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due scrittori a confronto

4. Quando, a proposito di Jorge eielson, Pierre restany suggerisce l’idea

di un suo «nomadismo vitale»21, ne sottolinea a ragione l’apertura alla vi-

ta, la curiosità e il bisogno dell’esperienza umana e intellettuale; ma, allo stesso tempo, rischia anche di collocarlo entro l’attuale panorama artisti- co di dispersione e debolezza culturale.

al critico sembrerebbe sfuggire il senso profondo di una precisa dire- zione che l’artista peruviano ha invece mirato a infondere al proprio la- voro. È una direzione, questa, che si differenzia in un contesto artistico internazionale dove sono aumentate in generale le spinte centrifughe, la

daniela marcHescHi

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proliferazione dei frammenti, il dissolvimento e la deriva di schegge ai li- miti del non fare, del non costruire.

al contrario, eielson ha cercato e praticato gli spostamenti spaziali e temporali fra le arti, i materiali o i generi, per costruire la sua personale, complessa, visione dell’arte. un’arte centripeta, in cui il frammento tende di continuo a comporsi e a ricomporre una ‘totalità’, una forma.

Per usare le parole di Vargas llosa, gli spostamenti sul livello di realtà hanno lo scopo di apportare «una dimensione nuova, un ordine segreto e meraviglioso, che non obbedisce alle leggi razionali e fisiche, ma a for- ze oscure, innate, che è possibile conoscere (e in alcuni casi governare)

soltanto grazie alla mediazione divina, agli incantesimi o alla magia»22.

all’ispirazione e all’invenzione, alla tenace ricerca, possiamo aggiungere. nel caso ora ricordato l’autore si riferiva a franz Kafka, oltre che al pro- prio lavoro di romanziere. certo è, però, che ben poche volte uno scrittore è stato capace di capire tanto profondamente anche l’esperienza artistica, come ha fatto Vargas llosa. anche per questo ne ammiriamo l’opera e la riteniamo fra le più alte e compiute della letteratura odierna.

Note

* le traduzioni in italiano delle poesie citate, pubblicate o inedite, sono di martha

l. canfield.

1 J.e. eielson, El cuerpo de Giulia-no, Joaquín mortiz, méxico d.f. 1971. 2 cfr. d. marcheschi, Orizzonti e problemi, in ead., Prismi e poliedri. Scritti di

critica e antropologia delle arti, i, sillabe, livorno 2001, cap. i, § 2.

3 J.e. eielson, Poesía escrita, instituto nacional de cultura, lima 1976; 2ª ed.

Vuelta, méxico d.f. 1989. trad. it. di m. canfield, Poesia scritta, le lettere, firenze 1993.

4 J.e. eielson, Sin título, Pre-textos, Valencia 2000. 5 ivi, p. 9.

6 inclusa nell’ultimo libro pubblicato postumo in italiano: Habitación en Roma /

Di stanza a Roma, trad. it. e a cura di m.l. canfield, Ponte sisto, roma 2007.

7 cfr. d. marcheschi, L’evoluzione della metrica moderna, «galleria», XXXXii,

3, 1992, pp. 355-375.

8 J.e. eielson, Sin título, cit. p. 22.

9 g. semerano, Le origini della cultura europea, leo s. olschki, firenze 1984-

1994, ii, tomo iV, s.v.

10 J.e. eielson, Sin título, cit. p. 12.

11 J.e. eielson, Nudos, fundación césar manrique, lanzarote (canarias) 2002. il

rimando che segue nel testo è a p. 13.

12 J.e. eielson, Sin título, cit. p. 21.

13 J.e. eielson, Poesía escrita, Vuelta, méxico 1989 (vedi nota di eduardo Vázquez

martín nella quarta di copertina).

14 m. Vargas llosa, Diario de Irak, aguilar, buenos aires 2003. trad. it. di g.

felici, La libertà selvaggia: diario dall’Iraq, einaudi, torino 2004.

15 m. Vargas llosa, Elogio della matrigna, rizzoli, milano 1990 (edizione origi-

nale 1988). il libro sfortunatamente non è più stato ristampato in italia dopo il 1991, forse perché è stato ritenuto a torto ‘pornografico’.

16 cfr. in proposito al movimento tipico della scrittura anche il capitolo Sposta-

mento in m. Vargas llosa, Lettere a un aspirante romanziere, einaudi, torino 1998 (edizione originale 1997).

laVorare la Parola, laVorare lo sPaZio 167

17 cfr. m. Vargas llosa, Lettere a un aspirante romanziere, cit., p. 26. 18 così lo definisce m. Vargas llosa, ivi, p. 17.

