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Modifiche al Testo Unico di sostegno alla maternità e alla paternità (d lgs.

CAPITOLO 2 IL WELFARE AZIENDALE COME STRUMENTO DI CONCILIAZIONE

2.2 MISURE DI TUTELA DELLA PARITA’ E INSERIMENTO DELLA DONNA NEL

2.2.3 L’impatto del Jobs Act nella tutela delle lavoratrici

2.2.3.1 Modifiche al Testo Unico di sostegno alla maternità e alla paternità (d lgs.

Di seguito verranno analizzati gli articoli del Jobs Act che hanno modificato il Testo Unico di sostegno alla maternità e alla paternità, evidenziandone i miglioramenti e le eventuali criticità.

Inizialmente verrà introdotta l’analisi degli articoli che hanno come tema centrale l’estensione della tutela dei congedi genitoriali che, a partire dal 1971, miravano a proteggere la salute fisica della lavoratrice madre e del figlio, ponendo in essere anche delle tutele giuridiche ed economiche che individuavano come obiettivo quello di evitare licenziamenti discriminatori e, al contempo, quello di garantire un adeguato supporto economico durante la gravidanza e il periodo di puerperio.

Procedendo con ordine, è necessario esaminare l’art. 280 che tratta del congedo di maternità, andando a modificare la lettera d dell’art. 16 del d. lgs. 151/2001. Esso introduce nel primo comma la possibilità per la lavoratrice, nel caso di parto prematuro, di aggiungere i giorni di congedo non goduti durante il parto “al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi […] superi il limite complessivo di cinque mesi” e di chiedere, nell’eventualità del ricovero del neonato, la sospensione del congedo di maternità, che potrà riprendere subito dopo le dimissioni del bambino dall’ospedale. Quest’ultima eventualità è sottoposta a due vincoli specificati nel secondo comma, ossia il fatto che sia usufruibile solo una volta per ogni figlio e che sia allegato un documento dell’ospedale che attesti il reale stato di salute del bambino. Tali agevolazioni vanno estese, oltre che alle lavoratrici subordinate, anche a quelle parasubordinate o associate in partecipazione, stante il decreto ministeriale del 12 luglio 200781.

80 Art. 2 d. lgs. 80/2015:”1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti

modificazioni: a) all'articolo 16, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.»; b) dopo l'articolo 16 è inserito il seguente: «Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità). - 1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. 2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa.”.

81 Art. 1 d. m. 12 luglio 2007: “Il divieto di adibire le donne al lavoro per i periodi di cui all'art. 16 del

decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e' esteso ai committenti di lavoratrici a progetto e categorie assimilate iscritte alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di

Questo articolo trova una sorta di precisazione nel seguente art. 4, in cui si parla di congedo di maternità nel caso di adozione o affidamento di un bambino, andando ad intervenire nell’art. 26 del d. lgs. 151/2001. E’ stato inserito il comma 6 bis che corrisponde, quanto a significato, all’appena citato 16 bis in questa particolare situazione, quindi alla possibilità di godere di un congedo per un intervallo massimo di cinque mesi, che può essere anche frazionato82.

Per quanto attiene questo primo articolo analizzato sono state riscontrate alcune criticità: in primo luogo non è chiaro se l’espressione “in tutto o in parte” riferita ai congedi di maternità lasci aperta la possibilità di rinunciare ad essi, anche se, essendo obbligatori per legge, sembra che l’interpretazione più accreditata si sbilanci verso una possibilità di frazionamento del congedo stesso.

Un’altra critica è stata mossa verso la documentazione ospedaliera da presentare per la sospensione o il rinvio del congedo: non è infatti stata disciplinata in nessun modo la procedura e la tipologia per la redazione e il rilascio di tale allegato.

Un altro dubbio nasce nel caso in cui la lavoratrice sia assunta con un contratto a termine, che con il rinvio o la sospensione del congedo di maternità dovrebbe subire un’inevitabile proroga, salva l’ipotesi in cui vi sia un accordo tra lavoratrice e datore per sospendere il rapporto di lavoro in concomitanza con la sospensione del congedo, da riprendersi nel momento in cui la lavoratrice ritorna sul posto lavoro.

