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Modelli matematici di lettura della logica di progetto

Parte II Metodologie di progettazione e morfogenesi,

3. La progettazione come processo di morfogenes

3.2. Modelli matematici di lettura della logica di progetto

Nella ricognizione effettuata per reperire strumenti concettuali con cui operare al fine di raccogliere materiale per la costruzione di una logica del processo progettuale, una possibile indicazione è provenuta da una riflessione sui mezzi e metodi della logica formale e dell’analisi matematica.

È possibile applicare al sistema degli oggetti i concetti di insieme ed elemento dell’insieme per poi effettuare su di essi, attraverso gli strumenti della logica formale, operazioni algebriche? Per insieme possiamo intendere qualsiasi raccolta, classe, aggregato di oggetti, di qualsiasi natura che potranno essere rappresentati graficamente, me- diante notazione simbolica o grafica (abachi, tassonomie). Su di essi potremo tentare di eseguire operazioni logiche di appartenenza, inclu- sione, intersezione, unione, oltre a stabilire, nei relativi domini, rela- zioni (funzioni) univoche, biunivoche, tentare di applicare talune pro- prietà (associativa, commutativa, distributiva), ed anche eseguire su essi operazioni algebriche.

L’adozione di questi strumenti, oltre a caratterizzare l’intero pro- cesso, sarebbe utile nella fase propedeutica, e l’esposizione classifica- toria in forma matriciale, diagrammatica o vettoriale, sarà utile per for- nire un modello, anche tridimensionale, di orientamento per le scelte progettuali. La funzione di questo modello può essere raffrontata con quella svolta, nello studio della teoria del colore, dall’albero di Munsell, costruito in modo da dare una visione coordinata dei para- metri cromatici di saturazione, luminosità, tonalità. Nel modello qui proposto i parametri di lettura potranno essere, ad esempio, artisticità, organicità, funzionalità, complessità, simbolicità, comunicatività, classicità, richiamo alla tradizione, ecc. e, secondo questi, come se si operasse nel bilanciamento di un’equalizzazione, collocare gli oggetti individuati.

Un secondo aspetto che concerne la lettura degli oggetti, traducibile in termini matematici, è che la sequenza temporale che individua una linea evolutiva della produzione di oggetti è assimilabile alle succes-

sioni, intendendo con questo termine matematico l’insieme i cui ele-

menti corrispondono biunivocamente con la serie naturale. Se poi ac- cettiamo l’ipotesi che ogni immissione nella realtà di un nuovo pro-

dotto sia una stratificazione di senso che va ad incrementare la com- plessità degli oggetti è facile passare alle serie come sommatorie di successioni e ai rapporti incrementali di funzione come indicatori dif- ferenziali di stato tra un precedente e un successivo.

Altri strumenti logici per esprimere la struttura di saperi implicati nell’operazione progettuale, oltre al citato albero di Porfirio (v. par. 1.2), sono i grafi e le reti. I grafi sono oggetti astratti costituiti da un insieme di punti e da un insieme di linee che congiungono tali punti.

Un testo di divulgazione scientifica sui grafi si deve a Oystein Ore2

che, tra l’altro, aveva dato un contributo critico e costruttivo ai criteri di classificazione delle sequenze formali di Kubler3 (v. par. 3.3.2).

L’adozione di grafi come metodo di visualizzazione concettuale della rappresentazione delle varie strutture di un oggetto, prodotto indu- strialmente, è stata proposta ad esempio da Van Onck4 che utilizza dei

grafi per esprimere le reciproche relazioni e le diverse possibilità com- binatorie di tre fattori: contesto ambientale, prodotto e utente.

Un altro strumento di cui dispone la scienza per modellizzare feno- meni complessi è il concetto di rete. La nostra epoca sarà segnata dal “fenomeno rete” che, come ogni fenomeno morfologico profondo, a carattere universale, permea non soltanto la scienza e la tecnica, ma ogni manifestazione della vita sociale, un tratto distintivo di qualunque sistema che riveli una struttura con un certo grado di complessità.

