3 Gli aspetti doganali e fiscali del commercio elettronico
3.2 Modelli di business
Nel caso di vendita nei confronti di cclliieennttii iittaalliiaannii, in linea generale, l’impresa italiana può vendere la merce con spedizione diretta della stessa con partenza dalla sede dell’impresa venditrice o da magazzino localizzato in altro luogo del territorio italiano. In alternativa, può vendere la merce ai clienti italiani dando incarico ai propri fornitori di spedire la merce ai clienti stessi in nome e per conto dell’impresa venditrice italiana e con fatturazione nei confronti di quest’ultima.
Nel caso di vendita nei confronti di cclliieennttii eesstteerrii, in linea generale, l’impresa italiana può adottare uno dei seguenti modelli operativi:
• Vendere la merce dalla sede italiana, con spedizione diretta della merce dall’Italia al cliente estero;
• Vendere la merce dalla sede italiana, con spedizione della merce al cliente estero direttamente da deposito (dell’impresa italiana) ubicato all’estero;
• Vendere la merce tramite una succursale ubicata nel Paese estero, con spedizione della merce al cliente estero direttamente
da deposito di pertinenza della succursale estera;
• Vendere la merce tramite una società controllata localizzata nel Paese estero, con spedizione della merce al cliente estero direttamente da deposito di pertinenza della società controllata estera.
Limitando l’analisi al caso della vendita a clienti esteri, sotto il profilo delle imposte sui redditi:
• Il primo modello NON comporta (di per sé) il realizzarsi della fattispecie della stabile organizzazione dell’impresa italiana nel Paese del cliente;
• Il secondo modello, almeno riguardo ai Paesi che adottano il Modello OCSE di convenzione contro la doppia imposizione NON comporta (di per sé), al momento, il realizzarsi della fattispecie della stabile organizzazione nel Paese del cliente; è tuttavia probabile che lo scenario legislativo in merito possa cambiare nei prossimi anni (nell’ambito del programma BEPS - "Base Erosion and Profit Shifting”);
• Il terzo modello realizza la fattispecie della stabile organizzazione dell’impresa italiana nel Paese estero;
• Il quarto modello realizza una presenza piena dell’impresa italiana nel Paese estero.
3.2.1 Il deposito in altro Paese UE
In tale ambito, l’impresa italiana deve stipulare un contratto di deposito con un operatore logistico del Paese estero (nel caso del vino e delle altre bevande alcoliche, deve trattarsi di soggetto dotato di deposito fiscale o di destinatario registrato) ed aprire una posizione Iva nel Paese estero al fine di gestire l’acquisto intracomunitario della merce e le cessioni interne a tale Paese. La merce viene inviata dall’impresa italiana al deposito estero con emissione di fattura, al costo, per operazione di trasferimento di stock, non imponibile articolo 41/2/c), del Dl n. 331/1993.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 76 della Direttiva 2006/112/CE afferma che per le cessioni di beni consistenti in trasferimenti a destinazione di un altro Stato membro, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Inoltre, l’articolo 43 del Dl n. 331/1993 (base imponibile) afferma che “(…) per le introduzioni di cui all'articolo 38, comma 3, lettera b), e per gli invii di cui all'articolo 41, comma 2, lettera c), la base imponibile é costituita dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni.”.
Sotto il profilo del flusso operativo, il consumatore finale accede al sito internet dell’impresa italiana, ordina e paga la merce. In seguito, l’impresa italiana comunica all’operatore logistico del Paese estero gli estremi dell’ordine; l’operatore logistico prepara i colli e ne cura, direttamente o tramite terzi, la consegna al cliente finale.
Ai fini dell’Iva italiana l’operazione di cessione è fuori campo Iva, mentre ai fini dell’Iva del Paese Ue di insediamento del deposito, si tratta di una cessione interna a tale Paese, con obbligo di applicazione dell’Iva locale, a mezzo della posizione Iva aperta in loco.
3.2.2 Il deposito in Paese extra UE
Nei rapporti con Paesi extra Ue, la disponibilità di un deposito di merce in loco, per l’impresa italiana può consentire notevoli economie di spesa in tema di operazioni doganali: anziché dichiarare in dogana ogni singola cessione, è possibile limitare le dichiarazioni doganali in ragione dei rifornimenti del deposito. Occorre ricordare che nei Paesi che adottano il modello ONU di convenzione contro la doppia imposizione (in genere, Paesi in via di sviluppo) un deposito di pura consegna della merce può costituire stabile organizzazione.
Nei Paesi dove esiste un’imposta del tipo Iva la soluzione in argomento comporta normalmente la registrazione, ai fini fiscali, dell’impresa italiana in loco.
L’invio della merce dall’Italia al deposito estero comporta l’espletamento di formalità doganali (di esportazione definitiva dall’Italia e di importazione definitiva nel Paese estero), in base a fattura pro-forma o lista valorizzata.
La successiva vendita della merce (a mezzo del sito internet dell’impresa italiana) costituisce, sotto il profilo dell’Iva italiana, un’operazione non soggetta ai sensi dell’articolo 7-bis del Dpr n. 633/1972, con obbligo di fatturazione ai sensi dell’articolo 21, comma 6-bis, del Dpr n. 633/1972. Sotto il profilo dell’Iva del Paese estero, invece, costituisce un’operazione interna a tale Paese. Occorre coniugare in modo idoneo le due normative. Nel caso di operazioni di importo superiore a 77,47 euro riguardo alla fattura è dovuta l’imposta di bollo da 2 euro.
3.2.3 Succursale o società di diritto locale
Nell’ambito di tali modelli, normalmente, la vendita viene effettuata, rispettivamente, da parte della stabile organizzazione estera oppure da parte della società di diritto del Paese estero con espletamento degli adempimenti fiscali e doganali previsti dalla normativa del Paese estero. Ciò comporta che il sito internet sia intestato all’unità estera ed in tale ambito la società italiana si trova a dover pagare le imposte sui redditi nel Paese estero.
Da segnalare, in merito, la normativa in tema di “branch exemption”, introdotta dal decreto per l’internazionalizzazione (D.Lgs. N. 147/2015).
Nel caso della succursale (stabile organizzazione), il trasferimento alla stessa della merce oggetto di vendita (da parte di quest’ultima) può essere eseguito come segue:
di fattura, al costo, per operazione di trasferimento di stock, non imponibile ai sensi dell’articolo 41/2/c), del Dl n. 331/1993 (l’operazione concorre a formare il plafond);
• Stabile organizzazione in Paese extra Ue: mediante esportazione in base a fattura pro-forma, al valore normale di mercato (l’operazione NON concorre a formare il plafond – Risoluzione n. 306 del 21 luglio 2008);
• In entrambi i casi, ai fini delle imposte sui redditi, deve essere rispettata la normativa in tema di transfer pricing;
Nel caso della società di diritto del Paese estero, essa si presenta del tutto autonoma, rispetto all’impresa italiana e può con questa stabilire ordinari rapporti di fornitura sottoposti alla normativa in tema di transfer pricing.