2. Il problema della genesi della forma: un approccio transdisciplinare
2.3. Modelli matematici della morfogenesi 1 Geometria proiettiva e descrittiva
2.3.3. Teoria delle catastrof
Il contributo determinante al consolidamento di una teoria della mor- fogenesi e in generale ad un’esplorazione del mondo delle forme, so- prattutto per la portata transdisciplinare delle conseguenze teoriche che hanno investito ambiti della fisica, della biologia, della linguistica, della semantica, dell’arte, ma soprattutto della topologia, si deve al matema- tico René Thom, che nei testi Stabilité Structurelle et Morphogénèse (1972) e Modèles mathématiques de la morphogénèse (1974) ha elabo- rato la cosiddetta teoria delle catastrofi. Anzitutto Thom ridefinisce il concetto di morfogenesi, che in biologia tendeva a separare significati talvolta in opposizione, in quanto veniva usato per indicare processi em- brionali accompagnati da movimenti spaziali oppure processi formatori di carattere statico (pattern formation). Thom chiarisce che «useremo il termine “morfogenesi” in conformità all’etimologia, nel senso più ge- nerale, per designare ogni processo creatore (o distruttore) di forme; non ci preoccuperemo né della natura (materiale o meno) del substrato delle forme considerate, né della natura delle forze che causano questi cam- biamenti» (Thom, 1974, p. 3 trad. it. 1985).
Così introduce la sua teoria a proposito della successione delle forme:
Uno dei problemi centrali posti dalla mente umana è il problema della suc- cessione delle forme. Qualunque sia la natura ultima della realtà (supposto che quest’espressione abbia un senso), è innegabile che il nostro universo non è un caos; noi vi discerniamo esseri, oggetti, cose che designiamo con altrettante pa- role. Questi esseri o cose sono forme, strutture, dotate di una certa stabilità; esse occupano una certa porzione dello spazio e durano un certo lasso di tempo; di più, benché un dato oggetto possa essere percepito sotto aspetti assai diversi, non esitiamo a riconoscerlo come tale; il riconoscimento d’uno stesso essere sotto l’infinita molteplicità dei suoi aspetti pone di per sé un problema (il classico pro- blema filosofico del concetto), che, mi sembra, solo gli psicologi della scuola della Gestalttheorie hanno posto da un punto di vista geometrico accessibile all’interpretazione scientifica. Supponiamo questo problema risolto conforme- mente all’intuizione ingenua che accorda alle cose esterne un’esistenza indipen- dente dalla nostra percezione. Non meno necessario è ammettere che lo spetta- colo dell’universo è un incessante movimento di nascita, sviluppo, di distruzione di forme. Oggetto di ogni scienza è prevedere questa evoluzione delle forme e, se possibile, spiegarla. (Thom, 1983, p. 3 trad. it. 1980).
Nello studio delle forme, appare evidente il legame necessario col mondo della percezione e col problema del cambiamento, che intro- duce il concetto di discontinuità:
In effetti, proprietà caratteristica di ogni forma, di ogni morfogenesi è il ma- nifestarsi attraverso una discontinuità delle proprietà del mezzo; ora, niente mette più a disagio un matematico di una discontinuità, poiché ogni modello quantita- tivo utilizzabile si fonda sull’impiego di funzioni analitiche, quindi continue. Così, in idrodinamica, i fenomeni del frangersi delle onde sono assai mal com- presi; essi hanno però, certamente grande importanza nella morfogenesi dello spazio a tre dimensioni. In pagine di rara chiaroveggenza, D’Arcy Thompson ha paragonato la forma delle meduse a quella delle figure di diffusione di una goccia d’inchiostro nell’acqua; così non è impossibile che la morfogenesi biologica, me- glio conosciuta, più lenta e più strettamente controllata, ci aiuti a comprendere certi fenomeni rapidi e fugaci della morfogenesi inanimata. (Thom, 1983, p. 13 trad. it. 1980).
Il teorema fondamentale della teoria delle catastrofi di Thom stabili- sce che, usando un modello algebrico qualitativo, esiste un legame in- telligibile fra le cause, le cui azioni variano in modo continuo, ed effetti discontinui. In altri termini, è sempre possibile individuare, nello spazio di controllo a 4 dimensioni, equivalente allo spazio-tempo usuale, in presenza di improvvise condizioni di crisi o discontinuità, insiemi di punti di catastrofe che costituiscono la morfologia del processo.
Le sette catastrofi elementari sono: 1) la piega;
2) la “grinza”, o cuspide;
3) la coda di rondine, o crunodo; 4) la “farfalla”;
5) l’ombelico iperbolico;
6) l’ombelico ellittico, o “pelo”;
7) l’ombelico parabolico (Thom, 1974, p. 10 trad. it. 1985). La ricerca di Thom tende, da una parte, a integrare gli sviluppi della topologia e dell’analisi differenziale al problema della stabilità, della perturbazione e della forma topologica delle funzioni; dall’altra, adat- tare questi modelli matematici avanzati all’embriologia (segnatamente all’embriogenesi) e alla biologia.
