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Mutamenti sociali legati alla laicizzazione: la condizione delle donne

La Turchia kemalista: le riforme di Mustafa Kemal Atatürk

3.4. Le riforme secolarizzant

3.4.3. Mutamenti sociali legati alla laicizzazione: la condizione delle donne

Gli effetti delle riforme kemaliste sulla vita sociale si rivelarono particolarmente importanti e furono soprattutto evidenti per quanto riguarda la condizione femminile, con la conquista, per le donne, di importanti diritti civili e politici - prima ancora, peraltro, che ciò avvenisse in molti paesi europei - e di una sostanziale parità sociale, esito di una ridefinizione dei ruoli di genere, derivante in larga parte dalle politiche laicizzanti del nuovo Stato.

Prima di ricordare le principali novità introdotte per le donne sotto il regime kemalista, occorre però fare alcune precisazioni e ricordare che, seppur limitatamente, vigendo sempre la şeriat e dunque un sistema, almeno dal punto di vista legale, maggiormente penalizzante per le donne, una loro emancipazione all‟interno della società era già avvenuta in tarda epoca ottomana e anche prima, comunque, il ruolo del genere femminile aveva avuto una sua rilevanza. Come osserva infatti nella sua opera Madeline

144 Come dichiarato da Mustafa Kemal, infatti: «The Turk believes in the Book, but he does not

understand what it says to him. First of all, he himself must understand directly the Book that he so seeks». Ibidem.

145 Per un approfondimento si veda: M. Brett Wilson, The First Translations of the Qur'an in Modern

Turkey (1924–1938), in “International Journal of Middle East Studies”, vol. 41/3, 2009, pp. 419-435.

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Zilfi: «many of the studies uncover a wide field of action that was available to women…despite an inherited gender system that prescribed women's subordination to men»147. Basti ricordare a tal proposito la lotta per il potere, spesso guidata dalle donne dell‟harem, all‟interno dei palazzi reali148

, ma anche il ruolo delle donne della popolazione civile e rurale, tra cui si registrano vari casi di donne detentrici di timar o amministratrici di altre proprietà, quali ad esempio fondazioni pie149. Oltre alle donne proprietarie, soprattutto nelle aree periferiche dell‟Impero, molte donne erano inoltre già da tempo “lavoratrici”, impiegate per lo più in attività manuali, come quella tessile. Nell‟Ottocento il processo di emancipazione femminile sarebbe stato invece accelerato soprattutto dalle riforme delle Tanzimat, che ebbero numerose implicazioni per le donne, tra le quali specialmente la progressiva apertura ad esse dell‟istruzione; inoltre i cambiamenti economici e la prima industrializzazione videro sempre più donne impiegate nelle industrie manifatturiere150, dato che sarebbe stato confermato anche nel corso della Prima Guerra Mondiale.

In questi anni il tema della condizione femminile aveva iniziato ad essere dibattuto in numerose pubblicazioni e, parallelamente, aveva iniziato a formarsi un‟opinione pubblica femminile. Dopo il 1908 avevano preso così a sorgere anche le prime organizzazioni formate interamente da donne, spesso incentrate su materie di natura civile e basate sulla richiesta di un ampliamento di tali diritti151. Nell‟era del Comitato furono prese numerose misure per un‟ulteriore estensione dell‟istruzione alle donne, che in quel periodo poterono anche accedere per la prima volta all‟insegnamento universitario; si cercò di migliorare il loro status legale attraverso il già citato Codice di Famiglia del 1917, che fissava per esse anche un‟età minima per sposarsi (stabilita a 16 anni); infine, si promosse la loro apparizione in pubblico, consentendo loro di partecipare, anche attivamente, a conferenze, come quelle realizzate nei club

147 M.C. Zilfi, Introduction, in M.C. Zilfi (ed.), Women in the Ottoman Empire: Middle

Eastern Women in the Early Modern Era, Leiden, Brill, 1997, p. 5.

148 Soprattutto tramite le madri dei giovani principi, le valide sultanlar, che volevano favorire l‟ascesa al

trono dei propri figli.

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A. Faroqhi, Crime, Women and Wealth in the Eighteenth-Century Anatolian Countryside, in M.C. Zilfi (ed.), Women in the Ottoman Empire: Middle Eastern Women in the Early Modern Era, Leiden, Brill, 1997, p. 9. Il legame tra donne e proprietà non è, del resto, una novità neanche nel diritto islamico, secondo il quale, ad esempio, alla donna spetta la gestione discrezionale della dote nuziale (mahr), elemento essenziale del matrimonio secondo la şeriat. A.A. Engineer, The Rights of Women in Islam, New Delhi, Sterling Publishers, 2004, p. 132.

150 Naturalmente, non essendovi alcuna regolamentazione in merito, i ritmi lavorativi erano estenuanti e

nella produzione industriale furono impiegate, spesso, anche molte bambine. E. R. Dursteler, op. cit., p. 376.

