II. I prodotti finanziari mist
II.1 Le polizze unit e index linked: i prodotti finanziari emess
II. 1.5 I prodotti a assicurativi finanziari emessi dalle imprese d
II. 1.5.1 La natura delle polizze linked: la posizione della dottrina e quella
Le varianti rispetto ai temi originali sono, di norma, rappresentate dalla misura del rischio sopportato dal contraente oltre che dalla natura e dalla misura delle prestazioni per la quale si obbliga l’impresa assicuratrice. Esistono, infatti, linked garantite, parzialmente garantite e pure122. Le prime sono quelle meno rischiose per
il contraente, poiché il rischio finanziario ricade totalmente in capo all’impresa. Difatti, in tal caso è garantita la restituzione del capitale oltre alla possibilità di ricevere un importo maggiore se alla scadenza il valore del parametro di riferimento dovesse risultare positivo. La seconda categoria è composta dalle polizze parzialmente garantite, dove il rischio finanziario viene ripartito tra i contraenti. La terza nonché ultima categoria è rappresentata dalle polizze pure dove il rischio finanziario incombe, interamente in capo all’assicurato123.
121 V. LEMMA, op. ult. cit., 352 s.; G. BOTTAZZI, Nota critica in tema di numeri indici dei prezzi
azionari, in Rivista dei dottori commercialisti, 2001, 251 ss.
122 Parte della dottrina reputa necessario operare detta distinzione ai fini della qualificazione
assicurativa delle polizze in questione. Cfr. G. ALPA, op. ult. cit., 91 ss.; P. CORRIAS, op. ult. cit., 67 ss.;
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Occorre, altresì, operare un’ulteriore specificazione in ragione della categoria di riferimento. Nelle polizze index si possono distinguere tre macro categorie: le polizze pure, dove non vi è alcuna garanzia di restituzione del capitale investito ed il guadagno o la perdita dipendono, esclusivamente, dai indici presi come riferimento; le polizze a capitale garantito, dove in caso di andamento negativo all’assicurato spetta la restituzione di una parte del capitale investito; le polizze a capitale garantito, dove anche in caso di andamento negativo dell’indice, viene assicurata la restituzione delle somme versate. Con riguardo alle polizze unit è possibile operare un’ulteriore distinzione: il fondo può essere costituito interamente all’interno di una società di assicurazione o comunque all’interno di compagnie che fanno parte dello stesso gruppo; tra detti fondi interni, è possibile riconoscere quelli con garanzia di prestazione minima, ai quali sono collegate polizze che prevedono una garanzia finanziaria ( di rendimento o di capitale investito) da quelli che non prevedono detta garanzia ovvero il fondo può essere costituito esternamente alla compagnia. La suddivisione sopra descritta è necessaria, secondo gran parte della dottrina, al fine di comprendere la natura intrinseca dei contratti linked124.
Difatti, le polizze c.d. pure sono considerate contratti di natura finanziaria, sostanzialmente privi di funzione previdenziale, poiché: « […] l’attribuzione della
natura finanziaria è connessa alla circostanza che il rischio dell’investimento ricada integralmente sul sottoscrittore, nel senso che quest’ultimo possa ricevere un importo o minore rispetto ai capitali conferiti, dal momento che la misura del rimborso dipende esclusivamente dall’andamento dei corsi dei valori ai quali il prodotto è agganciato»125. Detta affermazione potrebbe essere “completata” da
