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Il momento della svolta

La discussione profonda sviluppatasi nelle fila delle classi dirigenziali della Socialdemocrazia tedesca, in quelle del Labour Party, così come in quelle del Partito socialista italiano portò a dei risultati tangibili sul finire del decennio. Non a caso, dal confronto serrato emersero tre modelli revisionisti differenti, che sono altamente sintomatici delle rotte differenti, ma con dei tratti in comune, percorse dalle tre forze politiche. Il primo può essere identificato con il Godesberger Programm della Spd: anche se furono inizialmente i Reformer a richiedere la modernizzazione dell'agenda ideologica e politica, la sua approvazione a larghissima maggioranza nel Congresso straordinario del 1959 fu dovuta al lavoro della presidenza che, spinta dall'intenzione di uscire da una condizione di minoranza a livello parlamentare protrattasi fin dalla nascita della Repubblica federale nel 1949,1 si convinse dell'importanza di sostituire il programma di

Heidelberg del 1925 con una nuova piattaforma e agì di conseguenza, sconfiggendo la comunque tenace resistenza del gruppo coagulatosi attorno a Wolfgang Abendroth. Il secondo è rappresentato dal tentativo della maggioranza revisionista nel Labour Party di eliminare Clause IV dallo statuto del partito. Impostato dal gruppo di Gaitskell in seguito alla sconfitta elettorale del 1959, non andò a buon fine a causa dell'incapacità del gruppo dirigente gaitskelliano di attrarre consensi tra i militanti del partito su un disegno che in caso di riuscita sarebbe andato ad intaccare il dna del laburismo britannico: ma non per questa ragione non si trattò di un'ipotesi degna di nota nel tentativo di de-proletarizzare

1 Come ricorda Winkler, giocate sull'alternativa tra «economia pianificata» o «economia sociale di mercato», le elezioni del 14 agosto 1949 furono vinte da quei partiti che avevano fatto del secondo principio la loro bandiera: la Cdu-Csu ottenne il 31%, il Fdp l'11,9%. Sull'altro versante la Spd si fermò a quota 29,2% e il 15 settembre il Bundestag votò a maggioranza Adenauer cancelliere federale. Cfr. H. A. Winkler, Grande storia

l'immagine della forza di riferimento della sinistra occidentale nel secondo dopoguerra. Il terzo ed ultimo, che coincide a grosso modo con la Risoluzione di Autonomia approvata dal 58,3% dei delegati del Congresso di Napoli del 1959, era sicuramente meno coerente sul piano ideologico e politico rispetto agli altri due modelli, ma simboleggiava comunque con chiarezza l'intenzione degli autonomisti di abbandonare definitivamente i legami con l'Unione Sovietica e con il Pci con l'obiettivo di assumere tout court i valori tradizionali del socialismo occidentale, così come di riannodare ufficialmente i fili con gli esponenti dirigenziali dei più importanti partiti della sinistra europea, Labour Party e Spd su tutti. Le contraddizioni figlie del passato frontista e la forte opposizione interna restavano sul campo, ma per le ragioni sopra-citate il documento della corrente di Nenni coincise con un primo e significativo segnale concreto del revisionismo del Psi.

Bad Godesberg e i suoi significati

In un saggio del 1979 Gian Enrico Rusconi ha lucidamente sostenuto che la Socialdemocrazia tedesca, dopo le due sconfitte elettorali consecutive del 1953 e del 19567, si era trovata davanti a due ipotetiche rotte politiche, così riassumibili: «conservazione della propria integrità ideale e sociale, a rischio di una perenne minorità politica, oppure accesso al governo a prezzo della propria identità e ruolo politico».2 Ma,

data la volontà della stessa di trasformarsi definitivamente in forza di governo, la scelta non poteva che ricadere sulla seconda opzione, realizzata grazie al mutamento dei connotati di ciò che tradizionalmente si chiamava socialismo, adesso concepito come una «combinazione di garantismo sociale e competenza di governo di una società complessa».3

