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ANALISI TERMICA

6 I NCENDI LOCALIZZAT

Le curve precedentemente analizzate implicano uno sviluppo esauriente dell’incendio, permettendo, in questo modo, uguali situazioni di temperatura in tutto l’edificio. Spesse volte, comunque, soprattutto in spazi ampi in cui è presente poco combustibile o nel caso di un incendio limitato dall’azione degli sprinkler, si origina un incendio localizzato, diverso da quello completo.

Il pre-flashover è influenzato dal quantitativo di combustibile in grado di alimentare la sorgente. Per quanto riguarda la produzione di gas e fumi, si crea una sovrapposizione verso l’alto dei vari prodotti, i quali fluttuano sulla più fresca aria che di trova al di sotto. Quando i prodotti della combustione, adesi sulle pareti e sul soffitto, sono abbastanza lontani dalla sorgente principale, allora iniziano ad abbassare le proprie temperature, provocando una ricombinazione con l’aria sottostante.

Per mezzo di alcune espressioni di cui è dotato l’Eurocodice, è possibile calcolare l’azione termica appartenente ad un incendio localizzato.

L’RHR, ovvero la percentuale di rilascio dell’energia, caratterizza fortemente la sorgente dell’incendio. Tale parametro è in grado di fornire l’evoluzione della potenza termica nella combustione, tenendo conto anche del tempo.

Alle volte, occorre prendere in considerazione alcune differenze basandosi sull’altezza della fiamma in relazione al soffitto.

Se si analizzano incendi che non lambiscono le superfici del soffitto, l’Eurocodice assegna delle formule semplificate, dalle quali si è in grado di calcolare la temperatura sull’asse verticale della fiamma. Tutt’altro discorso per gli incendi le cui fiamme arrivano a toccare il soffitto: per questi casi vi sono delle metodologie che permettono di calcolare il flusso termico subito dalla superficie del soffitto esposta alle fiamme. Le formule fornite si possono utilizzare per fiamme con diametro al massimo di 10m e con una velocità di rilascio termico di massimo 50W.

L’evoluzione della fiamma Li in un incendio localizzato si ricava in tal modo:

𝐿𝑓 = −1.02𝐷 + 0.0148𝑄2/5

Nel momento in cui alcuna fiamma lambisce il soffitto e l’Lf è minore dell’H della

struttura, oppure considerando una combustione all’aria libera, la seguente relazione permette il calcolo della temperatura, indicata con Θ(z), nel pennacchio sull’asse di simmetria verticale: 𝜃(𝑧) = 20 + 0.25𝑄𝑐 2 3(𝑧 − 𝑧 0)− 5 3 ≤ 900 [°𝐶]

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In cui:

- Qc è la parte convettiva del rilascio di calore dell’incendio, data da Qc=0.8Q[W]

- z è l’altezza lungo l’asse verticale della fiamma [m] - z0 è l’origine virtuale dell’asse della fiamma [m] Quest’ultimo si definisce con:

𝑧0 = −1.02𝐷 + 0.00524𝑄25

z0 può avere un valore negativo e in quel caso si localizza sotto la sorgente

dell’incendio: ciò mostra un’area della sorgente più estesa rispetto all’energia rilasciata sull’area stessa.

Se il materiale infiammabile rilascia grandi quantitativi di energia su di un’area non molto estesa, z0 assumerà valore positivo e avrà localizzazione sulla sorgente.

Se si tratta di un carico d’incendio sufficientemente elevato, allora Lf risulterà

maggiore di H e si avrà, implicando un andamento orizzontale, una fiamma adesa al soffitto. Il metodo Hasemi è in grado di definire le proprietà di un simile incendio, oltre che la temperatura alla quale si trovano le superfici degli elementi esposti.

Figura 6-1 Andamento temperature

Dal grafico riportato sopra, assumendo che il fuoco si estende ad una sola superficie di 5 m2, al mutare del carico d’incendio è possibile notare un’evoluzione costante delle curve, avente un iniziale picco, seguito da un rapido raffreddamento, conseguenza dello spegnimento dell’incendio, dato dal termine del combustibile o dall’azione degli impianti atti a spegnere l’incendio divampato.

I modelli a zone, null’altro che prototipi numerici, permettono di localizzare, all’interno del compartimento in cui ha luogo l’incendio, delle zone distaccate, ove densità, energia interna, pressione e temperatura risultano concordi.

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Per il post-flashover è utilizzato il modello base, quello ad una sola zona, dove tutti i termini di raffronto sono regolari.

Da tale modello derivano, inoltre, quelli più complessi a più zone.

Figura 6-2 Modello una zona

Il principio di conservazione della massa e dell’energia nelle diverse zone risulta fondamentale per i modelli multi zona.

Considerando il modello a due zone, si può osservare come assuma che i prodotti si addensino in una singola stratificazione, avente interfaccia piana e orizzontale, situata inferiormente rispetto al soffitto. Si può, dunque, suddividere il compartimento in: uno strato superiore, uno inferiore, le parete, il gas esterno, il fuoco e il pennacchio.

I due strati, seppur attigui, non sono in grado di scambiare direttamente energia oppure massa fra di loro: ciò avviene per mezzo del pennacchio, una vera e propria pompa di energia e massa.

Anche tale modello, come il precedente, è fondato sugli stessi principi di conservazione.

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I modelli di fluidodinamica computazionale sono, invece, i più all’avanguardia. Quelli di campo permettono di stimare il processo incendiario in un dato spazio, permettendo una risoluzione numerica delle equazioni fondamentali della corrente dei fluidi originata da un incendio.

Le metodologie agli elementi finiti o a quelli di confine, oppure alle differenze finite, permettono l’esplicazione dello studio per mezzo dei modelli di campo: tali modelli permettono, così, la suddivisione tridimensionale del compartimento, risolvendo le equazioni di conservazione al loro interno. Più è grande il quantitativo di elementi di questa griglia tridimensionale, più esauriente sarà la soluzione. Sono, dunque, in grado di plasmare incendi localizzati o in pre-flashover, ma anche lo spostamento dei fluidi e gli incendi che si trovano in uno stato posteriore al flashover stesso.