Della teoria viene poi presentata l’applicabilità a campi che vanno ampiamente al di là di quello strettamente matematico o biologico: in semantica e linguistica, in semiotica. Thom considera inoltre i processi
di morfogenesi come capaci di fornire un paradigma generale dell’evoluzione. E ancora, sul ricorrere di forme o motivi tipici nelle arti plastiche, così si esprime:
Di dove proviene, allora, il nostro sentimento di bellezza? Dalla sensazione che l’opera non è arbitraria; benché imprevedibile, noi abbiamo l’impressione che la sua esecuzione sia stata diretta da qualche centro organizzatore di grande codimensione ben lontano dalle strutture abituali del pensiero ordinario, ma tut- tavia in risonanza con le grandi strutture affettive o genetiche che sottendono tutto il nostro pensiero cosciente: l’opera d’arte agisce dunque come un germe di catastrofe virtuale nello spirito dell’osservatore. Col favore del disordine, dell’eccitazione prodotti nel campo sensoriale dalla visione dell’opera, certi creodi molto complessi – di troppo grande complessità per resistere alle pertur- bazioni del metabolismo normale del pensiero – possono realizzarsi a un certo momento e sussistere. (Thom, 1983, p. 355 trad. it. 1980).
Distinguendo tra i due tipi di modello meccanico, quello classico, determinista e quello quantistico, sostanzialmente indeterminato, viene confutata la possibilità di descrivere i fenomeni macroscopici adottando il modello classico e l’indeterminatezza delle condizioni iniziali, utilizzando uno dei concetti cardine della teoria del caos, il cosiddetto “effetto farfalla”:
a livello macroscopico, numerosi fenomeni presentano una certa instabilità, dovuta al fatto che determinate simmetrie iniziali scompaiono: così un disco omogeneo abbandonato in caduta libera nell’aria a partire da una posizione orizzontale, de- scriverà, cadendo, una spirale; una vasca cilindrica, piena d’acqua, quando venga tolto il tappo centrale, si svuota, presentando un movimento di rotazione del liquido il cui senso è a priori sconosciuto e imprevedibile: in tutti i casi di questo tipo, variazioni minime delle condizioni iniziali possono determinare grandissime va- riazioni dell’evoluzione ulteriore. (Thom, 1974, p. 6 trad. it. 1985).
Altri due concetti determinanti nella teoria delle di Thom sono quello di risonanza e quello di contagiosità delle catastrofi.
Con risonanza, in fisica, si intende quel fenomeno per cui l’am- piezza delle oscillazioni indotte in un sistema oscillante (meccanico, elettrico, nucleare) tende, in particolari condizioni, ad esaltarsi. In mu- sica, corde di risonanza (o simpatiche) sono quelle che, in alcuni stru- menti a corda (es. viola d’amore), vibrano per risonanza, senza cioè essere pizzicate. La risonanza nei processi morfogenetici è evidente quando si mettono in interazione due sistemi dinamici che presentano
ricorrenza, ciascuno quindi con un proprio attrattore, e nei quali, al momento del loro accoppiamento il prodotto degli attrattori subisce una catastrofe catabolica che degenera in un terzo attrattore12.
La contagiosità è il fattore essenziale che esprime l’attrazione delle forme. Ogni forma aspira all’esistenza e attira in un fronte d’onda d’urto le forme topologicamente vicine esistenti e, nella competizione dei diversi attrattori, solo una minima minoranza di forme perverrà all’esistenza. In particolare la contagiosità si verifica quando, in pre- senza di due sistemi dinamici, si ha l’interazione tra due morfologie di cui una, composta da oggetti-sorgente, esercita sull’altra, sottoposta ad un potenziale molto forte, una sorta di isomorfismo, tale che sia indotta una deformazione “plastica”, cioè dotata di memoria, sulla morfologia ricevente. Simile processo si verifica, ad esempio, nella percezione, in cui l’accoppiamento presentato dalla mente dell’individuo – che costi- tuisce la sua “soggettività” – nei confronti della realtà esterna, mani- festa il suo carattere plastico «attraverso l’immagazzinarsi delle per- cezioni in ricordi, suscettibili di esser richiamati alla memoria in caso di bisogno» (Thom, 1980, p. 258 trad. it. 1985)13.
Ambedue i concetti presentano una forte utilità di rappresentazione dei meccanismi che presiedono alla generazione di nuove forme a par- tire da serie dinamiche poste in relazione, come si verifica nell’azione intenzionale del progettista che usa, ad esempio impiegando le tecni- che, strumenti, repertori formali attinti anche dal magazzino della sto- ria e della memoria, li rielabora ponendoli in risonanza, assecondando, nelle proprie scelte, la dinamica di attrazione delle forme.