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Standard Diagnostico-Terapeutico del Melanoma cutaneo nella realta epidemiologica dell'Area Vasta Nord Ovest

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(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

STANDARD DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DEL MELANOMA

CUTANEO NELLA REALTA’ EPIDEMIOLOGICA DELL’AREA

VASTA NORD-OVEST

RELATORE

Chia.mo Prof. Marco Romanelli

CANDIDATO

Roberta Iozzo

(2)

INDICE

PREFAZIONE

Pag.1

Capitolo 1 IL MELANOMA CUTANEO

Pag.1

1.1 Epidemiologia e Fattori di Rischio

Pag.2

1.2 Tipi Cellulari e Modalità di Crescita

Pag.4

1.3 Classificazione del Melanoma Cutaneo

Pag.5

1.3.1 Forme in Situ

Pag.6

1.3.2 Forme Invasive

Pag.10

1.4 Nevi che entrano in d/d col Melanoma Cutaneo

Pag.14

1.4.1 Nevo di Spitz

Pag.14

1.4.2 Nevo di Reed

Pag.16

1.4.3 Nevi Congeniti

Pag.17

1.4.4 Nevo Displastico (di Clark)

Pag.20

1.5 Report Diagnostico

Pag.25

1.6 Stadiazione

Pag.29

1.7 Biologia Molecolare del Melanoma Cutaneo

Pag.33

1.8 Clinica del Melanoma Cutaneo

Pag.35

Capitolo 2 IL LINFONODO SENTINELLA

Pag.38

2.1 Introduzione del Linfonodo Sentinella e sua analisi

(3)

2.2 Morton e il MSLT-I

Pag.41

2.3 Il Linfonodo Sentinella nella realtà livornese

Pag.50

2.4 Tecnica del Linfonodo Sentinella

Pag.52

Capitolo 3 MATERIALI E METODI: EPIDEMIOLOGIA

NELL’AREA VASTA NORD-OVEST

Pag.58

3.1 Incidenza del Melanoma Cutaneo

nell’ Area Vasta NORD-OVEST

Pag.58

3.2 Schemi di follow-up per pazienti affetti da Melanoma

Cutaneo

Pag.60

3.2.1 Follow-up secondo l’AIOM

Pag.60

3.2.2 Follow-up secondo l’ITT

Pag.62

3.2.3 Follow-up secondo l’NCCN (v. 1.2017)

Pag.63

3.3 Realtà epidemiologica del Presidio Ospedaliero

di Livorno

Pag.64

3.3.1 Risultati

Pag.64

3.4 Obiettivi Futuri

Pag.66

CONCLUSIONI

Pag.70

(4)

STANDARD DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DEL

MELANOMA CUTANEO NELLA REALTA’

EPIDEMIOLOGICA DELL’AREA VASTA NORD-OVEST

PREFAZIONE

Il melanoma cutaneo è una neoplasia maligna della pelle di derivazione

melanocitaria. Nonostante rappresenti solo il 5% di tutti i tumori cutanei, la sua diagnosi ha registrato un aumento di circa il 15% rispetto al decennio scorso (1). Noi ci siamo incentrati soprattutto sulla realtà epidemiologica del melanoma cutaneo dell’Area Vasta Nord Ovest, che comprende le province di Pisa, Livorno, Massa e Lucca.

CAPITOLO 1

IL MELANOMA CUTANEO

Il melanoma è definito come una neoplasia maligna originante dai melanociti. I melanociti sono cellule specializzate: possiedono dei prolungamenti dendritici, nei quali immagazzinano il pigmento melanico, che verrà poi secreto.

I melanociti si trovano a livello dello strato basale dell’epidermide, nella giunzione dermo- epidermica; sono cellule grandi con citoplasma molto ampio che può essere pieno o non pieno di pigmento, e un nucleo molto ben

rappresentato.

I melanomi possono insorgere in tutte le sedi in cui sono presenti i melanociti:

- CUTE (melanoma cutaneo); 


- MUCOSE (melanoma mucosale): alcune mucose, in

particolare
 l’apparato
 digerente (esofago e intestino), possono essere raramente
 sede di melanomi primitivi.

(5)

- UVEA (melanoma uveale): frequente.

I melanociti all’interno delle proliferazioni melanocitarie benigne seguono una linea di maturazione (2)(3). Incontriamo così un melanocita di tipo A, cioè un melanocita di tipo epitelioide, una cellula grande con ampio citoplasma e con nucleo abbastanza vivace perché in questa sede i melanociti proliferano continuamente.

Poi lungo la linea di maturazione tende a farsi sempre più piccolo quindi diventa un melanocita di tipo B detto anche linfocitoide e poi melanocita di tipo C a cellule fusate o neurotropo. Quindi i melanociti nelle lesioni neviche seguono questo tipo di maturazione. La presenza di questo gradiente maturativo ci fa fare la diagnosi di lesione benigna.

Sulla cute un melanoma può manifestarsi: - DE NOVO (in assenza di lesioni precedenti);


- MELANOMI INSORTI SU NEVO: conversione maligna di un preesistente nevo maligno, quindi si forma da un nevo che ha un accrescimento displastico che poi si trasforma in melanoma. In questo tipo di melanoma, in mezzo ad un

infiltrato linfocitario, ci sono delle cellule melanocitiche normali quindi melanociti piccoli, maturi e questo ci dice che il melanoma è insorto su una lesione preesistente.

1.1

Epidemiologia e Fattori di Rischio 


Nell’ 85-90% dei casi il melanoma forma neoplasie sporadiche, mentre nel 10-15% dei casi si tratta di melanomi familiari, legati all’alterazione di geni oncosoppressori che in genere sono mappati sul cromosoma 9, in regione p21 (braccio corto). Si trasmette con meccanismo ereditario. 


E’ il tumore maligno cutaneo più aggressivo in assoluto (pur essendo poco frequente, <5% dei tumori maligni della cute); la stragrande maggioranza dei tumori della cute, eccetto i linfomi, è rappresentata dalle neoplasie di derivazione dei cheratinociti: il basalioma, o carcinoma basocellulare, è il tumore in assoluto più frequente negli USA. Si diagnosticano oltre 1.000.000 di basaliomi l’anno.

(6)

A livello mondiale, si stima che nell’ultimo decennio il melanoma cutaneo abbia raggiunto i 100.000 nuovi casi l’anno: un aumento di circa il 15% rispetto al decennio precedente(1). L’incidenza mondiale del melanoma è di circa 133.000 nuovi casi per anno; grazie alle nuove tecniche diagnostiche e terapiche si portano alla diagnosi tumori sempre più piccoli, e di conseguenza una maggiore

sopravvivenza a 5 anni.


Per questo tipo di tumore c’è un’estrema sensibilità e sono state lanciate

campagne come succede per il tumore della mammella e per altri tipi di tumore. 
 Resta il tumore che è responsabile di oltre il 70% di tutte le morti per neoplasia cutanea. 


La sua incidenza in generale negli ultimi 20 anni è aumentata molto di più rispetto a tutti gli altri tumori maligni, in particolare nei paesi industrializzati come

l’America, l’Europa del Nord e l’Australia. 


Negli USA si contano 60.000 nuovi casi per anno, la sua incidenza è raddoppiata negli ultimi 10 anni. In Italia la stima dei melanomi, e dei decessi ad essi attribuiti, è tuttora approssimativa: si aggira attorno a 7.000 casi l’anno.

Nell’ultimo quinquennio, dunque, in Italia i decessi attribuiti a melanoma cutaneo sono stati 4.000 nei maschi e oltre 3.000 nelle femmine, corrispondenti a tassi medi di mortalità rispettivamente di 5 e 6 su 100.000 abitanti l’anno(4). Rappresenta il tumore maligno con il più alto incremento di prevalenza oggi conosciuto.

L’incidenza è aumentata, inoltre, per un notevole miglioramento della diagnosi precoce, in primis la Dermatoscopia.

Tutte queste cose fanno del melanoma il tumore maligno con il più alto incremento di prevalenza oggi quindi è un tumore che si ripropone in maniere molto più frequente.

FATTORI DI RISCHIO (5,6)

- ELEVATO NUMERO DI NEVI: specialmente se di ampie dimensioni. Ogni anno sarebbe buona abitudine sottoporsi alla visita dermatologica, perché proprio

(7)

queste metodiche di indagine che si avvalgono della dermatoscopia consentono di individuare alterazioni della lesione, con indicazione quindi alla rimozione; - FOTOTIPO: - fototipo chiaro (capelli biondo-rossi, pelle chiara con difficoltà ad abbronzarsi, occhi chiari), storia di ustioni solari in infanzia o in adolescenza; 


- NEVI CONGENITI GIGANTI;

- ANAMNESI PERSONALE E FAMILIARE POSITIVA (nel 10% dei casi); - DANNI SOLARI: le esposizioni al sole intermittenti ed intense sono quelle più pericolose, ma soprattutto sono molto più pericolose le ustioni solari avvenute in età infantile. 


