• Non ci sono risultati.

Il dato fondamentale da cui occorre partire è che oggi, nelle nostre so- cietà evolute, la morte non è quasi mai un evento istantaneo, bensì un processo più o meno lungo che viene profondamente influenzato e “di- storto” dall’intervento medico. In altri termini, la cosiddetta morte na- turale non esiste più.

Nel processo (medicalizzato) del morire si creano in questo diversi nodi o forse meglio diverse soglie, fra le quali la società umana deve scegliere quale sia la più adatta a fungere da “momento della morte”, ben sapendo che la sua scelta, ancorché guidata dai fatti della biolo- gia, è in qualche modo una scelta convenzionale. È chiaro infatti che per una serie di motivi pratici la società ha bisogno di considerare la morte come un evento puntiforme, al di qua e al di là del quale atteg- giamenti e pratiche diverse si impongono.

Proverò ora a schematizzare in modo grossolano quali sono queste soglie:

a) coma: uno stato di incoscienza con gli occhi chiusi. Il paziente in co- ma non può essere risvegliato, non reagisce agli stimoli dolorifici, non ha alternanza di veglia e di sonno;

b) stato vegetativo: una condizione clinica di pazienti con danno cere- brale severo in cui il coma iniziale si è evoluto verso uno stato di vi- gilanza senza consapevolezza;

c) coma irreversibile o morte cerebrale: lo stato clinico dei pazienti con danno cerebrale massivo che porta alla cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello;

d) l’arresto cardiaco.

Una prima soglia è la perdita di coscienza che si manifesta come

stato di coma, un tempo sicura anticamera della morte, ora invece pos- sibile fase transitoria sia verso la morte stessa, sia verso il risveglio e la vita, quando il danno cerebrale non è estremamente grave.

Talora, quando il danno cerebrale è grave, i pazienti dopo due-tre settimane cominciano ad aprire gli occhi ed entrano nella seconda so- glia, lo SV, che a sua volta può essere una fase transitoria che precede il risveglio vero e proprio oppure stabilizzarsi del tutto. Quando non vi sono più speranze di risveglio, si parla di stato vegetativo permanente. Una terza soglia è il coma irreversibile o morte cerebrale; abbiamo visto che essa non coincide con la morte dell’organismo come un tut- to, ma certamente rappresenta un “punto di non ritorno”.

La quarta soglia è l’arresto cardiaco, la morte “tradizionale”. A queste potremmo aggiungere una quinta soglia, la soglia tempo- rale di vitalità dei singoli o tessuti dopo l’arresto cardiaco, che coinci- de con la possibilità di utilizzarli per la medicina del trapianto.

Una volta descritte queste soglie empiricamente rilevabili, il passo successivo da compiere è di ordine morale e riguarda i nostri doveri nei confronti del malato in corrispondenza delle diverse soglie.

Nello stato di coma il compito del medico, qualora la prognosi sia incerta, è quello di proseguire aggressivamente le cure per favorire la ripresa di coscienza. Faccio notare che un tempo questo atteggiamen- to era doveroso in tutti i casi, mentre ora, da quando disponiamo di cri- teri prognostici che, almeno in alcuni casi, ci consentono di prevedere un’evoluzione infausta o in SVP, l’atteggiamento più corretto e di de- sistere dalla rianimazione intensiva.

Nello stato vegetativo, qualora si pensi che si tratta di una fase tran- sitoria, occorre proseguire le cure in modo completo. Diverso è il caso dello stato vegetativo permanente, in cui può porsi, per lo meno in sin- goli casi, il problema della sospensione del sostegno vitale quando il malato si sia previamente espresso in questo senso.

Nella morte cerebrale o coma irreversibile si è ampiamente giusti- ficati a sospendere le cure di sostegno vitale e, in caso di previa op- zione (o per lo meno di non-opposizione) del malato a favore dei tra- pianti, si può sostenere la liceità del prelievo di organi, anche se il ma- lato non si può considerare ancora morto (ma con certezza sta mo- rendo).

Nell’arresto cardiaco, qualora si presenti all’improvviso e al di fuo- ri di un percorso di malattia cronica a prognosi infausta, è non solo giu- stificato ma assolutamente doveroso un tentativo di rianimazione. In questi casi l’insuccesso della rianimazione dimostra l’irreversibilità della condizione e giustifica una certificazione/diagnosi di morte che coincide con la cessazione delle manovre intensive.

Quando invece l’arresto cardiaco intervenga al termine di un pro- cesso di malattia a prognosi infausta un tentativo rianimatorio non so- lo non è giustificato, ma è anzi da proscrivere, e l’arresto segna il mo- mento della morte. In alcuni casi, in particolare quando il processo mor- boso che porta alla morte è una malattia del cervello, sempre con il consenso del malato è sostenibile la liceità dei prelievi di organi fatti nell’immediato periodo post-arresto secondo il protocollo di Pittsburgh o equivalenti.

Quanto alla soglia di vitalità di organi e tessuti, sempre che il pa- ziente abbia espresso un’opzione favorevole o comunque non si sia pronunciato in modo contrario, è ampiamente giustificato il prelievo degli organi.

Riferimenti bibliografici

Becchi, Paolo, 2007, Morte cerebrale e trapianti, Morcelliana, Brescia. Defanti, Carlo Alberto, 2007, Soglie, Bollati Boringhieri, Torino. de Mattei, Roberto, 2006, Finis Vitae, Rubbettino, Soveria Mannelli. Ratzinger, Joseph, 1991, “Discorso al Concistoro Straordinario”, http://www.

ratzinger.us/modules.php?name=News&file=article&sid=84

Ratzinger, Joseph, 2008, “Discorso del Santo Padre Benetetto XVI ai parte- cipanti al congresso internazionale sul tema: ‘un dono per la vita. Consi- derazioni sulla donazione di organi’ promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita”, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/ 2008/november/documents/hf_ben-xvi_spe_20081107_acdlife_it.html Zamperetti N., Bellomo R., Defanti C.A., Latronico M., 2004, “Irreversibile

apnoeic coma 35 years later. Towards a more rigorous definition of brain death?”, Intensive Care Med, 30:1715-1720.

Nuove tecnologie biomediche tra bioscienze