• Non ci sono risultati.

Il LINFONODO SENTINELLA 2.1 Introduzione del Linfonodo Sentinella e sua analis

2.2 Morton e il MSLT-

Il trattamento per il melanoma cutaneo localizzato consiste sostanzialmente dell’ESCISSIONE LOCALE della lesione (Wide Local Excision, WLE), in cui andiamo ad asportare la lesione pigmentata tenendo dei margini di escissione che possono andare dal cm ai 2 cm, in base alla profondità del melanoma stesso. Molto spesso questo trattamento è risolutivo, in quanto le neoplasie che vengono maggiormente diagnosticate sono inferiori al mm(70).

Altre volte, invece, alcuni pazienti possono sviluppare metastasi linfonodali. Si parla di Linfonodo SENTINELLA quando vogliamo indicare il primo linfonodo che viene raggiunto dalle cellule neoplastiche una volta che hanno preso la via linfatica perché è colui che drena quella determinata regione(71)(72).

La presenza di cellule neoplastiche all’interno del linfonodo peggiora

peggior sopravvivenza specifica per melanoma (Melanoma Specific Survival, MSS)(73)(74).

Proprio per questo motivo, per andare ad individuare pazienti con o senza malattia linfonodale, è stata ideata la tecnica del Linfonodo Sentinella, la quale permette di asportare il singolo linfonodo drenante la regione colpita dalla lesione, fare la biopsia, e quindi sapere se è presente o meno la malattia a livello linfonodale. Non ha un valore terapeutico, ma prognostico, in quanto permette di fare una corretta stadiazione di malattia, e quindi intraprendere il giusto trattamento terapeutico.

Prima della tecnica del linfonodo sentinella, il management del paziente con melanoma cutaneo ma con linfonodi clinicamente negativi consisteva ne: 1. Sola osservazione, 2. Dissezione elettiva del pacchetto linfonodale (Elective Lymph node Dissection, ELND).

Molto spesso, pazienti che presentavano linfonodi clinicamente negativi alla sola osservazione sviluppavano malattia nodale macroscopica, per cui andavano incontro a ELND dopo 8-10 anni dalla diagnosi(75)(76). Ma è stato visto che comunque la ELND non apportava un miglioramento nella sopravvivenza rispetto alla sola osservazione; anzi, esponeva il paziente ad un numero maggiore di morbilità (es. linfedema dell’arto)(77-79).

Per cui, vista l’importanza della stadiazione linfonodale nel melanoma per la prognosi, con il linfonodo sentinella possiamo determinare la biologia del linfonodo esponendo il paziente ad un numero minimo di morbilità.

I primi ad ideare, e quindi sviluppare, la tecnica del Linfonodo Sentinella furono Morton et al.(80). La descrissero per le prima volta nel 1992, in cui postularono che le cellule neoplastiche che migrano dalla lesione primaria vanno a

metastatizzare ad un singolo (o pochi) linfonodo, prima di andare a coinvolgere il resto del pacchetto linfonodale.

Molti studi hanno confermato questa ipotesi in quanto è stato visto che un l. sentinella negativo predice la negatività di tutto il pacchetto linfonodale nel 96% dei casi.(81-84)

Al contrario, quando un linfonodo sentinella contiene micro metastasi, approssimativamente il 20% dei casi dei sentinella ha malattia nodale addizionale.(85)(86)

Lo studio nel quale venne attuata per la prima volta tale tecnica fu il Multicenter Selective Lymphadenectomy Trial-I (MSLT-I)(80).

MSLT-I è uno studio prospettico, randomizzato, in cui si doveva dimostrare che il linfonodo sentinella conferiva un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla sola osservazione della stazione linfonodale.

Il trial è cominciato nel 1994, e comprendeva 2001 pazienti, di cui: 1347 con melanoma a spessore intermedio, 340 con melanoma sottile, e 314 con melanoma spesso.

Nel gruppo di pazienti con melanoma a spessore intermedio è stato visto che i linfonodi sentinella + erano il 16%; inoltre, la percentuale di sopravvivenza libera da malattia (Disease Free-Survival, DFS) era significativamente maggiore

nell’arto sottoposto a linfonodo sentinella rispetto all’arto sottoposto alla sola osservazione (71.3% vs 64.7%).

