L’argentino che non venera la Vergine è un traditore della Patria e merita di essere fucilato alla schiena».”69

Il Mito della Nazione Cattolica si basava sull’unione di nazione e cattolicità. Questa alleanza mirava a lasciar fuori le ideologie temporali che erano viste come dannose per l’identità eterna e cattolica della Nazione Argentina quali il capitalismo e il liberalismo. In altri termini, il rifiuto era rivolto alla filosofia liberale in generale, sia economicamente che politicamente parlando, perché contraria al Vangelo e accusata di aver “separato l’uomo da Dio”70; “essendo l’Argentina una nazione cattolica, il suo ordine temporale doveva riflettere i precetti del magistero ecclesiastico”71: la religione faceva le veci della politica e, di conseguenza, non c’erano cittadini ma fedeli. La democrazia liberale, con le sue caratteristiche intrinseche di pluralismo e libertà di pensiero, e i partiti non erano adatti per il piano nazionalcattolico che stava prendendo piede in quanto lo stesso Mito era basato, appunto, su un principio di unanimità. I movimenti politici e il governo del popolo erano, per il clero, i responsabili della compromissione della pace sociale e della disgregazione dell’unità naturale del Paese e che, sempre secondo i religiosi, Dio voleva – in base al suo disegno divino – unito. Per questo motivo la Chiesa, che si era sempre trovata a suo agio con i governi dittatoriali e gli autoritarismi72, guardava con invidia i fascismi che si erano instaurati nei paesi cattolici dell’Europa (in particolare Italia e Germania) negli anni ’20 e ’30 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945 che l’avrebbero potuta aiutare a discostarsi dal liberalismo e a rinsaldare la cattolicità. Per il proprio paese il clero argentino desiderava una dittatura che non fosse troppo autoritaria né troppo tirannica, “una dittatura equa”73, nelle parole di Zanatta. Se il liberalismo in tutte le sue componenti avesse continuato a essere alla base del sistema politico ed economico del Paese, dicevano i giornali cattolici e i vescovi nelle loro lettere pastorali e omelie, si sarebbe inevitabilmente giunti al comunismo ateo. Invece, il compito della civiltà cattolicità era proprio quello di tenere lontani “il comunismo ateo di Mosca e il liberalismo protestante di Washington.”74 Quando, anni dopo, si realizzò il colpo di Stato del 24 marzo 1976, si poté concepire quanto la presenza di questo Mito, che era così radicato nella società, “condizionò la reazione dell’Episcopato di fronte alla dittatura militare. Come potevano scontrarsi con un regime che ai loro occhi sembrava uno Stato cattolico, protettore della Chiesa e disposto a eliminare gli

68 Mignone, La testimonianza negata. Chiesa e dittatura in Argentina, op. cit., p. 19. 69 Ibid., p. 161.

70 Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, op. cit., p. 7. 71 Ibid., p. 10.

72 In merito si vedano le interessanti considerazioni di E. Mignone a pagina 41.

73 Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, op. cit., p. 12. 74 Ibid., p. 15.

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eretici e i nemici della fede? Era la nuova alleanza del Trono con l’Altare. […] L’instaurazione del sistema costituzionale si presentava loro come un cammino verso il vuoto.”75

Prima ho nominato il peronismo, il movimento politico che alle elezioni nazionali del 24 febbraio 1946 vinse. Il presidente Perón, come il resto della popolazione, era stato influenzato dalle idee nazionalcattoliche ma, a differenza degli altri candidati alla presidenza, comprese che l’unico modo per andare al governo sarebbe stato quello di promuovere una vincente strategia: quella di includere le masse nel suo discorso politico – promettendo aumenti degli stipendi e riforme che avrebbero migliorato le condizioni dei lavoratori76 –, facendo sì che non prestassero attenzione alle ideologie internazionaliste e anticattoliche che si stavano sempre più diffondendo. Con questa sua mossa politica era certo di assicurarsi un ampio seguito popolare e, di conseguenza, di evitare il ritorno dell’ordine liberale. Fu, pertanto, si può dire, il peronismo a rendere ampiamente diffusa l’identità cattolica dell’Argentina. Esso, nonostante ne fosse il custode, “non si pensava come partito tra partiti ma come scrigno dell’ideologia nazionale, come movimento che […] racchiudeva in sé l’intero spazio della legittimità politica. […] Il peronismo si prospettava come il coerente sviluppo sul piano temporale del Mito religioso della Nazione Cattolica.”77

Nel corso di tutto l’elaborato si leggerà che la Chiesa e le Forze Armate sono state le colonne portanti del Mito della Nazione Cattolica. Per quanto riguarda la Chiesa è scontato, essendo detentrice del ministero cattolico e divulgatrice del Vangelo, che lo fosse ma come mai l’altro era rappresentato dai militari? La Chiesa, per l’appunto, in base alla sua missione di diffondere la parola di Dio, si era adoperata per divulgare il nuovo ordine cristiano in tutti i settori della società argentina ma in uno in particolare: quello militare. Questo perché le Forze Armate, oltre a essere le guardiane dell’ordine politico, erano state “con la Chiesa pilastro della società organica coloniale, dove unità politica e religiosa erano tutt’uno.”78 Durante l’epoca coloniale, infatti, per la prima volta, “il papato […] aveva offerto a una nazione il duplice potere di colonizzare ed evangelizzare, mescolando insieme il temporale e il soprannaturale, il politico e l’ecclesiale, l’economico e l’evangelico.” Era stata una “colono-evangelizzazione”79, come la definisce Dussel. “L’Esercito era […] l’unico altro corpo oltre alla Chiesa in grado di incarnare l’unità nazionale. Se la Chiesa era depositaria della fede professata dalla gran parte degli argentini, l’Esercito vantava il ruolo decisivo svolto nell’indipendenza e nella costruzione del Paese.”80

75 Mignone, La testimonianza negata. Chiesa e dittatura in Argentina, op. cit., p. 162.

76 Su questo tema Perón seguì una linea molto innovativa per quei tempi. Si veda il paragrafo 1.2. a pagina 19. 77 Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, op. cit., p. 16.