1.2 Tipi cellulari e Modalità di Crescita


Nel melanoma cutaneo i melanociti neoplastici possono essere di 2 tipi: 
 1. EPITELIOIDI: cellule grandi che assomigliano ad un epitelio pavimentoso 2. A CELLULE FUSATE : per questo è necessario differenziare il melanoma dai tumori dei tessuti molli specialmente per quei melanoma amelanotici cioè che non producono melanina che possono simulare delle lesioni di tipo sarcomatoide. TIPI DI CRESCITA (8)

Il melanoma ha tre tipi di crescita:

- RADIALE : la fase di crescita del melanoma è parallela alla linea epiteliale lungo la giunzione dermo-epidermica. Questo tipo di crescita la ritroviamo sia nel melanoma in situ che nel melanoma infiltrante;


- VERTICALE : rappresenta l’approfondamento della neoplasia nello spessore del derma e questo è un elemento molto negativo, man mano che la neoplasia va in profondità trova i vasi che possono poi rappresentare la via di diffusione del melanoma; 


(8)

corneo. Quindi le cellule del melanoma possono accrescersi per linea orizzontale, poi a un certo punto vanno comunque sempre in alto(9).

L’elemento che condiziona la crescita è rappresentata dalla GRANDEZZA DEI NIDI NEOPLASTICI. Se i nidi neoplastici nel derma sono più grossi di quelli che ci sono a livello della giunzione dermo-epidermica la crescita è verticale, viceversa la crescita è radiale. 


1.3 Classificazione del Melanoma Cutaneo (10)

Possiamo distinguere :

. FORME IN SITU → sono forme che presentano solamente la crescita radiale. Il tumore si accresce per ampi tratti lungo la giunzione dermo-epidermica:

➢ Lentigo Maligna; 


➢ Melanoma a Diffusione Superficiale in situ; 


➢ Melanoma Acrolentigginoso in situ;

.FORME INVASIVE → entrambe le fasi di crescita (radiale e verticale); sono le varianti invasive delle suddette forme in situ:

➢ Melanoma su Lentigo Maligna 


➢ Melanoma a Diffusione Superficiale invasivo 


➢ Melanoma Acrolentigginoso invasivo 


➢ Melanoma Nodulare (forma di melanoma più aggressiva) 


➢ Melanoma insorto su nevo 


➢ varianti rare (Spitzoide, Desmoplastico, Nevoide) 


Sia nella forma in situ che nella invasiva è SEMPRE presente la CRESCITA PAGETOIDE (all'interno dello spessore epidermico, fino allo strato corneo). 


(9)

1.3.2 FORME IN SITU CARATTERISTICHE

Sono forme caratterizzate dalla proliferazione di elementi melanocitari maligni nel contesto dello strato basale dell’epidermide, si accresce perciò lungo questa linea e verso l'alto. Nello strato basale, in genere, il melanoma si organizza in teche (nidi rotondeggianti) o in filiere di melanociti singoli che restano sempre all'interno di questo strato. 


Le cellule hanno tutte le caratteristiche della malignità: alterazioni del nucleo (indentato e con taglia maggiore rispetto alla norma), ipercromasia nucleare, presenza di nucleoli prominenti(2). 


Per la diagnosi di melanoma in situ ci avvaliamo sia di criteri clinici come: 


-Dimensioni maggiori di 6 mm → In genere un nevo melanocitico, un nevo composto, un nevo giunzionale, un nevo intradermico non superano mai i 6 mm di estensione, di lunghezza, mentre i melanomi superano questa

dimensione(11). 


-Asimmetria della silhouette della spalla del letto nel melanoma → un nevo, al contrario, è simmetrico per quei 3-4 mm che occupa ed è fatto uguale da una parte all’altra(12). 


-Distribuzione irregolare del pigmento; sia di criteri istopatologici come: 


-distribuzione irregolare delle teche → questi nidi sono abbastanza regolari nel nevo, mentre nel melanoma si perdono e diventano

irregolari(13,14);


-caratteristiche infiammatorie all’interno del derma, come la presenza di cellule infiammatorie → tipiche dei melanomi; 


-irregolare distribuzione degli elementi neoplastici → questa alterazione della silhouette si trasforma in alternanza tra zone affette dal tumore e zone sane;

(10)

questo nei nevi non succede mai(11). 


LENTIGO MALIGNA (15)

E' una neoformazione tipica del paziente anziano in regioni cutanee fotoesposte.

La dimensione è solitamente maggiore di 1 cm, quindi può essere anche molto ampia. 
 Gli elementi per cui noi possiamo dire che è una lentigo maligna sono:

-la proliferazione di cellule neoplastiche di aspetto epitelioide o fusato nello strato basale dell’epidermide anche per tratti molto lunghi;


-l'elastosi solare, impastamento del derma subito sotto la proliferazione: è un elemento importante, che ci indica che il danno è solare.

(11)

Figura 1.2 Lentigo Maligna (microscopia)

Nella lentigo maligna per definizione NON c’è la crescita pagetoide.

Una foto a maggiore dettaglio (Figura 1.2): questo è l’aspetto tipico della lentigo maligna, i melanociti che in questo caso sono tutti di aspetto epitelioide si ritrovano e crescono tutti per ampi tratti entro lo strato basale dell’epidermide, il derma immediatamente sotto è progressivamente degenerato, quindi danno solare ed elastosi solare.

MELANOMA IN SITU A DIFFUSIONE SUPERFICIALE (SSM) E' un melanoma che si estende per ampi tratti di cute, per oltre 3 creste epidermiche. 


(12)

irregolarità delle teche, irregolarità della distribuzione del pigmento ma non va mai al di sotto dello strato basale. 


E' sempre presente la crescita pagetoide.(2) 


Una diagnosi di questo tipo comporta unicamente l’allargamento dei margini di resezione di 0.5cm.

MELANOMA ACROLENTIGGINOSO IN SITU (9,15)

E' un melanoma che si sviluppa alle estremità, caratterizzato da uno strato di cheratina molto denso.

Ha un pattern di crescita lentigginoso. È presente una banda omogenea di melanociti neoplastici (aspetto epitelioide o fusato) che sostituisce le cellule dello strato basale. 


Il melanoma acrale lentigginoso ha un aspetto istopatologico peculiare: in fase di crescita radiale la lesione è caratterizzata da una marcata acantosi, strato corneo ispessito, allungamento della rete ridges e da una proliferazione lentigginosa di melanociti atipici a livello basale con migrazione delle cellule neoplastiche fino agli strati più superficiali dell'epidermide.

La componente in situ di una melanoma acrale- lentigginoso è costituita da melanociti atipici con nuclei ingranditi e nucleoli prominenti e citoplasma repleto di melanina.

I melanociti mostrano prominenti e lunghi processi dendritici. I melanociti atipici spesso coinvolgono i dotti sudoripari(3) estendendosi nel derma reticolare

profondo. In fase di crescita verticale gli aggregati neoplastici sono costituiti da melanociti di forma fusata sullo sfondo di una spiccata desmoplasia.

(13)

1.3.2 FORME INVASIVE 


MELANOMA SU LENTIGO MALIGNA

La lesione in questo caso è infiltrante, è la fase invasiva della lesione in situ. Anche questa interessa le persone anziane. 
 Le cellule neoplastiche con crescita di tipo lentigginoso si approfondano nel derma e possono avere essenzialmente 2 PATTERN DI CRESCITA: 


• a cellule fusate

• aspetto desmoplastico/neurotropo, costituito da cellule epitelioidi che danno origine ad una intensa sclerosi; ha una prognosi peggiore.

MELANOMA INVASIVO A DIFFUSIONE SUPERFICIALE E' il melanoma che attualmente viene più frequentemente diagnosticato.

La modalità di accrescimento è orizzontale, con melanociti atipici sia nel contesto dell'epidermide che del derma. Le cellule neoplastiche si approfondano nello stroma, nel derma, con una crescita radiale per ampi tratti di cute. Manca, anche qui, il gradiente maturativo, dove le cellule che abbiamo sopra sono identiche a quelle che abbiamo sotto e quindi non esiste quel rimpicciolimento delle cellule che è tipico dei melanociti maturi. 


E' un tipo di melanoma che ha sempre una PROGNOSI BUONA se lo spessore è inferiore ad 1 mm. 


. VARIANTE CON COMPONENTE NODULARE : alcuni melanomi a

diffusione superficiale possono avere una componente nodulare, per cui sono detti melanomi a diffusione superficiale con componente nodulare. La componente nodulare è minima e la crescita radiale è comunque superiore a 3 creste

(14)

MELANOMA NODULARE (9,15)

Macroscopicamente appare rilevato, molto spesso ulcerato. È una lesione molto spessa; dal punto di vista citologico, il suo spessore si può misurare anche ad occhio nudo. 


