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La rivalutazione della lingua turca

La Turchia kemalista: le riforme di Mustafa Kemal Atatürk

3.5. La creazione di un’identità nazionale

3.5.2. La rivalutazione della lingua turca

Quasi parallelamente al processo di rielaborazione e riscoperta della storia turca, era iniziata la rivalutazione di un altro elemento che sarebbe stato posto, parimenti, alla base della nuova identità nazionale, depurato di tutti (o quasi) gli elementi che lo avevano “corrotto” nel corso dell‟epoca ottomana: la lingua turca.

Lo studio della lingua turca, come quello della storia delle popolazioni turche, non era qualcosa di nuovo e anche qui si ricorderà come già durante le Tanzimat fossero iniziati i primi studi e traduzioni specificatamente in lingua turca, spesso parallelamente alla formazione di idee e teorie circa la riforma dell‟alfabeto ottomano, ma anche rispetto a una semplificazione della lingua stessa, che avvicinasse quella scritta, ufficiale, a quella

174 E.J. Zürcher, The Young Turk Legacy and Nation Building…,cit. p. 119. 175

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parlata dalla maggior parte delle persone176. In ogni caso la lingua turca giunta sino agli inizi della Repubblica era ancora per lo più il turco ottomano che era stato per secoli il linguaggio ufficiale dell‟Impero e che comprendeva al suo interno molti termini di origine araba e persiana. Quando nel 1928 fu portata così a compimento la riforma dell‟alfabeto e vennero poste le basi per una nuova identità nazionale attraverso la rielaborazione storica, emerse la necessità anche di una riforma dell‟intera lingua, che eliminasse gli elementi di origine non turca dal vocabolario della nuova nazione, la quale doveva essere “turca” nella storia, come nella lingua.

Il compito di riformare la lingua turca ed attuare la cosiddetta Dil Devrimi (letteralmente “Rivoluzione Linguistica”) fu affidato alla Società per lo Studio della Lingua Turca (Türk Dili Tetkik Cemiyeti, in seguito semplicemente “Società Linguistica Turca”, Türk Dil Kurumu), appositamente creata nel 1932 nel corso del primo congresso linguistico indetto dai kemalisti177. All‟interno di esso, e di conseguenza poi della Società, prevalse una visione nota come “purista” della lingua turca, secondo la quale andavano rimossi da essa tutti gli elementi etimologicamente non turchi, nella riscoperta di un “turco puro”, detto öztürkçe178

. Tale impostazione era, del resto, perfettamente in linea con il nazionalismo esasperato che andava prendendo forma all‟epoca e con il pensiero di Mustafa Kemal, che nel 1930 avrebbe dichiarato: «The Turkish nation, which has proved its ability to defend its country and its full independence , should also free its language from the yoke of foreign languages»179. La società si mise subito a lavoro per sostituire al vecchio vocabolario ottomano uno che fosse esclusivamente “turco”, includendo tra i nuovi vocaboli termini ricercati tra le espressioni dialettali delle varie regioni anatoliche, parole reperite in vecchie fonti letterarie e perfino termini ricavati dalle altre lingue turcomanne dell‟Asia centrale180

. Altre parole furono invece create ex-novo, per rendere più consistente il vocabolario e poter meglio esprimere in turco concetti altrimenti esprimibili solo attraverso il ricorso ad altre lingue. Il risultato fu tuttavia una lingua artificiale lontana dal linguaggio della

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Qui, nuovamente, i Giovani Turchi in particolare la fecero da precursori: se i primi tentativi di avvicinare idioma scritto e parlato risalivano già alla metà dell‟Ottocento, fu sotto di essi, e in particolare ancora con Ziya Gökalp, che tale tendenza fu rafforzata, ed esternata nella proposta di sostituire i termini arabi e persiani meno in uso tra la gente, con altri tipici della lingua turca, pur mantenendo le parole arabe e persiane che ormai erano entrate a far parte del linguaggio comune. E.J. Zürcher, Storia della

Turchia…, cit., pp. 231-232.

177 L. Nocera, op. cit., p. 27. 178 Ibidem.

179 A. Mango, op. cit., p. 494. 180

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maggior parte della popolazione almeno quanto lo era stato l‟ottomano aulico che si era voluto estirpare181. Nonostante ciò, nel 1934, Mustafa Kemal, ancora convinto della praticabilità del progetto, si servì della nuova lingua nel corso di numerosi discorsi da lui tenuti, tra cui quello pronunciato nell‟ottobre per accogliere il principe svedese in visita ad Ankara, ove il linguaggio utilizzato del leader turco risultò, tuttavia, incomprensibile ai più182.

In soccorso alla riforma linguistica, che sembrava attraversare una fase d‟impasse, giunse ancora una volta, com‟era successo per la revisione della storia turca, l‟opera di alcuni studiosi europei. In particolare, nel 1935 Mustafa Kemal entrò in contatto con le teorie di uno studioso viennese, Hermann Kvergić, secondo il quale tutte le lingue derivavano da una forma primitiva di turco, parlata in Asia centrale 183. Tale teoria non solo risvegliò l‟entusiasmo dei riformatori della lingua, ma li portò anche a sostenere una tesi piuttosto azzardata, e cioè quella secondo cui il turco era stato la “lingua sole” dalla quale si erano originate tutte le altre, e di cui il turco moderno era la versione più aggiornata. La teoria, chiamata appunto della “Lingua Sole” (Güneş-dil Teorisi), oltre a fornire un ulteriore motivo di orgoglio al popolo turco, “civilizzatore” anche dal punto di vista linguistico, facilitava altresì il lavoro dei riformatori, che poterono così mantenere all‟interno della lingua anche termini non propriamente turchi (ma magari comunemente utilizzati dalla popolazione), in quanto, in fondo, se le cose stavano come la teoria diceva, ogni lingua derivava alla fine dal turco184.

Sebbene la teoria fosse stata adottata in modo ufficiale dalla Società Linguistica nel 1936, questa avrebbe perso molto del suo slancio dopo la morte di Mustafa Kemal. I suoi insegnamenti però, come quelli relativi alla storia della Turchia o, sempre dal punto di vista linguistico, all‟apprendimento del nuovo alfabeto, continuarono ad essere impartiti tramite una serie di strutture intermedie, istituite su tutto il territorio nazionale proprio per favorire la diffusione delle riforme anche nelle aree più periferiche. Attive già dal 1932, queste erano date soprattutto dalle cosiddette “Case” e “Stanze del Popolo” (Halk Evleri e Halk Odaları), poste rispettivamente nelle città e nei paesi più grandi, e rigidamente controllate dalle sezioni territoriali del CHP 185. Esse si erano

181 A. Mango, op. cit., p. 495. 182 Ibidem.

183

E.J. Zürcher, Storia della Turchia…, cit., p. 233.

184 Come sostiene Mango, infatti: «It was a convenient conclusion. If all languages derived from Turkish,

Turks were only getting their own back when they borrowed words from other languages…». A. Mango,

op. cit., p. 496.

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sostituite del resto ad altre strutture già esistenti e operanti fin dall‟era dei Giovani Turchi, come le istituzioni socioculturali dei “Focolari Turchi” (Türk Ocakları), voluti originariamente per diffondere gli ideali nazionalisti.