19 cfr. J.e. cirlot, A Dictionary of Symbols, dover, mineola (n.Y.) 2002, s. v. ‘knot’. 20 cfr. t. ingold (ed.), Companion Encyclopedia of Anthropology, routledge, lon-

don-new York 1994, s.v. ‘bond’.

21 P. restany, J.E. Eielson, saronno chiostro arte, saronno 2007, p. 28. 22 m. Vargas llosa, Lettere a un aspirante romanziere, cit., p. 80.

la lima letteraria di Jorge eduardo eielson e mario Vargas llosa

Giovanna Minardi

università di Palermo

generalmente la narratologia ha attribuito allo spazio un ruolo secon- dario; ciononostante alcuni critici, da prospettive differenti, hanno sotto- lineato il ruolo centrale che esso svolge nella narrazione. roland bourneuf e réal ouellet, per esempio, ne L’universo del romanzo, scrivono: «in un romanzo lo spazio non è un elemento secondario, bensì si esprime attra- verso forme determinate, ha molteplici significati, addirittura arriva, a volte, a costituire la ragione stessa dell’opera»1. il concetto di cronotopo di

bachtin è stato sicuramente fondamentale per elevare lo spazio e il tempo alla condizione di protagonisti della struttura narrativa, anche se bisogna dire che già per Kant lo spazio funzionava come condizione soggettiva dell’intuizione esterna e costituiva, assieme al tempo, una delle fonti della conoscenza. oggi, la tendenza è di vedere lo spazio come una realtà per- cepita, e non come una realtà determinante. esso è soprattutto un tratto del personaggio e, in quanto tale, svolge un ruolo importante per la sua caratterizzazione, sia per quanto concerne la sua ideologia sia per il suo mondo interiore o personalità e il suo comportamento.

nell’ambito della letteratura peruviana, sono numerosi gli scrittori che hanno preso lima come scenario principe della propria produzione. «ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone», scrive italo

calvino2. e soprattutto lima assolve questa condizione, dato che il de-

serto ha lasciato la propria impronta nel tessuto urbano, la sua fisionomia architettonica si è configurata come opposizione radicale a quello spa- zio omogeneo e uniforme. lima è stata tracciata a quadrilatero, con una pianta ortogonale – alterata soltanto in pochissimi punti dalle tracce delle popolazioni indigene precedenti –, alla quale si è contrapposto il gusto li- megno, ‘asimmetrico’, ‘estroverso’, ‘sensoriale’3, attraverso la voluttuosità

e la screziatura aristocratica con cui sono state costruite le case, poiché, come spiega ancora salazar bondy, «la severità imposta dalla fatalità della fondazione volle essere burlata dal gusto cortigiano: il deserto ha marcato la sua impronta nel tiro delle strade»4.

fin dalla sua nascita lima aspettava di essere scritta, aveva bisogno di acquisire una seconda realtà che le conferisse una dimensione durevole. È così che, dai primi tempi della colonia, la città comincia a essere presen- te negli scritti dei poeti che risiedono nella capitale e plasmano, coi loro versi, l’epopea della fondazione e i fasti che in esse venivano celebrati at-

m.l. canfield (a cura di), Perù frontiera del mondo. Eielson e Vargas Llosa: dalle radici all’impegno cosmopolita isbn (online) 978-88-6655-350-2, 2013 firenze university Press

gioVanna minardi

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torno alla corte vicereale. Questa letteratura sarà il seme di una scrittura che verte sulla città e che si evolve, nei secoli successivi, tra la letteratura di viaggio, la poesia e il quadro ‘costumbrista’, fino a sfociare, già in pie- no secolo XiX, nella letteratura della fondazione in Tradiciones peruanas (1872-1910) di ricardo Palma. con le Tradiciones di Palma abbiamo la prima fondazione letteraria della lima mitica del passato, vale a dire, la costituzione di un corpus letterario in cui la città di lima, coloniale e re- pubblicana, acquisisce la risonanza di uno spazio spirituale fondato e fissato nella memoria collettiva del popolo limegno. in questo senso, Palma può essere considerato il primo fondatore letterario della capitale peruviana.