124 Si ravvisa un carattere dirimente nella suddivisione qui riportata, enucleata da G. ALPA, op. ul.
cit. 90 s. Questa classificazione è stata accolta e, in gran parte fatta propria, da larga parte della dottrina. Cfr. A. CAMEDDA, La tutela precontrattuale dei sottoscrittori di polizze linked stipulate prima delle riforme del T.u.F, in Banca, borsa e tit. cred., 2014, II, 451; E. PIRAS, Polizze “index linked” collegate ad obbligazioni Lehman Brothers, in Banca, borsa e tit. cred., 2012, II, 76 ss.; L V. SANGIOVANNI, La Cassazione sull’equiparazione delle polizze unit linked a strumenti finanziari,
in Corr. Giur., 2013, 773 ss;
125 G. ALPA, op. ult. cit., 91. L’A. classifica i contratti proprio in ragione del rischio sopportato dalle
parti. Anzitutto, perché si possa parlare di polizza vita, occorre che l’impresa assicuratrice assuma il c.d. “rischio demografico” e, pertanto, questo rappresenta il criterio discretivo per definire un accordo una polizza di assicurazione sulla vita o meno. Le polizze c.d pure del ramo III hanno natura esclusivamente finanziaria, dal momento che il rimborso delle somme versate dal contraente, ed eventualmente, il maggiore valore che può essere versato all’investitore, dipendono esclusivamente
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quanto affermato da un’altra autorevole voce dottrinale, la quale ribadisce che le polizze per le quali non è garantita la restituzione del capitale difettino di una connotazione assicurativa, del pari anche le polizze con garanzia parziale di restituzione; mentre «nelle polizze variabili di ramo III con garanzia della
restituzione dell’intero capitale, è preservata in parte la funzione previdenziale, ma al di fuori del meccanismo assicurativo: dunque è configurabile un prodotto finanziario di risparmio con una venatura previdenziale»126.
Le decisioni della giurisprudenza sono decisamente più tranchant e, di norma, difettano di raffinate elaborazioni concettuali. Ad ogni modo, in questa sede si
dalle oscillazioni del valore delle entità di riferimento (es. indici azionari o quote di OICR) cui dette polizze sono agganciate. È esclusa la natura finanziaria laddove non è completamente dipendente dalle fluttuazioni dei valori citati il rimborso del capitale investito o di una parte di esso. Sul punto si veda anche F. CAPRIGLIONE, op. ult. cit., 20430 e P. CORRIAS, op. ult. cit., il quale afferma che la finalità previdenziale di un contratto risulta presente: «se la prestazione che questi è tenuto ad adempiere sia esigibile e/o determinabile unicamente in ragione dell’evento della vita contemplato e, quindi, prescinda – fatta salva l’eventuale rivalutazione annuale delle somme assicurate – dall’andamento dell’impiego delle risorse acquisite dagli assicurati sotto forma di premi […] si è osservato che il quid proprium della causa previdenziale consiste nel collegamento giuridico che viene istituito tra erogazione e/o determinazione della prestazione promessa dall’impresa ed insorgenza del bisogno in capo al beneficiario; proprio tale legame, invero, garantisce, la destinazione esclusiva di tali risorse alla soddisfazione del bisogno medesimo. Ebbene, qualora il meccanismo contrattuale ponesse l’assicurato in una situazione di incertezza – in ordine al conseguimento della prestazione – dipendente dall’andamento dei mercati finanziari, verrebbe evidentemente frustrato in radice siffatto interesse di acquisire con certezza le risorse necessarie per far fronte all’esigenza della vita, nel momento in cui essa sorge. Di qui l’intrinseca incompatibilità tra funzione previdenziale e rischio di investimento a carico dell’assicurato, anche in presenza del c.d. rischio demografico». Sempre l’A., in uno scritto più recente, ribadisce che: «in assenza di tale garanzia o in presenza di una garanzia inferiore al premio versato (c.d. garanzia parziale), l’assenza della funzione previdenziale appare del tutto evidente: qualora infatti la determinazione della prestazione dell’assicuratore dipenda da fattori esterni, quali l’andamento del mercato finanziario,, l’assicurato nel momento in cui dovesse verificarsi l’evento e, quindi, maturare le esigenze economico previdenziali, potrebbe non ricevere alcuna prestazione e, comunque, ricevere una prestazione insufficiente per far fronte alle stesse. È, dunque, coessenziale alla funzione previdenziale, che una parte considerevole della prestazione dovuta in caso di accadimento dell’evento sia certa ed insuscettibile di variare in ragione dei parametri del mercato finanziari » P. CORRIAS, Sulla natura assicurativa oppure finanziaria delle polizze linked: la riproposizione di un tema, in Banca, borsa e tit. cred., 4, 2015, 460. Sul punto si veda anche P. GOBIO CASALI, Prodotti assicurativi finanziari: disciplina normativa, qualificazione giuridica e tutela informativa del risparmiatore, in Giust. Civ., 2010, 192 ss. In tale direzione si è espressa anche la CASS, 18 aprile 2012, in Foro it., 2013, 2, I, 631, con nota di F. BECHI ed in senso conforme la più recente pronuncia CASS., 24 aprile 2015, n. 8412.
