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stelle come nodi Parole come stelle

Antonella Ciabatti

centro studi Jorge eielson

il dvd Stelle come nodi / parole come stelle1 è un omaggio al genio creati-

vo di Jorge eduardo eielson e un tentativo di suggerire con poche immagini in movimento e le parole dell’artista stesso la sua poetica che, pur attraver- so i più diversi codici (poesia, scrittura, pittura, scultura, performances, in- stallazioni, musica), fonda il proprio linguaggio sulle tensioni e distensioni generate dal farsi e disfarsi del nodo, nodo che lega il visibile alla parola, il cosmo alla terra.

le immagini partono dalla costellazione eielson in cui l’artista ha rap- presentato il proprio firmamento (dalla costa del Perù a roma, a Vallejo, al Jazz), si concentrano poi sul nodo (dagli abiti – vestigia umane – legati alla tela, alle tensioni di tessuti «sul deserto della tela» – i suoi quipus – ai nodi

tout court, sculture tessili ricche di connotazioni semantiche e simboliche)

e finiscono con le costellazioni, che racchiudono nodi cosmici, parole, stelle. i testi poetici di Jorge eduardo eielson nella versione italiana di mar- tha canfield sono:

Poesia in forma d’uccello Tema y variaciones 1950

nessun computer… El cuerpo de Giulia-no 1971

firmamento 1965 (1993)

(as)solo di sole Tema y variaciones 1950

corpo di carta Noche oscura del cuerpo 1955 (1989)

cuando en la noche deseo tocar la luna Naturaleza muerta 1958

una luna de plata plata y solo plata Naturaleza muerta 1958

giallo Pequeña música de cámara 1965

la lettura corretta di queste parole Naturaleza muerta 1958

rosa Pequeña música de cámara 1965

tutti quanti mi domandano Naturaleza muerta 1958

so perfettamente che la mia casa Sin título 2000

m.l. canfield (a cura di), Perù frontiera del mondo. Eielson e Vargas Llosa: dalle radici all’impegno cosmopolita isbn (online) 978-88-6655-350-2, 2013 firenze university Press

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foto delle opere della galleria d’arte niccoli foto di apertura di Paola ravetta (2003)

foto di Nodo e di Nodo solare di giovanni Volante (2007) *

la presentazione delle opere artistiche e poetiche di eielson è stata elaborata con il ritmo di due brani musicali di dmitrij dmitrievich shostakovich:

Jazz Suite n. 2 (Suite for Promenade Orchestra): VI waltz 2 Jazz Suite n.1: I waltz

in ambito accademico il powerpoint venne proposto agli studenti insieme all’ascolto della musica, ma per la pubblicazione del volume questo non è stato possibile, per cui l’audio è stato eliminato. tuttavia si consiglia ai lettori di abbinare la visione all’ascolto dei detti brani.

collaborazione tecnica di lorenzo Pestelli.

Note

1 l’intervento di antonella ciabatti, riprodotto in dVd, che costituisce parte integrante

del presente volume, è reperibile online, in modalità open access, tramite il record catalografico della firenze university Press (alla voce canfield, Perù frontiera del mondo).

essere e aVere nelle ultime Poesie di eielson*

Antonio Melis

università di siena

negli ultimi anni di vita, dopo un lungo periodo dedicato soprattutto all’attività nelle arti plastiche, Jorge eduardo eielson ritorna con grande vi- gore a quella che lui stesso ha definito «poesía escrita»1, per distinguerla dalle

altre forme di fare poesia. una testimonianza importante di questa estrema e splendida stagione è la raccolta Sin título, pubblicata a Valencia nel 2000. come precisa l’autore, si tratta di testi scritti a milano fra il 1994 e il 1998.

