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I vincoli normativi di tutela e promozione del welfare

CAPITOLO 1 IL WELFARE AZIENDALE E CONTRATTUALE: RISORSA PER LA

1.3 IL QUADRO NORMATIVO

1.3.1 I vincoli normativi di tutela e promozione del welfare

Nonostante il welfare aziendale e contrattuale non abbia ancora ricevuto degno riconoscimento e una chiara definizione nel panorama legislativo, ci sono delle leggi, che pur non citandolo esplicitamente, ne trattano alcuni aspetti.

Il welfare aziendale è presente e, in qualche modo favorito, nella normativa italiana già dalla stesura della Costituzione, anche se in modo piuttosto blando, e può essere visto addirittura come un riflesso dei primi articoli: in particolare l’art. 218 per quanto riguarda il principio solidaristico e, soprattutto di solidarietà sociale, l’art. 319 per il principio di uguaglianza formale e sostanziale, oltre che per l’affermazione della pari dignità sociale e l’art. 420 per quanto riguarda il diritto e il dovere al lavoro di ogni cittadino.

Il sostegno alle misure di welfare è promosso anche in articoli successivi, come negli artt. 1821 e 4122, tra loro correlati, che tutelano, rispettivamente, la libertà associativa e la libera iniziativa economica privata: ciò implicitamente significa che tramite associazioni o imprenditori di vario genere possono essere prese delle misure di welfare in quanto la loro attività è libera.

Per ciò che concerne la Costituzione possiamo notare, come anticipato nel paragrafo precedente, che non esiste una definizione di welfare ed inoltre è un argomento trattato in modo disorganico in più articoli diversi tra loro. Quindi per avere un quadro più nitido sul tema è necessario ricercare in altri ambiti, come i decreti legislativi, in particolare

18 Art. 2 Cost.: “La Repubblica […] richiede l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica

e sociale.”.

19 Art. 3 Cost.: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza

distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

20 Art. 4 Cost.: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che

rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”

21 Art. 18 Cost.: “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non

sono vietati ai singoli dalla legge penale.[…].”.

quelli riguardanti la tutela della maternità e della paternità23, la previdenza complementare, l’assistenza integrativa e la disciplina fiscale e contributiva.

Per quanto riguarda gli altri due punti, la previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa, sono stati disciplinati principalmente, rispettivamente, con il D.lgs. n.252 del 2005 e con il D.lgs. n. 502 del 1992.

Il settore previdenziale ha avuto una svolta innovativa con il decreto del 2005 inerente la previdenza complementare: esso affianca la previdenza integrativa alla previdenza pubblica, gestita dallo Stato, non più sufficiente da sola a garantire la sicurezza delle pensioni. Con questo decreto legislativo, nel 2005, si apriva la strada ad un nuovo tipo di previdenza tramite accordi, contratti collettivi e contratti aziendali24, già introdotta in precedenza dal decreto legislativo n. 124 del 199325, in modo del tutto libero e volontario, concedendo inoltre un vantaggio fiscale, in quanto questo genere di contributi, versati dal datore e dal lavoratori erano deducibili dal reddito dichiarato fino a un massimo di 5.164,57 Euro, costituendo così un vantaggio per entrambi i soggetti.

Lo sviluppo di fondi per la previdenza complementare gestiti dalle parti sociali portano con sé dei vantaggi ulteriori, come la possibilità di mutualizzare i costi di contribuzione e di creare delle economie di scala dovute all’elevato numero di aderenti. Per questi motivi si può notare un’importante espansione di questi fondi proprio nei settori in cui, tradizionalmente, sono forti le relazioni industriali, ad esempio Fondo Cometa per il settore metalmeccanico, Fonchim per il settore chimico farmaceutico industriale e Alifond per il settore dell’industria alimentare26.