Ci sono melanociti atipici che infiltrano e distruggono l'intero spessore dell’epidermide e tutto quello che incontrano, come gli annessi cutanei, per poi accrescersi profondamente nel derma. 


Figura 1.3 Melanoma Nodulare

Sono lesioni che hanno una prognosi estremamente cattiva.

MELANOMA INSORTO SU NEVO

E' un melanoma infiltrante, che presenta cellule ampie, di grosse dimensioni, che crescono anche all'interno dello spessore dell'epidermide. 


Possiamo trovare gruppi di melanociti benigni (residui nevici) alla periferia della lesione maligna o nel contesto di una chiara popolazione melanocitaria atipica (16). 


(15)

Il nevo si può associare sia ad un melanoma in situ che ad un melanoma invasivo.

CRITERI DIAGNOSTICI
 (12)

Per la diagnosi di melanoma invasivo si usano essenzialmente criteri architetturali e citologici.

1. Architetturali (sono gli stessi criteri utilizzati per la diagnosi del melanoma in situ) :

- ESTENSIONE: orizzontale macroscopica per OLTRE 6 mm. Qualsiasi lesione che ecceda i 
 6 mm ci preoccupa;


- ASIMMETRIA: la lesione è più o meno profonda nei diversi punti, quindi assolutamente irregolare;


- DISTRIBUZIONE IRREGOLARE DEL PIGMENTO melanico: aree pigmentate alternate ad aree non pigmentate; 


- IRREGOLARITÀ DELLE TECHE: nei nevi le teche sono molto regolari, mentre in questo caso sono dismorfiche, confluenti, distrutte oppure spariscono del tutto;


- SCARSA DELIMITAZIONE DELLA LESIONE: i melanociti singoli o in filiere vanno per conto loro e invadono in profondità;

2. Citologici: 


- ASSENZA DI GRADIENTE MATURATIVO: alla giunzione dermo-epidermica i melanociti sono più grandi, poi diventano sempre più piccoli per diventare infine di tipo C, neurotizzati (Figura 1.4).

Nel melanoma, invece, non c’è alcun tipo di maturazione di cellule e quelle che sono sotto la giunzione dermo-epidermica sono le stesse che abbiamo all’interno del derma(16)(17)(18)(19).

(16)

Figura 1.4 Gradiente maturativo dei melanociti (Kumar V., Abbas A.K., Fausto N., Aster J.C., Pathologic Basis of Disease 8th ed.)

-MARCATE ATIPIE CITOLOGICHE(20)(21) CON AREE DI NECROSI; -MITOSI NUMEROSE IN SEDE PROFONDA: nel melanoma la mitosi è un parametro molto importante, che annulla lo spessore di Breslow (il primo criterio prognostico e stadiativo di un melanoma) → è sufficiente una mitosi per mm quadrato per annullare lo spessore di Breslow. Le mitosi vanno contate sul fronte di avanzamento del tumore e MAI a livello della giunzione dermo-epidermica, perché lì ci sono anche dei nevi e non devono essere prese in considerazione(2)(22)(23). 


Ulteriori parametri utili:

-DANNO SOLARE: le radiazioni ultraviolette sono sempre un effetto negativo e un fattore di rischio; rendono il derma impastato e completamente privo di struttura; 


-DISTRUZIONE CRESTE EPIDERMICHE E STRUTTURE ANNESSIALI: il melanoma distrugge tutto, anche i follicoli piliferi, che appaiono completamente circondati e invasi dal melanoma. I nevi congeniti benigni si chiamano così perché le cellule neviche benigne vanno all’interno degli annessi cutanei, che saranno di conseguenza distrutti dal melanoma;

(17)

-INTENSO INFILTRATO LINFOCITARIO A BANDA DI TIPO LICHENOIDE al di sotto della proliferazione neoplastica; 


-REGRESSIONE NEOPLASTICA: indica delle aree di collagene fibrillare ricco di istiociti pieni di melanina, i melanofagi, che sostituiscono le zone di neoplasia. Sono zone in cui c’era prima un melanoma ma evidentemente la reazione

immunitaria dell’individuo ha fatto regredire queste zone di neoplasia. Le zone di regressione vanno sempre riportate nella diagnosi perché in assenza di queste rischiamo di sottostimare un melanoma(2)(12).

1.4 Nevi che entrano in d/d col Melanoma Cutaneo


 Un discorso a parte lo meritano quei nevi che possono andare in diagnosi differenziale con il melanoma, o che possono poi evolvere in un melanoma cutaneo.


1.4.1 Nevo di Spitz


Il nevo di Spitz viene detto anche nevo a cellule epitelioidi e fusate(24).

E’ un tumore tipico dei bambini e dei giovani adulti; molto raro negli individui di razza nera.

Si manifesta come una papula priva di pigmento, di colore rosa o rosa pallido; caratteristicamente nei bambini in particolare, si localizza al viso o al tronco. 
Può localizzarsi alle estremità, in particolare negli arti inferiori, nei giovani adulti. 


Di solito è inferiore a 1 cm di diametro e può insorgere come neoformazione singola, ma talvolta è multiplo o in cluster. 


ISTOLOGIA: dal punto di vista istologico può essere di tipo: composto (60%), giunzionale(10-20%), intradermico(20%).
 La forma più comune è il nevo composto, ossia una proliferazione di cellule fusate nella stragrande maggioranza dei casi, che crescono sia a livello della giunzione che a livello del derma (ed è questo che molte volte può indurre confusione con il melanoma).

(18)

I criteri diagnostici per fare diagnosi di Nevo Spitzoide sono i seguenti (25):

. TIPO DI CELLULA
 Le cellule possono essere di tipo: epitelioide, fusate (45% dei casi) o entrambe(34% dei casi)
 Un dettaglio citologico delle cellule fusate è che hanno un nucleo ovoidale con 1 o più nucleoli centrali e diverse mitosi, soprattutto nella parte che cresce a livello della giunzione.

. SIMMETRIA Simmetria, senza lesioni laterali. Assenza di attività giunzionale oltre i limiti della componente intradermica

. MATURAZIONE
 Le cellule maturano, ma è una maturazione molto meno evidente di quella che osserviamo all'interno dei nevi comuni.


. MELANOCITI INTRAEPIDERMICI Cluster di 3 o più cellule neviche intraepidermiche. Cellule neviche singole di aspetto epitelioide, ordinate e con minima atipia Questa caratteristica di cellule che infiltrano l’epidermide, detta crescita pagetoide(26) o fenomeno “di risalita” è condivisa da questo nevo con il melanoma.
 Nel nevo tali cellule possono risalire in cluster (2-3 cellule) oppure in cellule singole, però questa risalita ha delle particolarità, cioè è abbastanza

ordinata e le cellule che risalgono all'interno dell'epidermide mostrano una minima atipia.
 Nel melanoma invece la risalita è estremamente disordinata, le cellule sono atipiche e, soprattutto, manca la maturazione.
 Quindi:

- risalita con maturazione → nevo di Spitz; 


- risalita senza maturazione → melanoma.

. CORPI DI KAMÌNO: sono dei globuli eosinofili coalescenti che si riscontrano a livello della giunzione dermo-epidermica. La presenza di corpi di Kamìno coalescenti è un importante segno diagnostico.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE CON IL MELANOMA (23) Si basa sulla immunoistochimica.

(19)

-Nei nevi, p16 (oncosoppressore appartenente alla famiglia delle Chinasi

ciclinaD-dipendente, che arresta la proliferazione cellulare) si accumula all'interno delle cellule, quindi tutte queste cellule sono positive per p16;

-MART-1 (Melan-A) +: prodotto del gene MART-1, è un marcatore differenziale dei melanociti riconosciuto dai linfociti T citotossici autologhi;

-S-100 + (oncogene che identifica le cellule di derivazione dalla cresta neurale);


-HMB-45 + -> significa Homatropine MethylBromide 45. E’ un anticorpo che si lega alla proteina Pmel 17, una glicoproteina espressa soprattutto nelle cellule pigmentarie di occhio e cute. E’ importante in quanto nei nevi si stratifica, quindi colora la parte giunzionale, quella più proliferante, mentre nel melanoma colora tutto (nei melanomi non c’è stratificazione); 


-Ki-67: il Ki-67 rappresenta un utile marker della frazione di crescita di una data popolazione di cellule. Nel nevo di Spitz varia dal 2 al 3%, nel melanoma > 15%, per cui si hanno dei livelli di proliferazione che sono ovviamente nettamente diversi tra nevo di Spitz e melanoma. 


1.4.2 Nevo di Reed (27) 


È detto anche nevo fusocellulare pigmentato ed è l'altra entità che deve essere differenziata dal melanoma. 