Per rendere concreta questa svolta, la Spd avviò una discussione programmatica che, entrata nel vivo già nei giorni ancora segnati dallo sconforto post-sconfitta del 15 settembre 1957, sembrò segnare una battuta d'arresto durante l'VIII Congresso nazionale, riunitosi a Stoccarda dal 18 al 23 maggio 1958. In questa occasione i delegati non approvarono infatti la bozza del Grundsatzprogramm presentata da Eichler, chiedendone la stesura di una seconda versione. Le ragioni di una sostanziale bocciatura andavano ricercate nell'eccessiva lunghezza del programma e nella sua complessità sul piano lessicale: «Non dimentichiamoci», osservò un delegato dalla tribuna congressuale, «che

2 G. E. Rusconi, Bad Godesberg è un modello?, cit., p. 920. 3 Ivi, p. 921.

quanto diciamo e quanto scriviamo è destinato ad un palcoscenico di persone che in maggioranza arriva fino alla scuola elementare».4 Eppure, nonostante un risultato

esteriormente negativo, le assisi di Stoccarda, cui presero parte Gaitskell e il chairman del partito Tom Driberg in rappresentanza dei laburisti inglesi,5 possono essere considerate una

sorta di turning point della vicenda storica della Socialdemocrazia tedesca per due ragioni di fondo. Innanzitutto, a livello organizzativo, venne portato a termine un riassetto degli organismi dirigenziali nazionali con la costituzione del Parteipräsidium,6 un ufficio che si

sarebbe dovuto riunire settimanalmente e, per spiegarlo con le parole di Alfred Nau, il responsabile dell'organizzazione della Spd, avrebbe dovuto rendere «la conduzione del partito maggiormente attiva e capace».7 In secondo luogo, grazie soprattutto agli sforzi di

Ollenhauer, che assurse così al ruolo di protagonista nella svolta teorico-politica socialdemocratica,8 la risoluzione finale di Stoccarda dichiarava che la nuova bozza del

programma di base sarebbe dovuta essere pronta entro e non oltre la seconda metà del 1959, così da poterla da poterla approvare in via definitiva nel corso di un congresso straordinario appositamente convocato. Come affermò il massimo dirigente della Spd nel corso della riunione plenaria degli organismi dirigenziali del 7 luglio 1959,

è nell’interesse del partito il varo del documento programmatico al più tardi nel novembre di quest’anno poiché, così facendo, avremo le mani libere per le faccende di carattere strettamente politico alle quali si dovrà infatti dedicare il congresso del prossimo anno in preparazione della campagna elettorale del 1961.9

Onde evitare lungaggini in sede di riscrittura, i massimi dirigenti del partito, in coerenza con le ratifiche congressuali, optarono per la formazione di una specifica commissione redazionale composta, oltre che da Ollenhauer ed Eichler, anche da Fritz Sänger, il direttore del servizio stampa della Spd di Amburgo, da Heinrich Braune, il caporedattore dell'«Hamburger Morgenpost», e da Benedikt Kautsky, proprio colui che aveva recitato un

4 Protokoll der Verhandlungen des Parteitages der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands vom 18. bis

23. Mai 1958 in Stuttgart, Neuer Vorwärts-Verlag, Hannover-Bonn, 1958, p. 393.

5 A conferma di ciò, oltre al succitato protocollo congressuale della Spd, si vedano le seguenti missive conservate in UCLA-GP, s. D-Gaitskell, Engagement, b. 44: Lettera di Lilo Milchsack a Hugh Gaitskell del 21 gennaio 1958; Lettera di Erich Ollenhauer a Hugh Gaitskell del 5 febbraio 1958; Lettera di Erich Ollenhauer a Morgan Phillips del 27 marzo 1958.