Non è stato però riscontrato un beneficio per quanto riguarda la Melanoma

Specific Survival (MSS) o la Sopravvivenza Complessiva (Overall Survival, OS), tra linfonodo sentinella e sola osservazione.(74)(84)

Lo studio ha comunque confermato lo stato linfonodale come il più importante fattore prognostico per la sopravvivenza in pazienti con melanoma localizzato. Questo perché è stato visto che pazienti con linfonodo sentinella positivo hanno avuto una minor MSS a 10 anni rispetto ai pazienti con linfonodo sentinella negativo(62% vs 85%).

Oltre a dimostrare il significato prognostico dello stato linfonodale, il MSLT-I ha anche evidenziato come la tecnica del linfonodo sentinella individui correttamente i pazienti che in futuro avrebbero sviluppato malattia linfonodale macroscopica, e questo è stato possibile comparando la percentuale totale di malattia nodale che si è sviluppata sia nel pacchetto sottoposto a linfonodo sentinella, sia nel pacchetto sottoposto a sola osservazione, ed è stato visto che sono sostanzialmente simili.

Un’altra osservazione emersa dal MSLT-I è che il trattamento della malattia in fase microscopica conferisce un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto ad un trattamento della stessa, ma in fase macroscopica, in quanto la percentuale di MSS a 10 anni era nettamente maggiore nei pazienti che, a seguito del linfonodo sentinella, hanno eseguito una dissezione linfonodale completa immediata per malattia nodale microscopica, rispetto ai pazienti che erano sotto sola

osservazione, e che hanno quindi subito una dissezione linfonodale completa solo quando la malattia era clinicamente evidente, e quindi macroscopica (62.1% vs 41.5%).(77)(87)

Uno studio portato avanti dal Melanoma Institute Australia Database(88) ha dimostrato come la DFS e l’intervallo libero da recidive sia maggiore nei pazienti sottoposti a WLE e Sentinella rispetto ai pazienti sottoposti alla sola WLE, però la MSS non era significativamente differente nei due gruppi.

Solo nel gruppo che presentava melanoma >1-4 mm la MSS era migliorata nei pazienti sottoposti a sentinella, e anche la sopravvivenza libera da mts a distanza era maggiore nei pazienti sottoposti a sentinella dopo WLE rispetto ai pazienti che hanno eseguito solo WLE.

Molti studi hanno inoltre evidenziato i vari fattori che possono predire la presenza di mts (micro o macro) a livello linfonodale, e questi sono: giovane età, Breslow crescente, alto indice mitotico per mm2, ulcerazione, invasione linfovascolare; sono comunque tutti elementi che indicano una certa aggressività di malattia(89- 92).

In molti studi la presenza di ulcerazione è un fattore prognostico dello stato del linfonodo sentinella in modo indipendente e infatti, come fattore, è incluso nel corrente sistema stadiativo per la sua correlazione con la sopravvivenza (83)(89)(92-95).

Nel 2011, un grosso studio del Sentinel Lymph Node Working Group ha analizzato 3463 pazienti e ha confermato molti di questi fattori predittivi indipendenti l’uno dall’altro per un linfonodo sentinella positivo, includendo lo spessore di Breslow, l’età e la invasione linfovascolare.(96)

- Melanoma con spessore <1mm: in questo caso solitamente il linfonodo

sentinella non viene raccomandato dalle correnti linee guida in quanto il rischio di avere metastasi a livello nodale è compreso tra l’1% e il 18%, anche se la

maggioranza degli studi riporta positività dei linfonodi sentinella dal 5% al 10% dei casi(92)(96)(97-100). Dobbiamo però fare una distinzione: noi stiamo trattando pazienti che sono catalogati come stadio I; però lo stadio I può essere suddiviso in IA e IB e questo in base alla presenza o meno di ulcerazione o spessore >1mm. All’interno della categoria T (del TNM), nel T1a (Breslow <1mm senza ulcerazione) possiamo fare un distinguo tra melanomi con Breslow <=0.75mm e melanomi >=0.76mm. E’ stato preso come cut-off 0.75mm proprio perché è stato visto che al di sotto di questo valore il rischio di avere metastasi linfonodali è <5%, mentre per valori superiori a 0.75mm ma sempre <1mm, il rischio di avere metastasi linfonodali è >5% (92)(97)(98)(101)(102). Nei pazienti allo stadio IA non si pratica il linfonodo sentinella, ma se ne può discutere con il paziente nel caso abbia un melanoma >=0.76mm con fattori di rischio, mentre allo stadio IB (Breslow <1mm con ulcerazione/mitosi per mm2 o Breslow >1mm non ulcerato) il linfonodo sentinella si fa sempre(65);