126 P. CORRIAS, op. ult. cit., 461, il quale prosegue affermando che l’unione tra la funzione
assicurativa e la componente finanziaria di investimento determina un contratto misto. L’affermazione non convince del tutto, poiché si ritiene che, probabilmente, nel caso di specie sia preferibile fare riferimento alla teoria del c.d. collegamento negoziale di cui ha diffusamente parlato Francesco Galgano.
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anticipa quanto verrà riportato di seguito, e cioè che è opinione diffusa -anche in giurisprudenza- ritenere che le polizze “pure” abbiano natura sostanzialmente finanziaria proprio in ragione del fatto che, in sede di riscatto, il contraente potrà: «recuperare non già il premio o il capitale, bensì una somma commisurata al
valore delle quote del fondo, con conseguente integrale assunzione del rischio finanziario»127.
Alle affermazioni della citata dottrina, precursore dei tempi in materia, si aggiunga quanto affermato nel 2009 dall’ISVAP nel regolamento n. 32. che, seppur applicabile a stretto rigore unicamente alle polizze index, all’art. 9 prevede che: «1.
I contratti classificati nel ramo III di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto, sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare prestazioni il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico. 2. Le imprese nella determinazione delle coperture assicurative in caso di decesso tengono conto, ai fini del rispetto del principio di cui al comma 1, dell’ammontare del premio versato dal contraente». La ratio di questa previsione
è ben delineata dall’ISVAP nella relazione di presentazione che precede il regolamento, ove l’Istituto precisa che: «come più volte segnalato nelle sedi
istituzionali, si ritiene inoltre che i prodotti distribuiti debbano recuperare i meccanismi di tutela e garanzia tipici dei contratti di assicurazione, spesso affievoliti in prestazioni demografiche a bassissimo valore aggiunto per gli assicurati. Pertanto, oltre a ribadire che i contratti in argomento devono essere caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte delle compagnie a liquidare prestazioni dipendenti dal rischio demografico, si è intervenuti prevedendo che le imprese, nella determinazione delle coperture assicurative in caso di decesso, tengano conto dell’ammontare del premio versato dal contraente».
Pertanto, stante le disposizioni appena citate, l’impresa è sempre tenuta a riconoscere una copertura assicurativa in caso di decesso dell’assicurato.
127 TRIB. TRANI, 11 marzo 2008, con nota di A. FABIANO, Natura giuridica e disciplina delle polizze
«unit linked» prima e dopo la riforma del T.u.F., in Nuova giur. civ., 2009, I, 138 ss. Nelle pagine seguenti verrà analizzata la giurisprudenza più rilevante in materia, in particolare due sentenza della Corte di Cassazione: la n. 6061 del 2012 e la n. 8412 del 2015.