6 Presidio del partito.

7 Protokoll der Verhandlungen des Parteitages der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands vom 18. bis

23. Mai 1958 in Stuttgart, cit., p. 290.

8 Cfr. M. Yasuno, op. cit., pp. 28-30. 9 Cfr. Ivi, p. 42.

ruolo di primo piano nella stesura del programma di base della Spö. Oltre al fatto che proprio quest'ultimo aveva suggerito a Ollenhauer di dar vita ad un gruppo esclusivamente dedicato alla redazione della piattaforma programmatica, una scelta del genere dimostrava l'intenzione della Spd di tener concretamente conto dell'esperienza dei socialisti di Vienna, anche perché questi ultimi, come evidenziato da un appunto privato di Eichler, avevano dato vita ad un programma articolato in sole sedici pagine dal «linguaggio chiaro e conciso come in un testo destinato alla scuola dell'obbligo».10

Tra il giugno e l'agosto del 1959 la commissione redattrice si impegnò per condensare la prima edizione della bozza progettuale in una seconda versione che, come si è visto, doveva diventare più snella e comprensibile. Nel tentativo di realizzare un'impresa tutt'altro che facile, si affidò a Braune il compito di redigere un preambolo del programma che contenesse anche la Zeitanalyse, concepita a suo tempo da Weisser, da cui sarebbe dovuto emergere con forza una critica «da un lato nei confronti del capitalismo e dall’altro verso il comunismo».11 Ma non solo. Nel corso di questa fase si fece spazio anche la

necessità di un ulteriore chiarimento nei confronti dei contorni ideologici del socialismo democratico: con un colpo quanto mai netto verso il marxismo teorizzato a suo tempo da Karl Kautsky, i redattori decisero di rendere esplicito il richiamo «al pensiero teorico di Bernstein tacendo dell’operato non solo di Marx ed Engels, ma anche di [Ferdinand ] Lassalle e [August] Bebel».12

Dopo la consueta pausa estiva, nella seduta del 3 settembre la presidenza approvò quanto elaborato dal gruppo redazionale che, di conseguenza, divenne a tutti gli effetti la bozza definitiva del Grundsatzprogramm socialdemocratico e convocò il congresso straordinario, dedicato all'ultima ratifica, dal 13 al 15 novembre 1959 a Bad Godesberg, all'epoca una città autonoma sul lungo Reno nei pressi di Bonn.13 La Socialdemocrazia era

giunta ad un punto decisivo della sua vicenda, come lasciava chiaramente trasparire l'editoriale di Eichler sul «Vorwärts» dell'11 settembre: infatti, oltre ad enucleare le modalità redazionali del documento progettuale, il presidente della Programmkommission anticipava delle novità programmatiche importanti quali, ad esempio, i nuovi rapporti con

10 W. Eichler, Vergleich des Entwurfs eines neuen Grundsatzprogramms der Sozialdemokratischen Partei

Deutschlands mit dem neuen Grundsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei Österreichs, in ADSD,

nl. Fritz Sänger, segn. c. 55.

11 Lettera di F. Frickhöffer a Carlo Schmid, in ADSD, nl. Carlo Schmid, segn. c. 687. 12 Cfr. M. Yasuno, op. cit., p. 44.

13 Cfr. Kommuniqué über die Sitzung des Parteivorstandes, «Sozialdemokratischer Pressedienst», 4 settembre 1959.

le differenti confessioni religiose, la rinuncia ad ogni riferimento marxista, il riconoscimento dell’economia di mercato così come della proprietà privata, nonché «l’esplicita professione di democrazia del socialismo».14

Oltre ad una lunghezza minore e ad un vocabolario più comprensibile, che dimostrava come il nuovo documento non fosse più connotato dallo «stile del componimento scientifico» della versione di Stoccarda,15 la versione presentata a Bad