sono poesie brevi e di grande concentrazione espressiva, che risentono profondamente del clima sociale e culturale di quegli anni, verso il qua- le prendono radicalmente le distanze. in particolare, milano si presenta con forza in questi versi come uno degli universi poetici italiani di eiel-

son, dopo la roma degli anni cinquanta e sessanta2, e senza dimenticare

la sardegna magica3. È una metropoli che si propone drammaticamente

come l’erede incattivita della tristemente celebre ‘milano da bere’, che or- mai ha esaurito il suo momento di euforia irresponsabile e si sta trasfor- mando sempre più in un mondo risentito e ostile verso chiunque, con la sua diversità, metta in discussione le sue certezze egoistiche. Qui si cele- brano con particolare pervicacia e ottusità i fasti di un mondo dominato dalla fretta, che non ha nemmeno tempo, quindi, di interrogarsi sul senso

dei propri atti. «ormai tutto si fa velocemente»4 è l’incipit di una poesia,

che sottolinea come in questo mondo «lo sguardo non è più necessario». il suo posto è infatti ormai occupato da «uno schermo / che conosce tut- to». Questo ‘grande fratello’ rappresenta l’ultima evoluzione di un processo che intorno agli anni trenta aveva intuito profeticamente césar Vallejo, un poeta particolarmente caro a eielson, quando aveva scritto su uno dei suoi quaderni di appunti: «gli occhi abituati al cinema e gli occhi abituati

alla lontananza»5. Per fortuna, continua il poeta, «restano ancora le ma-

gnolie». ancora a Vallejo ci riportano i versi finali:

las cosas serán más graves cuando desaparezca el dolor

o se vuelva artificial la soledad6

le cose saranno più gravi Quando il dolore scomparirà

o diventerà artificiale la solitudine

È sempre il Vallejo dei quaderni di appunti, redatti durante i diffici- li anni europei, nel periodo più appassionato del suo impegno politico

m.l. canfield (a cura di), Perù frontiera del mondo. Eielson e Vargas Llosa: dalle radici all’impegno cosmopolita isbn (online) 978-88-6655-350-2, 2013 firenze university Press

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e ideologico, che in questo caso polemizza con andré gide, a proposito dell’ipotesi dello scrittore francese che prevedeva la scomparsa del dolore dalla letteratura della futura umanità liberata dal socialismo:

il signor gide ha riflettuto bene su ciò che dice? si rende conto di quello che sarebbe, in futuro, una letteratura nella quale non esiste- rà più il dolore? ammette almeno il signor gide la possibilità di una simile mutilazione del cuore umano? non crede il signor gide che il regno esclusivo dell’allegria sarebbe il più grande dei dolori imposti all’uomo?7

la presenza di Vallejo, del resto, diventa esplicita in No me es posible

escribir. il ‘padre césar’ costretto a digiunare nella sua vita parigina, a cau-

sa della sua «bohemia inquerida»8, ma capace in compenso di nutrirsi di

universo, è riuscito a compiere un miracolo: [...] convertir tu sollozo

en pan de todos tu desesperación en agua pura9

[...] trasformare il tuo singhiozzo in pane per tutti la tua disperazione

in acqua pura

l’omaggio a Vallejo s’inserisce all’interno di un fitto tessuto di riferimen- ti a poeti e artisti che, con la loro persona e la loro opera, rappresentano un antidoto contro la degradazione del mondo. così, nell’omaggio all’amico e compagno di generazione Javier sologuren, dopo avere richiamato Todo

lo que sabemos de Javier, si sofferma sulla parte invisibile della sua figura:

lo que no sabemos es cuánto fulgor soporta su corazón

de niño sabio y sencillo ni cuánto dolor esconde

en el bolsillo10

Quello che non sappiamo è Quanto fulgore sopporta il suo cuore

di bambino saggio e semplice né quando dolore si nasconde

nelle tasche

un altro esempio di questo dialogo è La paz de Octavio, un omaggio al grande poeta messicano octavio Paz in occasione della sua morte. eiel- son sottolinea soprattutto la sua capacità di vedere «il rovescio delle cose». alla fine l’immagine dell’amico scomparso è quella di una farfalla che

tiene las alas azules de octavio Pero es una mariposa Que nunca se acaba11

Ha le ali azzurre di octavio Però è una farfalla che non finisce mai

ma queste evocazioni simpatetiche sono soltanto delle isole felici, una sorta di antidoto in un mondo dominato dalla volgarità. il rifiuto del con- sumismo, la nuova divinità vorace di sacrifici umani dei tempi moderni, è al centro di Para vivir bien es suficiente. al frigorifero strapieno di cibo di una società bulimica, il poeta contrappone la fame inesauribile di bellezza:

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tener hambre de luz Y devorar una estrella sin tenedor ni cuchillo12

avere fame di luce e divorare una stella senza forchetta né coltello contro l’indifferenza e l’assenza crescente di rapporti umani nella metro- poli alienata, il poeta invita a «stringere la mano al vicino / che non saluta». l’ostilità e l’odio per il diverso, uno dei temi montanti degli ultimi anni, sono al centro di Hay gente que no ama la gente. l’avversione nasce dal fatto che c’è chi «adora un coccodrillo / invece di un frigorifero». Questa protesta contro il processo di disumanizzazione provocato dall’ossessione consumi- stica e dall’odio per la diversità culmina nella parte finale che evoca un tempo

cuando en el firmamento no había una nevera

sino tan sólo un cocodrilo13

Quando nel firmamento non c’era un frigorifero

ma soltanto un coccodrillo

Questa parabola della moderna intolleranza, si basa sull’opposizione tra due feticci, nel senso antropologico del termine. la differenza fondamen- tale fra di essi è che quello antico, quello che la boria etnocentrica consi- dera ‘primitivo’, continua a essere profondamente connesso con un’antica simbologia cosmica. mentre quello attuale, quello celebrato come ‘moder- no’, è legato soltanto alle leggi di mercato.

Per quanto possa sembrare incredibile, eielson ha sperimentato sulla pro- pria persona fino ad anni molto recenti questa paura dello straniero. Proprio nei giorni che precedono questo incontro, per pura casualità (ma forse la ca- sualità obbedisce a una logica segreta), ho ritrovato una sua lettera del marzo 1994. in essa Jorge mi chiedeva, come aveva già fatto con l’amico e collega roberto Paoli, una dichiarazione per sostenere la richiesta di rinnovo del suo permesso di soggiorno, commentando così questa situazione grottesca e vergognosa per il nostro paese: «È assurdo, certo, che io abbia questi pro- blemi dopo mezzo secolo che sono in questo paese, ma è così, vista la mia nazionalità, per niente raccomandabile di questi tempi, come ben sai». molto significativa è anche la sua indicazione di sottolineare, nella mia lettera di ‘garanzia’, la sua qualifica di giornalista, come un’attività più accettata dal- le autorità di polizia rispetto a quella, piuttosto sospetta, di poeta e artista. il mondo che sta dietro queste fobie, del resto, compare pienamente in Caminando por las calles de Milán, come un autentico repertorio, una sorta di corte dei miracoli d’alto bordo, degli orrori contemporanei:

se ven sólo animales

bien vestidos si vedono soltanto animaliben vestiti

le donne sembrano «fagiani / con il collo da giraffa / e le gambe da pantera». gli uomini guidano automobili che sono, in realtà, per il loro aspetto aggressivo, un «tiburón» (uno squalo). Hanno pressoché tutto:

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sólo les falta la luna Para tenerlo todo Pero también la mirada14

manca soltanto la luna a loro Per avere tutto ma altresì lo sguardo

l’accostamento fra un modo di dire comune (‘volere la luna’) e l’alie- nazione prodotta dal mondo urbano, che si riflette anche sull’apparenza fisica dei suoi abitanti, è di particolare efficacia.

contro questa degradazione, il poeta propone come via di fuga e di liberazione un proprio ritratto come pagliaccio, secondo un processo di

identificazione molto diffuso nella poesia e nell’arte contemporanea15. an-

che questa è una maniera di sottrarsi alla società della merce: Yo que todavía

guardo mi vieja luna Y mis luceros de hojalata en el armario. Yo que todavía me lleno de cascabeles y rocío Que no vendo mi corazón a ningún precio sé solamente

Que todo el cielo es mío16

io che ancora custodisco la mia vecchia luna

e le mie stelle di latta nell’armadio. io che ancora mi riempio di sonagli e di rugiada

che non vendo il mio cuore a nessun prezzo so unicamente

che tutto il cielo è mio

Proprio l’assenza di beni materiali permette di affermare «che tutto il cielo è mio». Questo motivo si ripropone, con immagini simili, in Mi co-

razón es un gorro escarlata (il mio cuore è un berretto scarlatto)17, dove la

condizione di pagliaccio rappresenta un obiettivo forse inarrivabile, dato che «non sono neanche / un uomo qualsiasi». il carattere inquietante del pagliaccio per le persone ‘normali’ appare chiaramente in La gente dice

que me he vuelto loco:

Pero la verdad es que la gente detesta mi cara de payaso asustado. Y sobre todo mi bolsillo

siempre vacío y la oscuridad en que me muevo entre destello

Y destello18

ma la verità è che la gente detesta la mia faccia da pagliaccio spaventato. e soprattutto le mie tasche

sempre vuote e l’oscurità in cui mi muovo tra fulgore

e fulgore

un altro bersaglio polemico di questi versi è rappresentato dal culto os- sessivo per la macchina e per la velocità, un altro mito alienante dei nostri

giorni. «la lentezza pure / È una macchina celeste»19, ci ricorda il poeta.

non poteva mancare, in questo contesto, l’attacco agli ‘uomini d’affari’.

essi «non respirano / non singhiozzano non conoscono / le magnolie»20.

in questo caso ci soccorre inevitabilmente il ricordo di un altro grande poeta ispanoamericano contemporaneo, Pablo neruda. nella sua stagione più felice, quella del ciclo di Residencia en la tierra, dopo avere espresso

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tutto l’orrore fisico per il mondo urbano, che lo porta addirittura a stan- carsi di essere uomo, afferma in Walking around:

dopo tutto sarebbe delizioso

spaventare un notaio con un gladiolo mozzo21

la paura della bellezza nel mondo alienato della città unisce attraverso il tempo il poeta del passato recente con il poeta di questi anni convulsi e profondamente antipoetici. ma eielson va perfino oltre l’espressione neru- diana della nausea esistenziale, che tocca ogni parte del suo corpo. l’alie- nazione di questi personaggi della grande metropoli investe tutte le loro funzioni umane, senza nessuna distinzione fra l’alto e il basso. così essi

a duras penas orinan

Y defecan cuando pueden e defecano quando possonoa mala pena urinano

ma, soprattutto, questi esseri non sono neanche in grado di offrire e ricevere amore. Quando il poeta ci parla di «estos seres vacíos» è ine- vitabile anche il ricordo degli «hollow men» della Waste Land di eliot. l’antica opposizione ‘ocio/negocio’ (ozio/affari) si fonda qui sull’identità fra velocità e stupidità. ‘Veloces’ e ‘necios’ (veloci e stupidi) sono inseriti all’interno di un sistema allitterante che assume una funzione grottesca: ‘negocios’, ‘veloces’, ‘necios’, ‘conocen’, ‘ocio’. Questa tecnica aveva già trovato la sua espressione più compiuta proprio nella poesia che apre la raccolta, dove eielson afferma di amare «tutte le parole che iniziano per

a / anche se non dicono / ah»22.

in questo libro della sua ultima stagione il poeta continua anche la sua ope- ra di recupero delle proprie origini, che sul terreno dell’arte aveva intrapreso negli ultimi decenni con i suoi nodi, una reinterpretazione creativa dei quipu andini. Questo percorso non è affatto in contrasto con la sua assimilazione e metabolizzazione della letteratura universale, dalla grande poesia francese del secondo ottocento (rimbaud in primo luogo) alle espressioni più radica- li delle avanguardie storiche. lo stesso autore ha spiegato con grande lucidi- tà, in diverse occasioni, il senso di questa rielaborazione attuale di un antico procedimento andino. all’inizio si tratta di un percorso che porta l’artista, di provenienza e di formazione urbana, a scoprire gli spazi deserti della costa del suo paese, che rappresentano una sorta di immenso libro disponibile per la sua scrittura. Per questo aspetto, ci sono delle suggestive analogie con uno scrittore, per altri aspetti molto diverso, come edmond Jabès, soprattutto nella sua conversazione con marcel cohen intitolata Du désert au livre23. eielson è

partito dal deserto del suo paese per risalire ai tessuti antichi caratteristici di questa zona arida e perfettamente conservati proprio grazie al clima secco, visti come un punto di riferimento per riplasmare l’antico segno.