Diversa presentazione clinica rispetto al nevo di Spitz:

-papula estremamente pigmentata, nera, però ben circoscritta; 


-dimensioni compatibili con la benignità; 


-insorge in poco tempo (il paziente si accorge di avere un nuovo nevo, che è insorto in 
 poco tempo, molto scuro);

(20)

All’istologia il Nevo di Reed appare come(28):

-cellule fusate che si organizzano in nidi o in fasci variamente intrecciati e che sono confinate essenzialmente all'epidermide e al derma

immediatamente sottostante l'epidermide, il cosiddetto derma papillare; 


-presenza talvolta di diffusione pagetoide e atipia citologica (apparenza preoccupante, rischio di errore diagnostico); 


-fortemente pigmentato, numerosi melanofagi dermici; 


-corpi di Kamino. 


Caratteristiche distintive dal melanoma(29): 


. Pattern di crescita simmetrico e ordinato: le spalle del nevo sono simmetriche e per una zona di 3-4-5-6-8 mm il margine è netto da una parte e dall'altra;

. Maturazione di cellule neviche in profondità; 


. Limitazione della diffusione pagetoide alla metà inferiore dell’epidermide (nel melanoma arrivano fino allo strato spinoso, fino all’ulcerazione)

. Criteri immunoistochimici molto simili a quelli visti per il nevo di Spitz.

1.4.3 Nevi congeniti (30)

Sono presenti alla nascita nell'1% dei neonati. In genere sono solitari. 


Prediligono il tronco. Nella stragrande maggioranza dei casi (fin oltre il 90%), hanno un diametro inferiore ai 4 cm. 


Una caratteristica è che insorgono in vicinanza degli annessi cutanei. 


Con il termine di nevo tardivo, invece, si intende un nevo che insorge entro i 2 anni dalla nascita, molto più comune dei nevi congeniti propriamente detti, presenta le stesse caratteristiche istologiche del nevo congenito e ha una

(21)

prevalenza che va dal 6 al 20%. 


Il nevo congenito gigante: ha un diametro superiore a 20 cm, a volte superiore anche a 40 cm; si associa molto spesso ad altre alterazioni della melanizzazione, per esempio a volte si associa alla melanosi leptomeningea, quindi le meningi ricche di melanina;
 cresce sproporzionatamente rispetto al resto del corpo, ma poi a un certo punto si stabilizza e quindi smette di crescere: negli adulti rimane statico (a meno di sviluppi di malignità);

Può essere talmente esuberante da provocare ulcerazioni o erosioni -> questo succede specialmente nei neonati, quando i bambini stanno molto tempo a letto.

Le sindromi associate ai nevi congeniti sono frequentemente:

- sindrome di Carney; 


- sindrome del nevo epidermico; 


- melanosi neurocutanea; 


- neurofibromatosi di tipo 1; 


- spina bifida occulta; 


- sindrome da prematurità. 


ISTOLOGIA DEI NEVI CONGENITI.
 I nevi congeniti possono essere, a seconda dell'età in cui sono rimossi, di tipo: 


- giunzionale;


-composto;


-intradermico. 


Se vengono rimossi nell'infanzia saranno dei nevi giunzionali. 


Se si asportano entro il primo anno di vita, si potranno riscontrare due tipi cellulari:

(22)

- piccole cellule neviche che stanno nel derma reticolare, 


- grosse cellule che invece stanno nell’epidermide o a livello della giunzione.

Le cellule che stanno nel derma hanno delle caratteristiche particolari che ci consentono di fare la diagnosi di nevo congenito:

- queste cellule piccole occupano i 2/3 inferiori del derma; 


- sono disperse tra le fibre collagene singolarmente o in fila indiana, nella parte più 
 profonda; 


- estensione di tali cellule intorno ai nervi, ai vasi e agli annessi. 
 Quindi una caratteristica tipica, un marker istologico tipico del nevo congenito è la aggressione delle strutture cutanee. 


RISCHIO DI MELANOMA DI UN EX NEVO CONGENITO


Quali sono i nevi congeniti che hanno una possibilità aumentata di diventare melanoma? (31)


- i nevi congeniti giganti hanno un rischio che è compreso tra il 2 e il 30% di sviluppare un melanoma; 


- le lesioni assiali, cioè quelle del tronco, sono maggiormente a rischio rispetto a quelle delle estremità; 


- i nevi congeniti dello scalpo sono a maggior rischio rispetto a quelli degli altri siti perché potrebbero essere collegati alla melanosi leptomeningea; 


- il rischio per i piccoli nevi congeniti è controverso: secondo alcuni è molto basso, secondo altri è 3-20 volte superiore al rischio usuale; 


- il rischio di melanoma dipende essenzialmente dalle dimensioni: più è grosso il nevo congenito, maggiore è il rischio di sviluppare un melanoma: 


(23)

migliore, una prognosi migliore, sono meno aggressivi. 


1.4.4 Nevo displastico (atipico o di Clark) Entità identificata da Clark nel 1978.


Molteplici prove scientifiche supportano la tesi che il nevo displastico sia il precursore del melanoma.
 In particolare dallo studio di famiglie che presentano la Sindrome del Nevo Displastico, cioè tendenza ereditaria, autosomica

dominante, a sviluppare numerosi nevi displastici (a volte più centinaia di nevi), si è evinto che in questo caso il rischio di sviluppare un melanoma o melanomi multipli è aumenta del 50% sopra i 60 anni di età(32).

La situazione è molto controversa. Non tutti i nevi displastici diventano melanomi (solo una minima parte di questi diventano melanomi) e solo pochi melanomi prendono origine da nevi displastici.
 Da ciò si comprende che il nevo displastico va considerato come un marcatore di possibile rischio per sviluppare un

melanoma(33).

Il paziente che riceve una diagnosi di Displasia Nevica, o Sindrome del Nevo Displastico, deve essere strettamente seguito dal clinico con controlli clinici semestrali ogni anno.

I nevi displastici, ovviamente, possono insorgere anche al di fuori della sindrome del nevo displastico, cioè come nevi isolati e in questo caso il rischio di evolvere in melanoma è molto basso.

I nevi displastici pongono problemi di diagnosi differenziale con un melanoma in situ o un melanoma con fase di crescita orizzontale.

Le caratteristiche cliniche dei nevi displastici
 sono tutte a metà tra la benignità e la malignità (7):

- il diametro è superiore ai 5 mm, quindi sono tutti più grandi della maggior parte dei nevi acquisiti; 


(24)

- nelle forme sindromiche, come già detto prima, possono essere di numero anche molto elevato; 


- si manifestano come macule piane o placche lievemente rilevate con una parte della superficie che ha un aspetto “a ciottolato” oppure possono crescere come lesioni “a bersaglio” con la regione centrale più scura, rilevata, con un piccolo reticolo vascolare visibile al dermatoscopio e una periferia irregolarmente pigmentata; 


- i bordi sono irregolari e irregolare è anche la pigmentazione, quindi abbiamo dei nevi che variano dal marrone al rosso al grigio al rossiccio; 


- a differenza dei nevi comuni, possono insorgere sia nelle zone foto-esposte che in quelle non foto esposte. 


A livello istologico è un nevo composto con alterazione architetturale e atipia citologica.

Presentano nidi di cellule neviche di dimensioni notevoli, a volte si ha la loro coalescenza e fusione(30).

Le cellule neviche rimpiazzano le cellule basali lungo la giunzione dermo-epidermica, dando luogo ad una crescita di tipo lentigginoso. Dal punto di vista citologico, le cellule esibiscono nuclei grandi, angolati, con contorni irregolari, ipercromatici;
 lieve infiltrato linfocitario a livello del derma;
 fibrosi lamellare che si localizza sotto le teche, sotto i nidi di cellule neviche;

Come nel melanoma, i melanociti morti sono mangiati da istiociti e quindi abbiamo i melanofagi dermici.

CRITERI DIAGNOSTICI (34) Sono i seguenti:

. simmetria: una lesione benigna è simmetrica, una lesione maligna è asimmetrica;

(25)

. bordi: sono netti nella lesione benigna, irregolari nella lesione maligna; 
 . colore: la pigmentazione è uniforme nel nevo displastico, nel melanoma è irregolare; 


. dimensione: è più piccola di 1⁄4 di pollice nel nevo, mentre è sempre più grande di 1⁄4 di pollice nel melanoma; 


. evoluzione: la crescita in un nevo è ordinata e uniforme; 


. satellitosi:
 man mano che si va verso la malignità, il nevo cambia in dimensioni, in profilo, in colore, in altri tipi di manifestazioni. 


BIOLOGIA MOLECOLARE

Al momento della scoperta di queste lesioni, Clark ipotizzò una sorta di

progressione neoplastica secondo la quale un nevo benigno poteva evolvere in un nevo displastico, il quale a sua volta poteva andare ad evolvere in melanoma metastatizzante a seguito dell’acquisizione di mutazioni sempre più gravi.