- Melanoma con spessore >4mm: rappresentano il 5% dei casi diagnosticati, ma sono la causa di più del 50% dei decessi, rispetto al 10% dei decessi per melanomi sottili(73)(103). In questi pazienti il rischio di avere metastasi a distanza è

comunque del 30-40%, per cui l’attuazione del linfonodo sentinella è stata a lungo dibattuta(104). Diversi studi hanno dimostrato che approssimativamente il 25- 40% dei pazienti presenta malattia nodale, e che sono proprio questi a trarre beneficio dalla stadiazione patologica. Studi importanti, come quello effettuato da Gajdos et al. e dai dati del Sunbelt Melanoma Trial(104) e quello effettuato da Yamamoto et al.(105), hanno dimostrato che il linfonodo sentinella conserva il suo ruolo importante di fattore prognostico nella stadiazione, valutando la overall survival e la DSS, che sono nettamente maggiori nei pazienti con sentinella negativi(106)(107).

- Melanoma Desmoplastico: rappresenta meno del 4% delle diagnosi, e si manifesta perlopiù nei pazienti anziani, frequentemente nelle regione testa-collo. Solitamente alla diagnosi presenta uno spessore soventemente maggiore rispetto ai melanomi non desmoplastici(108-110). Si possono identificare due tipi istologici di melanoma desmoplastico, sulla base dell’estensione della

desmoplasia, ovvero un melanoma DESMOPLASTICO PURO, in cui abbiamo una desmoplasia >90%, e un melanoma DESMOPLASTICO MISTO, in cui la desmoplasia è <90%. E’ un melanoma localmente aggressivo, e ha un alto tasso di recidiva. Per questo tipo di melanoma è stata a lungo dibattuta la necessità di fare il linfonodo sentinella, in quanto diversi studi hanno dimostrato che il rischio di metastasi linfonodali va dallo 0% al 18%, quindi valori estremamente bassi(111- 120). I profili genetici studiati hanno evidenziato una estrema vicinanza

molecolare con i sarcomi, spiegando così la bassa percentuale di diffusione linfatica (in quanto i sarcomi diffondono direttamente quasi esclusivamente per via ematica)(121); altri studi hanno dimostrato che comunque il rischio di metastasi linfonodali nel melanoma desmoplastico MISTO va dal 14 al 25%, mentre nel PURO solo dal 2 al 9%(110)(111)(112)(115-118)(120). Sapendo che viene tenuto in considerazione come criterio per eseguire il linfonodo sentinella un rischio del 5% di metastasi linfonodali, alla fine è stato deciso che anche nel melanoma desmoplastico venga attuato il linfonodo sentinella a scopo stadiativo. - Melanoma ACRO-LENTIGINOSO: rappresenta il 2-10% delle diagnosi di melanoma. Esso si manifesta maggiormente nella popolazione di

colore(122)(123), ed ha un atteggiamento molto aggressivo, tanto che è associato ad una scarsa sopravvivenza, se comparato con melanomi non acro-lentigginosi. Il ruolo del linfonodo sentinella è dubbio, ma è stato riscontrato un netto vantaggio in termini di sopravvivenza nei pazienti che presentavano un linfonodo sentinella – al momento della resezione, sottolineando così l’importanza diagnostico- stadiativa di tale tecnica in questi tipi di melanoma. Per cui la procedura del sentinella è indicata nell’acrolentigginoso.

