• Non ci sono risultati.

Rischio (percentuale) di morte per pedoni e/o ciclisti in funzione della velocità di impatto

7.6 Il monobraccio posteriore

Come già descritto nel paragrafo concernente il concept, uno dei punti più importanti del progetto è stato il perseguimento di un preciso obiettivo: diminuire la manutenzione ordina- ria, idea mutuata dall’osservazione di alcuni progetti del solito Burrows, che già negli anni ’90 focalizzava i suoi sforzi in questa direzione, prima per il gigante Taiwanese dell’industria ci- clistica mondiale Giant e in seguito per veicoli progettati e auto-prodotti.

Parlando di manutenzione ordinaria di un veicolo a pedali, si intendono le più semplici operazioni di assistenza al veicolo: la sostitu- zione di coperture e camere d’aria, la “regi- strazione” degli organi frenanti e le operazioni di pulizia e lubrificazione da eseguire sugli organi di trasmissione.

Per velocizzare le operazioni sugli pneumatici, la condizione ideale è quella di dotare il veico- lo di ruote cosidette “cantilever”, a sbalzo. La realizzazione di mozzi per le ruote anteriori di tipo cantilever è un problema facilmente risolvibile; i tecnici da me contattati, progettisti di veicoli a pedali piuttosto che di sedie a rotel- le, hanno suggerito e assicurato la bontà della soluzione con l’utilizzo di perni di rotazione di diametro 12 mm filettati alla monoforcella ed opportuni cuscinetti.

Tuttavia in commercio si possono trovare diversi modelli di mozzi di questo tipo; alcuni, come quelli da me scelti prodotti dall’inglese Sturmey Archer, sono già provvisti di sistemi d’arresto a tamburo (piuttosto che a disco, secondo le esigenze).

Per il mozzo posteriore, se si utilizza un mozzo con cambio interno integrato, il discorso è un po’più complicato, ma come dimostrato da alcuni esempi più o meno celebri che hanno preso come riferimento il progetto della Wi- zard 2D di Burrows, tutt’altro che impossibile.

7.6.1 Mozzo posteriore per ruote cantilever

Il primo passo è stato la scelta del modello di cambio epicicloidale da utilizzare, operazione non così facile e immediata, vista la numerosa lista di aziende produttrici (su tutte Shimano, Sturmey Archer, Sram, Rohloff); la comodità di questi sistemi di cambio risiede soprattutto nella possibilità di cambiare rapporto anche a veicolo fermo.

Per effettuare tale scelta è stato necessario

Fig 7.12

La Wizard 2 di Mike Burrows.

118

In seguito, aiutato da un apposito calcolatore presente sul sito sheldonbrown.com -proba- bilmente la migliore fonte on-line, ma non solo, sulla tecnica della bicicletta- ho deciso di dotare il triciclo di un cambio a tre velocità; l’impiego di mozzi con sistema di ingranaggi epicicloidali con più di 4 velocità, infatti, for- nisce alcuni rapporti troppo simili, vanificando la comodità di disporre di un maggior numero di marce. (Per evitare questo inconveniente si potrebbe ricorrere all’utilizzo di un cambio di livello superiore, il Rohloff, azienda che produce modelli fino a 14 velocità, ma che comportano una spesa troppo elevata, fino a quasi dieci volte il prezzo di alcuni, per così dire, concorrenti).

Con una ruota da 24” e con un rapporto di trasmissione pari a 38/20 otteniamo uno sviluppo metrico di circa 3,60 metri.

Oltre alla velocità “di crociera” è importante avere un rapporto di trasmissione che per- metta di pedalare anche in leggere salite -o di avere un buono spunto da fermo pur senza dover imprimere grande forza ai pedali- ed uno per una marcia più veloce.

Il cambio scelto, modello Nexus SG-3C41 di Shimano, ci permette quindi di avere altre due marce, oltre quella normale; la più agile infe- riore di circa il 30% e la più lunga, superiore del 36%, fornendo così due ulteriori sviluppi metrici al triciclo, rispettivamente di 2,7 e 5,03 metri .

Arrivati a questo momento del progetto biso- gnava capire come poter montare questo tipo di mozzo su un telaio con un carro posterio- re monobraccio, e ancora una volta è stata fondamentale l’analisi di quei veicoli a pedali sul mercato che avessero questa caratteristi- ca; ne esistono diversi, fondamentalmente riconducibili a due sole tipologie, diverse non tanto come concetto ma più che altro come realizzazione e componentistica.