2 Ore (1963).

3 Ore suggeriva a Kubler di applicare appunto il concetto di “grafico reticolare o direzio-

nale” al posto del concetto di serie e sequenze, che riteneva troppo specificamente matematici per essere applicabili al problema in questione: «Ci interessiamo alla varietà degli stadi della creatività umana. Nel processo di sviluppo si passa da uno stadio all’altro. Esiste una possibi- lità di scelta tra numerosissime direzioni. (…) Ciò può essere raffigurato in maniera generale con il concetto matematico di grafico direzionale o reticolare…i grafici devono essere aciclici, cioè non devono contenere alcun percorso ciclico che ritorni al punto di partenza. Questa condizione essenziale trova riscontro in quanto è stato osservato nel progresso umano che non ritorna mai a condizioni precedentemente esistite» (Kubler, 1972, pp. 44-45n trad. it. 1976). Una figura che però contempera la necessaria aciclità del progresso con la ciclicità connessa con un eterno ritorno è quella della spirale, ripresa infatti da Morin quando connota il metodo da assumersi per affrontare il paradigma della complessità come un metodo che non può co- stituirsi che nella ricerca, nel momento in cui l’arrivo di un apprendimento enciclopedico (nel suo senso originario di ankhylios paideia, apprendimento che mette in circolo il sapere), torna ad essere un nuovo punto di partenza: «Il ritorno all’inizio non è un circolo vizioso se il viag- gio…significa esperienza, da cui si risulta cambiati. (…) Allora il cerchio avrà potuto trasfor- marsi in una spirale, in cui il ritorno all’inizio è proprio ciò che allontana dall’inizio» (Morin, 1977, p. 29 trad. it. 1983).

La rete è un oggetto topologico, uno schema concettuale che per- mette di modellizzare un’amplissima gamma di situazioni, selezio- nando e valorizzando certi aspetti di una ricerca e prescindendo da al- tri. Una rete ha in genere la struttura di un albero più o meno ramifi- cato, ed è costituita da nodi, che sono oggetti qualsiasi: forme, artefatti, luoghi, memorie; poi vi sono i collegamenti, incidenti a due nodi, che possono essere direzionati, e nel qual caso il collegamento è orientato. Ai nodi e ai collegamenti sono associate delle variabili e, a nodi parti- colari, sono associate delle ‘trasformazioni’ (es. reti di Petri) che sono suscettibili di modificare lo stato dei nodi coi quali sono collegati.

Quest’ultimo tipo di rete, modello di trasformazioni asincrone e pa- rallele, è una particolare metafora del processo progettuale in ambiente complesso, che, a partire da una serie di “posti occupati”, luogo delle referenze, di oggetti preesistenti, di condizione al contesto, di memorie e suggestioni, opera su questi materiali delle “trasformazioni”, fa- cendo confluire nei “posti vuoti” delle nuove emergenze, nuovi og- getti, nuove configurazioni. Questi posti vuoti sono effettivamente il luogo delle ricadute sul sistema degli oggetti, che vengono riempiti nell’atto progettuale, sono momenti di morfogenesi che si manifestano o nella realtà o nella simulazione, quando i posti che li precedono giun- gono ad una saturazione.

Più in generale, il ricorso all’armamentario logico-matematico, tende a verificare l’ipotesi secondo cui, oltre al contributo alla fase di modellizzazione tassonomica dell’esistente, sia possibile, nell’uni- verso degli artefatti e delle classi di oggetti individuate, tracciare una linea evolutiva capace di essere predittiva e proiettiva, per un intorno temporale considerato, delle più probabili risposte morfologiche otte- nibili dai processi di morfogenesi attivati all’interno dei margini di aleatorietà progettuale nei quali operiamo.

L’oggetto viene inteso come interfaccia tra l’uomo e l’ambiente e, di volta in volta la sua esistenza abbassa il differenziale tra il reale e il possibile. La sua determinazione assume un ruolo adattivo rispetto agli stimoli ambientali, legati alla sua dimensione pragmatica, d’uso. Questo procedimento ricorsivo ambiente-interfaccia-utente raccoglie la memoria dei cicli antecedenti e ad ogni passaggio successivo pro- duce, da un lato, uno sfrondamento del superfluo e, dall’altro, un in- cremento di prestazioni che produce complessità.

3.3. La lettura della dinamica evolutiva delle forme