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Orbene, occorre considerare anche quanto affermato dalla CONSOB prima del varo dalla legge n. 262/2005 che ha parzialmente modificato le disposizioni del T.u.F.- come si è già avuto modo di dire. La Commissione paragona le polizze index alle obbligazioni strutturate bancarie e le unit ai fondi comuni di investimento ma aggiunge che le polizze usufruiscono, in gran parte, di un regime normativo speciale128. Il regime speciale cui alludeva l’Autorità, a seguito della citata riforma, è stato mantenuto solo parzialmente129 e sono stati introdotti maggiori punti di contatto con la disciplina dei prodotti finanziari tradizionalmente intesi. Il legislatore, con la citata novella, ha eliminato il criterio soggettivo, in virtù del quale la natura di un prodotto discendeva direttamente da quella del soggetto emittente, fondando così, una nuova categoria giuridica costituita da particolari categorie di prodotti che potrebbero essere qualificati con “appellativi” differenti: prodotti
assicurativi compatibili con i prodotti aventi contenuto finanziario ovvero,
secondo un’impostazione che enfatizza maggiormente il contenuto finanziario,
prodotti assicurativi con finalità di investimento130. Quel che è certo, è che questa categoria non appartiene, secondo la dottrina maggioritaria al novero dei contratti assicurativi propriamente detti131. Non sono mancate voci di segno opposto, una
128 «[…] le polizze assicurative index linked si sostanziano in forme di investimento del tutto
omogenee sotto il profilo economico alle obbligazioni strutturate bancarie […] mentre quelle unit linked si pongono in diretta competizione con i fondi comuni d’investimento […] le polizze usufruiscono di un regime normativo speciale e di particolare favore […] nella fase di vendita, e collocamento sono tenuti all’adempimento di una serie di obblighi informativi e di regole di condotta stabiliti in via generale per l’attività di raccolta del risparmio presso il pubblico e di prestazione di servizi di investimento» VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati «Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla diffusione di strumenti finanziari derivati» - Audizione del Funzionario Generale della CONSOB, dott. Antonio Rosati – 12 gennaio 2005.
129 Si rinvia a quanto riportato nel paragrafo 1.4 per la disamina dell’evoluzione normativa in
materia.
130 La prima delle due definizioni è proposta da G. ALPA, op. ult. cit., 97 s.; la seconda è utilizzata
da F. CAPRIGLIONE, op. ult. cit., 20428, il quale aggiunge che detti contratti possono essere ricondotti nel novero dei contratti di intermediazione finanziaria. L’ultimo autore citato afferma, altresì, che la legislazione italiana opera una discriminazione netta tra l’attività assicurativa tipica e quella riconducibile alla categoria delle operazioni di investimento ed aggiunge: «si spiega, quindi, l’esigenza di tener differenziate le fattispecie negoziali che si ricollegano alla prima dalle altre che interessano soprattutto la seconda; in queste ultime, infatti, è accentuato (rispetto al passato) il carattere finanziario dei contratti che, a seguito del descritto processo evolutivo della legislazione, hanno finito col perdere la loro originaria identità (rectius: valenza) assicurativa.
131 G. ALPA, op. ult. cit., 97 s; M. BIN, op. ult. cit., 14 ss.; F. CAPRIGLIONE, op. ult. cit., 20428; A.
GAMBINO, op. ult. cit., 1039 ss.; M. ROSSETTI, op. ult. cit., 225 ss.; F. D’ANGELO, L’intermediario
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parte della dottrina ha continuato ad affermare che la natura delle polizze sia assicurativa in ogni caso, anche in assenza di qualsiasi garanzia in capo all’assicurato, affermando che è sostanzialmente irrilevante la presenza, o meglio l’assenza, del rischio demografico132. È singolare verificare che, pur partendo dalla
medesima considerazione – l’assenza del rischio demografico – e nonostante la posizione (consolidata) assunta dall’ISVAP sul punto133, eminenti esponenti della dottrina giungano a conclusioni opposte134. Sulla questione, invece, la giurisprudenza si esprime (ormai) all’unanimità, ritenendo che il rischio
M. STELLA RICHTER JR, Obbligo di restituire e obbligo di gestire nell’attività finanziaria: alla ricerca di una disciplina per «ibridi» bancari ed assicurativi, in Banca, impresa, società, 2002, 495 ss.
