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Dottrina e giurisprudenza hanno tendenzialmente sempre ritenuto ordinatoria la disciplina dei termini del procedimento, riconoscendone la sua flessibilità. La natura dei termini è stata messa in discussione dal momento in cui il legislatore ha taciuto riguardo le conseguenze della violazione dei termini procedimentali. In sostanza la dottrina è stata prevalentemente concorde nel ritenere che qualora si fosse voluto attribuire natura perentoria ai termini per provvedere, la legge avrebbe dovuto dirlo espressamente.69 Una tesi diversa a sostegno dell’assoluta insuperabilità dei termini potrebbe determinare conseguenze negative per il richiedente stesso del provvedimento, qualora, ad esempio, l’amministrazione pur di sfavorevoli quando invece, se avesse avuto più tempo a disposizione per valutare con maggiore

68 Come notato da FRIGORILLI-RENNA, Commento all’art. 2, in A. M.

SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, Giuffrè 2011, pag 105 e ss.

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64 attenzione la fattispecie, avrebbe potuto adottare un provvedimento positivo per il richiedente.70

Si è data prevalenza all’esigenza di efficienza come risultato dell’azione rispetto alla certezza temporale dell’azione, ritenendo che l’assoluta limitazione temporale sarebbe potuta andare a scapito della migliore valutazione degli interessi e del più adeguato raggiungimento del risultato dell’agire amministrativo. E’ dunque da escludere la perentorietà del termine per ma la mancanza di una espressa previsione in tal senso, e anche per la mancanza di una sanzione idonea a ripristinare l’ordine violato, diretta e immediata rispetto all’inadempienza. La giurisprudenza del consiglio di stato non ha dubitato della natura ordinatoria dei termini, affermando che « In assenza di specifiche disposizioni

che prevedano espressamente il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte della pubblica amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, lo stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio ed il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto, ma una semplice irregolarità non viziante».71

Di conseguenza un aspetto di carattere generale riguarda il potere che rimane a capo dell’amministrazione di provvedere anche successivamente alla scadenza del termine di volta in volta assegnato. Vi è infatti un orientamento giurisprudenziale costante secondo cui tale potere permane anche quando sia stato nominato un commissario ad actum e questo non abbia ancora provveduto.72

70 G. FALCON, Semplificazione, garanzie, certezza: modelli di composizione

degli interessi, in Il procedimento amministrativo in Europa, Atti del convegno

di Milano, Milano 2002.

71 Cons. di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2003, n. 939.

72 Sulla conservazione del potere di provvedere anche dopo lo spirare del

termine: Cons. St., sez. IV, sentenza 12 marzo 2009, n. 1474; TAR Liguria, Genova, sez. II, sentenza 9 gennaio 2009, n. 43.

65 La scadenza del termine, in altre parole, non determina l'illegittimità dell'eventuale provvedimento tardivo, infatti «il

mancato rispetto del termine […] non è idonea a determinare l'illegittimità del provvedimento, trattandosi di termini acceleratori per la definizione del procedimento ed atteso che la legge non contiene alcuna prescrizione circa la sua eventuale perentorietà, né circa la decadenza della potestà amministrativa, né circa l'illegittimità del provvedimento adottato».73

Poche sono state le decisioni della giurisprudenza della Suprema Corte che ha sostenuto la perentorietà dei termini, con la conseguenza di ritenere illegittimo il provvedimento tardivo, in particolare con riferimento ai procedimenti sanzionatori.74

Dunque, l'idea prevalente, in dottrina e in giurisprudenza, è che la violazione dei termini, quindi il provvedimento tardivo, non comporta l'automatica illegittimità del provvedimento, salvo che la legge non preveda espressamente la perentorietà dei termini75 o la decadenza dall'esercizio del potere dell'amministrazione.76 Quando l'amministrazione rimane inerte o tarda a provvedere, viola sicuramente una norma del procedimento, non si capisce bene dunque perché questa violazione non debba comportare l'illegittimità del comportamento per violazione di legge o per eccesso di potere, così come avviene ad esempio in relazione ad altri principi fondamentali della legge sul procedimento, come l'obbligo di motivazione. Se la tardività dell'azione non determina un comportamento illegittimo dell'amministrazione, ne dovrebbe conseguire il mantenimento di una piena discrezionalità sul

quando delle amministrazioni, principio opposto rispetto a quello

73 Cons. di Stato, Sez. IV, 1 dicembre 2010, n. 8371.

74 Per la ricostruzione della giurisprudenza si veda F. GOISIS, La violazione

dei termini previsti dall’art. 2 l. n. 241/90: conseguenze sul provvedimento tardivo e funzione del giudizio ex art. 21 bis legge Tar. In Dir. Proc. Amm.,

2004, p.571.

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Cons. di Stato, Sez IV, 11 giugno 2002, n 3256.

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66 voluto con la legge sul procedimento. La Corte Costituzionale77 ha affermato in merito il principio secondo il quale la mancata emanazione del provvedimento entro i termini non comporta la decadenza dal potere, ma determina comunque la connotazione in termini di illegittimità del comportamento della pubblica amministrazione, nei confronti della quale i soggetti interessati alla conclusione procedimento possono insorgere, utilizzando tutti i rimedi che l'ordinamento appresta per la tutela delle loro posizioni giuridiche, come l'accertamento dell'inadempienza e la richiesta del risarcimento del danno. La legge sul procedimento non stabiliva dunque in origine rimedi idonei ad ostacolare, escludere o superare l'inerzia dell'amministrazione sul piano sostanziale, pertanto le soluzioni per la tutela delle posizioni dei privati dovevano essere diversamente prospettate. Dovevano essere individuate forme di tutela del soggetto che subisce le conseguenze negative dell'azione tardiva dell'amministrazione, che tenessero conto dei principi fondamentali garantiti dall'ordinamento, come quello di certezza del rapporto con l'amministrazione, di celerità dell'azione, del legittimo affidamento, che non si ponessero in contrasto con il principio di adeguatezza dell'azione amministrativa. Sicuramente la previsione dei termini procedimentali e della scansione temporale dell'azione amministrativa è stata diretta alla realizzazione dei principi di efficienza economicità semplificazione del procedimento, e della modalità di azione delle amministrazioni, come valore interno diretto al miglioramento dell'amministrazione. Ma sono soprattutto i principi di trasparenza e di imparzialità ai quali l'azione amministrativa deve corrispondere in vista di un'attività rivolta al cittadino.78

77 Corte Cost., 17 luglio 2002, n. 355. 78

A. LAZZARO, Contributo in tema di risarcimento del danno da ritardo, Editoriale Scientifica 2011.

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