Passando poi all’assistenza sanitaria integrativa, similmente al caso di previdenza di tipo privato appena citato, essa è stata istituita dal decreto legislativo n. 502 del 1992 che la

23 La tutela delle politiche genitoriali rientra più nello specifico nell’ambito della conciliazione vita-lavoro per la cui trattazione si invia al capitolo successivo.

24 Vedi nota 11.

25 Art. 3 comma 1 d. lgs 124/1993: “Salvo quanto previsto dall’art. 9, le fonti istitutive delle forma

pensionistiche complementari sono le seguenti:

a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro, accordi anche interaziendali per gli appartenenti alla categoria dei Quadri promossi dalle organizzazioni sindacali nazionali rappresentative della categoria membri del Consiglio nazionale dell’economia del lavoro;

accordi fra lavoratori autonomi e fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale;

regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, anche aziendali;

c-bis) accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute.”.

26 B. Ebbinghaus, ‘Il ruolo delle parti sociali nelle riforme pensionistiche europee: passato e presente’, Rivista delle Politiche Sociali, Roma, n. 4 del 2008.

legittimava a integrare i servizi di assistenza sanitaria già previsti dal servizio sanitario nazionale e, riconoscendo la possibilità anche alla contrattazione collettiva di costituire questi fondi27. Successivamente questi provvedimenti sono stati riformati con la riforma Bindi del 1999 (d. lgs. 299/1999), in cui il Legislatore ne ha voluto ribadire le finalità integrative. Un decennio più tardi sono state apposte delle precisazioni riguardo il raggio di azione degli interventi dei fondi con il cosiddetto Decreto Turco del 2008 (decreto del Ministro della Salute del 31 marzo 2008) e con il decreto Sacconi del 27 ottobre del 2009 che integra e modifica il precedente decreto.

Con questi provvedimenti il Legislatore ha voluto intervenire nel settore dell’assistenza sanitaria che negli anni ha risentito della crisi economica e dall’abbandono delle misure di welfare state da parte dello Stato. In questo modo sono stati istituiti i cosiddetti ‘fondi integrativi’ del servizio sanitario nazionale a cui i datori o i lavoratori possono contribuire versando una quota che viene spesso identificata come un servizio di welfare aziendale reso in conformità di un accordo, un regolamento o un contratto che sempre più spesso si concretizza in un Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL). Tutti questi contributi sono favoriti da un’agevolazione fiscale, per cui non concorrono alla formazione del reddito e sono fiscalmente deducibili per importi non superiori a 3.615,20 Euro.

Nonostante abbiano trovato spazio nella normativa italiana, l’attivazione e l’utilizzo di questi fondi ha avuto, negli anni, poca risonanza e infatti hanno avuto una bassa diffusione, come rilevato da buona parte della dottrina «L’Italia, tra i paesi europei, si distingue per la più bassa percentuale di popolazione coperta da un’assicurazione sanitaria di tipo volontario. […] Negli anni della crisi, il tasso di crescita della spesa sanitaria privata è aumentato […] Questi dati spiegano il mancato sviluppo della previdenza sanitaria integrativa e la limitatezza dell’offerta di servizi di long term care. Ma mostrano anche quali margini di sviluppo ci siano per il mercato assicurativo privato, soprattutto se in grado di favorire la condivisione dei rischi attraverso il coinvolgimento di imprese, sindacati e altri soggetti del privato»28.

27 Art. 9 comma 3 d. lgs. 502/1992: “Tutti i soggetti pubblici e privati che istituiscono fondi integrativi del

Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad adottare politiche di non selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti:

a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali; […]’.