Cambiando tipologia di congedo, nell’art. 5 si parla di congedo di paternità, quindi riferito al lavoratore padre, nell’ambito di quella politica, sempre più diffusa, che spinge affinchè anche l’uomo possa occuparsi della cura dei figli, per riconoscere la parità di genere sia tra i genitori che sul lavoro. Con questa norma viene modificato il Testo Unico nell’ambito dell’art. 28, aggiungendo un comma 1 bis e 1 ter, in cui viene stabilita l’estensione del diritto al congedo di paternità al lavoratore padre dipendente anche nel caso in cui la madre sia lavoratrice autonoma ed inoltre, in questo caso specifico, l’indennità prevista per la madre viene garantita anche al padre, nel caso sia lavoratore autonomo. Ciò avviene previa richiesta all’Inps, per tutta la durata del periodo del congedo di maternità, o per la parte di cui non si è ancora usufruito se si verifica il caso di morte, grave infermità o abbandono del bambino da parte della madre, o nel caso in

seguito definita «gestione separata», nonche' agli associanti in partecipazione, a tutela delle associate in partecipazione iscritte alla gestione medesima.”.

cui il bambino venga affidato a titolo esclusivo al padre, nonché in caso di adozione o affidamento qualora la madre lavoratrice decida di non farne richiesta.

L’articolo successivo, il numero 6, estende le previsioni del precedente al caso di adozione o affidamento andando a modificare l’art. 31 del d. lgs. 151/2001.

Affrontando ora i congedi parentali, questi sono analizzati a partire dall’art. 7 che attua i criteri presenti nell’art. 1, comma 9, lett. g ed h della legge 183/2014, in cui viene innanzitutto esteso il periodo in cui i lavoratori possono usufruirvi, passando dagli otto ai dodici anni del bambino, norma che verrà traslata anche relativamente ai minori “in situazione di gravità accertata”83 e al caso di bambini adottati o dati in affidamento84. Nella seconda parte dell’articolo viene riconosciuta la possibilità per il lavoratore di scegliere di usufruire del congedo parentale su base oraria, o su base giornaliera, nel caso in cui questo non sia specificato già dalla contrattazione collettiva anche aziendale. Questa innovazione era stata parzialmente introdotta nel 201285, quando si è deciso di affidare alla contrattazione di settore il compito di identificare le modalità di fruizione su base oraria, i criteri di calcolo della stessa e l’equiparazione di un monte ore alla singola giornata lavorativa. Spesso però i lavoratori sono costretti a scegliere di usufruire del congedo parentale su base giornaliera. Infatti, come è noto, nella contrattazione collettiva si verificano frequentemente dei ritardi nel rinnovo dei contratti, oppure non vengono definite le disposizione per la base oraria.

Infine, alla lettera c dell’art. 7 vengono aggiunte delle novità procedurali per la comunicazione della regolare fruizione del congedo tra lavoratore e datore. Viene quindi ridotto da quindici a cinque i giorni il preavviso che è tenuto a rispettare il lavoratore in caso di congedo giornaliero che, nel caso di congedo su base oraria scende a due giorni; questa innovazione non è scevra da critiche poiché si rivela particolarmente penalizzante

83 Art. 8 d. lgs. 80/2015: “All'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole:

«entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino» sono sostituite dalle seguenti: «entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino»”.

84 Art. 10 d. lgs. 80/2015: “All'articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le

seguenti modifiche: a) al comma 2 le parole: «entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «entro dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia; b) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. L'indennità di cui all'articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia».”.

85 Art. 1 comma 339, lett. a legge n. 228 del 24 dicembre 2012: “a) dopo il comma 1 e' inserito il

seguente:«1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalita' di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonche' i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. […]”.

per l’organizzazione del datore di lavoro, soprattutto per quanto riguarda la previsione di una sostituzione su base oraria86.

Analizzando ora l’art. 9, relativo al trattamento economico e normativo del congedo parentale, si può notare che esso, modificando l’art. 34 del d. lgs. 151/2001, eleva la possibilità di usufruire dell’indennità del congedo parentale dai tre ai sei anni del bambino, quando invece, prima delle misure sperimentali, la tutela economica era garantita fino ai tre anni e dai quattro agli otto anni invece era prevista solo una tutela eventuale, a condizione che il reddito individuale del lavoratore fosse inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’AGO87.