Questo, in realtà, è stato visto che non sempre corrisponde a realtà, anzi, la patogenesi di queste lesioni è molto complessa e, in queste situazioni sono di grande supporto scientifico le malattie genetiche familiari. In questo specifico caso si fa riferimento alla sindrome del nevo displastico che ha una ereditarietà di tipo autosomico dominante.

In famiglie affette da tale sindrome si sono evidenziati diversi geni mutati tra cui(35):

- il CDKN2A, che è localizzato sul cromosoma 9, nella regione p21; 


- il CDK4 che è localizzato nella regione q14 del cromosoma 12. Il CDK4 è un gene molto importante perché è in grado di produrre delle proteina come p14alfa e p16 che regolano la via di proliferazione dei melanociti. Entrambi questi geni sono associati a forme familiari di melanoma. Il rapporto di queste mutazioni con il fenotipo del nevo displastico non è lineare in quanto non tutti i pazienti con mutazioni della linea germinale di CDKN2A e CDK4 hanno nevi displastici. 


(26)

Non tutti i nevi displastici familiari sono associati a mutazioni di tali geni.

Probabilmente intervengono altri tipi di mutazione, ancora oggetto di ricerca, che interferiscono con l'attività di questi geni nel dare luogo alla formazione di nevi displastici. Come i nevi comuni, i nevi displastici hanno anche le stesse mutazioni attivanti della via di RAS/RAF.

CRITERI PER LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA NEVI E MELANOMI (36)

Criteri clinici:

- l'età di esordio: è molto importante. E’ piuttosto raro che un melanoma esordisca in età avanzata.

Criteri istologici di benignità:

- simmetria e netta circoscrizione della lesione: sono un indizio di crescita ordinata e uniforme e quindi di lesioni benigne; 


- prevalenza della aggregazione in teche piuttosto che crescita lentigginosa e regolarità e netta circoscrizione delle teche (in un melanoma le teche sono assolutamente alterate e completamente confuse); 


- maturazione: è l'elemento fondamentale. La maturazione è sempre presente in un nevo e assolutamente assente nel melanoma. 


Criteri istologici di malignità:

- confluenza delle teche: se le teche si avvicinano, si raggiungono e confluiscono; questo è un indizio di irregolarità, di crescita neoplastica e suggerisce quindi una diagnosi di melanoma; 


- consumption (37)(fenomeni istolitici di consumazione) e fessure longitudinali dermo-epidermiche: la presenza di fenomeni istolitici, di distacco tra derma e epidermide, è dovuta alla crescita estremamente violenta delle cellule neoplastiche che provocano questi fenomeni di consumazione, ed è sempre indizio di sospetto melanoma; 


(27)

- spreading pagetoide in assenza di maturazione sottostante: è indice di risalita di melanociti sopra la giunzione ed è sempre indizio di sospetto per melanoma (in alcuni casi, come nel nevo di Spitz e di Reed, può esserci risalita, ma si tratta di cellule tipiche e soprattutto sotto le cellule maturano(38)); 


- presenza di emboli neoplastici nei vasi linfatici; 


- (vasti) campi cellulari solidi e alta densità di cellule senza stroma interposto: soprattutto cellule atipiche che non maturano sono indizio sempre di crescita disordinata tipica del melanoma; 


- atipie citologiche, se associate a pleomorfismo, mitosi(4). Criteri immunoistochimici: 


1. p16INK4A: p16 è il gene responsabile della senescenza oncogene-indotta. I vari pattern che possiamo riscontrare:

- positività nucleare e citoplasmatica: nei nevi, compresi i nevi displastici; 


- progressiva perdita di positività: nei melanomi in situ; 


- maggiore perdita di positività: nei melanomi in fase di crescita orizzontale (si possono avere ancora delle cellule p16 positive in alcuni melanomi in fase di crescita orizzontale); 


- totale negatività: nei melanomi in fase di crescita verticale; 


- negatività nelle parte profonda: nei nevi congeniti e delle melanocitosi dermiche (quindi un'altra caratteristica del nevo congenito è che la p16 si perde nella parte più profonda); 


2. Ki-67 (indice di proliferazione):

- nel melanoma la proliferazione è sempre superiore al 15% delle cellule; 


- associata alla p16: se viene rilevata attività proliferativa nelle zone negative per p16, il reperto è suggestivo di melanoma, specie in quelle forme di melanoma che

(28)

sono inferiori a 1 mm di spessore. 


1.5 Report Diagnostico (15)(39)

I criteri che hanno una valenza prognostica e stadiativa per poter fare una diagnosi di melanoma cutaneo sono i seguenti:

- SPESSORE DI BRESLOW: è il primo criterio in assoluto. Indica la profondità della neoplasia all’interno del derma, quindi è un parametro prognostico e stadiativo FONDAMENTALE, in quanto dà la misura di quanto la malattia sia vicina ai vasi sanguigni. Lo spessore di infiltrazione si ha per una neoplasia sia con una crescita radiale che verticale quindi, purché si tratti di un melanoma invasivo, lo spessore di Breslow deve essere sempre dato.

Sullo spessore di Breslow poi si costruisce il TNM.

Il melanoma può anche presentare un’ulcerazione superficiale, e che quindi in base alla sua presenza o meno, la misurazione dello spessore cambia, perché: 
• se il melanoma non è ulcerato, valutiamo lo spessore dallo strato granulare fino al nido più profondo in cui ritroviamo i melanociti (lo strato corneo è privo di iperplasia dei cheratinociti);

• se il melanoma è ulcerato, invece lo spessore di nostro interesse va dalla base dell’ulcera fino all’ultima cellula neoplastica che ritroviamo (a volte abbiamo necessità di identificare questa ultima cellula con metodiche

immunoistochimiche).

Il valore prognostico dello spessore di Breslow è così definito:

-lesioni inferiori ad 1 mm → hanno una prognosi BUONA. NON si fa il linfonodo sentinella (a meno che il criterio mitosi non ci dica qualcos’altro, o lo spessore sia >0.76mm ma <1mm) 


-lesioni superiori ad 1 mm → hanno una prognosi più SFAVOREVOLE. E’ necessario fare il LINFONODO SENTINELLA.

(29)

- ULCERAZIONE: l'ulcerazione è una soluzione di continuo degli strati superficiali epidermici in corrispondenza della neoplasia, associata a depositi di fibrina e di polimorfonucleati (diversamente non è un’ulcera). E' il secondo parametro per importanza. La presenza o l’assenza dell’ulcerazione viene chiaramente indicata nella categoria T del TNM, quindi: 


T1A → melanoma entro 1 mm non ulcerato;

T1B → melanoma entro 1 mm ulcerato (già indicazione al Linfonodo Sentinella).

- MITOSI: le mitosi si misurano sul fronte di avanzamento per hot spot: si identifica l’area che ha il maggior numero di mitosi o quell’area che ne ha anche 1 sola e si contano le mitosi per mm quadrato. Rappresentano il terzo parametro per importanza della stadiazione: basta una sola mitosi per mm2 annullare lo spessore di Breslow. Abbiamo un melanoma spesso 60 micron che non sarebbe candidato al linfonodo sentinella, ma se questo presenta 1 mitosi sola candida il paziente al linfonodo sentinella. 


- LIVELLI DI CLARK: in passato i livelli di Clark erano il primo livello prognostico. Il livello di Clark indica la sede anatomica dell’epidermide che viene raggiunta dall’infiltrazione delle cellule neoplasiche. Classicamente sono 5 i livelli indicati da Clark:

- livello I: limitato all’epidermide (entro la membrana basale);


- livello II: iniziale infiltrazione del derma papillare; 


- livello III: infiltrazione completa del derma papillare;

- livello IV: infiltrazione del derma reticolare;


(30)

Figura 1.5 Livelli di Clark con correlata sopravvivenza.

Ovviamente più profonda è l’infiltrazione, peggiore è la prognosi.

Il problema per cui questi livelli di Clark sono passati al quarto livello prognostico è rappresentato dal fatto che il derma non ha lo stesso spessore in tutte le parti del corpo: nella palpebra il derma ha lo spessore di 0,5 mm mentre sul palmo delle mani, sulle piante dei piedi e sulla nuca può arrivare fino a 4 mm.

Quindi tutte le volte dovrebbe coincidere Breslow e Clark, ma in determinate situazioni i livelli di Clark porterebbero a sottostadiare la neoplasia.

- TUMOR INFILTRATING LYMPHOCITES (TIL): un altro elemento importante è rappresentato dall’infiltrato linfocitario all’interno del tumore(12).