ma lima venne fondata due volte nello spazio della scrittura. sfumato il sogno dell’età dell’oro, a metà del secolo XX gli scrittori della cosiddetta generazione del ’50 irrompono nel panorama letterario con una tematica nuova: la città trasformata, moderna e contraddittoria assiste, nella narra- tiva di questi scrittori, alla stessa fondazione della sua geografia letteraria, nella sua realtà totale e complessa.

bisogna dire che nei primi decenni del secolo XX in Perù si producono opere che si focalizzano sulla realtà cittadina di lima (martín adán, per esempio, ne La casa de cartón, del 1928, presenta la parte brutta e sporca della sua periferia), fino ad arrivare agli anni cinquanta, momento princi- pale della trasformazione urbana, quando le ultime immagini del passato bucolico, inaugurato dalle Tradiciones di Palma e consolidato dall’opera

Una Lima que se va di José gálvez (1921), spariscono davanti all’irruzio-

ne della città industrializzata. l’immigrazione massiva dalla provincia provoca una crescita vertiginosa e incontrollata della città, sia nelle zone residenziali sia nelle neonate bidonville o ‘paesi giovani’ alle pendici delle montagne. «la città della grazia», come la soprannominò rubén darío, si trasforma nel suo opposto, conquistando quell’appellativo che sebastián salazar bondy fissa nello scrivere il saggio Lima la horrible (1964), la cui prima citazione appare nella poesia di césar moro Viaggio verso la notte, in La tortuga ecuestre (1958).

gli scrittori della generazione del ’505, la generazione del neorealismo

urbano, scoprono lo sradicamento subito da molti abitanti messi a tacere

o ‘muti’, per usare un aggettivo caro a Julio ramón ribeyro6, che hanno

modificato quasi radicalmente il paesaggio urbano della capitale peruviana. alcuni di essi tornano sporadicamente al passato idilliaco per contrastare una realtà disillusa, conflittuale e marginale; essi perpetuano, in parte, la tradizione de ‘una lima che se ne va’, ma il loro obiettivo letterario non è più quello di dipingere una lima del passato, quanto piuttosto denunciare il disordine sociale (e non solo) della città del presente. nel suo comples- so, la generazione del ’50 non è una generazione di rottura, è una gene- razione bifronte: con un occhio al passato – che non smette di venerare, nonostante riserve critiche e anche denunce – e un occhio al futuro, che la affascina ma che allo stesso tempo la riempie di perplessità e timore.

Jorge eduardo eielson e mario Vargas llosa sono due figure ‘di fron- tiera’, per ragioni diverse, di questo gruppo di scrittori: il primo, per aver

la lima letteraria di Jorge eduardo eielson e mario Vargas llosa 171

passato buona parte della sua vita lontano da lima mantenendo pochi e sporadici contatti con la realtà letteraria e sociale del proprio paese, al di là del fatto di essersi dedicato più alla poesia e alla pittura7 e di aver scrit-

to soltanto due opere narrative8, che vennero pubblicate molti anni dopo

la loro nascita; il secondo, per essere nato nel 1936, come afferma miguel gutiérrez, attento studioso di questa generazione. secondo lui, parte in- tegrante della generazione del ’50 sono tutti i coetanei nati in Perù tra il 1920 e il 1935, e, a seconda dell’età, individua tre livelli: eielson appartie- ne al primo, formato dagli scrittori nati tra il 1920 e il 1925. i nati tra il 1926 e il 1930 costituiranno il secondo sottogruppo; e in fine il terzo sarà composto dagli autori nati tra il 1931 e il 1935, fra i quali c’è Vargas llosa, come figura ‘di frontiera’9.

