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3. La posizione della persona offesa dal reato

3.2 Nella previgente normativa processuale penale

Nella normativa processual-penalistica anteriore al codice attuale, l’offeso dal reato rivestiva una posizione definita “ibrida”184

. Il codice del 1930, nella formulazione originaria, attribuiva all’offeso, da un lato, il potere di proporre querela, dall’altro, delimitava essenzialmente gli spazi di movimento consentiti a tale soggetto entro l’ambito segnato dall’art. 306 che autorizzava «in ogni momento dell’istruzione la persona offesa dal reato» a «presentare memorie, indicare elementi di prova e proporre indagini per l’accertamento della verità». Con la precisazione che, in ogni caso, «l’esercizio di questa facoltà non conferisce alla predetta persona alcun altro diritto nel procedimento»185.

Un ordinamento processuale di natura inquisitoria caratterizzato dal ruolo monopolizzatore del pubblico ministero, unico dominus dell’azione penale, infatti, non poteva consentire iniziative all’offeso dal reato oltre quelle marginali e secondarie previste dall’art. 306 c.p.p. 1930.

Inoltre, l’offeso poteva essere sentito dal giudice istruttore, in contraddittorio con colui che fosse stato indicato come reo, prima dell’emissione di un mandato (art. 300) e veniva esaminato come testimone in dibattimento (artt. 408 e 448). Dunque, nella logica del legislatore dell’epoca, l’intervento nel processo penale dell’offeso dal reato appariva preordinato ad ottenere, da un lato una sorta di cooperazione di parte con l’organo inquirente, dall’altro «la

184

M.G.AIMONETTO, Persona offesa dal reato, cit., p. 318 ss. 185

A.PENNISI, Persona offesa dal reato, in Enc. Dir., Milano, Giuffrè Editore, 1997, p. 790 ss.

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disponibilità dell’offeso stesso come mezzo di prova testimoniale»186.

Alla base di questa duplice finalizzazione – alla quale rimaneva, comunque, estranea ogni forma di tutela di interessi personali – si individuava facilmente un denominatore comune: la «tendenziale proiezione verso l’accertamento della verità nel pubblico interesse»187.

In altre parole, il contributo processuale della persona offesa, legato in via esclusiva al momento dell’istruzione – ovvero dell’accertamento – si poneva in maniera servente rispetto all’avvenimento probatorio. E ciò era intrinsecamente coerente con la scelta a monte dell’ideologia inquisitoria, che si traduceva in un modello processuale connotato dall’omogeneità finalistica delle fasi, nonché dall’assenza di un segmento temporale e normativo deputato al sindacato giurisdizionale sulle determinazioni del pubblico ministero. Insomma, non vi era spazio per il conferimento di uno ius

postulandi all’offeso. Basti pensare alla formulazione originaria

dell’art. 74, comma 3, c.p.p. 1930 che attribuiva in via esclusiva al pubblico ministero il potere di ordinare l’archiviazione degli atti188

. In seguito, non muta l’impianto originario, ispirato al valore della discrezionalità dell’azione penale, sebbene siano stati ampliati i poteri della persona offesa.

La l. 18 giugno 1955, n. 517, all’art. 14, infatti, estende la partecipazione “autorizzata” agli atti non coperti da segreto istruttorio (esperimenti giudiziari, perizie, perquisizioni, ricognizioni) all’offeso, oltre che all’imputato e alla parte civile, subordinandola, però, talvolta, a una valutazione di necessarietà da parte del giudice, talaltra, all’istanza del pubblico ministero o dei

186 A.G

IARDA, La persona offesa dal reato nel processo penale, cit., p. 337 ss. 187 G.C

ONSO, La persona offesa dal reato tra interesse pubblico ed interessi privati, in Giust. pen., Roma, Ed. La Giustizia penale, 1979, I, p. 28.

188

C. IASEVOLI, Persona offesa dal reato, in Enc. Giur. Treccani, Milano, Giuffrè Editore, 2007, p. 1.

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difensori. Di conseguenza, la partecipazione dell’offeso restava pur sempre legata all’avvenimento probatorio189

. Conclusione che usciva riconfermata dalla constatazione che pur essendo consentita la presenza al compimento di quelle attività istruttorie, il soggetto sembrava, comunque, escluso da un «potere d’intervento concreto nella dialettica processuale»190.

La situazione non subisce particolari cambiamenti neanche quando due successive leggi (l. 5 dicembre 1969, n. 932 e l. 15 dicembre 1972, n. 773) sembrarono rivalutare il ruolo della persona offesa rendendola destinataria dell’avviso di procedimento – divenuto, poi, comunicazione giudiziaria – voluto allo scopo di dare notizia, a chi ne avesse interesse in qualità di parte privata, dell’esistenza di un processo penale e di consentire l’esercizio di eventuali diritti in relazione agli atti da compiere in esso.

Dunque, l’offeso era considerato, non come titolare del bene penalmente protetto, ma come soggetto danneggiato per effetto del reato e, come tale, quindi, titolare di una pretesa di natura risarcitoria. Insomma, l’avviso aveva lo scopo di informare l’offeso-danneggiato dell’avvenuta instaurazione di un procedimento in cui gli era permesso intervenire in vista dell’esercizio di un’azione di risarcimento del danno sofferto191.

Si sono dovute attendere le due leggi delega del 1974 e del 1987, per l’attribuzione di un ruolo attivo alla persona offesa, la cui dinamicità nasceva intrinsecamente connessa all’esigenza di controllo giurisdizionale sulle determinazioni del pubblico ministero192. In realtà erano mutate le premesse metodologiche; la regola di

189 G.T

RANCHINA, Persona offesa dal reato, cit., p. 1. 190 A.G

IARDA, La persona offesa dal reato nel processo penale, cit., p. 298. 191

In questi termini, A.GIARDA, La persona offesa dal reato nel processo penale, cit., p. 289.