- Melanoma del TESTA/COLLO: è un sottotipo molto aggressivo, e

caratterizzato da una alta mortalità. Per quanti riguarda il linfonodo sentinella, in questi casi si ha anche una difficoltà dal punto di vista anatomico, in quanto queste regioni hanno un drenaggio linfatico molto particolare e ostico. Per cui, oltre alla linfoscintigrafia, a livello preoperatorio viene effettuata anche una SPECT/TC, per avere un maggior dettaglio anatomico.I due più grandi studi effettuati sul melanoma testa/collo, condotti da Parrett et al.(124), e da Fadaki et al.(125) hanno confermato come importanti fattori prognostici per lo stato

linfonodale la giovane età, l’ulcerazione e lo spessore di Breslow. Inoltre, sempre in questi due studi, è stato evidenziato come le percentuali di metastasi linfonodali

siano basse, ma comunque associate ad una peggiore DFS e OS, per cui anche se abbiamo una minor percentuale di linfonodi positivi, abbiamo paradossalmente una minor sopravvivenza. Per questo, la pratica del linfonodo sentinella è raccomandata in questi tipi di melanoma.

- Melanoma del TRONCO: il tronco è la sede più frequente per il melanoma nell’uomo(126). Per questo tipo di melanoma l’utilizzo del linfonodo sentinella è raccomandato, anche se magari può arrecare delle difficoltà, in quanto vista la sede è possibile che il bacino di drenaggio non sia unico, ma sia bilaterale, o craniocaudale. Per cui è di vitale importanza in questi casi l’esito della linfoscintigrafia.

- Melanoma delle ESTREMITA’: il drenaggio linfatico per questi tipi di melanoma sono sicuramente più scontati, anche se è comunque possibile riscontrare delle varianti. Fadaki et al.(125) hanno dimostrato che i melanomi localizzati alle estremità hanno una MSS e una OS maggiore rispetto a quelle dei pazienti con melanomi per esempio del tronco o del distretto testa/collo(84)(125). Se il linfonodo sentinella alla biopsia risulta +, allora la dissezione linfonodale completa della stazione interessata (CLND) solitamente è raccomandata (dal 4 al 5% per il MSLT-I e Sunbelt Melanoma Trials e nel 15% dei casi come riportano Wong et al.(127)). L’obiettivo della CLND è quello di aumentare il controllo locale della malattia, e di conseguenza la sopravvivenza.

Anche se non ci sono dirette evidenze che la CLND apporti un beneficio per quanto riguarda la sopravvivenza, lo studio MSLT-I ha comunque evidenziato un aumento della sopravvivenza nei pazienti che si sottoponevano alla CLND immediata a seguito del sentinella positivo rispetto ai pazienti che invece si sottoponevano ad una CLND ‘differita’, quando avevano ormai una recidiva macroscopica (62% vs. 41%)(84). Nonostante queste evidenze all’inizio dello studio, quando venivano comparati gruppi di pazienti, quelli che si sottoponevano a WLE seguita da Sentinella e se + da CLND e quelli che invece si sottoponevano a WLE seguita dalla sola osservazione e poi la CLND solo in caso di recidiva locale, c’era si una significativa differenza della DFS in favore del primo gruppo, però poi alla fine non si aveva molta differenza per quanto riguardava la MSS e la OS. Per questo motivo non siamo arrivati ad una conclusione sul ruolo della CLND.

Comunque, il ruolo principale della CLND dopo un sentinella positivo è quello di impartire un controllo locale di malattia. Approssimativamente il 15-20% dei pazienti con sentinella + hanno anche positività del restante pacchetto linfonodale. Inoltre è stato visto che se viene effettuata una CLND immediata, con malattia microscopica, il paziente avrà anche meno comorbilità, meno linfedema, rispetto ad una CLND in malattia macroscopica(128), molto probabilmente per il fatto che in quest’ultimo caso si ha molto più tessuto linfonodale coinvolto dalla

malattia(127).

Numerosi studi hanno cercato di individuare quali potessero essere dei fattori predittivi di malattia nodale in seguito ad un sentinella positivi, in modo da attuare o meno di conseguenza la CLND(129-131); il fattore più promettente per cui non sottoporre il paziente ad una CLND è quello di avere un deposito nodale

SOTTOCAPSULARE <0.1mm. Questo fattore predice all’incirca un 5% di avere malattia aggiuntiva nella stazione linfonodale, ma anche questo alla fine non è stato universalmente accettato come criterio(132).

Per chiarire il ruolo della CLND in pazienti con sentinella positivo è stato fatto partire uno studio, il MSLT-II, ma è ancora in corso d’opera.