132 Cfr. G. VOLPE PUTZOLU, op. ult. cit., 233 ss., che ha ritenuto che data l’elasticità della disciplina
codicistica – segnatamente dell’art. 1882 del cod. civ. – si possa parlare di vera e propria “neutralità” della stessa, posto che la condizione relativa alla durata della vita, «assume... un significato diverso a seconda della natura degli eventi assicurati (mortalità, longevità), a seconda che la prestazione dell’assicurazione sia certa nell’an o soltanto nel quando, ma anche in considerazione della natura della componente finanziaria dell’operazione». Di poi, l’autrice afferma che già la disciplina del margine di solvibilità contempla sia l’ipotesi in cui l’impresa assicurativa offra una garanzia di capitale sia quelle nelle quali tale garanzia non sia offerta, individuando, per i due casi, parametri di calcolo differenti senza alcuna preferenza per l’uno e per l’altro. E anche nelle norme in tema di costruzione delle riserve matematiche, il legislatore fa un espresso riferimento alle ipotesi di rischio di investimento sopportato dagli assicuratori. Cfr. G. VOLPE PUTZOLU, op. ult. cit., 233 ss.
133 L’autorità, con la Circolare n. 332/D/1998, chiarisce che perché un prodotto possa essere
caratterizzato da una causa mista previdenziale-finanziaria, occorre che le prestazioni di quei contratti siano dipendenti – sia per il caso di sopravvivenza e/o per il caso di morte- dalla durata della vita dell’assicurato.
134 L’assenza del rischio demografico è, secondo G. ALPA, op. ult. cit., passim., il criterio discretivo
tra un contratto assicurativo tout court da uno assicurativo finanziario. Mentre, come si è già affermato, per G. VOLPE PUTZOLU, op. ult. cit., 240, l’assenza del rischio demografico dedotto nel contratto non è una condizione sufficiente per incidere sulla genesi dello stesso, che rimane “completamente assicurativo” senza subire le contaminazioni esterne. Se si analizzano i contratti di Ramo V, c.d. di capitalizzazione, ci si accorgerà che non è così pacifico comprendere se si tratti di “portatori sani” di rischio demografico. Anche sul tema la dottrina si è divisa. Secondo G. ALPA, op. ult. cit., 92 s., se nei contratti di capitalizzazione la prestazione dell’assicuratore si configura come somministrazione periodica di capitali fino alla morte del beneficiario, questi possono essere qualificati alla stregua di contratti assicurativi. Pertanto, anche in questo caso come per gli accordi di Ramo III, presentano natura finanziaria esclusivamente quei contratti che comportino l’integrale trasferimento sull’assicurato/sottoscrittore del rischio del conseguimento dell’utile e/o delle perdite. Secondo altra parte della dottrina, V. LEMMA, op. ult. cit., 353 s., citato anche da F. CAPRIGLIONE, op. ult. cit., 20426, «qualora le condizioni contrattuali siano articolate in modo tale da rendere (di fatto) indipendente dai predetti eventi l’erogazione delle singole prestazioni, la fattispecie negoziale non sarà qualificabile come assicurativa ma, piuttosto, come operazione di capitalizzazione, la quale non presenta alcun profilo di aleatorietà, come si ricava, tra l’altro, dalla definizione di cui alla lettera b del comma secondo dell’art. 1 della Direttiva 79/267». Sul punto si veda anche P. CORRIAS, op. ult. cit., 96, il quale afferma che: «deve, quindi, constatarsi la fuoriuscita dal tipo assicurativo delle polizze -anche del ramo III – che prevedono la corresponsione della prestazione al decorrere di un termine determinato o determinabile al momento della stipulazione del contratto (eventus certus an et quando)»
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demografico sia l’elemento essenziale dei contratti di assicurazione sulla vita e le polizze del Ramo III, essendone prive, non possono essere considerate dei contratti assicurativi135.
