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UN MODELLO DI ANALISI DELLE RETI: LA SOCIAL NETWORK ANALYSIS

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UN MODELLO DI ANALISI DELLE RETI: LA SOCIAL NETWORK ANALYSIS

La Social Network Analysis è un insieme di tecniche di analisi strutturale che si basa sull’assunto che la spiegazione dei fenomeni sociali deve partire dall’analisi delle relazioni che legano gli elementi piuttosto che dalle caratteristiche stesse degli stessi. Così l’azione dell’attore sociale viene considerata in relazione a determinati vincoli strutturali e non in termini di libertà di scelta, anche se la forma che le relazioni sociali assumono viene in parte spiegata come il risultato di scelte fatte dagli attori. Tra il network e l’attore sociale c’è un rapporto ricorsivo: né prevale la struttura sull’azione degli attori, né quest’ultima è considerata libera da qualsiasi vincolo. Questo nuovo modo di analizzare la realtà sociale determina il superamento di parte delle tecniche statistiche classiche che si basano sull’analisi di elementi indipendenti tra loro. I metodi strutturali si sono sviluppati definendo le popolazioni in maniera relazionale piuttosto che categoriale.

I primi passi verso questo approccio furono mossi dal gruppo di ricercatori inglesi della Scuola di Manchester che non riuscivano più ad esaurire gli interrogativi che emergevano dai loro studi all’interno dell’analisi struttural-funzionalista. Questo paradigma si rivelò inadeguato dal momento che questi studiosi passarono dallo studio di

piccole società tribali allo studio di società di grandi dimensioni, caratterizzate da mobilità e conflittualità. Infatti, alla base dell’analisi struttural-funzionalista c’è una concezione di società sostanzialmente statica, dai confini ben delimitati, in cui le persone sono inquadrate in ruoli precisi, in relazioni a norme stabilite. La struttura sociale viene paragonata ad un organismo naturale e assume una forma indipendentemente dagli individui che la compongono.

La SNA risulta essere una rielaborazione più complessa e precisa delle problematiche che emersero in quel periodo. Inizialmente l’idea di rete fu usata semplicemente in senso metaforico; solo in seguito venne gradualmente trasformata in un concetto analitico a cui poter applicare la teoria matematica dei grafi.

In seguito a questi sviluppi, negli anni Settanta si cercò di usare il concetto di network per studiare la struttura sociale, e quindi di rielaborare i principi dello strutturalismo attraverso il ricorso a strumenti di rappresentazione matematica. In questo caso la struttura è considerata «un modello persistente di relazioni sociali» (Piselli, 1995). Le relazioni sono quindi l’unità base della struttura sociale. Così la struttura viene rappresentata come un network, inteso come un insieme di nodi e dei loro legami.

Tutto ciò avvenne grazie allo sviluppo di interpretazioni algebriche dei network sociali e all’introduzione delle tecniche di scale multidimensionali. Questo gruppo di ricercatori cercò di analizzare la

struttura sociale attraverso l’uso di strumenti algebrici. La loro impostazione ebbe uno sviluppo sempre più rapido e venne adottato anche in ambiti disciplinari molto diversi tra loro. In particolare alla scuola di Harvard si affiancarono Wellman e Berkowitz, entrambi allievi di White, con il gruppo di studiosi dell’Università di Toronto. Nel 1978 nacque l’International Network for Social Network Analysis (INSNA). Tuttavia, a causa dell’applicazione di questo paradigma ad ambiti disciplinari e a problematiche molto diverse, fino ad ora, non si è creato un paradigma teorico omogeneo.

Un punto fondamentale della SNA è quello di risolvere il problema della dualità “micro-macro” nell’analisi sociale. Infatti, questi studi riescono ad osservare le due realtà attraverso le stesse categorie analitiche che possono essere applicate sia alla società nella sua interezza sia ai legami di un singolo nodo.