Lo studio DeCOG (German Dermatologic Oncology Group) invece è stato uno studio di fase III nel quale pazienti con sentinella positivo venivano sottoposti in maniera casuale o a CLND o alla sola osservazione, ed è emerso che la CLND non determina un prolungamento della sopravvivenza rispetto alla sola

osservazione(133), come non si hanno differenze tra MSS e OS da 3 a 5 anni. Ma, importante da sottolineare, i dati riportati non erano riferiti ad un controllo locale di malattia, cosa che invece è fondamentale per quanto riguarda la CLND.

Per cui, anche in seguito a questi risultati, la CLND viene comunque effettuata per il suo ruolo nel controllo locale di malattia.

Morton et al.(134) hanno descritto un modello ‘incubator’ nel quale il melanoma metastatizza in serie, partendo dal linfonodo sentinella per poi diffondere al pacchetto linfonodale e poi di conseguenza.

In un 15-20% dei casi è stato visto che il melanoma può diffondere a distanza senza dare prima metastasi linfonodali(135). Questo fenomeno è stato chiamato ‘Marker model’, nel quale la malattia microscopica nodale è vista come marker di

una già avvenuta diffusione microscopica a distanza(134). Questo modello è opposto all’ ‘Incubator model’, il quale invece vede la malattia microscopica nodale come punto di partenza per una successiva diffusione a distanza. Per cui, mentre nel modello ‘incubator’ è la tecnica del linfonodo sentinella che blocca la successiva diffusione a distanza, nel modello ‘marker’ è la terapia sistemica (Chemioterapia) a limitare la malattia già diffusa.

Non si sa quale modello rappresenti al meglio la modalità di diffusione della malattia, ma si è propensi a pensare che entrambi i modelli siano corretti. Un recente studio dell’università di Tel Aviv(136) ha dimostrato il meccanismo con cui il melanoma diffonde a distanza. Gli scienziati hanno visto che prima di diffondere agli organi bersaglio, il melanoma invia microscopiche vescicole contenenti molecole di microRNA, le quali inducono dei cambiamenti nella morfologia del derma per prepararsi a ricevere, e quindi trasportare, le cellule tumorali a distanza nell’organismo.

Ovviamente per la diffusione a livello linfonodale, e quindi a distanza, sono coinvolti anche i famosi ‘fattori di crescita’, come il VEGF, che stimolano l’angiogenesi, meccanismo fondamentale alla base del processo di diffusione di malattia, e la linfoangiogenesi. Inoltre questi fattori di crescita promuovono il reclutamento delle cellule tumorali a livello del linfonodo, andando a modificare l’ambiente ‘immunitario’ locale, favorendo la crescita e la sopravvivenza delle cellule tumorali stesse.

L’aumento della pressione interstiziale intratumorale determina uno ‘slargamento’ delle giunzioni interendoteliali, per cui si creano come della fenestrature

attraverso le quali le cellule tumorali possono passare e iniziare il processo di metastatizzazione(137).

Numerose citochine (CK) vengono prodotte dalle cellule tumorali, e hanno il ruolo di sopprimere il sistema immunitario, per cui anche a livello linfonodale, le cellule T e le cellule APC (cellule presentanti l’antigene), conosciute come TILs (Tumor Infiltrating Cells), che dovrebbero sopprimere la crescita tumorale, si ritrovano diminuite, conferendo così un vantaggio proliferativo alle cellule tumorali(138)(139).

Un recente studio, condotto dall’Istituto Pascale di Napoli guidato dal direttore scientifico Gennaro Ciliberto, e dal direttore della struttura Oncologia Medica Melanoma Paolo Ascierto, ha dimostrato anche in questo caso l’importanza dei microRNA. In particolare, il miR-579-3p controlla la produzione di due

importanti oncogeni che promuovono la crescita tumorale; questa molecola è particolarmente espressa nei nevi normali, ma la sua quantità diminuisce sempre più mano a mano che il melanoma diventa più aggressivo. In particolare si riduce maggiormente nei melanomi che diventano resistenti alla terapia a bersaglio molecolare (inibitori di Mek e Braf, Trametinib e Vemurafenib)(140).

Documenti correlati