Ha un valore prognostico POSITIVO perché è indice di una attiva reazione immunitaria da parte dell’individuo ed è responsabile di quel fenomeno di regressione, ovvero è in grado di far scomparire e di far regredire il tumore. Importante ai fini prognostici-stadiativi, e quindi per il dermatologo, è anche il pattern dell’infiltrato linfocitario peritumorale perché, in base a come lo ritroviamo possiamo avere un cambiamento della prognosi:

• BRISK → intenso e diffuso 


(31)

• ASSENTE (è quello a prognosi peggiore) 


- AREE DI REGRESSIONE: dobbiamo indicare sempre la presenza di aree di regressione, le quali sono visibili macroscopicamente o al dermatoscopio.
 Sono delle zone di stroma reticolare in cui i melanofagi hanno sostituito la

neoplasia(12)(29).

La regressione indica sempre la presenza di un melanoma più profondo che deve essere sempre indicata nella nostra diagnosi, diversamente rischiamo di

sottostadiare la diagnosi;

- INVASIONE VASCOLARE/LINFATICA/PERINEURALE: sono tutti fattori PROGNOSTICI NEGATIVI che devono essere sempre segnalati. L'invasione linfatica indica con molta probabilità il riscontro di ripetizione a livello linfonodale. L’invasione perineurale è tipica dei melanomi desmoplastici. - MICROSATELLITOSI: indica la presenza di satelliti o microsatelliti, nidi di melanoma non compresi nello spessore di Breslow, ma si trovano all’interno di vasi linfatici. Distano almeno 300 micron dalla neoplasia principale.
 La microsatellitosi è indice di probabilità elevata di RECIDIVA loco-regionale. - MARGINI DI RESEZIONE: l’ultima cosa che il patologo deve segnalare è se l’escissione nella neoplasia è stata completa o meno(40).

Nel caso di diagnosi di melanoma, tuttavia, specialmente se di un melanoma con spessore maggiore ad 1 mm, i margini di sicurezza devono essere più ampi, con allargamento della lesione(41).

(32)

Figura 1.6 Melanoma con aree di regressione

Figura 1.7 Margini di escissione da rispettare in base allo spessore della lesione.

1.6 Stadiazione

Nel 2002 e poi nel 2009(42)(43), l’American Joint Committee on Cancer (AJCC) e l’Unione Internazionale per la Ricerca sul Cancro (UICC) hanno effettuato una revisione del sistema di classificazione e stadiazione del melanoma basandosi sull’analisi di dati relativi a 17.600 pazienti provenienti da 13 diversi centri di ricerca sul cancro.

Utilizzando tutti i parametri precedentemente visti, la diagnosi di un melanoma viene associata alla stadiazione T del tumore primitivo.

L’esame del linfonodo sentinella (stazione N), a differenza di quanto avviene per la mammella, non è contemporaneo alla escissione della neoplasia, a meno che

(33)

non siamo di fronte a melanomi chiaramente invasivi e molto profondi. Quindi sono due cose che vengono fatte in due tempi diversi.

Il T è un parametro estremamente importante che correla con la prognosi. Stadio Tis → melanoma in situ;

Stadio T1-> melanoma di spessore <1.01mm;

Stadio T2-> melanoma di spessore compreso tra 1.01mm e 2.00mm; Stadio T3-> melanoma di spessore compreso tra 2.01mm e 4.00mm; Stadio T4-> melanoma di spessore >4.01mm;

Per ogni stadio da T1 a T4 si considerano due opzioni: A) senza ulcerazione
 B) con ulcerazione.

Figura 1.8 Classificazione del tumore primitivo (T) correlato ad ulcerazione e spessore di Breslow.

(34)

AJCC 2009, VII edizione (42)

Figura 1.9 Stadiazione secondo AJCC (7a edizione, 2010)

Il T per le condizioni standard dà l’indicazione all’esecuzione del linfonodo sentinella, che si fa:

• dal T2 in poi, cioè per qualsiasi dimensione sopra 1 mm di infiltrazione 


• nel T1, quindi al di sotto o entro 1 mm, quando esiste anche una mitosi per mm2 che annulla lo spessore di Breslow. 


IMMUNOISTOCHIMICA(44) Quando il patologo quando fa diagnosi di melanoma utilizza 3 marcatori principali, ai quali i melanociti risultano positivi in caso di melanoma(45). 


(35)

1. Proteina S100: è un marcatore neuronale (tale proteina identifica anche le cellule di Schwann). Il melanocita ha dei dendriti ed è una cellula a

differenziazione neurale.

La proteina S100 colora sia i melanociti benigni che maligni con un

localizzazione che può essere sia citoplasmatica che nucleare. L’utilizzo di S100 è fondamentale per la diagnosi di METASTASI in altre sedi da melanoma, è il marcatore più affidabile. 


2. MelanA o MART1 (46)


Riconosce anch'esso i melanociti benigni e maligni; si localizza solamente nel citoplasma. 


E' MENO sensibile della proteina S100, quindi nelle metastasi, se dobbiamo scegliere, facciamo l’S100 che è molto più sensibile. 


Lo utilizziamo nella diagnosi di melanoma per individuare l’ultima cellula che infiltra in profondità. Questo risulta necessario nei seguenti casi: 


. molto spesso i melanociti neoplastici possono essere confusi con degli ISTIOCITI o dei MACROFAGI;

. quando il melanoma è AMELANOTICO; . quando c’è molto infiltrato infiammatorio;

in questi ultimi due casi è necessario vedere con certezza quale è l’ultimo nido o l’ultima cellula che infiltra in profondità.

3. HMB45 (46)

E' un marcatore che individua i melanociti immaturi; colora solo il citoplasma.

E' fondamentale per la diagnosi differenziale tra un nevo displastico e un melanoma (o comunque tra nevi di altro tipo e il melanoma). Viene usato solo a

(36)

questo scopo. 
 L’HMB45 nel nevo colora solamente i melanociti immaturi (ma che poi matureranno andando giù), i quali si trovano a livello della giunzione dermoepidermica.

Nel melanoma, poiché manca il gradiente maturativo, l’HMB45 colora tutto lo spessore.

In sintesi → abbiamo 3 tipi di marcatori: • S100 essenzialmente per le metastasi;

• MART1 soprattutto per l'individuazione delle cellule profonde, inoltre in associazione con S100 per la metastasi;


• HMB45 per la diagnosi differenziale tra nevo e melanoma, poiché evidenzia i melanociti più maturi. 


1.7 Biologia Molecolare del Melanoma Cutaneo 


Abbiamo visto che esistono diversi tipi di melanoma, può essere localizzato sulla cute, nelle mucose o all'uvea, quindi numerosi geni sono alterati nella patogenesi del melanoma.

FISIOLOGIA

Nel melanoma cutaneo la via biochimica che si occupa del controllo della proliferazione dei melanociti è una via che si attiva a cascata: è legata al ruolo che il gene RAS, che si trova all’interno della membrana plasmatica, svolge nell’attivare il gene RAF, dal quale parte una catena di attivazione.

RAS → RAF → MEK → ERK

ERK è quello principalmente responsabile della proliferazione dei melanociti.

Quindi si tratta di una serie di proteine che svolgono il ruolo di enzimi con attività tirosinchinasica, per cui hanno la capacità di fosforilare tutta un'altra serie di proteine in modo da controllare in maniera bilanciata la proliferazione dei

(37)

melanociti.

Queste proteine a loro volta sono attivate da fattori di crescita perché da sole non ce la farebbero a sostenere la progressione della catena.

PATOLOGIA

Anche su una sola di queste proteine può intervenire una sollecitazione in senso attivante, che è capace di attivare, innescare in maniera continua, l’intera via (47).

Nell'80% dei melanomi di qualsiasi tipo troviamo mutazioni di due geni, molto importanti per la patogenesi del melanoma. Sono due mutazioni

MUTUALMENTE ESCLUSIVE: • mutazioni attivanti di NRAS; 


mutazioni attivanti di BRAF(48)(49)→ è la più frequente. Si ritrova nel 40-60% dei melanomi cutanei e rappresenta un bersaglio importante per la terapia di questi. La via di trasduzione del segnale di MAPK (Mitogen-activated protein Kinase), che include l’attivazione delle proteine NRAS, BRAF, MEK1/2 e ERK1/2, pare sia quella maggiormente implicata sia nello sviluppo che nella progressione del melanoma(50)(51). In particolare l’aumentata attività di ERK1/2, costitutivamente attivata nei melanomi, soprattutto in conseguenza della mutazione dei fattori a monte della via di trasduzione, è responsabile di una più rapida crescita tumorale, di un vantaggio in termini di sopravvivenza per le cellule tumorali e di una spiccata resistenza all’apoptosi(52)(53). I pazienti con melanoma non beneficiano di chemioterapia; in genere sono trattati con terapia immunologica per potenziare l’attività immunitaria degli individui, soprattutto a base di IFN in REGIME DI KIRKWOOD (quindi ad ALTE DOSI) e IPILIMUMAB(54), un farmaco ANTI CTLA4, implicato

nell’inibire l’inibizione della risposta immunitaria del soggetto nei confronti delle cellule neoplastiche. È stato individuato, però, nel gene RAF mutato, un bersaglio per una terapia molecolare mirata a base di