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nazionalisti del movimento “Focolare Turco” (Türk Ocağı)152. I Giovani Turchi dimostrarono inoltre di aver preso atto della crescente importanza delle donne nel mondo del lavoro, specialmente nel momento in cui gli uomini erano strappati al loro impiego per prendere parte alle attività belliche, fondando la “Società per l‟occupazione femminile”, sorta proprio per reclutare donne lavoratrici in tempo di guerra153

. Ad ogni modo, è proprio negli anni della Repubblica kemalista che le donne raggiunsero, almeno sulla carta e quasi in ogni ambito154, la parità di genere con gli uomini. Quello che risulta maggiormente evidente, al di là delle questioni già trattate con riguardo alle varie riforme, è senz‟altro l‟apertura alle donne dei diritti politici: nel 1930 venne infatti concesso loro il diritto di voto nelle elezioni locali, nel 1934 questo fu esteso a livello nazionale e, l‟anno successivo, le prime donne entrarono nell‟Assemblea Nazionale155

. La concessione di tali diritti risultava del resto utile al regime kemalista per dissimulare il suo fallimento nell‟apertura al pluripartitismo156

, della cui soppressione avrebbe sofferto anche la più importante organizzazione femminile aperta in Turchia dalla creazione della Repubblica, e cioè l‟ ”Unione delle Donne Turche” (Türk Kadınlar

Birliği), fondata nel 1924 e costretta alla chiusura dopo l‟allargamento del diritto di voto

alle donne, nel 1935157.

Al di là di ciò, sotto Mustafa Kemal indubitabilmente le donne divennero sempre più presenti nella vita dello Stato, e le loro mansioni furono estese notevolmente: molte donne iniziarono a lavorare, come già avevano fatto durante la Guerra, negli ospedali, negli uffici pubblici e perfino nell‟ambito giudiziario. Inoltre, se le donne potevano già da tempo essere insegnanti (ricordiamo l‟apertura della Scuola Normale femminile nel 1870), ma solo nelle classi composte esclusivamente da ragazze, ora esse potevano essere impiegate anche nelle classi miste costituite nelle scuole di livello elementare e intermedio158. La proibizione del velo in alcuni luoghi pubblici e lo scoraggiamento, in generale, del suo utilizzo, miravano inoltre a diffondere un‟immagine diversa della donna rispetto a quella tradizionale, più vicina a quella occidentale e senza paura di “mettersi in mostra”; per questo motivo, ad esempio, anche la Turchia eleggeva la sua

152 E.J. Zürcher, Storia della Turchia…, cit., pp. 150-151. 153 Ivi, p. 151.

154 “Quasi” poiché, come sarà ricordato, il Codice Civile del 1926, ad esempio, pur garantendo

l‟uguaglianza alla donna in termini di eredità e divorzio rispetto all‟uomo, riconosceva comunque a quest‟ultimo il ruolo di capo famiglia, e dunque l‟ultima parola su molte questioni.

155 L. Nocera, op. cit., p. 29. 156 Ibidem.

157 E.J. Zürcher, Storia della Turchia…, cit., p. 220. 158

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prima miss nel 1929. E‟ evidente, anche in tal caso, come ciò rappresentasse un‟altra delle mosse politiche sapientemente architettate dal regime, come sostiene infatti Ahmad: «It was a political and not a commercial event, another way of introducing innovation and emulating Europe and the civilised world»159. D‟altra parte, sempre Ahmad ritiene che ciò potesse rappresentare anche un modo per incoraggiare le donne della classe media ad uscire e a mostrarsi in pubblico, accettando e facendo propria la nuova immagine femminile propugnata dal regime160.

Naturalmente, gli esiti delle riforme, per le donne come negli altri ambiti, non furono ovunque sempre gli stessi, con grandi differenze soprattutto tra l‟ambiente cittadino e quello delle campagne. Qui, difatti:

Un agricoltore o un pastore dell‟Anatolia non aveva mai indossato un fez, e di conseguenza non era particolarmente infastidito dalla sua abolizione. Neanche la moglie indossava il velo, pertanto il fatto che il suo utilizzo venisse scoraggiato non significava nulla per lei o per il marito. Un contadino non sapeva leggere né scrivere e quindi i simboli della scrittura gli erano indifferenti […]. Nel 1934, il contadino fu costretto ad assumere un cognome, ma l‟intero villaggio continuava a usare il nome di battesimo…e i cognomi furono relegati all‟uso ufficiale. La nuova legge sulla famiglia rendeva illegale la poligamia, ma quegli agricoltori che potevano permettersela prendevano ancora abbastanza spesso in casa una seconda donna senza sposarla e, se necessario, attribuivano i suoi figli alla moglie legittima.161

Insomma, nonostante gli sforzi e il soffocamento di ogni forma di opposizione, non tutte le tradizioni potevano essere totalmente ed immediatamente scardinate e non tutte le riforme potevano materializzarsi velocemente.