i narratori del ’50 differiscono nettamente dalla tradizione evocativa, idealizzata, di adesione diretta o subliminale allo stato di cose tanto dei ‘costumbristi’ quanto dei modernisti. lo sguardo che ribeyro, congrains, Vargas llosa e, in parte, eielson proiettano sulla città, svela le grandi con- traddizioni esistenti al suo interno. la narrativa di questi scrittori non ri- vela soltanto una realtà, ma riesce a trasformarsi in ‘fatto spirituale’, per usare una frase di ribeyro. Questo universo di correlazioni conflittuali è il leit motiv de I cuccioli (1967) di Vargas llosa, narrazione in cui il proces- so di degradazione del protagonista cuéllar è condizionato dal contrap- punto ambientale e dalla frequentazione di luoghi della città considerati infamanti. a questo punto, al di là della possibile esattezza nella tipizza- zione di diversi luoghi di lima, nasce l’immagine di spazi di transito e di prova per i delfini della classe dirigente. luoghi in cui questi metteranno alla prova le loro qualità e inizieranno l’apprendistato necessario, senza la paura del ridicolo alla quale sarebbero soggetti nel proprio habitat e in ossequio alla normativa che proibisce esperimenti nelle alte sfere della bor- ghesia. già in La città e i cani Vargas llosa aveva proposto con gran ric- chezza e varietà di risorse i conflitti insanabili e irriducibili fra le diverse classi sociali dello spazio urbano, a dispetto dell’illusorio isolamento del collegio militare e della relativa omogeneità che questo imprime ai suoi alunni. anche nell’opera di eielson Primera muerte de María viene dato allo spazio una rilevanza politico-ideologica, lima è un immondezzaio ed è governata da persone che se ne considerano padroni senza conoscer- la veramente: «[i suoi padroni] se ne stavano sdraiati su una spiaggia di sabbia perfetta, a centinaia di chilometri di distanza. o sul bordo di una

piscina dall’acqua color smeraldo»10. e il palazzo governativo, in cui en-

trano i pescatori che reclamano i propri diritti, diventa un simbolo della cattiva amministrazione che il paese ha sofferto da tempi immemorabili, così come le sue ancestrali divisioni tra ricchi e poveri.

lima costituisce un territorio da esplorare, ma in generale la preoccupa- zione di questi scrittori, più che di ordine sociale, è di carattere esistenziale; e si adoperano a rivelare forme di comportamento o conflitti psicologici e morali, nonostante lima diventi lo spazio rappresentativo di un problema che è del paese e la sua costruzione narrativa comprometta l’immagine totale del Perù.

gioVanna minardi

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come ci suggerisce italo calvino, le città sono un insieme di varie co- se: di memorie, di desideri, di segni di un linguaggio. scrive marco Polo a Kublai Kan, re dei tartari:

Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato […] di quest’onda che rifluisce dai ricordi la città s’imbe- ve come una spugna e si dilata.11

lo sguardo urbano di Vargas llosa, così come quello di eielson, non si limita alla mera messa a fuoco degli aspetti cangianti della città; credo che possano essere pertinenti le parole di maría bolaños a proposito della concezione animista della città: «il luogo è il punto di vista ideale da cui mettere in fila tutte le ricerche […], le inquietudini degli individui moder- ni adottano con naturalezza questo ritaglio spaziale, questa modalità di

radicamento mitico formulata secondo una logica topografica»12. sogni,

desideri, timori, violenze più o meno frustrate sono alcune delle pulsio- ni che muovono i personaggi di entrambi gli scrittori attraverso lo spazio abbozzato della città, il cui profilo appare, nella finzione narrativa, appena suggerito con pennellate leggere, rapide ma incisive. lima è rappresenta- ta come uno spazio vivido, con tratti fisici che sono importanti per la sua potenzialità di intensificare e identificare stati d’animo che, a loro volta, traducono processi sociali e, in ultima istanza, sentimenti che raggiun- gono una profondità universale. il centro dell’attenzione gira attorno ai personaggi, una concezione animista in quanto concepisce la città come

la somma degli esseri che la abitano, la vivono, la trasformano13.

nella narrativa di eielson e di Vargas llosa emerge un realismo che si allontana dal tradizionale realismo oggettivo, univoco e denotativo, per creare un mondo popolato di varie voci parlanti, ambiguo, caotico e aper- to. essi costruiscono la città come un paesaggio umano, un ‘teatro urba- no’, poiché sono i suoi abitanti coloro che offrono e forniscono identità.

occorre ricordare, comunque, che la creazione letteraria della città come spazio alienante e come paesaggio trasformato dall’industrializza- zione è una costante nella letteratura ispanoamericana. fernando aín- sa, nel suo libro I cercatori dell’utopia, riflette in questo senso su queste «città che i personaggi non conoscono bene o verso cui sentono un for-

te rifiuto»14 e, secondo il critico uruguaiano, questo avviene perché «le

città latinoamericane mancano di una mitologia e di una mistica […]

e appaiono, pienamente e semplicemente, come un caos umano»15. da

questa prospettiva, la città invisibile risulta essere la conseguenza logica del disinteresse mostrato dall’uomo che la abita, che la attraversa sen- za sosta, avendo come unica compagnia la voce della propria coscienza, sempre assorto nei problemi che lo tormentano e che spesso derivano dalla trasformazione urbana.