in questa raccolta la ricerca delle radici si manifesta con particolare for- za in Excavo en mi dorado Perú. accanto agli oggetti sepolti dal tempo, il poeta, affondando nella terra del suo paese, finisce per ritrovare se stesso:

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excavo y excavo todavía Y es mi osamenta que hallo ahora

Y el trono ensangrentado Que allí me espera24

scavo e scavo ancora ed è il mio scheletro che ora trovo

e il trono insanguinato che lì mi attende

a partire dal recupero e dalla rilettura artistica in chiave attuale dei nodi precolombiani, il poeta ha intrapreso un cammino di ritorno alle radici, pur senza dimenticare che, come lo stesso eielson ha chiarito con grande rigore: «ciò che io ‘annodo’ nelle mie opere non sono solo le mie radici indigene, ma tutta la mia intera cultura, miscela di codici e di sentimenti e di vissuto»25.

non c’è quindi nessun contrasto fra questa operazione della memoria e la sua profonda adesione ai testi classici della letteratura universale. ma egli intui- sce l’esistenza di legami sotterranei che uniscono questi procedimenti formali con le proprie origini. Quello che altri artisti del novecento, soprattutto nel- la stagione surrealista, hanno ricercato al di fuori del loro mondo culturale, proiettandosi nelle forme artistiche di altri continenti considerati ‘primitivi’ e quindi in grado di offrire nuove suggestioni a un’europa stanca, eielson fi- nisce per incontrarlo nel proprio. alla base di questo itinerario c’è comunque un analogo disagio nei confronti della letteratura e dell’arte della tradizione occidentale, soprattutto quando essa pretende di erigersi a modello universale ed escludente. lo spirito di apertura senza limiti verso la pluralità delle cul- ture è lo stesso che aveva alimentato il suo incontro decisivo con il buddismo zen, che ha commentato e chiarito in numerose occasioni. dalla sua pratica proviene un’intensificazione della ricerca di un’espressione essenziale, quasi scarnificata, che può spingersi fino al grado zero, al silenzio.

il ritorno al mondo americano originario e in particolare a quello andi- no, s’iscrive, per molti aspetti, all’interno della stessa tendenza ascetica. si manifesta dapprima nella plastica, ma finisce poi per impregnare di sé an- che la sua scrittura poetica ritrovata. non si tratta, naturalmente, di meri riferimenti di tipo contenutistico. eielson è ben lontano da ogni allusione esteriore, puramente referenziale, al mondo americano. Quello che invece si percepisce con forza in questa raccolta è una progressiva identificazione con i valori umani alternativi che stanno alla base di un’espressione artisti- ca spogliata di ogni elemento decorativo. la rilettura attuale delle antiche civiltà dell’america significa anche una volontà di recuperare il primato dell’‘essere’ sull’‘avere’. Versi come quelli appena citati o come quelli di Ve-

do le linee di Nazca («e molte altre linee / che attraversano la mia pupilla

/ il mio cuore e i miei sensi»26) si possono leggere anche alla luce delle pa-

gine sempre rivelatrici che il poeta ha dedicato all’antica arte peruviana27.

una volta di più si rivela tutta la fallacia degli schemi fondati su con- trapposizioni meccaniche, che nascono dall’esigenza di trovare spiegazioni rassicuranti per una realtà culturale che inquieta per la sua complessità. il percorso plurale di eielson verso le radici arriva all’incontro con la Pa- chamama, ma senza nessuna concessione a una prospettiva arcaizzante e regressiva. È noto, fra l’altro, il profondo interesse del poeta per i pro-

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in perfetta consonanza con queste inquietudini, il suo sentimento panico della natura, che sembra a volte recuperare la lezione del mondo classico, si trasforma in una luminosa coscienza ecologica. la scienza moderna e l’antica sapienza dei popoli americani si uniscono così in una nuova alle- anza, superando ogni barriera artificiale di tempo e di spazio.

le ripetute dichiarazioni di ammirazione di eielson verso José maría arguedas, pur senza tacere sugli aspetti conflittuali che presentò in cer-

ti momenti il loro rapporto29, allora, possono sorprendere solo gli aman-

ti delle semplificazioni critiche, che nascono dal bisogno di confermare