78 Ibid., p. 11.

79 Dussel, Storia della Chiesa in America Latina (1492-1992), op. cit., p. 75.

45 È chiaro che in

Argentina, come sarà facilmente comprensibile nel corso del lavoro ed è una delle cose che mi sono prefisso di mettere in risalto, nel corso del ‘900 si sia instaurato un ordine politico non solo con profondi vincoli

religiosi (foto81 a destra), in cui la Chiesa e le Forze Armate ebbero sempre un peso rilevante e una voce in capitolo, ma anche fondato su una relazione di reciproca convenienza e interconnessione tra di esse. Un esempio di come, appunto, funzionava il Mito della Nazione Cattolica è l’usanza secondo cui ogni nuovo presidente argentino che era appena entrato in carica avrebbe dovuto scrivere al papa per comunicargli che si sarebbe impegnato a governare tenendo sempre in considerazione e d’accordo con le encicliche. In uno stato come questo dove c’era una mancanza di separazione fra la sfera spirituale e quella terrena, gli attriti ecclesiali si trasformavano in attriti politici e viceversa, oltre a esserci il pericolo che il Mito avrebbe potuto convertirsi in una religione politica, se si fosse radicalizzato troppo. Con il passare degli anni, così avvenne, fino ad arrivare alla dittatura del 1976 quando, si può dire, ci fu un’inversione dei ruoli. In questa precisa fase storica, infatti, la Chiesa diventò progressivamente succube dell’Esercito, il quale, oltre a essersi prefisso l’obiettivo di riportare l’ordine e la pace nel Paese, aveva assunto la cattolicità e la sua diffusione come propria missione professionale. Ormai erano diventati gli ufficiali e non i vescovi a stabilire cosa fosse conforme al magistero cattolico e cosa no (si vedano i giudizi nei confronti dei preti impegnati con i poveri delle periferie) ed erano sempre loro a mettere becco in tutti gli affari ecclesiastici; essi “non erano solo ricettori del messaggio cristiano ma contribuivano anche a diffonderlo” trovando “doveroso formare buoni cristiani.”82

Durante la dittatura militare del Proceso de Reorganización Nacional la Chiesa iniziò a rendersi conto che il Mito che essa stessa aveva creato si stava rivelando un’arma a doppio taglio che rischiava di farla affogare nel mare delle violazioni dei diritti inalienabili che l’Esercito aveva perpetrato per anni e a cui si era affiancata per la sopravvivenza della Nazione Cattolica. Rischiava di essere accusata di essersi girata dall’altra parte e di essere stata insensibile di fronte alle sofferenze di decine di migliaia di desaparecidos argentini. Con la graduale presa di coscienza generale di quanto stava accadendo nel Paese, dal 1979-1980 l’appoggio incondizionato dei prelati argentini al governo progressivamente cominciò ad affievolirsi, benché persistessero vescovi che continuarono a dare manforte al regime. Infine, una volta caduto, la Chiesa si ritrovò in un vortice di pesanti accuse e critiche. Cercò, pertanto, di intraprendere delle azioni che tendessero a dimostrarne l’estraneità dai fatti occorsi ma riguadagnare la sua unità e la sua stabilità fu per essa lungo e problematico. Avendo giocato con il fuoco per troppo tempo, aveva finito per scottarsi. Solo che ora questa scottatura era lenta a guarire. Tutto ciò “prova che la pretesa di tenere unita e in

81 Foto dei membri della Giunta nell’atto di eseguire il Segno della Croce durante una cerimonia presieduta dal nunzio

Pio Laghi. In Dandan Alejandra in Taringa, La relación entre la Iglesia y la Dictadura, 19.02.2012. Consultato il 28.11.2017. Fonte: https://www.taringa.net/posts/noticias/14055339/La-relacion-entre-la-Iglesia-y-la-Dictadura.html.

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pace una comunità politica moderna basandola sul presupposto della sua identità religiosa fu un fallimento.” Questa conclusione è supportata dal fatto che, con il ritorno della democrazia e il giudizio in merito alla violazione dei diritti umani, i valori liberali che i sostenitori della Nazione Cattolica erano riusciti a mettere da parte facendo scorrere molto sangue e producendo tanto dolore furono riscoperti e finalmente apprezzati: “il pluralismo come [realtà e] valore, la democrazia come spazio sottratto a monopoli ideologici, i diritti individuali come tutela delle pulsioni totalitarie, la libertà come bene inscindibile dall’equità”83 e dalla tanto desiderata unanimità e lo Stato di diritto come necessario filtro tra religione e politica. Per concludere, si può affermare che quest’ultima dittatura militare condusse al “tragico epilogo del Mito della Nazione Cattolica e all’epoca in cui la Chiesa iniziò a voltare pagina”84 passando, come sostenne il vescovo Vicente Faustino Zazpe, “da un cristianesimo che sostituiva la politica a uno che ne apprezzasse l’intrinseco valore.”85

2.3. I preti considerati comunisti e sovversivi: la Teologia della Liberazione e il