Collocare detti contratti in una determinata sfera normativa oppure in un'altra non deve sembrare un mero esercizio di stile poiché da ciò dipende l’applicazione o meno di talune regole, ad esempio quelle del codice civile. La questione maggiormente dibattuta si riferisce all’applicabilità o meno dell’art. 1923 cod. civ. in tema di impignorabilità, la norma rivelerebbe la natura previdenziale dei contratti, dal momento che le somme in questione sono “messe al riparo” dalle aggressioni dei creditori136. Tale natura è stata ribadita dalla Sezioni unite della Corte di Cassazione, che si sono pronunciate sulla sorte della polizza vita di un assicurato in caso di fallimento dello stesso, proclamando la tutela del soggetto che instaura un rapporto assicurativo per fini previdenziali137. Ad ogni modo, solo l’analisi del singolo regolamento contrattuale può sciogliere ogni dubbio di tipo teorico. Una consistente quota delle polizze disponibili sul mercato prevede che la rendita, pur se legata al valore degli indici di borsa o di quote di fondi di investimento, venga calcolata sulla base di coefficienti che tengono conto dell’età del beneficiario e della sua permanenza in vita alla scadenza
135 CASS. CIV., 22 dicembre 2006, n. 27458, in Mass. Giust. Civ., 2006.
136 In materia, è molto interessante la pronuncia del TRIB. PARMA, 10 agosto 2010, in Giur. It.,
2011, 7 ss, con nota di P. G. CASALI. Occorre anzitutto precisare che l'impignorabilità costituisce, di norma, uno degli argomenti utilizzati dagli intermediari per attira la clientela verso le polizze vita, tanto che tradizionalmente questa caratteristica viene riporta
ta nelle relative note informative. A parere del
Tribunale emiliano, il curatore dovrebbe poter agire per il recupero delle somme relative a contratti di natura prevalentemente finanziaria. In altri termini, se non si tratta di vere e proprie assicurazioni sulla vita i crediti del fallito dovrebbero essere compresi nel fallimento. Si veda, altresì, F. SCHETTINO, Impignorabilità delle polizzeindex linked: la funzione previdenziale delle polizze di assicurazione sulla vita, in Dir. fisc. assic., 2011, 712 ss.; L. BUGIOLACCHI, I prodotti finanziari assicurativi: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e disciplina applicabile, in Resp. civ. e prev., 2011, p. 876 ss.
137 CASS., Sez. un., 31 marzo 2008, n. 8271, in Giur. It., 2008, 1699, con nota di M. SPIOTTA.
Proprio con riguardo all'art. 1923 c.c. la Cassazione ha infatti parlato del rilievo costituzionale: «che va riconosciuto al valore della previdenza (qui legata ai bisogni dell'età postlavorativa o derivante dall’evento morte di colui che percepisce redditi dei quali anche altri si avvalga) che la norma in esame (unitamente ad eventuali e, in varia misura, concorrenti finalità di risparmio) è volta a tutelare».
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del contratto138. È indubbia la connotazione finanziaria di tali polizze, che può
definirsi endemica al contratto stesso ma ciò non determina necessariamente la “frustrazione” di ogni tratto assicurativo-previdenziale; a patto che la natura previdenziale del contratto non venga “estremizzata”, al punto da tenderla fino a imporre, affinché si possa parlare di rapporto assicurativo, che nessuna tra le parti tragga vantaggio dal verificarsi dell’evento assicurato. Se ciò è immediato al verificarsi di un danno o al sopraggiungere della morte, nelle ipotesi di sopravvivenza l’assenza di detto vantaggio è meno percettibile, poiché occorre tener conto di diversi fattori tra loro concorrenti. Il capitale o le rendite percepite