la lima letteraria di Jorge eduardo eielson e mario Vargas llosa 173

Vargas llosa ci presenta una città estranea alla finzione descrittiva, ma vivace e percepita da ciascuno dei personaggi nella sua complessità: la cit- tà acquisisce per essi una configurazione spaziale quasi opprimente, che funziona come un imbuto, raccogliendo la propria vita interiore in sen- timenti di rabbia, vergogna, amarezza, paura, insicurezza, violenza; sono esseri fondamentalmente deboli, spesso incapaci di superare le difficoltà imposte dalla società urbana.

lo spazio enfatizza la peregrinazione interiore dei personaggi, nella misura in cui andare a vivere a lima non significa entrare in relazione con quello spazio, ma piuttosto focalizzarsi sempre più sulle attività che si va ad effettuare (o che si è smesso di compiere). miguel, per esempio, il protagonista di Domenica, di Vargas llosa, va da un punto all’altro di miraflores, tanto che possiamo tracciare il percorso che segue, e si ha uno sviluppo dell’azione. ma quello che viene sottolineato è che pensa a flora, la ragazza di cui è innamorato, e al suo rancore nei confronti di rubén. leggiamo: «[…]tra la folla animata e sorridente che passeggiava per il parco centrale di miraflores, miguel si ripeteva ancora: “adesso. Quando arriviamo in avenida Pardo. mi butterò. ah, rubén, se sapessi quanto ti odio!”»16, vale a dire, il personaggio attraversa i luoghi ma non li vive. c’è

soltanto la rapida descrizione della spiaggia, ma anche qui lo spazio è visto in funzione dell’azione o dello stato d’animo del personaggio: «d’estate, dal parapetto del lungo e angusto edificio addossato contro l’altura, dove ci sono le cabine dei bagnanti, fino al limite curvo del mare, c’era un pen-

dio di sassi plumbei dove la gente prendeva il sole»17. uno spazio destina-

to al divertimento e al relax dell’estate si trasforma ora nello scenario di una pericolosa scena tra i due giovani, che decidono di buttarsi, in pieno inverno, nelle acque gelide e minacciose dell’oceano.

la visione di «una lima che se ne va», ripercorsa con una vena di no- stalgia verso lo spazio felice di un passato ormai irrecuperabile, è presen- te nella narrativa di Vargas llosa. ne La città e i cani troviamo i seguenti rimandi a una lima del passato, ordinata, che non esiste più: «[…] da qualche tempo, il rione non è più un’isola, una cittadella cintata. da un giorno all’altro, in quelle strade che costituivano il dominio del rione sono comparsi da ogni parte dei forestieri di tutte le razze […]. infastidivano le ragazze, chiacchieravano con loro, le accompagnavano fin sulla soglia

di casa, disprezzando l’ostilità dei maschi o provocandola»18; e un po’ più

avanti: «[…] i tempi sono cambiati, i rioni non rappresentano più dei do- mini invalicabili. i forestieri hanno invaso la colón, la ocharán e la calle Porta, fanno visita alle ragazze, partecipano alle loro feste, le corteggiano,

le invitano al cinema»19. la città cambia in maniera confusa e disordinata e

queste trasformazioni pregiudicano le relazioni umane, oppure entrambe le cose vanno in parallelo, e di questo il protagonista alberto quasi si dispe- ra, manifestando, inconsciamente, un malessere interiore nei confronti di uno spazio e di un tempo che non offrono più punti di riferimenti stabili.

in questo spazio urbano poco accogliente, in cui niente sembra poter redimere i personaggi dalla loro sordida esistenza, soltanto uno spazio

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si presenta come immagine opposta allo sterile deserto urbano: il mare, il lungomare, che assume spesso i tratti di uno spazio in cui si possono trasgredire alcuni principi che regolano la severa società limegna. Questi uomini, che rifuggono l’incontro con altri uomini, preferiscono confron- tarsi col mare, che restituisce loro la propria immagine, il loro destino di morte, una morte non fisica ma sociale. come nota bachelard, il mare è il morire, un morire lento e costante, simile alla vita di questi personaggi,

che vanno e vengono come il movimento continuo delle onde20.

in Domenica, uno dei racconti del libro I capi, le acque svolgono una funzione diversa: qui assistiamo quasi ad un’identificazione tra il quar- tiere di miraflores e il suo mare. Quest’ultimo è portatore di azione con un doppio significato simbolico: da luogo deputato alla sfida, allo scontro,