La scelta delle strada da seguire è stata natura- le, poiché ho avuto una prima conferma delle

In alto: Fig 7.13

Strida. Schizzo originale di Mark Sanders. Sotto: Grafico 7.1 Airone; sezione “supporto-mozzo”. Shimano Nexus Catena su pignone Carter interno Carter esterno Selettore cambio Shimano Nexus Cuscinetto a sezione

sottile MPB-4048 Flangia di supporto ruota con disco d160 integrato

scelte fatte fino ad ora: in due diversi veicoli il modello di cambio interno al mozzo installato è lo stesso che io ho scelto per il mio progetto. Dunque era necessario confrontarsi con i pro- gettisti, per capire come realizzare tale sistema e procedere con il lavoro.

Seguendo i consigli di Mark Sanders e John Vrielink, che mi hanno fornito oltre a delle spiegazioni molto dettagliate anche alcuni disegni di progetti originali, ho scelto come operare: il mozzo, venendo ancorato su un solo lato del proprio asse, ha bisogno di scorrere su un ulteriore cuscinetto che può essere pressato sulla guscio del mozzo stesso piuttosto che sul carro posteriore, in modo che i carichi non vengono sostenuti dal solo asse del mozzo, ma ripartiti anche su altre superfici, meno soggette a deformazioni.

La mia scelta è caduta sulla seconda tipolo- gia, più comoda da realizzare senza dover modificare le parti commerciali vista la tecnica produttiva del monobraccio: la pressofusione.

7.6.2 Integrazione degli organi di trasmissione

Il monobraccio, insieme al cassone di cari- co, è sicuramente il nodo fondamentale del progetto.

Esso infatti, oltre a collegare la ruota posterio- re al telaio e sostenere quindi gli sforzi dovuti alla marcia del veicolo, ha lo scopo di diminu- ire le operazioni di manutenzione del veicolo; oltre a permettere una comoda e rapida sostituzione delle coperture e camere d’aria per mezzo del sitema cantilever discusso nel precedente paragrafo, deve alloggiare al suo interno tutto il meccanismo di trasmissione della potenza dai pedali alla ruota motrice. Riuscire a chiudere tutti gli organi di trasmis- sione all’interno di un carter, infatti, oltre ad evitare problemi al conduttore del veicolo sia in termini di sicurezza che di pulizia, ci permet- te di abbattere la frequenza delle operazioni di conservazione della catena e delle diverse ruote dentate (corona-tendicatena-pignone). Tali interventi verranno svolti soltanto da tecnici qualificati al momento di necessaria apertura del cambio epicicloidale (il produttore dichiara che, grazie al sistema sigillato contro infiltrazioni di liquidi e polvere, non sia indi- spensabile prima di diverse migliaia di chilo- metri percorsi); l’operazione infatti è piuttosto

Dall’alto in basso: Fig 7.14 Greenmachine. Fig. 7.15 If-Mode.

120

lunga e complessa e secondo la percorrenza giornaliera del veicolo potrebbe essere svolta non più d’una volta l’anno.

Il progetto del monobraccio e del suo anco- raggio al telaio del trike è stato fatto pren- dendo come esempio tre diverse biciclette: l’americana OnBike di Cannondale, la reclinata Greenmachine prodotta da Flevobike e l’ultimo progetto di Mark Sanders, la If-Mode prodotta dalla taiwanese Pacyfic-Cycles.

La Greenmachine è formata da diverse parti pressofuse fissate a dei profilati d’alluminio a disegno; sistema molto comodo in caso di manutenzione poiché la bici è completamente smontabile, ma l’investimento economico è davvero impegnativo.

Nella OnBike il carro posteriore viene saldato al telaio, nello specifico al nodo del movimento centrale; in questo modo, nell’eventualità di un danno, sarebbe più complicata ed econo- micamente la sostituzione di una della due parti.

La If-Mode invece presenta un telaio scatolato in lega d’alluminio 7000 al quale viene fissato il carter portante formato da due pezzi in pressofusione. L’accoppiamento tra il carter ed il telaio del trike avviene mediante un posizio- namento preciso grazie alle tre spine del telaio e poi fissato per mezzo di tre viti.

Quest’ultimo sistema è lo stesso che ho adot- tato anche per l’assemblaggio del triciclo da me progettato.

Dall’alto in basso: Fig 7.16

Airone. Monobraccio posteriore: fissaggio del carter al telaio. Fig 7.17

Airone. Monobraccio posteriore: viti di chiusura.