192 C.I

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riferimento del dibattito dottrinario193 e giurisprudenziale194 non era più la discrezionalità dell’azione penale, ma il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.).

La prima legge delega, l. 3 aprile 1974 n. 108, assegnava al Governo il potere di emanare, entro due anni, un nuovo codice di procedura penale che attuasse i principi della Carta costituzionale e si adeguasse alle norme delle Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. Esso, inoltre, doveva attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio195.

Nel 1978 fu pubblicato un progetto preliminare del nuovo codice che, però, non si concretizzò nella sua emanazione e trascorsero ulteriori nove anni perché si giungesse all’approvazione di una nuova legge delega, la l. 16 febbraio 1987, n. 81. Anche in questa legge delega, come nella precedente, il parlamento indicava al governo le direttive cui il nuovo codice di procedura penale si sarebbe dovuto attenere, tra le quali vi erano l’impellenza di adeguare il processo penale in Italia al modello delineato nelle convenzioni internazionali e l’esigenza di imperniare il procedimento penale attorno a un sistema fondamentalmente accusatorio.

Coerentemente allo sviluppo della logica del sistema accusatorio, la persona offesa acquisisce la qualifica di soggetto processuale, con riconoscimento di sempre maggiori diritti e facoltà, superando così l’impostazione originaria del codice del 1930, nel quale la possibilità

193 G.L

EONE, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea

costituente, V, Roma, Camera dei Deputati, 1970, p. 4146.

194 C. Cost., 16 dicembre 1970, n. 190, in Giur. cost., 1970, p. 2179; C. Cost., 12 novembre 1974, in Giur. Cost., 1974, p. 2861.

195

L. 3 Aprile 1974, n. 108. Delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, in G.U. n. 108 del 26. 04.

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per la persona offesa di contribuire all’accertamento della verità non le conferiva alcun altro diritto nel procedimento196.

Nel contesto di un sistema accusatorio, l’esito del processo costituisce il frutto di «un’attiva partecipazione di tutti i soggetti processuali che intervengono con la loro personalità e da diverse prospettive in ogni momento dello sviluppo procedimentale»197: una sua più compiuta attuazione passa, dunque, anche per un più significativo apprezzamento dell’interesse di cui è portatrice la vittima del reato, così da evitare, all’interno della dialettica processuale, un’esclusiva polarizzazione del ruolo dell’accusa intorno alla figura del pubblico ministero198.

La l. delega 81/1987 ha, innanzitutto, confermato quei poteri di controllo e di impulso relativi all’esercizio dell’azione penale199

che già avevano efficacemente contribuito a ridisegnare il ruolo nello schema delineato dalla prima legge delega per la stesura del nuovo codice di rito e, superando le ambiguità della l. 108/1974,200 la quale faceva riferimento alle sole “parti private”, ha altresì espressamente

196

G. SPANGHER, Soggetti (artt. 1-108), in AA. VV., Profili del nuovo codice di

procedura penale, a cura di Conso e Grevi, Padova, Cedam, 1991, p. 66.

197

G. UBERTIS, Fatto e valore nel sistema probatorio penale, Milano, Giuffrè Editore, 1979, p. 93.

198

L.BRESCIANI, Persona offesa dal reato, cit., p. 530. 199

Il “punto” 51 dell’art. 2, l. 16-2-1987, n. 81 prevede la facoltà della persona offesa dal reato di richiedere che non si proceda ad archiviazione senza avvisarla e il conseguente obbligo del pubblico ministero di comunicare alla stessa la richiesta di archiviazione; inoltre, prevede la facoltà della persona offesa, entro un congruo termine dalla comunicazione, di formulare al giudice istanza motivata di fissazione dell’udienza preliminare e il derivante obbligo del giudice di accogliere tale istanza quando non ritiene di dover disporre direttamente l’archiviazione.

200 Il “punto” 46 dell’art. 2, l. 108/1974, prevedeva espressamente l’attribuzione della facoltà di presentare memorie e di indicare elementi di prova, oltre che all’imputato, alle sole “parti private”. Nonostante i rilievi avanzati dalla Commissione consultiva, tuttavia, gli estensori del progetto preliminare, nel dare attuazione a questa direttiva, decisero di optare – in virtù di un’attenta ricostruzione dei lavori preparatori della prima legge delega, da cui emergeva abbastanza chiaramente la volontà di lasciare al legislatore delegato un “margine di discrezionalità”, che gli permettesse di “ricomprendere tra le parti in senso lato la persona offesa” – per un’interpretazione estensiva, che non ne circoscriveva la portata alle sole “parti costituite”. V. Relazione al progetto preliminare del codice

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attribuito alla persona offesa specifiche facoltà inerenti allo svolgimento del processo.

Il punto 3 dell’art. 2, l. 81/1987, infatti, prevede espressamente la facoltà della persona offesa, oltre a quella del pubblico ministero, delle altri parti e dei difensori, di indicare elementi di prova e di presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento, rimuovendo, così, il limite che comprimeva la sfera d’azione della persona offesa all’interno della fase predibattimentale.

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Capitolo Quinto

La tutela della vittima nel sistema processuale italiano

alla luce della Direttiva 2012/29/UE

SOMMARIO:1. Premessa. – 2. I diritti informativi. – 2.1 Le comunicazioni ex officio. – 2.2 Le