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La ricerca dei principi logico-astratt

Parte II Metodologie di progettazione e morfogenesi,

3. La progettazione come processo di morfogenes

3.4. La morfogenesi come risposta all’invenzione di nuove funzion

3.4.1. La ricerca dei principi logico-astratt

La ricerca dei principi logico-astrattivi risiede nella messa a punto di apparati concettuali che astraendo dalle particolarità contingenti, definiscano un’ipotesi di assetto sintagmatico-paradigmatico della cosa. Il concetto di paradigma (connesso a quello di intercambiabilità), risulta essere uno degli strumenti efficaci per operare all’interno di si- stemi complessi13. Ad esempio, quello che Simondon (1958) chiama

“oggetto tecnico astratto” è un modello paradigmatico, il cui carattere

essenziale “consiste nell’essere fondato su un’organizzazione anali- tica, lasciando sempre la via libera a delle nuove possibilità” (opposto al carattere inessenziale dell’oggetto su misura prodotto nel lavoro ar- tigiano). L’evoluzione dallo stadio astratto allo stadio concreto dell’oggetto tecnico comporta un’elaborazione all’interno dei margini di variabilità degli assi sintagma-paradigma, logicamente più semplice ma in realtà tecnicamente più complesso e in cui le variabilità di forma costituiscono valore d’informazione e di riconoscibilità. La forma- zione di questi principi di riconoscibilità è un fatto naturale che segue lo sviluppo spontaneo dei meccanismi della percezione dello spazio e degli oggetti; ad esempio, nel bambino si verifica fin dall’età presco- lare. Accade che, sebbene mai vedute prima, strutture ambientali o og- gettuali vengano riconosciute e nominate esattamente senza che vi sia stata “istruzione” sulle loro modalità di percezione in base a modelli. Riteniamo che la precoce formazione concettuale nella rappresenta- zione e identificazione nominale delle cose possa essere assimilata all’eidos dell’oggetto, idea e immagine insieme, forma e concetto. Alla forma della cosa, riconoscibile e individuabile percettivamente ancor prima che controllata dal linguaggio, viene man mano e progressiva- mente correlato il suo nome, articolato dapprima per monosillabi, per sillabe, per assonanze. Dopo un lungo lavoro di imitazione, affina- mento e completa articolazione, il significante e il significato, diven- tano – per citare la metafora di Saussure –, come due facciate dello stesso foglio di carta, di modo che ritagliandone una non si può fare a meno di ritagliare anche l’altra. Ma, in questo lento cammino che con- duce alla formazione concettuale delle cose e dei loro nomi (Toraldo di Francia, 1986) e, in seguito, alla loro rappresentazione grafica attra- verso il disegno14, la priorità spetta al processo di percezione nella sua

totalità e nella molteplicità dei sensi che essa investe, sotto l’azione guidata della visione.

Il lavoro progettuale e creativo su questo sistema formale, consen- tendo grande libertà di variazione di configurazioni successive – pur rimanendo tutte ugualmente riconoscibili per quella particolare classe di oggetti, perché comune è la matrice generale formale –, consente di

14 I risultati di uno studio sperimentale sul disegno dei bambini sono riportati in Arnheim

adottare una tassonomia degli oggetti non esaustiva e limitata ma com- binatoria e illimitata.

La conoscenza delle radici, degli archetipi comportamentali dell’in- terazione uomo-interfaccia-azione-trasformazione, indagate allo sta- dio primigenio di sviluppo, cioè nel comportamento del bambino, nel suo primordiale rapporto con le cose, è un altro aspetto di interesse per lo studio della morfogenesi degli oggetti.

Il mutamento epistemico sembra mettere in crisi i tradizionali ter- mini “razionalistici” e “cartesiani” che hanno caratterizzato le scienze cognitive, a favore di una prospettiva emergente che recuperi il valore dell’esperienza concreta, vissuta, legata al corpo e anzi riconosce nell’accoppiamento incarnato, per mezzo della percezione sensoriale e dell’azione, il tratto essenziale per l’esistenza della cognizione: «L’apice di questi anni di ricerche è stata la comprensione, tra le altre cose, che è necessario invertire l’esperto e il bambino nella scala delle performance. È ormai evidente che il più profondo e più fondamentale tipo di intelligenza è quello del bambino che acquisisce il linguaggio da espressioni disseminate nell’arco della giornata, e che delinea og- getti significativi da un mondo precedentemente indeterminato» (Va- rela, 1994, p. 144).

La lettura dell’ambiente che il bambino compie nei primi mesi di vita gli consente di acquisire conoscenza del proprio corpo e della fun- zione strumentale del suo apparato psicomotorio, della percezione de- gli oggetti, ancor prima che avere coscienza dello spazio. Variazioni nella configurazione spaziale degli arredi e delle suppellettili sono molto meno importanti del valore attribuito agli oggetti in sé, in quanto esistenti, in opposizione alla loro negazione, alla loro non-essenza (Toraldo di Francia, 1986). D’altra parte la possibilità di poter incidere o provocare una modificazione nell’ambiente interagendo con gli og- getti, a livello delle loro interfacce, provoca una gratificazione che è all’origine delle motivazioni dell’attività progettuale. Le condizioni in cui si verificano queste modificazioni sono, ancora una volta, punti di discontinuità, picchi di estremalità, perturbazioni di stati continui. L’osservazione della lettura degli oggetti compiuta dal bambino de- nota che sono proprio gli elementi morfologicamente forti, cioè quelli che maggiormente portano informazioni sul piano visuale/percettivo, che gli consentono di operare una serie di scelte che poi svilupperanno

la prensilità, la manipolazione, la prassìa, armonizzate con la perce- zione. Questo concentrarsi su salti morfologici, sulle singolarità, si estenderà poi progressivamente e per gradi di complessità maggiore agli oggetti caratterizzati da punti, pieghe, o vivacità di colore. Perce- zioni sempre più complesse moltiplicheranno i dati sensoriali: un suono, una luce, un’immagine sul video, una pressione, un sapore, un movimento, un ritmo. Pulsantiere, interruttori, tastiere, comandi, sono una fonte continua di interesse e vengono letti autenticamente nella loro funzione semantica, significano la possibilità di un cambiamento di stato. L’osservazione del percorso evolutivo del rapporto che il bambino ha con la fenomenologia del mondo degli oggetti è una meravigliosa metafora, compiuta in un tempo reale, del percorso compiuto dall’uma- nità in milioni di anni di prove, tentativi, percezioni, azioni, sedimentate nel patrimonio genetico e nella memoria collettiva.