VEMURAFENIB(55)(inibitore Tyr-chinasico di RAF), in quanto la

(38)

circa. Inoltre, il sito del bersaglio è un sito fatto da due aminoacidi (che risultano dalla mutazione) che non si ritrova nella controparte normale, quindi è un farmaco estremamente promettente per questi tipi di pazienti. 
È stata individuata di recente la presenza di mutazioni del recettore tirosinchinasico ERB B4 → circa 19% dei melanomi. Ma le mutazioni che si sono studiate, in particolare quelle di RAF e RAS (importanti nella cute), di cKIT (nel melanoma acrale e delle mucose) e di G/NAQ (nel melanoma dell’uvea), sono delle mutazioni talmente tipiche che si associano a

particolari fenotipi di melanoma. 
 Ad esempio, la mutazione di BRAF si ritrova generalmente nelle seguenti categorie: ➔ pazienti giovani che si espongono in maniera acuta e intermittente al sole ➔ pazienti con melanomi che si localizzano al tronco o agli arti
 ➔ soggetti che hanno un elevato numero di nevi ➔ soggetti si abbronzano facilmente
 ➔ l’istotipo a cui si associa più spesso questo tipo di mutazione è il melanoma a diffusione superficiale;

amplificazione della CICLINA D1/CDK4(56): l’amplificazione di questa proteina determina la fosforilazione, e quindi l’inattivazione, della proteina RB (Retinoblastoma), la quale normalmente controlla (in senso inibitorio) la proliferazione cellulare. Quindi questo determina un vantaggio proliferativo per la linea cellulare mutata(56). Oltre ad avere l’amplificazione della Ciclina D1/CDK4, lo stesso effetto lo possiamo ottenere con un’altra

mutazione, con la riduzione della proteina p16, la quale normalmente si lega al complesso ciclina D1/CDK4 e lo frena; la sua riduzione determina un aumento dell’attività della ciclina D1 e di conseguenza un aumento della proliferazione cellulare(57). La curiosità è che questo tipo di mutazione la ritroviamo principalmente nei melanomi insorti per una cronica esposizione al sole, mentre nei melanomi insorti non a causa dell’esposizione solare è più frequente la mutazione di BRAF(58)(59)(60)(61).

Sfortunatamente solo la mutazione di B-RAF è diventata un bersaglio terapeutico, le altre mutazioni sono ancora soggette a studi approfonditi.

1.8 Clinica del Melanoma

SINTOMATOLOGIA

(39)

Generalmente si manifesta in maniera asintomatica; può dare manifestazioni precoci come prurito nella zona della lesione o dolore;

SEGNI CLINICI


I segni clinici più frequenti sono: 


variazione del colore di una lesione pigmentata
 → a differenza dei nevi, la pigmentazione del melanoma è particolarmente variegata, con

screziature di colore nero, rosso, blu scuro e grigio. Devono essere evidenziate anche eventuali zone di ipopigmentazione (aree di

regressione), che insospettiscono il clinico orientandolo verso la probabile diagnosi di melanoma; 


variazione della dimensione di una lesione pigmentata: tutti i nevi con diametro maggiore di 1 cm devono essere sospettati;


Variazione della forma di una lesione pigmentata; 


Bordi irregolari e indentati della lesione indirizzano verso la diagnosi di melanoma, poiché al contrario i bordi di un nevo sono molto regolari.

ABCDE del melanoma(62):
 A: asimmetria della lesione; B: irregolarità dei bordi;
 C: irregolarità del colore; D: diametro sempre superiore ad 1 cm; 
 E: evoluzione della lesione (un melanoma può evolvere, è un nevo che appare di una certa dimensione, poi cambia colore, cambia dimensione, i margini diventano sfrangiati e irregolari

(40)

METASTASI Possiamo riscontrare:

1. METASTASI LOCALI:

. LINFONODALI → Il melanoma metastatizza inizialmente per via linfatica. Queste si individuano in genere, nel melanoma, col LINFONODO

SENTINELLA. 


. SATELLITE → le recidive locali (cutanea) entro 2 cm dal tumore primitivo; . IN TRANSIT (63)(64)→ recidiva locale tra la sede di insorgenza del melanoma e il primo linfonodo a cui il melanoma drena, cioè una recidiva locale oltre i 2 cm dal tumore primitivo ma entro la prima stazione linfonodale. Queste tre classi di metastasi sono TIPICHE del melanoma.

2. METASTASI SISTEMICHE: 


. EMATOGENE → per via ematica può andare in qualsiasi sede del nostro corpo. Le sedi preferenziali di metastatizzazione del melanoma sono: fegato, cervello, cuore, midollo osseo.

(41)

CAPITOLO 2

Il LINFONODO SENTINELLA

2.1 Introduzione del Linfonodo Sentinella e sua analisi

anatomopatologica

Il linfonodo sentinella è definito come il primo linfonodo che drena il letto del melanoma.

La tecnica del linfonodo sentinella è stata attribuita, nel 1996-1997, al Prof. Umberto Veronesi, per la stadiazione del tumore della mammella. Ma la storia vuole che la metodica del linfonodo sentinella sia stata utilizzata per la prima volta nel 1992 in Sud America per il tumore del pene, seguito nell’anno successivo da quello della vulva, e dal 1994, dal melanoma.

Nel melanoma, a seconda della posizione in cui esso si trova, il linfonodo

sentinella solitamente è sempre unico. Può essere più di uno quando il melanoma è nella posizione mediana (ad esempio tra i due cavi ascellari o i due cavi

(42)

inguinali).

QUANDO si esegue il linfonodo sentinella (65):

. quando non si ha una chiara assenza di evidenza clinica di metastasi: se ho un melanoma nel petto e ho dei linfonodi aumentati di volume nel cavo ascellare, è molto probabile che quei linfonodi non siano una linfadenite, ma siano

metastatici; 


. quando lo spessore di Breslow è maggiore di 1 mm (T2); 


. se lo spessore di Breslow è entro 1 mm (T1), ma con mitosi superiori o uguali a 1/mm2 (in questo caso lo spessore di Breslow, pur essendo <1, non conta più); . nello stadio pT1b, ovvero un melanoma con spessore di Breslow inferiore al millimetro, ma che presenta ulcerazione superficiale.

Possiamo avere 4 possibilità (66): 


. Assenza di metastasi, N0 → in un melanoma T1N0 (pT1a), la % di guarigione è elevatissima perché abbiamo un Breslow sottile, quindi la possibilità che le cellule possano essere andate nei vasi linfatici o vasi ematici è molto rara.

. Un deposito tumorale nel linfonodo < 200 micron, N0itc → condizione chiamata Itc: cellule tumorali isolate. 


. Micrometastasi → il deposito tumorale è compreso tra 200 micron e 2 mm; 
 . Metastasi → il deposito tumorale è > 2 mm 


Nel melanoma ognuna di queste categorie, a parte l’N0, è indicazione per lo svuotamento ascellare. 
 Il patologo deve indicare: 


. DIAMETRO delle metastasi: quindi deve dire se è itc, se è micrometastasi, o se è macrometastasi; 


. SEDE della metastasi: seno sottocapsulare (meno grave) / parenchima (più grave) / mista 


(43)

nel tessuto adiposo al di fuori del linfonodo, questa è un'evenienza che impone lo svuotamento ascellare come tutte le altre, ma che più facilmente prevede la presenza di metastasi in altri distretti. 
 Questi tre parametri sono molto importanti per la PROGNOSI;

. PROFONDITA’ DI INVASIONE secondo Starz (67), misurata dalla superficie interna della capsula linfonodale al punto più profondo di infiltrazione del

parenchima linfonodale ed espressa in mm.

COME si esegue l’analisi del linfonodo sentinella

Dopo aver effettuato l'asportazione della lesione ed avere ottenuto la diagnosi di melanoma, si sottopone il paziente ad una LINFOSCINTIGRAFIA, ovvero si inietta del tracciante radioattivo nella zona della cicatrice dove è stato asportato il nevo. Il giorno successivo il medico nucleare individua con un contatore di radioattività il linfonodo che emette più radioattività.

L’analisi del linfonodo sentinella nel melanoma si fa con una tecnica tradizionale. Le metastasi possono essere localizzate nel linfonodo in modo del tutto casuale, ma è importante che non ci sfugga neanche una cellula tumorale isolata. A questo proposito si suggerisce di adottare le Linee Guida EORTC Melanoma

Group(68)(69): 


• viene fatto un protocollo che prevede una serie di sezioni seriate a diversi livelli di profondità. Per aumentare la sensibilità di quest’esame si utilizzano marcatori immunoistochimici che ci confermano che quelle cellule sono

metastatiche. Prendiamo, ad esempio, un linfonodo di 1 cm, quindi la dimensione minima è di 1cm. Il linfonodo si divide in 2 e su queste due metà viene seguito questo protocollo: ossia si fanno di ogni metà 4 sezioni, si scartano 50 micron, 4 sezioni, si scartano 50 micron, 4 sezioni, fino arrivare ad un totale di 24 sezioni. Quindi noi abbiamo 6 livelli fatti di 4 sezioni.

