1. INTRODUZIONE
1.3 La mutagenesi
1.3.1. Le Sostanze mutagene
Era il 1940 quando Auberbach e Robson dimostrarono la potenzialità di alcune molecole di possedere la capacità di indurre alterazioni deleterie sul DNA umano (Auerbach C., 1946). Queste mutazioni possono avvenire sia sulla linea germinale ed essere quindi responsabili dell’insorgenza di malattie ereditabili, sia sulla linea somatica e provocare un danno nella salute del singolo individuo.
Questo fenomeno può essere una conseguenza dovuta all’esposizione ambientale di diversi agenti mutageni (Magomed K., 1995) o all’impiego in ambito clinico di molecole potenzialmente dannose per l’intero organismo.
Gli agenti genotossici inducono soprattutto due tipi di danno al DNA: la rottura dell’elica e il danneggiamento delle basi azotate. Rotture del DNA a singolo (SSB) e doppio filamento (DSB) sono le classiche lesioni indotte dalle radiazioni ionizzanti o da agenti radiomimetici come la bleomicina. Le radiazioni non ionizzanti, come i raggi UV, danno origine a fotoprodotti come dimeri di timina, che distorgono la molecola di DNA. Gli agenti chimici inducono mutazioni sia reagendo chimicamente col DNA (mutageni diretti) sia indirettamente (mutageni indiretti) attraverso processi chimici o enzimatici come la formazione di legami crociati (L.Migliore, 2004).
Comprendere le interazioni di piccole molecole con il DNA non solo permette di capire l’eventuale potenziale genotossico e studiare l’eventuale funzione genica alterata (L.Migliore, 2004) ma è anche molto importante nella progettazione di agenti antitumorali più potenti e selettivi.
La genotossiticità di vari agenti chimici può essere valutata mediante numerosi test in
vitro o in vivo che identificano i danni del DNA su un gene o sul cromosoma. I test in vitro sono adatti per valutare la genotossicità primaria, mentre un approccio in vivo può
fornire informazioni sulla genotossicità secondaria come lo stress ossidativo o attivazione delle vie infiammatorie (Hasan Turkez, 2017).
Gli attuali metodi usati nei test di tossicità genetica in vitro possono essere elencate come test di aberrazione cromosomica, test del micronucleo (MN), saggio della cometa, test di scambio di cromatidi fratelli (SCE) e il test di Ames che ancora oggi resta il gold standard dei test di mutagenesi (Hasan Turkez, 2017).
Essenziale per il fine del test è che i cambiamenti genetici causati dall’esposizione alla sostanza test, si riflettano in un cambiamento fenotipico rilevabile, come cambiamenti metabolici o la sopravvivenza/morte del sistema cellulare in uso (Hasan Turkez, 2017). Le limitazioni delle attuali procedure dei test di genotossicità includono falsi risultati positivi che influenzano l'affidabilità dei metodi. Inoltre non è possibile mimare a pieno le condizioni delle cellule in vivo e risulta anche difficoltoso confrontare i modelli sperimentali in vivo usati negli studi di genotossicità con il sistema umano, oltre alla difficoltà nella classificazione di agenti cancerogeni genotossici e non genotossici in accordo con il loro meccanismo patogenetico specifico (Hasan Turkez, 2017).
I risultati non daranno, quindi, informazioni dirette sulla potenza mutagenica e cancerogena della sostanza nell’uomo.
1.3.1.1 La bleomicina
La bleomicina (BLM) è un antibiotico glicopeptidico isolato da Streptomyces verticillus (Vincent Murray, 2016) usato clinicamente in concerto con altri farmaci per il trattamento di varie tipologie di cancro come il linfoma di Hodgkin, il carcinoma a cellule squamose e il cancro ai testicoli.
La BLM utilizzata clinicamente indicata come bleonoxano, sintetizzata dai laboratori di Bristol, è una miscela composta da BLM A2 (70%) e da BLM B2 (30%) (Fig. 3) che sono antibiotici glicolipidici che differiscono per i gruppi R (J. Stubbe, 2017).
Si ritiene che l’attività della BLM come agente antitumorale sia dovuta al taglio del DNA, attraverso la formazione di SSB e DSB in situ (Vincent Murray, 2016).
La molecola di BLM è composta da quattro domini: un dominio legante il metallo, una regione di linker, una porzione carboidrato e una coda di bitiazolo. Il dominio di legame metallico comprende ligandi che formano legami complessi con i metalli di transizione.
L'interazione collaborativa del gruppo pirimidinico della BLM e con la coda bitiazolo è responsabile del legame del DNA e della specificità di sequenza.