28 F. Maino, M. Ferrara (a cura di), ‘Tra nuovi bisogni e vincoli di bilancio: protagonisti, risorse e

Facendo riferimento esclusivamente all’ultima categoria, ossia quella riguardante le retribuzioni non monetarie, la parte preponderante nell’universo del welfare aziendale, queste trovano un riferimento normativo nella Legge n. 917 del 22 dicembre 1986, meglio conosciuta come Testo Unico del Reddito sulle Imposte (TUIR), ed in particolare in alcuni articoli: primo tra tutti l’art. 51 che disciplina la tassazione del reddito da lavoro dipendente e precisamente nel secondo comma, in cui si stabiliscono quali sono i servizi riservati ai dipendenti, i cosiddetti fringe benefits, che servono per integrare lo stipendio del lavoratore fornendo utilità e vantaggi senza che essi concorrano alla formazione del reddito da dichiarare e quindi che siano non imponibili. Nell’elenco dei fringe benefits vengono citati nello stesso ordine dell’articolo: i contributi previdenziali e assistenziali, le somministrazioni di vitto, i servizi di trasporto collettivo, i compensi reversibili di cui alle lettere b e f dell’art. 50 comma 1, utilizzo di opere e servizi riconosciuti dal datore (lett. f e f bis), le stock options, gli oneri deducibili e le erogazioni per le spese sanitarie e le mance percepite dai croupier.

Nel comma 3 dello stesso articolo vengono poi aggiunte ulteriori deroghe che riguardano, per esempio, il limite massimo di benefits non imponibili in uno stesso periodo di imposta fissato a 258,23 Euro.

Finendo col trattare la disciplina fiscale e contributiva riguardo il welfare aziendale, è necessario esaminare l’art. 100 del TUIR29 in cui si tratta dell’esenzione dei servizi di welfare, sia in capo al datore sia per quanto riguarda i redditi dichiarati dai lavoratori destinatari della norma.

Il suddetto articolo viene precedentemente introdotto dal primo comma dell’art. 95 dello stesso Testo Unico in cui si dice che: “Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell'articolo 100, comma 1”, intendendo quindi che i cosiddetti fringe benefits vengono esclusi dal reddito d’impresa ai fini IRES.

Tornando all’art. 100 del TUIR, questo prevede che le opere e servizi offerti dal datore volontariamente o, dopo la Legge di Stabilità 2016, anche a fronte di un contratto, regolamento o accordo aziendale, alla generalità dei dipendenti o a una categoria di essi,

29 Art. 100 comma 1 TUIR: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti

o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.”.

nel caso perseguano le finalità previste da detto articolo, sono da considerarsi deducibili dal reddito di impresa, ossia non imponibili.

Dopo la stesura del TUIR, un altro intervento atto alla promozione del welfare in azienda è stato introdotto dalla legge n. 247 che prevedeva in via sperimentale delle agevolazioni contributive e fiscali riservate alla parte relativa alle retribuzioni all’interno dei contratti di secondo livello, quindi sia aziendali che territoriali, e legate a incrementi di produttività30. Questi provvedimenti sono purtoppo venuti a mancare con il successivo governo Monti che, con la legge n. 92 del 2012, pur rendendo strutturali le misure stabilite in precedenza ne ha ridotto le risorse per motivi economici.

Tutte queste misure hanno sicuramente contribuito a migliorare la vita di lavoratori e cittadini ma si ritengono ancora misure anacronistiche e servizi che non rispecchiano i bisogni reali e i problemi attuali: per questo è intervenuta la Legge di Stabilità 2016 che ha portato una svolta svecchiando il precedente sistema e incentivando in modo esplicito il welfare aziendale e contrattuale.

In conclusione, le norme sul welfare appena analizzate riportano provvedimenti datati, soprattutto se si pensa al fatto che il TUIR risale al 1986, anno in cui il contesto lavorativo e le relazioni industriali in Italia erano molto diversi. L’evoluzione della linea di tendenza adottata in questi anni sia da parte delle aziende che da parte del Legislatore ha portato alla nascita della Legge di Stabilità 2016, esaminata nel dettaglio nel prossimo sotto paragrafo, considerata la spinta fondamentale per una mutevole visione del welfare in azienda.

30 F. Maino, M. Ferrera (a cura di), ‘Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia’, Percorsi di secondo welfare, 2017, pag. 96.