Su ogni livello effettuo:

. ematossilina eosina; 


(44)

. immunoistochimica con MelanA o MART1; 
 . una la lascio di riserva, bianca.


 Quella bianca mi serve a:

- rifare uno di questi marcatori se per caso una delle sezioni si stacca; 


- nel caso in cui troviamo nel linfonodo delle inclusioni epiteliali benigne. Tanti melanomi insorgono su nevi quindi, asportando il linfonodo, una parte di queste cellule neviche potrebbe andare all’interno del linfonodo. Noi ci accorgiamo che nel linfonodo ci sono dei melanociti: li colora sia l’S100 che il MelanA (perché questi colorano sia i melanociti benigni che maligni) ma per decidere se questi melanociti sono benigni o maligni faccio un altro marcatore, la p63, che diventa positiva se è un’inclusione epiteliale benigna.

Quindi devo stare molto attento a non confondere la metastasi, che candida allo svuotamento della stazione linfatica più vicina con tutte le sue complicanze (anche nel caso in cui le cellule maligne siano davvero poche), con un'inclusione

epiteliale benigna. 


2.2 Morton e il MSLT-I

Il trattamento per il melanoma cutaneo localizzato consiste sostanzialmente dell’ESCISSIONE LOCALE della lesione (Wide Local Excision, WLE), in cui andiamo ad asportare la lesione pigmentata tenendo dei margini di escissione che possono andare dal cm ai 2 cm, in base alla profondità del melanoma stesso. Molto spesso questo trattamento è risolutivo, in quanto le neoplasie che vengono maggiormente diagnosticate sono inferiori al mm(70).

Altre volte, invece, alcuni pazienti possono sviluppare metastasi linfonodali. Si parla di Linfonodo SENTINELLA quando vogliamo indicare il primo linfonodo che viene raggiunto dalle cellule neoplastiche una volta che hanno preso la via linfatica perché è colui che drena quella determinata regione(71)(72).

La presenza di cellule neoplastiche all’interno del linfonodo peggiora

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peggior sopravvivenza specifica per melanoma (Melanoma Specific Survival, MSS)(73)(74).

Proprio per questo motivo, per andare ad individuare pazienti con o senza malattia linfonodale, è stata ideata la tecnica del Linfonodo Sentinella, la quale permette di asportare il singolo linfonodo drenante la regione colpita dalla lesione, fare la biopsia, e quindi sapere se è presente o meno la malattia a livello linfonodale. Non ha un valore terapeutico, ma prognostico, in quanto permette di fare una corretta stadiazione di malattia, e quindi intraprendere il giusto trattamento terapeutico.

Prima della tecnica del linfonodo sentinella, il management del paziente con melanoma cutaneo ma con linfonodi clinicamente negativi consisteva ne: 1. Sola osservazione, 2. Dissezione elettiva del pacchetto linfonodale (Elective Lymph node Dissection, ELND).

Molto spesso, pazienti che presentavano linfonodi clinicamente negativi alla sola osservazione sviluppavano malattia nodale macroscopica, per cui andavano incontro a ELND dopo 8-10 anni dalla diagnosi(75)(76). Ma è stato visto che comunque la ELND non apportava un miglioramento nella sopravvivenza rispetto alla sola osservazione; anzi, esponeva il paziente ad un numero maggiore di morbilità (es. linfedema dell’arto)(77-79).

Per cui, vista l’importanza della stadiazione linfonodale nel melanoma per la prognosi, con il linfonodo sentinella possiamo determinare la biologia del linfonodo esponendo il paziente ad un numero minimo di morbilità.

I primi ad ideare, e quindi sviluppare, la tecnica del Linfonodo Sentinella furono Morton et al.(80). La descrissero per le prima volta nel 1992, in cui postularono che le cellule neoplastiche che migrano dalla lesione primaria vanno a

metastatizzare ad un singolo (o pochi) linfonodo, prima di andare a coinvolgere il resto del pacchetto linfonodale.

Molti studi hanno confermato questa ipotesi in quanto è stato visto che un l. sentinella negativo predice la negatività di tutto il pacchetto linfonodale nel 96% dei casi.(81-84)

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Al contrario, quando un linfonodo sentinella contiene micro metastasi, approssimativamente il 20% dei casi dei sentinella ha malattia nodale addizionale.(85)(86)

Lo studio nel quale venne attuata per la prima volta tale tecnica fu il Multicenter Selective Lymphadenectomy Trial-I (MSLT-I)(80).

MSLT-I è uno studio prospettico, randomizzato, in cui si doveva dimostrare che il linfonodo sentinella conferiva un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla sola osservazione della stazione linfonodale.

Il trial è cominciato nel 1994, e comprendeva 2001 pazienti, di cui: 1347 con melanoma a spessore intermedio, 340 con melanoma sottile, e 314 con melanoma spesso.

Nel gruppo di pazienti con melanoma a spessore intermedio è stato visto che i linfonodi sentinella + erano il 16%; inoltre, la percentuale di sopravvivenza libera da malattia (Disease Free-Survival, DFS) era significativamente maggiore

nell’arto sottoposto a linfonodo sentinella rispetto all’arto sottoposto alla sola osservazione (71.3% vs 64.7%).

Non è stato però riscontrato un beneficio per quanto riguarda la Melanoma

Specific Survival (MSS) o la Sopravvivenza Complessiva (Overall Survival, OS), tra linfonodo sentinella e sola osservazione.(74)(84)

Lo studio ha comunque confermato lo stato linfonodale come il più importante fattore prognostico per la sopravvivenza in pazienti con melanoma localizzato. Questo perché è stato visto che pazienti con linfonodo sentinella positivo hanno avuto una minor MSS a 10 anni rispetto ai pazienti con linfonodo sentinella negativo(62% vs 85%).

Oltre a dimostrare il significato prognostico dello stato linfonodale, il MSLT-I ha anche evidenziato come la tecnica del linfonodo sentinella individui correttamente i pazienti che in futuro avrebbero sviluppato malattia linfonodale macroscopica, e questo è stato possibile comparando la percentuale totale di malattia nodale che si è sviluppata sia nel pacchetto sottoposto a linfonodo sentinella, sia nel pacchetto sottoposto a sola osservazione, ed è stato visto che sono sostanzialmente simili.

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Un’altra osservazione emersa dal MSLT-I è che il trattamento della malattia in fase microscopica conferisce un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto ad un trattamento della stessa, ma in fase macroscopica, in quanto la percentuale di MSS a 10 anni era nettamente maggiore nei pazienti che, a seguito del linfonodo sentinella, hanno eseguito una dissezione linfonodale completa immediata per malattia nodale microscopica, rispetto ai pazienti che erano sotto sola

osservazione, e che hanno quindi subito una dissezione linfonodale completa solo quando la malattia era clinicamente evidente, e quindi macroscopica (62.1% vs 41.5%).(77)(87)

Uno studio portato avanti dal Melanoma Institute Australia Database(88) ha dimostrato come la DFS e l’intervallo libero da recidive sia maggiore nei pazienti sottoposti a WLE e Sentinella rispetto ai pazienti sottoposti alla sola WLE, però la MSS non era significativamente differente nei due gruppi.

Solo nel gruppo che presentava melanoma >1-4 mm la MSS era migliorata nei pazienti sottoposti a sentinella, e anche la sopravvivenza libera da mts a distanza era maggiore nei pazienti sottoposti a sentinella dopo WLE rispetto ai pazienti che hanno eseguito solo WLE.

Molti studi hanno inoltre evidenziato i vari fattori che possono predire la presenza di mts (micro o macro) a livello linfonodale, e questi sono: giovane età, Breslow crescente, alto indice mitotico per mm2, ulcerazione, invasione linfovascolare; sono comunque tutti elementi che indicano una certa aggressività di malattia(89-92).

In molti studi la presenza di ulcerazione è un fattore prognostico dello stato del linfonodo sentinella in modo indipendente e infatti, come fattore, è incluso nel corrente sistema stadiativo per la sua correlazione con la sopravvivenza (83)(89)(92-95).

Nel 2011, un grosso studio del Sentinel Lymph Node Working Group ha analizzato 3463 pazienti e ha confermato molti di questi fattori predittivi indipendenti l’uno dall’altro per un linfonodo sentinella positivo, includendo lo spessore di Breslow, l’età e la invasione linfovascolare.(96)

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