Negli studi di network analysis si passa gradualmente dall’analisi di piccole realtà, formate da poche decine di “nodi”, a realtà sempre più estese, fino ad arrivare a pensare che la società contemporanea sia composta da networks (come nell’idea di «network society» di Castells) e che lo studio delle relazioni permetta di far emergere elementi non visibili attraverso l’analisi delle caratteristiche dei singoli soggetti.

La SNA ha inoltre determinato lo spostamento dell’attenzione dai gruppi17 agli individui. Sebbene siano stati da subito introdotti gli

strumenti che permettessero di focalizzarsi su questa nuova categoria, il passaggio non è stato così facile e i concetti chiave dell’approccio strutturale, come appunto il concetto di gruppo, hanno continuato ad essere al centro dell’attenzione. Così inizialmente i networks sociali hanno avuto un ruolo residuale, nel senso che sono stati applicati per spiegare quelle relazioni informali che non possono essere spiegate attraverso «i concetti strutturali di appartenenza territoriale e industriale». Come riportato da Piselli, Mitchell (1988) sistematizzò i termini del dibattito. Lo studioso suggerì di classificare le relazioni sociali in tre tipi diversi: le relazioni create in relazione all’appartenenza a strutture istituzionali; le relazioni che si stabiliscono in base all’appartenenza a categorie sociali; e le relazioni sviluppatesi in base a legami personali. In questo modo Mitchell distingue i networks delle relazioni personali dalle altre forme che assumono le relazioni istituzionali. Partendo dall’analisi dei networks, anziché dei gruppi, gli studiosi sono in grado di studiare sia i legami che non formano gruppi distinti, sia i networks che sono così delimitati e densamente legati da formare un gruppo.

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Comunello riporta la definizione dell’enciclopedia di filosofia (1982) in cui i gruppi vengono definiti come «»insiemi relativamente piccoli di individui, che entrano in relazione sulla base di interessi o caratteri comuni e interagiscono spesso fra loro in modo diretto.

Così gli studiosi di network analysis si concentrano sullo studio degli «individui dentro i gruppi e le istituzioni» [Piselli, 1995], cioè analizzano come gli individui vengono influenzati dalla struttura in cui si trovano ma anche come questi riescano a usarla per i propri interessi arrivando persino a modificarla.

Cambiare la prospettiva di analisi e studiare la società in termini di networks mette in evidenza il passaggio da un sistema di relazioni fondato sulla prossimità geografica e sui sistemi di appartenenza, ad un modello di società strutturato intorno a networks. Secondo Comunello è possibile individuare una tendenza evolutiva che parte da un «modello di connettività door-to-door», che caratterizzava le forme di società basate sulla prossimità, e si sviluppa attraverso un modello «place-to- place» nel quale, grazie allo sviluppo di vie di comunicazione, i legami tra le persone divengono gradualmente indipendenti dalla prossimità fisica, fino ad una connettività «person-to-person» e poi «role-to-role», di cui parla anche Wellman, che basa la sua analisi sulla personalizzazione dei rapporti. La rivoluzione della tecnologia dell’informazione, con lo sviluppo della telefonia mobile e di reti di trasporto di dati, ha determinato un’ulteriore possibilità di sviluppare networks sociali. Soprattutto l’integrazione tra dispositivi fissi e mobili per l’accesso ad Internet ha reso le persone completamente indipendenti dai luoghi: la connettività si libera dai portali e fluisce in modalità «person-to-person». Tutto ciò determina la frammentazione dei

ruoli all’interno dei gruppi sociali, cosicché le persone stabiliscono i legami attraverso una connettività chiamata «role-to-role». Infatti, i contatti mediati si indirizzano non alla persona nella sua interezza, ma allo specifico ruolo che viene impersonato in un preciso momento. Gli individui, nella «società in rete», appartengono ad un alto numero di networks, non nella loro totalità, ma solo ricoprendo un particolare “ruolo” che può essere assunto in maniera più o meno stabile. È come se le persone fossero composte da diversi «ego virtuali» (Comunello, 2006), che sono usati in relazione ai diversi networks a cui partecipano. Una simile concezione della società rende sempre più obsoleto il concetto di “comunità” nel senso tradizionale come categoria di analisi.