Il legame farmaco-DNA può verificarsi a causa dell'intercalazione o dell’interazione con il solco minore anche se ricerche più recenti indicano che il legame di tipo intercalativo è la forma principale (Shweta D. Gautam, 2017). La regione linker invece migliora l'efficienza del taglio del DNA. Il ruolo del dominio carboidratico rimane poco chiaro; tuttavia, c'è prova che è coinvolto nella captazione delle cellule tumorali. Gli studi hanno suggerito che le proprietà citotossiche di BLM sono dovuti al suo effetto sull'integrità fisica del DNA causando lesione del filamento (Shweta D. Gautam, 2017). L'incubazione del DNA con la BLM in condizioni appropriate si traduce in rotture sia a singolo che a doppio filamento: studi in vitro mostrano che anche una singola molecola di BLM può causare DSB e SSB. Il rapporto tra rotture a singolo filamento e a doppio filamento sono circa 6 a 10. Le proprietà antitumorali della BLM sono appunto il risultato della capacità del farmaco di causare degradazione ossidativa del DNA.
Fig. 3 - Struttura della bleomicina.
1.3.1.1.1 Meccanismo d’azione della Bleomicina
Precedenti studi hanno stabilito che per indurre DSB e SSB richiede ossigeno, un riducente e una transizione ione-metallica (principalmente lo ione metallico Fe2+). La BLM e lo ione ferroso formano un complesso coordinato che riduce l'ossigeno molecolare e si crea un complesso di ione ferrico-BLM (BLM-Fe (III) -OOH). Questo complesso produce a radicali liberi al Carbonio-4 'del desossiribosio e in presenza di ossigeno, si verificano rotture del filamento con la produzione di 3'-fosfoglicolato e 5'-fosfato terminali dove è presente il sito di taglio. In assenza di ossigeno, si forma un sito abasico ossidato al 4’ (Shweta D. Gautam, 2017).
La BLM induce lesioni sul DNA principalmente sui nucleotidi pirimidinici. I siti target principali sono i dinucleotidi 5'-GY (5'- GT e 5'-GC). Studi effettuati usando NGS Illumina, hanno recentemente determinato la specificità della sequenza di taglio del DNA nell'intero genoma del farmaco nelle cellule umane. Questa analisi riguardante oltre 200 milioni di siti di rottura da parte del farmaco ha rilevato una sequenza di consenso più lunga di quella precedentemente determinata. La sequenza preferenzialmente tagliata è 5'-RTGT * AY (dove R è G / A e Y è T / C) nelle cellule umane. In parallelo, è stata anche studiata la specificità della sequenza di taglio della BLM su tutto il genoma umano purificato e è stata trovata una preferenza di sequenza leggermente diversa di 5'-TGT * AT. In entrambi i casi di DNA cellulare e DNA purificato, sono stati trovati un target trinucleotidico 5'-GT * A e un target tetranucleotidico 5'-TGT * A (Shweta D. Gautam, 2017).
1.3.2 Test di mutagenesi in cellule di mammifero
Si stima che il DNA di una cellula di mammifero contenga mediamente 50000 geni e l’esposizione ad agenti genotossici può teoricamente indurre mutazione in ognuno di questi ma solo una decina sono impiegati in modo sistematico per studi di mutagenesi. Per diversi anni si sono applicati unicamente test batterici (test di Ames) per la valutazione della potenzialità mutagena di numerosissime sostanze: inizialmente era infatti molto difficile coltivare efficacemente in vitro cellule di mammifero (L.Migliore, 2004). Poiché le cellule di mammifero sono diploidi, la maggior parte dei cambiamenti genetici causati dall’esposizione a sostanze genotossiche non si riflette immediatamente in un cambiamento fenotipico a meno che non si tratti di mutazioni dominanti o X-linked. E’ quindi possibile eseguire questo tipo di test per un numero limitato di geni bersaglio
per i quali siano disponibili sistemi di selezione che permettono di evidenziare la frequenza di mutazione in linee cellulari di mammifero.
Per molti di questi geni marcatori sono stati messi appunto saggi di mutagenesi per la rivelazione di potenziali composti genotossici e poiché l’intera sequenza genica è nota è possibile identificare lo spettro di mutazione indotto da uno specifico agente genotossico. La quasi totalità degli studi di mutazione genica nelle cellule di mammifero è stata condotta con saggi basati su quattro geni, HPRT, APRT, Na/K+ATPasi e TK per i quali sono disponibili sistemi di selezione (L.Migliore, 2004).