Godesberg, attraverso otto brevi sezioni (I valori fondamentali del socialismo, Le esigenze fondamentali di una società degna dell’uomo, L’ordinamento statale, L’ordinamento economico, L’ordinamento sociale, La vita culturale, La comunità internazionale, La nostra via), conteneva le quattro novità a livello teorico e programmatico che avrebbero caratterizzato la futura impostazione della Socialdemocrazia tedesca. Una precisazione è però doverosa: lungi dal rappresentare una «rinuncia al socialismo come tale»,16 il

programma aveva i connotati di un tentativo concepito per trovare delle risposte adeguate alle situazioni particolari e complesse di una società industriale avanzata come la Germania federale degli anni Cinquanta.

Entrando nella descrizione vera e propria, vi è da dire che, in prima istanza il Godesberger Programm rendeva manifesta la rinuncia a Marx e al socialismo scientifico, che ancora connotavano la prima bozza,17 in quanto non soltanto non riportava alcun cenno

ai principi marxisti, ma giungeva a dichiarare che «la libertà, la giustizia e la solidarietà […] sono i valori fondamentali della volontà socialista».18 Confrontando questi assunti con

quanto emerso nel Congresso di Berlino del 1954, si può intuire come si fosse di fronte ad un'innegabile rottura con il passato. Nelle assise berlinesi lo stesso Eichler non aveva infatti mancato di sottolineare la rilevanza nella tradizione socialdemocratica del socialismo di Marx, visto che puntava a «portare la libertà a tutta l’umanità all’interno di un ordine democratico senza sfruttamento e tirannia».19 Al contrario, a Bad Godesberg si

mise sotto accusa il carattere determinista della visione marxista, perché era da ritenere valido soltanto il principio secondo cui «il socialismo democratico […] non ha la pretesa di

14 W. Eichler, Grundsatzprogramm der SPD, «Vorwärts», 11 settembre 1959.

15 Id., Vergleich des Entwurfs eines neuen Grundsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei

Deutschlands mit dem neuen Grudsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei Österreichs, cit.

16 G. E. Rusconi, Presentazione in F. Traldi, Verso Bad Godesberg, cit., p. 10. 17 Cfr. E. Harder, op. cit., p. 152.

18 Grundsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands, beschlossen auf dem

ausserordentlichen Parteitag in Bad Godesberg 1959, in D. Dowe, K. Klotzbach (Hg.), op. cit., p. 326.

19 Protokoll der Verhandlungen des Parteitages der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands vom 20. bis

annunciare nessuna verità suprema».20

Proprio il mancato riferimento al marxismo, sempre sul piano teorico, corrispondeva al più evidente tratto di differenza tra la piattaforma del 1959 e quella di Heidelberg del 1925. Mentre quest'ultimo documento conteneva, oltre ad un'analisi della complessa situazione socio-economica della Germania di Weimar e ad una presa di posizione a difesa delle istituzioni repubblicane, la distinzione classica dei partiti di natura marxista: la coesistenza tra il programma minimo, che consentiva alla forza politica in questione di adottare nella quotidianità un modus operandi intrinsecamente riformista, e il programma massimo, ovvero la meta finale a cui il movimento sarebbe «deterministicamente» giunto, in un futuro più o meno prossimo.21 Il Godesberger

Programm non confermava questo tipo di differenziazione, dal momento che i suoi autori ritenevano essenziale il superamento della diarchia tra teoria e prassi.22 In altre parole, il

distacco dal marxismo, oltre a coincidere, come notato da Sassoon, con «la rappresentazione simbolica dell'abbandono del socialismo in quanto 'stato finale'»,23

significava che i nuovi obiettivi individuati dai socialdemocratici tedeschi, tra cui l'aumento della prosperità, l'equa ripartizione del prodotto nazionale, la piena occupazione e la stabilità politica, sarebbero stati validi nel presente, così come nel futuro. D'altro canto, a detta di Fritz Erler, negli anni Cinquanta del novecento la dottrina marxista non forniva più una chiave di lettura valida per i mutamenti in atto:

Una produzione scientifica risalente al XIX secolo come quella marxista non dà più nessuna ricetta utilizzabile per la politica della seconda metà del XX secolo. Infatti il programma prende in considerazione tutto lo sviluppo intellettuale da Marx in poi.24

Dal mancato richiamo all'influenza di Karl Marx all'abbandono di qualsiasi traccia di identità operaia il tragitto era abbastanza breve e venne percorso senza troppi problemi. Se nel Congresso di Dortmund del '52 la Spd aveva ritenuto opportuno riconfermare la propria natura classista, autodefinendosi come una forza dei «lavoratori, dei funzionari

20 Grundsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands, beschlossen auf dem

ausserordentlichen Parteitag in Bad Godesberg 1959, in D. Dowe, K. Klotzbach (Hg.), op. cit., p. 327.

21 Cfr. M. L. Salvadori, Kautsky e la rivoluzione socialista 1880/1938, Feltrinelli, Milano, 1978, pp. 310- 315.

22 Cfr. E. Harder, op. cit., p. 136. 23 D. Sassoon, op. cit., p. 286.

pubblici, degli impiegati, degli intellettuali, dei contadini e di tutta la gente che vive del proprio lavoro»,25 già nel 1954 a Berlino si era sostenuto che «la Socialdemocrazia è

diventata da partito dei lavoratori, come in effetti era sorta, il partito del popolo»,26 anche

se «la classe operaia» costituiva pur sempre «la base dei suoi componenti e dei suoi elettori».27 A Bad Godesberg queste puntualizzazioni non vennero più ritenute necessarie e

l'unica forma accettabile, stando alla piattaforma programmatica, era quella di «partito del popolo».28 Nel ricercare le origini di questa definizione, Mario Telò ha evidenziato come

fosse da ricollegare alla concezione svedese di Folkhem che, ideata da Per Albin Hansson, presidente del Sap dal 1925 al 1946, significava letteralmente «casa di tutto il popolo», e rappresentava la «la chiave della proposta del partito operaio ai ceti medi e contadini e in genere a tutta la popolazione».29 Dietro ad un cambio di prospettiva così significativo si

celava l'intenzione, neanche tanto velata, di presentarsi all'elettorato tedesco nelle vesti di una forza riformista concretamente impegnata nel miglioramento delle condizioni di vita dell'intero popolazione e non soltanto di una porzione di essa.30 Questa scelta non era però

motivata solamente dai risultati negativi nelle consultazioni del 1953 e del 1957: era infatti probabilmente influenzata da un fiorire di studi, come, per esempio, The End of Ideology di Daniel Bell, che cercavano di dimostrare come il crescente benessere di cui godeva il ceto operaio avesse fatto sì che un elettorato tradizionalmente fedele alla Socialdemocrazia, sentisse meglio interpretati i suoi desideri dai governi conservatori.31 Pertanto, per uscire

da una simile situazione di sostanziale inferiorità non restava che rendere più moderate le basi teoriche e la proposta politico-programmatica della Spd, se si voleva cercare di attrarre il maggior numero di elettori, così da poter lasciarsi alle spalle la scomoda posizione di oppositio in perennis.32

Strettamente connesso alla perdita di centralità del marxismo e alla messa in soffitta

25 Aktions-Programm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands. Beschlossen auf dem Dortmunder

Parteitag am 28. September, cit., p. 19.

26 Aktions-Programm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands. Beschlossen auf dem Dortmunder

Parteitag am 28. September 1952. Erweitert auf dem Berliner Parteitag am 24. Juli 1954 in H. Potthoff, S.

Miller, op. cit., p. 486. 27 Ibidem.

28Grundsatzprogramm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands, beschlossen auf dem

ausserordentlichen Parteitag in Bad Godesberg 1959, in D. Dowe, K. Klotzbach (Hg.), op. cit., p. 344.

29 M. Telò, Tradizione socialista e progetto europeo. Le idee della socialdemocrazia tedesca tra storia e

prospettiva, Editori Riuniti, Roma, 1988, p. 44.

30 Cfr. K. Klotzbach, op. cit., pp. 452-453.

31 Cfr. D. Bell, The End of Ideology: on the Exhaustion of Political Ideas in the Fifties, Free Press, New York, 1967, p. 404.

dell'identità operaia era il terzo punto rilevante del Grundsatzprogramm. Sul piano economico-industriale una modernizzazione sarebbe potuta avvenire grazie alla mancata considerazione della nazionalizzazione dei mezzi di produzione quale strumento cui ricorrere in ogni evenienza. Un cambiamento del genere non si era però concretizzato soltanto nell'ultimo periodo. A ben vedere nella variante dell'Aktions-Programm di Dortmund varata nel Congresso di Berlino si potevano infatti cogliere i primi cenni di cambiamento nella visione socialdemocratica dell'economia: «un nuovo ordine del corso economico», così recitava il documento del 1954, era possibile

attraverso la connessione della pianificazione popolare e dell'economia di mercato individualista, di una politica dei redditi a favore delle debolezze economiche e della traslazione delle industrie di base nella proprietà pubblica [così come] il diritto dei lavoratori alla cogestione.33

Da questa citazione se ne deduce che, stando a quanto sostenuto da una sensata puntualizzazione di Ernesto Harder, le proposte economiche che avrebbero fatto da nucleo centrale al Godesberger Programm erano state già anticipate a partire dai primi anni Cinquanta.34 D'altro canto, si guardi anche al famoso slogan «tanta concorrenza quanto

possibile, tanta pianificazione quanto necessaria», che raffigurava l'avvenuta accettazione dell'ordinamento economico capitalista e, al tempo stesso, una sua intenzione di correggerne le storture attraverso delle misure genuinamente socialdemocratiche: non venne utilizzato per la prima volta nel documento programmatico del 1959, ma fu coniato, come già ricordato, da Karl Schiller nel febbraio del '53 durante un convegno a Bochum.35

Ciò non toglie che se prima dell'approvazione del Grundsatzprogramm trovavano ancora spazio i sostenitori del monopolio pubblico in campo industriale,36 con il varo della nuova

piattaforma una simile prospettiva era nei fatti venuta meno, anche se la formula con cui una simile decisione venne resa pubblica era obiettivamente enigmatica:

La libera scelta dei consumatori e la libera scelta del posto di lavoro sono il fondamento essenziale della politica economica socialdemocratica,

33 Aktions-Programm der Spd, beschlossen auf dem Parteitag in Dortmund 1952 und erweitert auf dem

Parteitag in Berlin 1954, in D. Dowe, K. Klotzbach (Hg.), op. cit., p. 284.

34 Cfr. E. Harder, op. cit., pp. 127-128. 35 Cfr. M. Held, op. cit., p. 252.

36 Si vedano, a tal proposito, alcuni specifici passaggi della relazione di Ollenhauer di fronte al Congresso di Berlino del 1954. Cfr. Protokoll der Verhandlungen des Parteitages der Sozialdemokratischen Partei

mentre la libera concorrenza e la libera iniziativa imprenditoriale sono elementi importanti di essa. […] L’economia totalitaria annienta la libertà. Per questo motivo il partito socialdemocratico tedesco approva la libera economia di mercato ovunque esista effettivamente la concorrenza. Nel caso in cui taluni mercati cadano sotto il dominio di singoli o di gruppi, si rendono però necessarie molteplici misure per ristabilire la libertà economica.37

Sassoon non sbagliava quando scriveva che non vi era niente «del programma di Bad Godesberg che scoraggi i sostenitori della nazionalizzazione»,38 ma l'assunto sopra citato

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